Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 16013.
Azione revocatoria e le modalità anomale di estinzione dell’obbligazione
Laddove l’azione revocatoria sia posta in essere dalla curatela ai sensi dell’articolo 66 della legge fallimentare, in relazione a modalità anomale di estinzione dell’obbligazione, come la cessione di credito o la dazione in pagamento, non solo non opera l’esenzione di cui all’articolo 2901, comma 3, del cpc, ma neanche può applicarsi il principio per cui va escluso in concreto il pregiudizio per i creditori qualora il pagamento effettuato con mezzo anomalo sia l’unico possibile per adempiere l’obbligazione scaduta. In tal modo sarebbe infatti lesa la par condicio creditorum, che costituisce finalità dell’azione revocatoria (anche) ordinaria promossa dal curatore fallimentare (il quale rappresenta l’intera massa dei creditori, non uno o più singoli creditori), e deve quindi essere in ogni caso tutelata, a differenza di quanto avviene in ipotesi di azione revocatoria ordinaria promossa da un singolo creditore.
Ordinanza|| n. 16013. Azione revocatoria e le modalità anomale di estinzione dell’obbligazione
Data udienza 20 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Cessione di crediti – Azione revocatoria – Presupposti – Consilium fraudis – Articolo 2901 cc – Legittimazione passiva – Par condicio creditorum – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 16598 del 2016 – Criteri Elementi probatori – Prova legale – Valutazione del giudice di merito
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUBINO Lina – Presidente
Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30126/2020 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) anche difensore di se’ medesimo;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), Fallimento (OMISSIS) Srl;
– intimati –
avverso la sentenza n. 167/2020 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 07/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/04/2023 dal Consigliere Dott. Pasquale Gianniti.
Azione revocatoria e le modalità anomale di estinzione dell’obbligazione
FATTI DI CAUSA
1. L’avv. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza n. 167/2020 con la quale la Corte di appello di Genova, respingendo il suo appello, ha integralmente confermato la sentenza n. 726/2015 con la quale il Tribunale di La Spezia, respinta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da (OMISSIS) (pure convenuto nel giudizio di primo grado), in accoglimento della domanda formulata dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in primo grado, aveva dichiarato l’inefficacia dell’atto di cessione del credito, che era intercorso il (OMISSIS) tra il (OMISSIS), quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l. cedente (poi dichiarata fallita dal Tribunale di Spezia con sentenza (OMISSIS)) e la socia cessionaria (OMISSIS) e che era stato notificato alla debitrice ceduta (OMISSIS) s.p.a. il (OMISSIS).
2. Questi in sintesi i fatti.
Il Fallimento aveva convenuto in giudizio il (OMISSIS) e la (OMISSIS) chiedendo che fosse dichiarata l’inefficacia, nei confronti della massa dei creditori, del suddetto atto di cessione del credito, nonche’ chiedendo la condanna dei convenuti, in solido tra loro, alla restituzione della suddetta somma.
La (OMISSIS) si era costituita in giudizio eccependo: a) l’esistenza di due richieste di finanziamento di (OMISSIS) s.r.l., redatte in forma scritta e munite di data certa mediante apposizione di timbro postale, rispettivamente, di Euro 9.000,00 e di Euro 15.000,00, accettate da parte della finanziante, la quale aveva erogato le somme mediante assegni circolari; b) l’estinzione dell’obbligazione di restituzione mediante cessione di un credito vantato da (OMISSIS) S.r.l. nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. come previsto dalle parti quale sistema di adempimento alternativo alla rimessa diretta gia’ al momento del perfezionamento dei contratti di finanziamento; c) l’avvenuta scadenza dell’obbligazione di restituzione anteriormente all’atto di cessione del (OMISSIS), come risultante dalle medesime richieste di finanziamento; d) la propria sottoscrizione dell’atto di cessione nell’assoluta convinzione che il relativo perfezionamento non pregiudicasse il patrimonio della Societa’, ne’ potesse determinare e/o aggravare un – all’epoca insussistente – stato di insolvenza; e) l’assenza di nesso causale tra il revocando negozio giuridico e lo stato di insolvenza della societa’ (ovvero il suo aggravamento); f) la propria convinzione che la societa’ al momento della cessione del credito versasse in discrete condizioni finanziarie; g) l’assenza di alcun consilium fraudis, ovvero partecipatio fraudis; h) il fatto che lei in buona fede si era resa cessionaria del credito derivante da un debito scaduto.
Azione revocatoria e le modalità anomale di estinzione dell’obbligazione
Si era costituito in giudizio anche il fallito (OMISSIS), il quale aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e comunque aveva sostanzialmente confermato le argomentazioni della (OMISSIS).
La causa era stata istruita mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti (contratto di cessione del credito, relative fatture, documentazione inerente le operazioni fallimentari, alcuni estratti conto bancari della societa’ fallita da (OMISSIS) a (OMISSIS)), nonche’ – a seguito della mancata esecuzione dell’ordine di esibizione della copia dell’assegno circolare di Euro 15 mila (relativo alla seconda richiesta di finanziamento), non rinvenuto dall’istituto bancario – mediante audizione di un teste citato dalla (OMISSIS).
Il Giudice di primo grado, come sopra rilevato, aveva respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal (OMISSIS) mentre aveva accolto la domanda del Fallimento, dichiarando l’inefficacia dell’atto di cessione.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado aveva proposto impugnazione la (OMISSIS), che aveva eccepito: a) l’erronea mancata applicazione al caso di specie dell’articolo 2901 c.c., comma 3, posto che la cessione del credito costituiva il pagamento di un debito ormai scaduto da tempo; b) la carenza di prova in punto di sussistenza dell’eventus damni e di sussistenza della scientia damni; e partecipatio fraudis.
Il Fallimento appellato si costituiva nel giudizio di appello.
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Nessuno si costituiva per l’appellato (OMISSIS).
La Corte di Appello di Genova, con la sentenza sopra indicata, confermava la declaratoria dell’inefficacia dell’atto di cessione del credito, pronunciata dal giudice di primo grado.
3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso la (OMISSIS).
Nessuna difesa e’ stata svolta dal Fallimento e dal (OMISSIS).
La trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Il Procuratore Generale presso la Corte non ha depositato conclusioni.
Il Difensore di parte ricorrente non ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso della (OMISSIS) e’ affidato a quattro motivi.
1.1.Con il primo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., comma 3, in relazione all’articolo 115 ed all’articolo 116 c.p.c., nella parte in cui la corte territoriale ha deciso la controversia in difformita’ delle risultanze documentali, riconosciute e/o non contestate, anziche’ iuxta alligata et probata partium. Ricorda che aveva eccepito l’improponibilita’ dell’azione revocatoria potendosi considerare la cessione del credito come adempimento di un debito scaduto; e che, a sostegno di detta eccezione, aveva prodotto documentazione (e, in primis, i contratti di finanziamento), che non era stata specificatamente contestata. Osserva che – come risultato dall’espletata attivita’ istruttoria – lei aveva realmente effettuato versamenti in favore di (OMISSIS) con la conseguenza che la cessione impugnata non poteva essere reputata atto di liberalita’; e che erroneamente la corte territoriale aveva ritenuto non provata la data di scadenza del mutuo apposta a mano al finanziamento.
1.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., comma 3, in relazione all’articolo 1183 c.c., nella parte in cui la corte territoriale non ha neppure applicato detto articolo (in tema di tempo dell’adempimento) e, quindi, non ha ritenuto che l’obbligazione di restituzione delle somme finanziate era scaduta con la sottoscrizione della cessione di credito e con la sua notificazione al terzo. Tanto piu’ che, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1198 c.c., la cessione di credito e’ ammessa dal legislatore come possibile modalita’ di estinzione delle obbligazioni.
1.3. Con il terzo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., in relazione agli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., nella parte in cui la corte territoriale: a) pur in difetto di qualsivoglia eccezione da parte della curatela in punto di causa del contratto di cessione del credito, ha ritenuto che “L’elemento dirimente della presente vicenda e’ pero’ costituito dalla causale del contratto di cessione del credito che viene indicato “restituzione di finanziamento infruttifero concesso dall’avv.to (OMISSIS) a (OMISSIS) srl”; b) pur potendo la cessione di credito avere causa variabile, ha affermato che: “la cessione del credito per trovare giustificazione ed il conseguente riconoscimento di validita’ deve fondarsi in concreto sulla restituzione di denaro che deve risultare confluito nelle casse societarie ovvero deve essere fornita da parte della resistente la prova della veridicita’ dell’asserita operazione”; c) ha erroneamente ricostruito i fatti di causa nell’esaminare (alla p. 6) la sua eccezione circa l’assenza di nesso causale tra il negozio revocando e lo stato di insolvenza della societa’ e in particolare ha erroneamente ritenuto che la cessione aveva in concreto cagionato un depauperamento dell’attivo societario; d) ha erroneamente chiesto a lei di provare le ragioni del ritardo da parte del cessionario ovvero il pronostico circa il tempo dell’adempimento e circa la preferenza che sarebbe stata attribuita ai vari creditori; e) ha erroneamente omesso di considerare che le fatture cedute erano state saldate soltanto ad anni di distanza dalla cessione. In definitiva, secondo la ricorrente, la corte territoriale non ha “deciso sulla base delle risultanze istruttorie e delle eccezioni dimostrate dalle parti, ma anzi prescindendo del tutto dalle prove acquisite nel processo medesimo e fondando il suo convincimento su elementi ed argomentazioni che risultano di per se’ incompatibile con il quadro probatorio ritualmente acquisito”.
Azione revocatoria e le modalità anomale di estinzione dell’obbligazione
1.4. Con il quarto ed ultimo motivo denuncia la nullita’ della sentenza per contraddittorieta’ della motivazione nella parte in cui la corte territoriale, alla pagina 9, da un lato, ha affermato “la cessione del credito per trovare giustificazione ed il conseguente riconoscimento di validita’ deve fondarsi in concreto sulla restituzione di denaro che deve risultare confluito nelle casse societarie ovvero deve essere fornita da parte della resistente la prova della veridicita’ dell’asserita operazione” e dall’altro ha riconosciuto che lei aveva corroborato l’assunto dell’effettivita’ del prestito, giungendo ad affermare alla pagina 10 che gli estratti conto del periodo dei finanziamenti “consentono di verificare che l’importo di Euro 9.100 e’ stato versato in data (OMISSIS)”.
2- Nella sentenza impugnata, la corte territoriale – dopo aver rilevato (all’inizio di pagina 6) che il giudice di primo grado aveva ben argomentato in merito ad ogni elemento fornito dalle parti in causa e dopo aver dato atto che il contratto di cessione del credito (che reca come causale “restituzione di finanziamento infruttifero”, concesso dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS)) era stato stipulato il (OMISSIS) e che “il credito ceduto esisteva, tant’e’ che la (OMISSIS) s.p.a., ricevuta la notifica dell’atto di cessione, il (OMISSIS), in data (OMISSIS), onorava le fatture corrispondendo alla cessionaria avv. (OMISSIS), l’importo di Euro 16.455,33” – ha ritenuto provata “la consistenza del passivo fallimentare e la preesistenza delle ragioni dei creditori rispetto all’atto pregiudizievole, nonche’ il mutamento in peius del patrimonio del fallito per effetto della cessione posta in essere (azzeramento dell’attivo)”.
In particolare, la corte territoriale, ripercorrendo le risultanze istruttorie in continuita’ con quanto affermato dal primo giudice di merito, ha ritenuto provato che:
a) la societa’ gia’ tra la fine del 2008 e gli inizi del 2009 era afflitta da quella carenza di liquidita’ e difficolta’ economica, che nei primi mesi del 2011 l’avrebbe condotta al fallimento su istanza dei creditori;
b) “la richiesta di finanziamento alla socia, avv. (OMISSIS), era evidentemente motivata dalla carenza di liquidita’ della Societa’, che non pagava gli stipendi, quanto meno dalla fine del 2008” e che “i finanziamenti richiesti a vari soggetti privati negli anni 2008/2009 servivano per pagare gli stipendi e gli straordinari”;
c) “la Societa’ (OMISSIS) srl in evidente pieno stato di decozione per mancanza di liquidita’ pagava i creditori tramite cessioni di credito in totale spregio della par condicio creditorum”;
d) la “mala gestio della societa’” aveva condotta quest’ultima in soli quattro anni di attivita’ al fallimento;
e) “la specifica situazione economica della Societa’…non giustificava la cessione di un credito certo liquido ed esigibile di un creditore apparentemente solvibile come la (OMISSIS) s.p.a.”;
f) la consapevolezza in capo all’amministratore “dello stato di decozione della societa’” e “di recare danno ai creditori effettuando un pagamento preferenziale, con la restituzione del finanziamento al proprio socio, cedendogli un debitore certo e solvibile come la (OMISSIS) s.p.a.”;
g) la (OMISSIS) “anche per la professione svolta, nonche’ in qualita’ di socia, era soggetto qualificato ben in grado di valutare i bilanci societari e la reale situazione patrimoniale della medesima prima di concedere i finanziamenti”; “era ancora socia anche alla data della cessione del credito” e “non poteva ignorare che vi erano quanto meno problemi di liquidita’”.
Al contrario, la corte territoriale, sempre in continuita’ con quanto affermato nella sentenza del giudice di primo grado, ha ritenuto non provato che:
a) la (OMISSIS) “quale socia di minoranza della Societa’ fallita, potesse essere all’oscuro della crisi di liquidita’ della Societa’”;
b) “il debito fosse effettivamente scaduto antecedentemente all’atto di cessione del credito, oggetto di causa”;
c) “la liquidita’ derivante dai predetti finanziamenti abbia in concreto effettivamente giovato alla societa’ beneficiaria e…sia servita a pagare parte dei debiti scaduti della gestione del sig. (OMISSIS)”.
3. Il ricorso e’ inammissibile.
3.1. Occorre preliminarmente rilevare che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la cessione di crediti “costituisce modalita’ anomala di estinzione dell’obbligazione, come tale assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria promuovibile dal curatore L. Fall., ex articolo 66; il principio della non sottoponibilita’ all’azione revocatoria dell’adempimento di un debito scaduto, fissato dall’articolo 2901 c.c., comma 3, trova invero applicazione solo con riguardo all’adempimento in senso tecnico e non con riguardo a negozi, come la predetta cessione, riconducibili ad un atto discrezionale, dunque non dovuto, per il quale l’estinzione dell’obbligazione e’ l’effetto finale di un negozio, soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtu’ del quale il pagamento e’ dovuto; ne’ l’irrevocabilita’ dell’atto di disposizione puo’ conseguire alla dimostrazione da parte del debitore dell’assenza di alternative per soddisfare il debito scaduto, principio applicabile in relazione a fattispecie disciplinate dall’articolo 2901 c.c., ma non nell’ambito dell’azione revocatoria di cui alla L. Fall., articolo 66, posta a tutela della “par condicio creditorum”” (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 28981 del 10/12/2008 (Rv. 606067 – 01; conf., con riguardo alla “datio in solutum”: Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 26927 del 14/11/2017, Rv. 646769 – 01).
In base a tale indirizzo, laddove l’azione revocatoria sia posta in essere dalla curatela ai sensi della L. Fall., articolo 66, in relazione a modalita’ anomale di estinzione dell’obbligazione, come la cessione di credito o la dazione in pagamento, non solo non opera l’esenzione di cui all’articolo 2901 c.p.c., comma 3, ma neanche puo’ applicarsi il principio per cui va escluso in concreto il pregiudizio per i creditori qualora il pagamento effettuato con mezzo anomalo sia l’unico possibile per adempiere l’obbligazione scaduta. In tal modo sarebbe infatti lesa la par condicio creditorum, che costituisce finalita’ dell’azione revocatoria (anche) ordinaria promossa dal curatore fallimentare (il quale rappresenta l’intera massa dei creditori, non uno o piu’ singoli creditori), e deve quindi essere in ogni caso tutelata, a differenza di quanto avviene in ipotesi di azione revocatoria ordinaria promossa da un singolo creditore.
3.2. Cio’ posto, tutti i motivi, nonostante la formale intestazione, non denunciano ne’ un vizio di violazione dell’articolo 2901 c.c., ne’ un vizio di motivazione, ma censurano sostanzialmente la valutazione del fatto e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie offerto dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’una quanto l’altro costituiscono attivita’ riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimita’, di quelle ritenute piu’ idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Azione revocatoria e le modalità anomale di estinzione dell’obbligazione
Avuto riguardo alle motivate e incensurabili valutazioni alle quali sono pervenuti, peraltro in maniera conforme, entrambi i giudici di merito, i motivi di ricorso in esame sono, dunque, inammissibili, in quanto tendono a provocare dalla Corte di cassazione una lettura delle risultanze istruttorie e una ricostruzione dei fatti controversi diversa da quella fornita dal giudice di appello.
3.3. Per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., e’ necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioe’ abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioe’ dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioe’ giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio, fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 (mentre detta violazione non si puo’ ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ consentita dal paradigma dell’articolo 116 c.p.c., che non a caso e’ dedicato alla valutazione delle prove; Cass. Sez. U. 05/08/2016, n. 16598).
3.4. La violazione dell’articolo 116 c.p.c., e’ riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonche’, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura era consentita ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo previgente ed ora solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati da questa Corte fin da Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014 (tra le ultime: Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34474, con richiami pure a Cass. 19/06/2014, n. 13960, ovvero a Cass. 20/12/2007, n. 26965).
3.5. La violazione del principio di cui all’articolo 112 c.p.c., si verifica quando il giudice pronunci oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni delle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello comandato. Tale violazione non e’ ravvisabile nella sentenza impugnata, avendo la Corte territoriale svolto le sue argomentazioni nel perimetro delle conclusioni rassegnate dalla Curatela del Fallimento (OMISSIS) srl nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, peraltro confermando le statuizioni contenute nella sentenza emessa dal giudice di primo grado.
3.6. Quanto poi all’eccepita violazione dell’articolo 115 c.p.c., l’inammissibilita’ consegue al fatto che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte: a) il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericita’ o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12840 del 22/05/2017, Rv. 644383 – 01); b) nel giudizio di appello, la contestazione di aspetti rilevanti in fatto e’ preclusa solo qualora sia stata gia’ acquisita al processo, in virtu’ del principio di non contestazione, una componente fattuale del fondamento della domanda; pertanto, per far valere in sede di legittimita’ la preclusione non e’ sufficiente dedurre la novita’ della contestazione, in quanto proposta per la prima volta in appello, ma occorre allegare l’esistenza di un accertamento di fatto, gia’ formatosi e consolidatosi in primo grado, a seguito della mancata contestazione, che puo’ essere anche generica, in presenza di una allegazione generica. (Sez. 3 -, Ordinanza n. 4747 del 15/02/2023, Rv. 666925 – 01).
Orbene, nel caso di specie, parte ricorrente non ha specificamente indicato il contenuto degli atti difensivi avversari, evidenziando in modo puntuale la genericita’ o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto; e, d’altra parte, non ha allegato l’esistenza di un accertamento di fatto, gia’ formatosi e consolidatosi in primo grado a seguito della dedotta mancata contestazione.
Peraltro, se mai la censura in esame avesse superato il vaglio di ammissibilita’, occorrerebbe considerare che la non contestazione e’ di per se’ cosa diversa dal riconoscimento (espresso, implicito o indiretto), specie quando non attenga alla sussistenza di un fatto storico, ma riguardi un fatto costitutivo ascrivibile alla categoria dei fatti-diritto. In particolare, in queste materie, il semplice difetto di contestazione non impone un vincolo di meccanica conformazione, in quanto il giudice puo’ sempre rilevare l’inesistenza della circostanza allegata da una parte anche se non contestata dall’altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto (cfr. Cass., sez. un., 3 giugno 2015, n. 11377, anche per ulteriori richiami). D’altronde, se le prove devono essere valutate dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento (articolo 116 c.p.c.), a maggior ragione cio’ vale per la valutazione della mancata contestazione.
Azione revocatoria e le modalità anomale di estinzione dell’obbligazione
3.7. L’inammissibilita’ del motivo quarto consegue anche dal fatto che: a) e’ principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ quello per cui, in caso di conferma, la sentenza emessa dal giudice di primo grado e la sentenza emessa dal giudice di secondo grado concorrono a dar luogo ad un unico impianto argomentativo (cfr., tra le tante, Cass. n. 16504 del 2019 e Cass. n. 6694 del 2009), b) dal suddetto principio discendono due importanti corollari: da un lato, il giudice di appello, nel far propria la valutazione delle circostanze compiuta dal giudice di primo grado, evincibile dal richiamo ai medesimi passaggi logico argomentativi ed agli stessi elementi di prova, e’ sollevato dall’onere di ritornare a riesaminare gli argomenti e gli elementi gia’ sviluppati nella sentenza di primo grado, che egli ha ritenuto condivisibili e convincenti; dall’altro, non e’ viziata da difetto di motivazione la sentenza del giudice di secondo grado, che, pur in mancanza di un esplicito richiamo alla sentenza di primo grado, abbia svolto i medesimi passaggi logico-argomentativi ed abbia indicato i medesimi elementi di prova valorizzati dal primo giudice, senza procedere ad una loro compiuta analisi. Anche alla luce di quanto sopra, l’impianto motivazionale della sentenza impugnata e’ manifestamente esente da censura.
4. Alla inammissibilita’ del ricorso non consegue alcuna condanna in punto di spese, non essendosi difesa la parte intimata, ma consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del citato articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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