Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 1 febbraio 2019, n. 3136.
La massima estrapolata:
Per la qualifica di redattore non e’ sufficiente lo svolgimento di compiti propri di ogni attivita’ giornalistica (quali il controllo della notizia e la sua elaborazione, la stesura di pezzi o di articoli) e l’esecuzione di inchieste (modalita’ di acquisizione e verifica delle notizie su un tema, di cui possono servirsi anche i redattori in sede, i corrispondenti e i collaboratori fissi).
In ogni caso, affinche’ l’attivita’ di un giornalista-corrispondente da una redazione decentrata integri Io svolgimento delle mansioni di redattore ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5 del c.n.l.g. 10 gennaio 1959, reso efficace erga omnes con Decreto del Presidente della Repubblica 16 gennaio 1961, n. 153 (il cui testo e’ rimasto sostanzialmente invariato nel c.n.l.g. del 1 marzo 2001), devono ricorrere i medesimi presupposti del riconoscimento delle mansioni di redattore che operi all’interno di una redazione (ovviamente solo fatta eccezione per l’attivita’ redazionale) e cosi’, oltre al requisito fondamentale dell’elaborazione delle notizie, ne sono indispensabili la continuita’ di trasmissione ed il carattere generale.
Ugualmente, quale aspetto dell’indicata continuita’ e, precipuamente, al fine del riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, e’ necessaria la disponibilita’ permanente del giornalista, significativa di un suo stabile inserimento nell’organizzazione aziendale, pur articolata in redazioni o uffici di corrispondenza decentrati.Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, cioe’ l’individuazione del parametro normativo, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la concreta valutazione del parametro normativo alla luce delle risultanze processuali.
Con riferimento all’attivita’ giornalistica, la natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico (che si caratterizza per il peculiare carattere intellettuale e creativo della prestazione) puo’ essere riconosciuta a quell’attivita’ che, per ampiezza di prestazioni ed intensita’ della collaborazione, comporti l’inserimento stabile del lavoratore nell’assetto organizzativo aziendale, costituendo aspetti qualificanti la continuita’ della prestazione e la responsabilita’ del servizio, le quali ricorrono quando il giornalista abbia l’incarico di trattare in via continuativa un argomento o settore dell’informazione e metta costantemente a disposizione la propria opera in favore dell’imprenditore e nell’ambito delle istruzioni ricevute, non rilevando, in contrario, il notevole grado di autonomia con cui la prestazione viene svolta
Sentenza 1 febbraio 2019, n. 3136
Data udienza 7 novembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente
Dott. CURCIO Laura – Consigliere
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17480-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6610/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/01/2016, R.G.N. 10167/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7/11/2018 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1.1. Con sentenza n. 6610/2015 la Corte d’appello di Roma confermava la statuizione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) S.p.A. volta ad ottenere, a fronte di contratti di collaborazione a tempo determinato stipulati dall’1/12/2006 al 30/6/2009 con l’agenzia di stampa (OMISSIS) edita da (OMISSIS), il riconoscimento di un rapporto di lavoro giornalistico subordinato per l’intero periodo nonche’ la nullita’ del termine apposto al contratto stipulato nel 2008 per sostituzione di giornalista assente con diritto alla conservazione del posto.
1.2. Riteneva la Corte territoriale, non discostandosi dal percorso logico-giuridico e dalle conclusioni cui era pervenuto il Tribunale, che il multiforme rapporto intercorso tra le parti fosse stato caratterizzato da prestazioni di diversa natura e da concomitanza con altre attivita’ nell’arco di 31 mesi, il che non ne consentiva una valutazione in termini unitari.
Escludeva ogni sovrapposizione tra i periodi regolati da contratti di collaborazione con pagamento commisurato al numero dei lanci di agenzia effettuati ed il periodo regolato dal contratto a tempo determinato quale redattore con anzianita’ inferiore a 30 mesi svolto presso la redazione di Roma.
Richiamava i principi affermati da questa Corte in tema di subordinazione e lavoro giornalistico ed escludeva che nella specie fosse riscontrabile l’elemento caratterizzante tale subordinazione, rappresentato dallo stabile inserimento della prestazione resa dalla (OMISSIS) nell’organizzazione aziendale essendo, in particolare, da escludere la permanenza della disponibilita’ della giornalista nell’intervallo tra una prestazione e l’altra tale da configurare un unico rapporto di lavoro subordinato.
2. Per la cassazione di questa pronuncia ricorre (OMISSIS), affidandosi a quattro motivi.
3. (OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso.
4. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2094 e 2103 c.c., degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., degli articoli 4 e 8 c.n.l.g., nonche’ una motivazione apparente e contraddittoria (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4).
Lamenta che la Corte territoriale si sarebbe limitata ad una enunciazione astratta dei principi affermati da questa Corte in materia di’ accertamento della subordinazione, omettendo ogni verifica in concreto delle modalita’ di prestazione dell’attivita’ lavorativa.
Sostiene che il giudizio espresso non avrebbe dato conto dell’esito della prova testimoniale svolta, essendo a tal fine del tutto insufficiente l’affermazione, contenuta a pag. 3, che “nella sentenza di primo grado sono riportate per esteso le dichiarazioni della ricorrente e le deposizioni testimoniali raccolte”.
1.2. Il motivo e’ infondato.
Al punto 3 di pag. 3 della sentenza impugnata la Corte territoriale ha operato un rinvio all’istruttoria orale svolta dal Tribunale.
Al punto 5 di pag. 5 ha condiviso il percorso logico-giuridico e le conclusioni cui e’ pervenuta la decisione di primo grado.
Ai punti 6, 7, 8 e 9 delle pagg. 5, 6, 7 e 8 ha diffusamente spiegato le ragioni di tale condivisione.
Ed allora va richiamato il principio, gia’ affermato da questa Corte Suprema, secondo cui la sentenza pronunziata in sede di gravame e’ legittimamente motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, abbia espresso, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, si’ da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purche’ il rinvio operato sia tale da dare conto delle argomentazioni delle parti e della loro identita’ con quelle esaminate nella gravata pronuncia (cfr. Cass. 19 luglio 2016, n. 14786; Cass. 23 agosto 2018, n. 21037).
Nella specie la sentenza impugnata non merita censura in quanto il giudice d’appello non si e’ affatto limitato ad una generica e laconica adesione alla decisione di primo grado, ma ha dato conto del modo in cui e’ pervenuto a tale conclusione, risultando appagante e corretto il percorso espositivo desumibile dall’esplicito riferimento alla pronuncia del Tribunale, dal richiamo alle argomentazioni in punto di fatto e di diritto ivi contenute, dall’integrazione della parte motiva delle due sentenze.
In tale percorso, inoltre, la Corte territoriale ha mostrato di aver ben chiari i rilievi dell’appellante, e cosi’ in particolare quelli relativi all’erronea valutazione del materiale istruttorio da parte del primo giudice, come si evince dal passaggio motivazionale in cui e’ evidenziato che proprio le acquisizioni probatorie consentivano di escludere, a fronte degli elementi di flessibilita’ che avevano caratterizzato il variegato rapporto tra le parti, la permanenza della disponibilita’ della giornalista tra una prestazione e l’altra e del suo obbligo di soddisfare le esigenze informative della societa’.
Cio’ vuol dire che, prima della condivisione, vi e’ stato un esame critico delle ragioni espresse dal primo giudice in rapporto ai motivi di gravame.
In sostanza il giudice d’appello, richiamando gli elementi essenziali di quella motivazione, ha dimostrato non solo di averla fatta propria, ma anche di avere esaminato le censure contro di essa sollevate e di averle ritenute infondate.
Inoltre la Corte territoriale, lungi dal fare affermazioni improprie sull’obbligo di esclusiva di cui all’articolo 8 del c.n.l.g., ha solo utilizzato la concomitanza dello svolgimento di altre attivita’ a dimostrazione del carattere multiforme delle prestazioni svolte dalla (OMISSIS), della differenza qualitativa e sostanziale degli stessi periodi di lavoro regolati da rapporti di collaborazione e della flessibilita’ delle prestazioni. Se, infatti, in materia di disciplina del rapporto di lavoro dei giornalisti la previsione contenuta all’articolo 8 del c.n.l.g., secondo cui non e’ consentito al giornalista di contrarre piu’ di un rapporto a tempo pieno, non esclude che il giornalista che svolga attivita’ di lavoro subordinato alle dipendenze di un’impresa possa contemporaneamente svolgere collaborazioni esterne con altre imprese purche’ esse non assumano carattere di lavoro subordinato (v. Cass. 25 giugno 2009, n. 14913), nondimeno tali collaborazioni ulteriori sono valutabili quali elementi esterni per meglio delineare il rapporto oggetto di accertamento giudiziale.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso la lavoratrice denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2094 e 2103 c.c., dell’articolo 132 c.p.c., degli articoli 5 e 7 c.n.l.g. (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4).
Lamenta che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle caratteristiche della figura del giornalista-corrispondente quale proposta dall’articolo 5 del c.n.l.g. e non avrebbe tenuto conto della diversita’ tra le prestazioni del redattore interno (addetto alla redazione) ed il corrispondente (che, senza il supporto di una redazione, deve non solo elaborare, ma anche reperire le informazioni e provvedere al loro costante aggiornamento, controllandone le fonti).
2.2. Il motivo e’ infondato.
Innanzitutto non si comprende il richiamo all’articolo 5 del c.n.l.g. che, regolamentando la differenza tra redazioni decentrate (l’appartenenza alle quali determina il diritto alla qualifica di redattore) e uffici di corrispondenza, riguarda l’utilizzazione di giornalisti professionisti nell’ambito di determinate posizioni, e in particolare nell’espletamento delle funzioni di inviato speciale, di corrispondente da Roma e dalle capitali estere e di titolare di uffici di corrispondenza che dedichino almeno una pagina alla cronaca locale.
Nella specie non risulta mai espressamente dedotta l’esistenza di una redazione decentrata (quale struttura distaccata rispetto ad una redazione centrale) ovvero di un ufficio di corrispondenza (quale ufficio istituito in localita’ diversa dalla sede della redazione centrale o delle redazioni decentrate che, nell’ambito delle direttive ricevute, provveda alla raccolta ed al coordinamento del materiale trasmesso dai vari corrispondenti ed informatori e che fornisca alla redazione centrale o alle redazioni decentrate notizie, informazioni, servizi ed inchieste).
Inoltre, secondo la stessa prospettazione di cui al ricorso di primo grado (v. pag. 16 del ricorso per cassazione, primo rigo), la (OMISSIS) avrebbe svolto, ininterrottamente e quotidianamente per l’intero periodo di cui ai vari rapporti di lavoro, le mansioni di redattore.
Ne’ si evince che altra richiesta fosse stata avanzata, quantomeno in subordine.
Ed allora correttamente la Corte territoriale ha limitato il proprio accertamento alla verifica, in concreto, dello svolgimento dell’attivita’ di redattore, per la quale e’ imprescindibile il requisito della quotidianita’ della prestazione in contrapposizione alla semplice sua continuita’ (caratterizzante la figura del collaboratore fisso).
In altre parole – v. Cass. 8 febbraio 2011, n. 3037; Cass. 20 gennaio 2001, n. 833 – per la qualifica di redattore non e’ sufficiente lo svolgimento di compiti propri di ogni attivita’ giornalistica (quali il controllo della notizia e la sua elaborazione, la stesura di pezzi o di articoli) e l’esecuzione di inchieste (modalita’ di acquisizione e verifica delle notizie su un tema, di cui possono servirsi anche i redattori in sede, i corrispondenti e i collaboratori fissi).
In ogni caso, affinche’ l’attivita’ di un giornalista-corrispondente da una redazione decentrata integri Io svolgimento delle mansioni di redattore ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5 del c.n.l.g. 10 gennaio 1959, reso efficace erga omnes con Decreto del Presidente della Repubblica 16 gennaio 1961, n. 153 (il cui testo e’ rimasto sostanzialmente invariato nel c.n.l.g. del 1 marzo 2001), devono ricorrere i medesimi presupposti del riconoscimento delle mansioni di redattore che operi all’interno di una redazione (ovviamente solo fatta eccezione per l’attivita’ redazionale) e cosi’, oltre al requisito fondamentale dell’elaborazione delle notizie, ne sono indispensabili la continuita’ di trasmissione ed il carattere generale (v. Cass. 5 maggio 2010, n. 10833; Cass. 9 marzo 1998, n. 2611).
Ugualmente, quale aspetto dell’indicata continuita’ e, precipuamente, al fine del riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, e’ necessaria la disponibilita’ permanente del giornalista, significativa di un suo stabile inserimento nell’organizzazione aziendale, pur articolata in redazioni o uffici di corrispondenza decentrati.
Per il resto, circa la violazione dell’articolo 2094 c.c. lamentata nel corpo del ricorso, occorre ribadire i confini del sindacato di legittimita’ sulla qualificazione del rapporto di lavoro operata dai giudici di merito, come tracciati da giurisprudenza costante l’affermare che, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, cioe’ l’individuazione del parametro normativo, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la concreta valutazione del parametro normativo alla luce delle risultanze processuali (cfr. Cass. 5 aprile 2017, n. 17009; Cass. 7 ottobre 2013, n. 22785; Cass. 4 maggio 2011, n. 9808; Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728; Cass. 12 settembre 2003, n. 13448; Cass. 21 novembre 2001, n. 14664).
Con riferimento all’attivita’ giornalistica, e’ stato precisato che la natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico (che si caratterizza per il peculiare carattere intellettuale e creativo della prestazione) puo’ essere riconosciuta a quell’attivita’ che, per ampiezza di prestazioni ed intensita’ della collaborazione, comporti l’inserimento stabile del lavoratore nell’assetto organizzativo aziendale, costituendo aspetti qualificanti la continuita’ della prestazione e la responsabilita’ del servizio, le quali ricorrono quando il giornalista abbia l’incarico di trattare in via continuativa un argomento o settore dell’informazione e metta costantemente a disposizione la propria opera in favore dell’imprenditore e nell’ambito delle istruzioni ricevute, non rilevando, in contrario, il notevole grado di autonomia con cui la prestazione viene svolta (cfr. Cass. 2 aprile 2009, n. 8068; Cass. 7 ottobre 2013, n. 22785; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21424).
La Corte territoriale non si e’ discostata dagli indicati principi la’ dove ha evidenziato che l’attivita’ della ricorrente non era caratterizzata da disponibilita’ incondizionata e che la societa’ non poteva contare sulle sue prestazioni in termini di assoggettamento tipico della subordinazione, al punto che si doveva verificare di volta in volta la copertura dell’evento.
Nella specie, in sostanza, nella ricostruzione dei giudici di merito la collaborazione della ricorrente discendeva sempre dalla previa verifica della reciproca disponibilita’/interesse ad una copertura informativa continua per la regione Emilia Romagna, il che contraddiceva il prospettato vincolo di dipendenza totale e ininterrotto fra una prestazione e l’altra, di modo che il datore di lavoro potesse attivare a propria discrezione le energie intellettuali della giornalista.
Ed allora non vale un’attivita’ intensa, costante e regolare se in punto di fatto e’ mancata la prova che la (OMISSIS) sia stata stabilmente a disposizione dell’editore, per eseguirne le istruzioni, anche negli intervalli tra una prestazione e l’altra (v. Cass. 9 aprile 2004, n. 6983; Cass. 6 marzo 2006, n. 4770; Cass. 2 aprile 2009, n. 8068), essendo invece emerso che, nell’arco dei 31 mesi decorsi dal dicembre 2006 al luglio 2008, la ricorrente aveva in concomitanza frequentato un corso di studi, aveva svolto uno stage trimestrale presso altra testata ed aveva stipulato un contratto di collaborazione di un mese con un’altra agenzia giornalistica.
Trattasi di accertamento in fatto congruamente motivato, in quanto tale incensurabile in sede di legittimita’.
3.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112 e 132 c.p.c. nonche’ omessa pronuncia, nullita’ della sentenza e, subordinatamente, violazione del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 1.
Lamenta che la Corte territoriale non avrebbe esaminato la domanda di cui al capo B delle conclusioni, ove leggesi: “accertare e dichiarare l’inefficacia e la nullita’ della clausola di limitazione temporale apposta al formale contratto a tempo determinato tra la (OMISSIS) S.p.A. e la ricorrente”.
3.2. Il motivo presenta profili di inammissibilita’.
Nulla precisa la ricorrente in ordine al fatto se l’indicata domanda sia stata esaminata ed in quali termini eventualmente risolta dal giudice di primo grado, cosi’ da richiedere specifici motivi di appello.
Peraltro si evince dalla stessa sentenza impugnata (pag. 4) che il contratto a termine in questione era stato dal primo giudice ritenuto legittimo risultando indicata e provata la causale sostitutiva e che i rilievi dell’appellante avevano riguardato solo (pagg. 4 e 5) la (esclusa) natura subordinata dell’attivita’ svolta.
4.1. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia l’omessa pronuncia sulle altre domande dirette ad ottenere il pagamento delle differenze di retribuzione.
4.2. L’infondatezza di questo motivo deriva dal rigetto dei precedenti.
5. Il ricorso va, quindi, rigettato.
6. La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
7. Va dato atto dell’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13.
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