Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 12 febbraio 2019, n. 3979.
La massima estrapolata:
Trova applicazione l’articolo 295 c.p.c. solo quando in altro giudizio deve essere decisa questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico, al fine di evitare il rischio di conflitto tra giudicati. Tale norma non si applica quando l’oggetto dell’altro giudizio sia una questione pregiudiziale in senso logico, perchè in tal caso si applica l’art. 336, comma 2, c.p.c.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10423/2017 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante Amministratore Unico ING. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1233/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/11/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha chiesto il rigetto del ricorso proposto dalla (OMISSIS) SPA nei confronti della (OMISSIS) S.R.L..
RITENUTO
che
1. L’ (OMISSIS) Spa della Regione Campania (da ora (OMISSIS)) ricorre, affidandosi ad un unico motivo, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Napoli che riformando la pronuncia del Tribunale di Avellino, aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso in favore della (OMISSIS) Srl per la restituzione della somma pagata in esecuzione della sentenza del Tribunale di Roma, riformata dalla Corte d’appello, la cui pronuncia era stata oggetto di successiva cassazione con rinvio.
2. La societa’ intimata ha resistito.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO
che:
1. La complessita’ della vicenda impone una breve premessa in ordine ai fatti esistenti sullo sfondo della controversia in esame e rilevanti per l’inquadramento giuridico della stessa.
1.1. La (OMISSIS) srl ottenne nel 2006 dal Tribunale di Roma una sentenza di condanna al risarcimento del danno (da quantificarsi in separata sede) nei confronti della (OMISSIS) per l’illecito esercizio di servizi di trasporti di linea con autobus sul percorso (OMISSIS), condanna confermata in grado d’appello. Sulla scorta di tale pronuncia definitiva venne promosso dinanzi allo stesso Tribunale un giudizio sul quantum debeatur, definito con condanna ad Euro 1000.000,00 circa, eseguita dalla (OMISSIS) soccombente nelle more del gravame proposto e successivamente accolto dalla Corte territoriale: detta pronuncia fu oggetto di ricorso per cassazione, accolto con rinvio per un nuovo esame.
1.2. La Corte d’Appello di Roma, nel giudizio rescissorio, condanno’ la (OMISSIS) al risarcimento di Euro 1600.000,00 circa in favore della (OMISSIS); la sentenza fu oggetto di nuovo ricorso per Cassazione, accolto con rinvio alla medesima Corte territoriale (cfr. Cass. 25672/2015 in atti) per un nuovo giudizio in punto di quantum debeatur.
1.3. Per cio’ che interessa in questa sede, nelle more fra il primo giudizio l’appello e quello di Cassazione, la (OMISSIS) – che aveva spontaneamente eseguito la sentenza di primo grado per la somma di circa Euro 1000.000,00 – ottenne un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Avellino per la restituzione di quanto indebitamente pagato, visto l’esito della sentenza d’appello.
1.4. La (OMISSIS) propose opposizione che venne rigettata dal Tribunale; la (OMISSIS) impugno’ la pronuncia e la Corte territoriale napoletana accolse il gravame statuendo che ai sensi dell’articolo 336 c.p.c., comma 2 – sulla base dell’effetto espansivo interno ed esterno dell’impugnazione, idoneo a travolgere il decreto ingiuntivo come atto dipendente dalla prima decisione che era stata cassata doveva ritenersi caducato anche il provvedimento monitorio che aveva accolto la pretesa restitutoria.
2. Tanto premesso, con unico articolato motivo, il ricorrente (OMISSIS) deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, la nullita’ ed illegittimita’ della sentenza per motivazione illogica, perplessa e carente circa un punto decisivo della controversia; ed, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 336, 389 c.p.c. e degli articoli 2033 e 2037 c.c..
Censura l’interpretazione della Corte territoriale napoletana assumendo che:
a. aveva travisato la portata della domanda restitutoria che si era fondata sulla sentenza d’appello della Corte romana (n. 292/2007) che aveva “caducato” la pronuncia del Tribunale (n. 5439/2006): a cio’ conseguiva il venir meno del titolo sul quale si basava la pretesa restitutoria che, pertanto, doveva ritenersi indebitamente azionata;
b. aveva violato i principi di cui agli articoli 2033 e 2037 c.c.;
c. la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma (conseguente al giudizio rescissorio conclusosi con Cass. 5015/2009 che aveva rinviato per un nuovo giudizio in punto di quantum debeatur) era irrilevante rispetto al permanere del diritto alla restituzione: deduce, infatti, che ogni diversa soluzione avrebbe determinato un indebito arricchimento con risultati giuridicamente abnormi.
3. Il motivo e’ infondato.
La questio iuris oggetto del ricorso mette a confronto la portata dell’articolo 336 c.p.c., rispetto alla regola sancita dall’articolo 389 cpc la cui applicazione, secondo la tesi del ricorrente, avrebbe una valenza di carattere generale in quanto volta ad evitare l’indebito arricchimento di una parte che, in definitiva, a seguito della vicenda processuale sopra sintetizzata, risulterebbe avvantaggiata dall’esecuzione di un titolo divenuto inesistente.
3.1. Si osserva, tuttavia, che la Corte territoriale, pur consapevole del possibile cortocircuito del sistema derivante dalle modifiche normative introdotte dalla L. n. 353 del 1990 (cfr. folio 5 sentenza impugnata) ha risolto correttamente la questione sulla base dei principi affermati da questa Corte e dando prevalenza all’applicazione dell’articolo 336 c.p.c., come norma idonea a dare stabilita’ e certezza a possibili contrasti fra le varie fasi procedimentali, ed ha affermato, prevedendo la caducazione degli atti esecutivi posti in essere sulla base di una sentenza di primo grado riformata, che anche il decreto ingiuntivo che aveva accertato la pretesa restitutoria doveva farsi rientrare fra i provvedimenti dipendenti da quella decisione.
3.2. Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di affermare il principio, al quale questo Collegio intende dare seguito, secondo cui “l’effetto espansivo esterno del giudicato previsto dall’articolo 336 c.p.c., comma 2, opera anche nel caso in cui il diritto posto alla base di un decreto ingiuntivo sia stato negato a seguito della riforma o cassazione della sentenza che l’aveva accertato, e travolge gli effetti anche esecutivi del decreto stesso” (Cfr. Cass. 13492/2014).
In tale pronuncia e’ stato anche precisato che “l’elaborazione giurisprudenziale sulla portata della disposizione e’ connessa con la problematica dell’individuazione dei casi in cui opera la sospensione necessaria del processo ai sensi dell’articolo 297 c.p.c.. Nel pronunciarsi su tale seconda questione, le Sezioni Unite di questa Corte con l’ordinanza n. 14060 del 26/07/2004 hanno chiarito la differenza che sussiste tra i concetti di “pregiudizialita’ logica” e “pregiudizialita’ tecnico-giuridica”. Con la prima espressione si indica il collegamento che lega il rapporto giuridico con l’effetto che ne viene dedotto in giudizio o, secondo altra convergente accezione, il fatto costitutivo del diritto fatto valere davanti al giudice con quest’ultimo, mentre la seconda indica quella fattispecie in cui la questione pregiudiziale e’ esterna al fatto costitutivo del diritto, ma rappresenta un presupposto dell’effetto dedotto in giudizio, pur essendo autonoma da esso. Hanno quindi ritenuto che l’articolo 295 c.p.c., puo’ trovare applicazione solo quando in altro giudizio deve essere decisa una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico, sussistendo in tal caso il rischio del conflitto di giudicati, e non anche qualora oggetto dell’altra controversia sia una questione pregiudiziale soltanto in senso logico, non configurandosi in questo caso il menzionato rischio in quanto, in tale seconda ipotesi, ad evitare il contrasto di giudicati soccorre l’articolo 336 c.p.c., comma 2. Sulla base di tali presupposti interpretativi la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che l’effetto espansivo esterno previsto dall’ultima disposizione richiamata operi nell’ipotesi in cui il creditore agisca prima per l’accertamento dell’an e successivamente per la determinazione del quantum, dando cosi’ vita a due distinti processi, dimodoche’ la riforma o la cassazione della sentenza concernente l’accertamento del diritto pone nel nulla la sentenza che abbia deciso sul quantum, ancorche’ su quest’ultima si sia formato il giudicato formale per mancata tempestiva impugnazione” (cfr., in motivazione, Cass. 13492/2014; e, negli stessi termini, Cass. 12364/2003; Cass. 2955/2013; Cass. 16934/2013).
3.3. Sulla base di tale principio, deve ritenersi che la Corte territoriale abbia correttamente inquadrato la domanda restitutoria proposta in questa sede senza incorrere in alcuna violazione degli articoli 2033 e 2037 c.c., dovendosi tuttavia precisare, in termini di “chiusura del cerchio interpretativo” che per la corretta regolazione della pretesa risarcitoria, al fine di non incorrere nella violazione del principio portato dall’articolo 2033 c.c. e nella corretta applicazione dell’articolo 389 c.p.c., assumera’ certamente rilievo la decisione della Corte d’appello di Roma alla quale la causa collegata a quella in esame e’ stata rinviata dall’ultima pronuncia cassatoria richiamata nelle premesse della presente motivazione (Cass. 25672/2015).
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
5. La difficolta’ della controversia e le oscillanti soluzioni dei gradi merito rende opportuna la compensazione delle spese del giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso.
Compensa le spese del giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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