Consiglio di Stato, Sentenza|8 novembre 2021| n. 7426.
Assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica .
In caso di vincolo paesaggistico qualsiasi intervento idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica e in sua assenza è soggetto a sanzione demolitoria. Inoltre, in tali casi è sufficiente che si tratti di opere realizzabili mediante d.i.a., atteso che l’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico.
Sentenza|8 novembre 2021| n. 7426. Assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica
Data udienza 14 ottobre 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica – Istanze di condono – P.R.G. – Sanzione demolitoria – Area paesaggisticamente vincolata – Art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3762 del 2015, proposto da Ra. Pa. e Am. Im., rappresentati e difesi dagli avvocati Bi. Va. e Fr. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 05675/2014, resa tra le parti, concernente demolizione opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2021 il Cons. Fabrizio D’Alessandri e nessuno è comparso per le parti costituite;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica
FATTO
Le parti ricorrenti hanno proposto appello avverso la sentenza del T.A.R Campania Napoli, Sez. VI, 24 settembre 2014, n. 5675.
In particolare, gli appellanti sono proprietari di un fabbricato sito in (omissis) al vico (omissis) con annesso suolo agricolo.
Sul detto suolo insiste un manufatto di 27 mq., asseritamente risalente alla metà degli anni sessanta, adibito a ricovero attrezzi agricoli.
Con ingiunzione del 14 aprile 2006, n. 5781, il Responsabile dei servizi tecnici comunali del Comune di (omissis), sulla scorta di relazioni della Polizia Municipale e dello stesso Ufficio tecnico, ha ingiunto agli appellanti la demolizione di una significativa serie di opere realizzate in difetto di titolo abilitativo.
In particolare, gli interventi indicati come abusivi nel provvedimento in questione risultano essere i seguenti:
1. manufatto in muratura di circa metri quadri 27.00 a ridosso della muratura di confine a Est;
2. pergolato in ferro di circa mt. 7.20 x mt. 5.50 x h. mt. 3.30, sorreggente lamiere grecate;
3. completamento manufatto abusivo di cui al contenzioso n. 853 mediante la sistemazione della copertura con pavimentazione, delimitazione con ringhiere in ferro ancorate a pilastrini in muratura e sovrastante realizzazione di un forno per pizze in muratura;
4. piccolo portico di ingresso, di circa metri quadri 3.50, sul prospetto Nord, con adiacente rampa di scale in muratura;
5. trasformazione della veranda al piano rialzato del fabbricato mediante creazione di un corpo di fabbrica della medesima superficie ma di maggiore altezza;
6. trasformazione del deposito, posto nell’angolo Sud della proprietà, con creazione di una camera con bagno, una piccola lavanderia e un locale caldaia, per una superficie complessiva di circa metri quadri 21 ed una volumetria pari a circa metri cubi 57;
7. opere di sistemazione esterna consistenti nella creazione di fioriere, di area cortilizia e di colonnato delimitante il viale di ingresso, costituito da n. 8 colonne in muratura sorrette da pilastrini, intervallate da tre panche in muratura sul lato monte.
La parti odierne ricorrenti in appello hanno impugnato dinanzi al T.A.R. della Campania il provvedimento di demolizione sollevando i motivi di ricorso che in sintesi si riportano:
– carenza di istruttoria e travisamento dei fatti, trattandosi di opere già completate al 31 dicembre 1993 e che si sostanziano nella ristrutturazione di un manufatto preesistente al 1967, completamente fatiscente e pericolante, che ha mantenuto la sua natura e funzione agricola. Alcune opere come il pergolato in ferro, la pavimentazione, il forno per pizze, il piccolo portico di ingresso, e ulteriori opere di arredo esterno, sarebbero state oggetto di istanza in sanatoria presentata in data 3 marzo 1995;
– per quanto concerne “la trasformazione di una veranda al piano rialzato del fabbricato mediante creazione di un corpo di fabbrica della medesima superficie ma di maggiore altezza”, la precedente proprietaria avrebbe ottenuto una concessione in sanatoria in data 14 aprile 1993; mentre per quanto concerne la “trasformazione del deposito posto all’angolo sud della proprietà con creazione di una camera con bagno, una piccola lavanderia e un locale caldaia…”, si tratterebbe di un locale tecnico preesistente un tempo adibito a deposito ed oggi a piccola lavanderia e locale caldaia senza la realizzazione di alcuna opera esterna;
– difetto di motivazione sulla scelta di adottare la sanzione demolitoria, tenuto conto che in base alla L.R. 19/2001 si tratterebbe di opere soggette a d.i.a. per cui, in mancanza di questa, la sanzione prevista è solo quella pecuniaria.
L’adito T.A.R., con la sentenza gravata in questa sede, ha rigettato il ricorso in base alle motivazioni di seguito in sintesi riportate.
I ricorrenti in primo grado non hanno fornito prova alcuna sia della domanda di condono dagli stessi presentata – che avrebbe interessato il pergolato in ferro e il portico di ingresso – che della concessione in sanatoria ottenuta dalla precedente proprietaria e relativa alla trasformazione della veranda.
Inoltre, l’intero territorio comunale di (omissis) è stato dichiarato di notevole interesse pubblico, ai sensi della legge n. 1497 del 1939, con d.m. 20 marzo 1951 e le opere di cui è causa risultano sprovviste dell’autorizzazione prescritta dall’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Quest’ultima circostanza è stata richiamata nell’ordinanza di sospensione lavori, anch’essa del 14 aprile 2006, e il fatto che la stessa Amministrazione non abbia richiamato nell’ordine di demolizione la specifica disciplina paesaggistica non inficia la sua legittimità, poiché esso risulta adeguatamente motivato in ordine alla assenza dello specifico titolo edilizio.
Qualunque intervento effettuato su immobili sottoposti a vincolo paesistico è da qualificarsi almeno come “variazione essenziale” e, in quanto tale, è suscettibile di essere demolito sia ai sensi dell’art. 31, comma 1, che dell’art. 32, comma 3, del d.P.R. 380/2001.
In presenza di opere edificate senza titolo edilizio, e a maggior ragione in zona vincolata, l’ordinanza di demolizione, sia essa ai sensi del citato art. 31, di cui è stata fatta applicazione nel provvedimento impugnato, che dell’art. 27 d.P.R. 280/2001, è da ritenersi provvedimento rigidamente vincolato.
Per poter eseguire interventi edilizi su immobili ricadenti in aree sottoposte a tutela paesaggistica, è necessario acquisire il preventivo rilascio del parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo, in difetto del detto assenso non può affatto ritenersi maturato il perfezionamento della denuncia di inizio attività per silentium.
Nel vagliare un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, come qui accaduto, deve effettuarsi una valutazione globale delle stesse.
Le parti appellanti hanno formulato un solo articolato motivo di appello deducendo che l’intervento si è sostanziato nel recupero e risanamento conservativo di un vecchio immobile, che non ha perso la sua vocazione agricola e che, comunque, non risulta abitabile, anche in considerazione della sua altezza pari a m. 2,40.
Allo steso modo non avrebbero rilevanza, ai fini della necessità del titolo abilitativo edilizio, le altre opere definite di completamento (pavimentazione; pergolato, forno per le pizze, portico di ingresso completamente sfinestrato e quindi senza incremento di volume o di superficie utile, mutamento di destinazione d’uso di un vecchio deposito di 21 mq in un servizio igienico); opere tutte risalenti nel tempo e oggetto di istanze di condono edilizio presentate anche dal dante causa dei ricorrenti, in relazione alle quali è stata presentata al Comune di (omissis) documentazione integrativa in attesa di essere esaminata.
Si tratterebbe, contrariamente a quanto indicato nella sentenza gravata, di modesti interventi di restauro, consolidamento e rinnovo degli elementi costitutivi di manufatti, volti alla conservazione ed al risanamento del compendio immobiliare che hanno riqualificato l’area abbandonata e degradata, eseguiti nella zona “8” del vigente P.R.G. di (omissis), che consente “interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro conservativo, ristrutturazione e sostituzione degli edifici esistenti… con incrementi della superficie utile per l’adeguamento igienico funzionale degli alloggi carenti di servizio per un massimo di 70 mc e di un minimo di 16 mq”.
Non sarebbe, quindi, applicabile la sanzione demolitoria in luogo di quella pecuniaria, ex art. 10 L. 47/85, oggi 37 D.P.R. 380/2001, e il giudice di primo grado sarebbe incorso nell’errore di non valutare adeguatamente la natura e la minima entità delle stesse. Queste ultime, infatti, non hanno modificato l’assetto del territorio, né l’ambiente circostante che, per di più, risulta riqualificato, rinvigorito nel verde e con specie autoctone, talune delle quali in via di estinzione, avendo al contrario ritenuto di effettuare una “valutazione globale del coacervo delle opere”.
L’amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.
Assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica
DIRITTO
1) L’appello deve essere rigettato per i motivi che seguono.
2) Il gravame di appello, oltre a ribadire l’intervenuta presentazione di istanze di condono, è sostanzialmente improntato sull’entità minima delle opere poste in essere in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica (pacificamente mancanti), che non sarebbero passibili di sanzioni e, comunque, non della sanzione demolitoria adottata dal Comune. Ciò anche in considerazione della circostanza che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente effettuato una valutazione globale delle opere realizzate e non una specifica valutazione sulla natura e rilevanza edilizia dei singoli interventi posti in essere.
Parte ricorrente afferma, inoltre, che le opere realizzate sono compatibili con gli strumenti urbanistici e, in particolare, con quanto realizzabile in zona “8” del vigente P.R.G. di (omissis).
Stante la genericità dei motivi di appello che lo pone ai limiti dell’ammissibilità, il Collegio rileva, in primo luogo, come sia pacifica l’assenza di ogni titolo abilitativo edilizio e paesaggistico.
Inoltre, il giudice di primo grado ha correttamente rilevato, in punto di fatto, l’assenza di qualsiasi prova in ordine all’intervenuta presentazione di istanze di condono relative all’immobile in questione e, d’altra parte, l’appellante non deduce in sede di appello da quali documenti depositati in giudizio, risulterebbe, a contrario, smentita la circostanza dell’assenza di prova specificamente affermata nella sentenza di primo grado.
3) Del tutto inconferente risulta, inoltre, la deduzione della conformità delle opere realizzate con il P.R.G..
In ogni caso, infatti, l’assenza di titolo abilitativo edilizio è sanzionata con la demolizione, indipendentemente dalla circostanza della sussistenza o meno dei presupposti per il suo rilascio, ovverosia della conformità con gli strumenti urbanistici delle opere realizzate.
Quest’ultimo aspetto può, semmai, rilevare in caso di richiesta di accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 (non presentata e comunque nel caso di specie preclusa dall’esistenza del vincolo paesaggistico), ma non incide di per sé sulla legittimità dell’ordine di demolizione.
Anche l’assunto della natura non rilevante ai fini del titolo abilitativo edilizio delle opere – che secondo parte ricorrente sono di entità minima e tale da non poter essere sanzionate con la demolizione – è rimasto indimostrato e, anzi, gli interventi in esame si palesano di natura ed entità che necessitano del permesso di costruire.
4) In punto di diritto è senz’altro corretto l’assunto della sentenza di primo grado secondo cui la valutazione di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere deve effettuarsi in modo globale e non in termini atomistici (Cons. Stato, Sez. VI, 15/02/2021, n. 1350). Infatti, la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l’effettiva portata dell’operazione (Cons. Stato Sez. III, 31/05/2021, n. 4142; T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 17/06/2021, n. 4160).
In caso di abuso edilizio, infatti, non è dato scomporne una parte per negare l’assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni (T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 20/07/2021, n. 5028). L’opera edilizia abusiva va identificata con riferimento all’immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato.
Inoltre, l’area in questione risulta paesaggisticamente vincolata, ai sensi della legge n. 1497 del 1939 con d.m. 20 marzo 1951, ed è pacifica l’assenza dell’autorizzazione paesaggistica prescritta dall’art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
In caso di vincolo paesaggistico qualsiasi intervento idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica e in sua assenza è soggetto a sanzione demolitoria. Inoltre, in tali casi è sufficiente che si tratti di opere realizzabili mediante d.i.a., atteso che l’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico (T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 11/06/2021, n. 3940).
5) Per quanto indicato il ricorso in appello deve essere rigettato.
L’assenza della costituzione dell’Amministrazione comunale intimata non consente una pronuncia sulle spese in base al criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti – Presidente FF
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere
Fabrizio D’Alessandri – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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