Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 18 febbraio 2019, n. 7383.
La massima estrapolata:
L’articolo 656, comma 5, del codice di procedura penale prevede che il pubblico ministero – salvo quanto stabilito dai commi 7 e 9 – sospende l’esecuzione dell’ordine di carcerazione per pene detentive brevi. Ciò costituisce un obbligo del pubblico ministero, conseguente alla constatazione della mera durata della pena espianda entro le soglie quantitative di legge, senza profili di discrezionalità e con i soli limiti risultanti dai commi 9 e 10 della stessa disposizione, con contestuale avviso all’interessato della facoltà di presentare al tribunale di sorveglianza l’istanza per la concessione di misure alternative. Il provvedimento di sospensione è dunque un «atto dovuto», con il quale si assegna al condannato un termine, fissato in trenta giorni, per presentare richiesta di misure alternative. Ove non sia osservata tale scansione procedurale, l’interessato può chiedere al giudice dell’esecuzione la declaratoria di temporanea inefficacia del provvedimento che dispone la carcerazione. Al giudice dell’esecuzione, peraltro, non è consentito annullare o revocare l’ordine di esecuzione, emesso dal pubblico ministero senza il contestuale provvedimento di sospensione per le pene detentive brevi, mentre gli è consentito di disporre la declaratoria di temporanea inefficacia del decreto del pubblico ministero in modo tale da consentire al condannato di presentare, nel termine di trenta giorni, la richiesta di concessione di una misura alternativa alla detenzione.
Sentenza 18 febbraio 2019, n. 7383
Data udienza 31 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CASA Filippo – Presidente
Dott. BIANCHI Michele – Consigliere
Dott. LIUNI Teresa – rel. Consigliere
Dott. BINENTI Roberto – Consigliere
Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 05/04/2018 della CORTE APPELLO di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere TERESA LIUNI;
lette le conclusioni del Procuratore generale, Ciro ANGELILLIS, il quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5/4/2018 la Corte di appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato non luogo a provvedere in merito all’istanza proposta nell’interesse di (OMISSIS), diretta alla sospensione dell’ordine di esecuzione della sentenza della medesima Corte di appello in data 25/5/2015, con la quale l’istante era stato condannato alla pena di giustizia, onde consentire al (OMISSIS) di presentare istanza di misure alternative.
Il Giudice dell’esecuzione ha rilevato che l’istanza proposta dal (OMISSIS) il 9/3/2018 – corredata dal parere favorevole della Procura Generale in sede non potrebbe considerarsi quale proposizione di un incidente di esecuzione, poiche’ non si apprezza un contrasto di posizioni in merito al quale attivare il contraddittorio in sede esecutiva. Pertanto ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza, osservando altresi’ che gli organi propriamente deputati all’esame e all’adozione dei provvedimenti tipici della fase dell’esecuzione delle sentenze penali sono il Pubblico ministero ed il Tribunale di Sorveglianza, mentre solo residualmente il sistema processuale prevede una competenza del giudice dell’esecuzione: in particolare esiste il suo potere di sospensione dell’esecuzione, ma “in forma di manifestazione estremamente fluida” ed in funzione cautelare diretta a garantire l’efficacia del provvedimento di merito.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del (OMISSIS), avv. (OMISSIS), censurando – ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e) – la contraddittorieta’ e la manifesta illogicita’ della motivazione.
Il ricorrente si duole che, a fronte di premesse in punto di diritto favorevoli all’istanza presentata dal (OMISSIS), e basate sulla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 41 del 6/2/2018, depositata il 2 marzo e pubblicata nella Gazzetta n. 10 del 7 marzo 2018, la Corte di appello abbia invece ritenuto non esservi materia del contendere, tanto da dichiarare il non luogo a provvedere sul proposto incidente di esecuzione.
Invece, il contrasto di posizioni si era registrato con il rigetto da parte della Procura Generale della prima istanza proposta dal (OMISSIS) in data 4/3/2018, sulla base del rilievo che la citata sentenza della Corte Costituzionale non era stata ancora pubblicata. Di conseguenza il condannato aveva proposto l’incidente di esecuzione in questione, per il quale la Procura Generale aveva dato parere favorevole.
Ne consegue la lampante contraddittorieta’ del ragionamento motivazionale e la sua illogicita’ alla luce delle osservazioni svolte in tema di competenze del giudice dell’esecuzione.
3. Il Procuratore generale, dott. Ciro Angelillis, ha depositato requisitoria scritta, nella quale chiede l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, ritenendola illegittima se non abnorme.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve trovare accoglimento nei termini che seguono.
1.1 In materia di procedimento esecutivo, e nello specifico settore della sospensione dell’ordine di esecuzione, il giudice dell’esecuzione ha rilevanti poteri di intervento, sottolineati da copiosa e granitica giurisprudenza di legittimita’. Tra le altre, si richiama Sez. 1, Sentenza n. 34427 del 02/07/2018, Rv. 273857-01, Calabrese per la quale “In tema di esecuzione di pene detentive brevi, a seguito della declaratoria di illegittimita’ costituzionale (v. Corte Cost. n. 41 del 2018) dell’articolo 656 c.p.p., comma 5, il giudice dell’esecuzione ha il dovere di esaminare la domanda del detenuto di sospensione temporanea dell’ordine di esecuzione relativo a pena superiore a tre anni ma inferiore a quattro e, in presenza degli altri presupposti di legge, di provvedere al ripristino della facolta’ del medesimo di proporre, da libero, istanza di misura alternativa, con tempestiva sospensione dell’esecuzione, a condizione che analoga istanza di misura alternativa, proposta dopo l’inizio dell’esecuzione della pena cui l’istanza stessa si riferisce, non sia gia’ stata oggetto di decisione da parte del Tribunale di Sorveglianza”.
1.2 La giurisprudenza di questa Corte ha anche offerto rilevanti direttive in merito agli effetti dell’intervento del giudice dell’esecuzione nel caso in cui il Pubblico ministero non dia corso alla sospensione dell’ordine di carcerazione.
L’articolo 656 c.p.p., comma 5, prevede che il Pubblico ministero salvo quanto stabilito dai commi 7 e 9, – sospende l’esecuzione degli ordini di carcerazione per pene detentive brevi. Cio’ costituisce un obbligo del PM, conseguente alla constatazione della mera durata della pena espianda entro le soglie quantitative di legge, senza profili di discrezionalita’ e con i soli limiti risultanti dai commi 9 e 10 della stessa disposizione, con contestuale avviso all’interessato della facolta’ di presentare al Tribunale di Sorveglianza l’istanza per la concessione di misure alternative.
Il provvedimento di sospensione e’ dunque un atto dovuto, nei limiti in cui e’ previsto l’affidamento allargato, e deve essere emesso con separato provvedimento, con il quale contestualmente si assegna al condannato un termine, fissato in trenta giorni, per presentare richiesta di misure alternative.
Ove non sia osservata tale scansione procedurale, questa Corte si e’ gia’ espressa sulla possibilita’ dell’interessato di chiedere al giudice dell’esecuzione la declaratoria di temporanea inefficacia del provvedimento che dispone la carcerazione (Sez. 1, sentenza n. 25538 del 10/04/2018, Rv. 273105, PG in proc. Bosco; Sez. 1, n. 41592 del 13/10/2009, PM in proc. Dello Russo, Rv. 245568; Sez. 1, n. 2430 del 23/03/1999, Kola, Rv. 213875). In particolare, si e’ specificato che non e’ consentito al giudice dell’esecuzione annullare o revocare l’ordine di esecuzione, emesso dal pubblico ministero senza il contestuale provvedimento di sospensione per pene detentive brevi, in quanto lo spazio di verifica e di intervento consentitogli e’ confinato alla declaratoria di temporanea inefficacia del decreto del pubblico ministero in modo tale da consentire al condannato di presentare, nel termine di trenta giorni, la richiesta di concessione di una misura alternativa alla detenzione.
1.3 Si deve concludere dunque che l’impostazione seguita nell’impugnata ordinanza e’ sganciata sia dalla lettera della legge, sia dalla sua concorde e condivisa interpretazione giurisprudenziale, ne’ puo’ essere giustificata sulla base di pretese difficolta’ di ricostruzione del rapporto esecutivo (pag. 5, in fondo) poiche’ la norma dell’articolo 666 c.p.p., comma 5, attribuisce al giudice dell’esecuzione penetranti poteri istruttori, facultandolo a chiedere alle autorita’ competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno, e potendo anche assumere prove, all’uopo procedendo in udienza nel rispetto del contraddittorio.
2. L’ordinanza impugnata deve quindi essere annullata.
Gli atti devono essere restituiti alla Corte di appello di Roma quale giudice dell’esecuzione, per la necessaria valutazione della domanda del ricorrente.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Roma.
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