Le vicende relative alla conclusione della locazione di un immobile inserito nei programmi di edilizia residenziale di cui all’art. 18, D.L. n. 152/1991

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Ordinanza 8 febbraio 2019, n. 3886.

La massima estrapolata:

Le vicende relative alla conclusione della locazione di un immobile inserito nei programmi di edilizia residenziale di cui all’art. 18, D.L. n. 152/1991, nell’ambito dei quali chi costruiva le unità immobiliari e ne acquisiva la proprietà aveva un vincolo di destinazione a determinati soggetti da individuarsi sulla base di interlocuzione della p.a., hanno rilievo strettamente privatistico dato che l’interlocuzione della p.a. assume rilievo al solo fine di determinare la legittimità del rapporto locativo e dei suoi contenuti. Pertanto il giudice competente a decidere delle questioni inerenti l’intimazione di sfratto per finita locazione relativa a immobili rientranti nella predetta fattispecie spetta al giudice ordinario.

Ordinanza 8 febbraio 2019, n. 3886

Data udienza 3 luglio 2018

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Primo Presidente f.f.

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez.

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso preventivo di giurisdizione 16023-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
nel giudizio R.g. 20439/17 pendente davanti al Tribunale di Roma; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3/07/2018 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. Patrone Ignazio, che ha chiesto alla Corte di respingere il ricorso.

RILEVATO

che:
1. Con atto notarile del luglio 2005 (OMISSIS) acquistava dalla (OMISSIS) S.r.l., la proprieta’ superficiaria dell’appartamento sito in (OMISSIS) (oltre il locale cantina ed il posto auto nn. (OMISSIS), quest’ultimo sottostante il medesimo fabbricato con accesso dal civico n. (OMISSIS)), facente parte di un piu’ ampio complesso, costituito dagli edifici (OMISSIS), edificati da detta societa’ in forza di Convenzione con il Comune di Roma del 3 dicembre 2001 in attuazione della L. 18 aprile 1962, n. 167 per l’edilizia economica e popolare ed aventi ad oggetto un unico intervento edificatorio di complessivi 96 appartamenti in funzione di un Programma Straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione temporanea ai sensi della L. 12 luglio 1991, n. 203, articolo 18.
Nell’ambito di convenzioni sottoscritte dalla (OMISSIS) con il Ministero delle Infrastrutture in quella relativa agli edifici (OMISSIS) veniva stabilito un vincolo alla locazione con atto notarile del 10 dicembre 2004, con il quale nn. 28 alloggi e i relativi loro accessori – tra i quali quello acquistato dal (OMISSIS) – venivano assoggettati al vincolo della locazione per anni 12 a decorrere dal 10 dicembre 2004 e fino al 10 dicembre 2016, riguardo al quale, nell’atto di acquisto stipulato dal (OMISSIS) veniva previsto il subentro del medesimo nei diritti ed obblighi della societa’.
Il (OMISSIS), dopo il rilascio dell’immobile da parte di un precedente conduttore, concedeva in locazione ad uso abitativo a (OMISSIS), dipendente di amministrazione statale ed appartenente alle Forze dell’Ordine, l’appartamento de quo e le sue pertinenze per l’intera residua durata del vincolo alla locazione e, dunque, dal 1 ottobre 2010 al 10 dicembre 2016 al canone mensile di legge pari ad Euro 420,00.
Sulla base di tali premesse, il (OMISSIS), assumendo che la locazione doveva ritenersi sottratta alla disciplina della L. n. 431 del 1998, in ragione della previsione dell’articolo 1, comma 2, lettera b) medesima legge e che in vista della scadenza del dicembre 2016 era stata inviata disdetta al (OMISSIS) in data 1 giugno 2016, con la quale in difetto di nuovi accordi il conduttore era stato invitato al rilascio e che quest’ultimo non era avvenuto, nel febbraio del 2017 intimava al (OMISSIS) sfratto per finita locazione dinanzi al Tribunale di Roma.
2. Il (OMISSIS) si opponeva alla convalida e, assumeva: che nel contratto locativo, predisposto unilateralmente dall’attore intimante, risultava menzionata un’assegnazione a suo favore con “provvedimento Prot. n. 29526/05 emesso dalla Prefettura di Roma Ufficio Territoriale del Governo”, e negli articoli 6-12 l’espressa indicazione “come assegnatario soggetto non gia’ alla disciplina della risoluzione contrattuale bensi’ alla decadenza”; che, dopo aver preteso aumenti del canone per la prosecuzione della locazione, in data 7 dicembre 2016, l’intimante gli aveva inviato lettera raccomandata con AR in cui comunicava di avere presentato in data 5 dicembre 2016 “domanda di affrancazione” dell’appartamento di sua proprieta’, “per lo svincolo del diritto di superficie del suddetto appartamento dal Comune di Roma (svincolo del prezzo massimo di cessione stabilito dal Comune di Roma)”; che, a seguito della notificazione dell’intimazione di sfratto, esso deducente aveva preso informazioni presso i competenti organi comunali e dell’UTG di Roma ed aveva appreso dell’inesistenza dell’atto di assegnazione in proprio favore dell’immobile, dell’esistenza su di esso del vincolo di destinazione perpetuo e del fatto che il canone di locazione non era quello da sempre preteso dall’intimante e di cui egli aveva chiesto l’aumento.
Sulla base di tali deduzioni in via pregiudiziale il (OMISSIS) eccepiva il difetto di giurisdizione dell’a.g.o e la sussistenza della giurisdizione dell’a.g.a.
All’uopo: aa) invocava Cass. n. 20 del 1971 circa la connotazione del rapporto che si costituisce tra l’ente pubblico e gli assegnatari degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in due fasi distinte, la prima, relativa all’assegnazione, in cui l’ente pubblico procede unilateralmente all’accertamento dei presupposti e delle condizioni previsti per l’assegnazione e decide di provvedere di conseguenza, con la conseguente natura pubblicistica e la sussistenza di posizioni di interesse legittimo, la seconda fase, che attua nei confronti del privato assegnatario la precedente determinazione unilaterale dell’ente pubblico, determina, invece, un vero e proprio rapporto di natura privatistica (locazione con o senza patto di vendita), nonche’ giurisprudenza in ordine alla individuazione del criterio distintivo della giurisdizione nell’essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio; bb) sosteneva che il procedimento incardinato dalla controparte doveva essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione dell’a.g.o. in favore di quella dell’a.g.a. perche’, “mancando il provvedimento di assegnazione in capo all’intimato, e nelle more della sua concessione da parte della Prefettura di Roma (…) la controversia (aveva) ad oggetto la procedura di assegnazione – quale presupposto essenziale del contratto di locazione – che investe le valutazioni degli enti pubblici competenti atti a verificare i requisiti sostanziali di concedibilita’ dell’alloggio in parola, nonche’ a determinarne la legittima durata, le regole di decadenza, la determinazione del canone vincolato ecc.)”, sicche’ essendo dette valutazioni in itinere, “la fattispecie oggetto del (…) presente giudizio (era) afferente alla fase prodromica dell’instaurazione del corretto rapporto locatizio”; dd) deduceva, altresi’, che il contratto locazione che la controparte aveva azionato era nullo ai sensi dell’articolo 1418 c.c. per mancanza di un presupposto essenziale (il provvedimento di assegnazione) e/o per violazione di norme imperative, in particolare della L. n. 203 del 1991, articolo 18 e di quelle “sul procedimento di accertamento dei presupposti sostanziali per ottenere la concessione in godimento dell’alloggio”, nonche’ per la non conformita’ di quanto previsto dalla convenzione stipulata dalla (OMISSIS) con il Comune di Roma in punto di durata temporanea della locazione, atteso che essa non era prevista dalla L. n. 203 del 1991, articolo 18; ee) in via gradata eccepiva l’annullabilita’ del contratto ai sensi dell’articolo 1427 c.c. e svolgeva domanda riconvenzionale per l’accertamento della scadenza effettiva della locazione, nonche’ per il risarcimento del danno per la violazione della L. del 1991.
3. Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 2 maggio 2017, disponeva il rilascio dell’unita’ immobiliare ai sensi dell’articolo 665 c.p.c. e la prosecuzione del giudizio con il rito ordinario.
Nella motivazione disattendeva l’eccezione di difetto di giurisdizione, osservando quanto segue:
“rilevato in particolare che sussiste la giurisdizione del Tribunale ordinario non discutendosi della fase relativa al procedimento di assegnazione dell’alloggio ma a quella di esecuzione del rapporto (locatizio); rilevato che l’intimato contesta la esistenza del provvedimento di assegnazione dell’immobile in suo favore (indicato in contratto come avente Prot.llo n. (OMISSIS)); rilevato che, se esiste il citato provvedimento di assegnazione, la locazione sarebbe scaduta secondo quanto previsto in contratto al 10.12.2016 (conformemente al vincolo di destinazione locatizia gravante sull’immobile per anni 12 in virtu’ della convenzione del 4.10.2002 stipulata tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e la (OMISSIS) e richiamata nell’atto unilaterale di vincolo locatizio del 10.12.2004, trascritto), se non esiste il provvedimento di assegnazione, la detenzione dell’immobile sarebbe affetta da nullita’ per violazione delle regole procedimentali sulla concessione in locazione (previa assegnazione) degli alloggi in oggetto, sicche’ in entrambi i casi l’immobile dovrebbe essere rilasciato fatte salve le questioni in ordine alla conformita’ del canone applicato alla normativa vigente in materia e alla Convenzione;”.
4. Con ricorso ai sensi dell’articolo 41 c.p.c. il (OMISSIS) ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione, nel quale ha insistito nella gia’ svolta prospettazione a sostegno dell’eccepito difetto di giurisdizione, invocando l’applicabilita’ dell’ipotesi di giurisdizione esclusiva di cui all’articolo 133 c.p.a., comma 1, lettera c).
5. Al ricorso ha resistito con controricorso il (OMISSIS).

CONSIDERATO

che:
1. Il Pubblico Ministero ha concluso per l’affermazione sulla controversia della giurisdizione del giudice ordinario sulla base delle seguenti considerazioni:
“Il sig. (OMISSIS) e’ stata citato davanti al Tribunale di Roma dal sig. (OMISSIS) per la convalida di licenza di finita locazione relativa ad un immobile, dal (OMISSIS) condotto in locazione; nessuna pretesa e’ stata avanzata in giudizio, dal (OMISSIS) o dal (OMISSIS), verso una P.A.; trattasi pacificamente di controversia tra privati; neppure sembra venire in rilievo alcun atto di una qualsiasi PA relativo al rapporto de quo; conseguentemente il Tribunale di Roma ha respinto l’eccezione di giurisdizione sollevata dal (OMISSIS); da li’ il presente ricorso ex articolo 41 c.p.c., col quale si sostiene la giurisdizione del G.A. Il ricorso appare manifestamente infondato. Nessun provvedimento amministrativo viene in rilievo nella causa in corso fra le parti che riguarda, pacificamente, un rapporto di locazione di diritto privato. Inconferente e’ la (peraltro assai remota) giurisprudenza citata dal ricorrente. Nessun potere autoritativo della PA risulta esercitato ne’ il rapporto rientra in uno di quelli per i quali sussiste la giurisdizione esclusiva del GA. Non si vede dunque come possa sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo.”.
2. Va premesso che non sono fondate l’eccezione di difetto di procedibilita’ e di inammissibilita’ del ricorso, formulate dalla parte resistente: la prima sotto il profilo che sarebbe stato notificato, senza successivo deposito, altro ricorso prima di quello SU cui si decide, nonche’ in ragione del mancato deposito della copia autentica del provvedimento ex articolo 665 c.p.c. del Tribunale di Roma; la seconda sotto il profilo che il ricorso in esame sarebbe inammissibile ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1.
2.1. Quanto al primo aspetto si rileva che la notificazione del primo ricorso rimane irrilevante ai fini dell’esame del successivo ricorso per regolamento in quanto la Corte, non essendo stato depositato tale ricorso dal ricorrente e non essendo stato iscritto a ruolo il medesimo dalla parte intimata, mediante deposito di un controricorso, non deve provvedere, nel mentre, se pure il primo ricorso fosse stato iscritto a ruolo dalla parte intimata e lo si fosse dovuto dichiarare improcedibile per mancato deposito da parte del ricorrente, non essendo il regolamento preventivo un mezzo di impugnazione, non avrebbe potuto trovare applicazione l’articolo 387 c.p.c. e cio’ conformemente al consolidato principio di diritto secondo cui: “La disposizione dell’articolo 387 c.p.c., secondo la quale il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile non puo’ essere riproposto, anche se non sia ancora scaduto il termine fissato dalla legge, non e applicabile al regolamento di giurisdizione, non essendo questo un mezzo d’impugnazione ordinario o straordinario, ma soltanto un mezzo per risolvere la questione di giurisdizione in via preliminare, prima cioe’ che sia intervenuta nel giudizio una sentenza di merito” (si veda gia’ Cass., Sez, Un., n. 625 del 1967).
Quanto al secondo aspetto l’eccezione e’ priva di fondamento, atteso che il regolamento non e’ un mezzo di impugnazione e ad esso si applica l’articolo 369, n. 4 e non anche l’articolo 369 c.p.c., n. 2, oltre che la stessa norma, u.c. che nella specie e’ stato rispettato.
Peraltro l’ordinanza ex articolo 665 c.p.c. e’ stata anche prodotta e con asseverazione.
2.2. La seconda eccezione di inammissibilita’ e’ manifestamente priva di fondamento sulla base del seguente principio di diritto: “L’articolo 360-bis c.p.c., giacche’ l’articolo 41 c.p.c., comma 1, secondo inciso, dispone che l’istanza di regolamento preventivo di regolamento di giurisdizione si propone “a norma degli articoli 364 c.p.c. e ss.”, e’ inapplicabile al regolamento preventivo di giurisdizione”. L’inapplicabilita’, avuto riguardo alla funzione del regolamento preventivo, che e’ quella di provocare una decisione delle Sezioni Unite che accerti in via definitiva ed immediata se il giudice adi’to ha o non ha la giurisdizione e comunque quale sia il giudice che ha la giurisdizione, e’, del resto, perfettamente spiegabile proprio in ragione di questa funzione, che, anche quando la soluzione della questione di giurisdizione sarebbe riconducibile all’ambito dell’articolo 360-bis, comma 1 comunque esige che la Corte di Cassazione lo statuisca, nel mentre, sempre per la stessa funzione del regolamento, l’articolo 360-bis, comma 2 risulterebbe sempre applicabile ma in positivo, giacche’ l’individuazione della giurisdizione per definizione risulterebbe conforme alla logica del giusto processo.
3. Venendo all’esame del regolamento si rileva in primo luogo che parte ricorrente svolge la sua prospettazione favorevole alla sussistenza della giurisdizione dell’a.g.a. innanzitutto evocando una serie di disposizioni, e precisamente:
a) la norma della L. n. 21 del 2001, articolo 5 la’ dove dispone che gli alloggi finanziati ai sensi del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 18 convertito, con modificazioni dalla L. n. 203 del 1991 per i quali siano venute meno le finalita’ originariamente attestate dal prefetto territorialmente competente, in mancanza di richieste da parte di dipendenti dello Stato impegnati nella lotta alla criminalita’ organizzata, sono assegnati sulla base delle norme relative all’edilizia residenziale pubblica vigenti in ogni regione);
b) l’articolo 7, comma 4, di un meglio identificato Decreto Ministeriale Trasporti e delle Infrastrutture (la’ dove prevede che: “Per gli alloggi di edilizia sovvenzionata e agevolata che si rendessero liberi, per finita locazione o per qualsiasi altra causa, dopo l’assegnazione, il soggetto che ne ha la titolarita’ comunica al Prefetto ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per l’edilizia residenziale e le politiche abitative, la disponibilita’ degli stessi. Il Prefetto, per l’assegnazione, prende in considerazione eventuali domande in attesa di esito e procede d’ufficio, entro i successivi novanta giorni, secondo le modalita’ del presente decreto. Trascorso inutilmente tale termine, l’alloggio rientra nella disponibilita’ del soggetto che ne ha la titolarita’ per essere utilizzato in conformita’ della normativa vigente per l’edilizia agevolata o sovvenzionata”);
c) la Direttiva n. C/575 del 23 maggio 2007 del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture sulle procedure di assegnazione L. n. 203 del 1991, ex articolo 18 (la’ dove, dopo aver richiamato la L. n. 21 del 2001, articolo 5 stabiliva che “si ravvisa la necessita’ di fornire, – al fine di garantire il completo perseguimento delle finalita’ della L. n. 203 del 1991 – le seguenti indicazioni in ordine alla fattispecie della mancata assegnazione sia degli alloggi di edilizia agevolata che di edilizia sovvenzionata resisi liberi per finita locazione o per qualsiasi altra causa. Qualora il Prefetto constati l’impossibilita’ di riassegnare gli alloggi di edilizia agevolata per mancanza di eventuali domande in attesa o per mancanza di soggetti in possesso dei requisiti previsti dal citato Decreto Ministeriale n. 215 del 2002 dovra’ darne comunicazione al soggetto titolare dell’alloggio e al Comune nel cui territorio ricade l’intervento di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 18 che esercitera’ – nell’ambito delle prerogative spettanti in materia e fino al permanere del vincolo locatizio in capo ai proprietari per il perseguimento delle finalita’ indicate dalla L. n. 203 del 1991 – il corretto utilizzo degli alloggi in argomento alla vigente normativa in materia di edilizia agevolata vigente in ciascuna regione, e in particolare il possesso dei requisiti soggettivi”);
d) il Decreto 8 maggio 2014, n. 185 di modifica del Decreto Ministeriale 10 maggio 2002, n. 215 con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti-Dipartimento per le Opere Pubbliche e per l’edilizia residenziale e le politiche abitative aveva provveduto a delineate in dettaglio le competenze dei vari organi coinvolti, comprese quelle delle Prefetture interessate, nonche’ le modalita’ di assegnazione di detti immobili e, in particolare, con l’articolo 4, comma 5, ha ribadito l’obbligo di comunicazione da parte del soggetto gestore che ha la titolarita’ degli alloggi di cui all’articolo 18 citato, e l’obbligo di utilizzo dell’alloggio in parola in conformita’ alla normativa vigente in materia di edilizia agevolata, fermo restando la comunicazione anche alla Regione per la vigilanza sull’attuazione delle norme di competenza.
Dopo avere fatto tali richiami il ricorrente sostiene che dalle suddette disposizioni si evincerebbe che il (OMISSIS) – in qualita’ di soggetto gestore avente la titolarita’ dell’alloggio in parola – avrebbe dovuto comunicare alla Prefettura di Roma e alla Regione Lazio evidentemente una volta cessata la locazione che risultava anteriormente in corso con altro soggetto, con cui un contratto locativo era stato stipulato dalla sua dante causa (OMISSIS) – la disponibilita’ del proprio alloggio ai fini della riassegnazione e cio’ anche a prescindere dall’esistenza di un bando e/o di una graduatoria in favore di esso ricorrente.
Da tanto si fa derivare che l’accertamento oggetto della controversia non potrebbe prescindere “dalla verifica del provvedimento di assegnazione/riassegnazione, dalla cui data decorre il termine per accertare la finita locazione, cosi’ come non puo’ prescindere dall’accertamento do eventuali vincoli di durata della stessa (12 o 22 anni a decorrere sempre dal provvedimento di assegnazione/riassegnazione in favore dell’odierno ricorrente), la cui cognizione appartiene alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo ai sensi dell’articolo 133 c.p.a., comma 1, lettera c”.
3. La prospettazione del ricorrente, la’ dove egli sostiene che il mancato rispetto di dette disposizioni, la quale, se ben si comprende, avrebbe determinato la mancanza del provvedimento di “assegnazione in locazione” a suo favore, determinerebbe una situazione che farebbe rifluire la vicenda nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la collocherebbe nella fase pubblicistica in cui vengono in rilievo, in sede di edilizia residenziale pubblica, i poteri della pubblica amministrazione.
Si tratta di un assunto manifestamente privo di fondamento.
In tanto si rileva che la presente controversia verte fra soggetti privati e riguarda un rapporto fra loro stipulato iure privatorum, cioe’ la locazione. Vertendo la controversia fra privati, del resto, solo l’essere coinvolto nella controversia uno dei privati nella controversia anche nella veste di titolare di poteri pubblicistici o in forza di un qualche provvedimento amministrativo sulla base di norme di legge o in forza di norme di legge, potrebbe implicare l’eventuale coinvolgimento della giurisdizione del giudice amministrativo.
Tanto basterebbe, non essendo stata nemmeno astrattamente prospettata una simile situazione, ad escludere qualsiasi fondamento alla prospettazione del ricorrente.
Ma, al di la’ di tale rilievo, pur assorbente, si osserva che la mancata adozione di un provvedimento da parte della pubblica amministrazione puo’ evidentemente rilevare come presupposto che incide sul rapporto fra i litiganti eventualmente solo nel senso che essa puo’ dispiegare una rilevanza sulla loro posizione riguardo al rapporto stesso, che e’ sorto come locazione iure privatorum e, dunque, in relazione all’azione di finita locazione ai fini della verificazione della sua fondatezza, che compete al giudice ordinario.
L’accertamento della detta rilevanza nella controversia fra i privati, non concerne, del resto (e non potrebbe essere altrimenti, dato che la p.a. non e’ in causa), direttamente l’esercizio o il mancato esercizio del relativo pubblico potere e nemmeno della sua legittimita’ o meno, ma suppone soltanto, nella prospettazione del ricorrente, che si debba verificare se esso sia stato esercitato oppure no e quale avrebbe dovuto essere la conseguenza dell’esercizio o del mancato esercizio sul rapporto locativo e sulla sua scadenza.
Cio’, dunque, ai soli fini di eventualmente stabilirne l’incidenza sulla fondatezza o meno dell’azione di finita locazione.
Ne deriva che la necessita’ di detto accertamento non determina in alcun modo che la controversia abbia ad oggetto la legittimita’ dell’esercizio del potere pubblico che sarebbe stato rilevante ai fini della determinazione del contenuto del rapporto locativo e, quindi, non si comprende come possa determinare – ferma l’assorbenza del primo rilievo svolto innanzi – una riconducibilita’ della lite alla giurisdizione del giudice amministrativo, tanto piu’ in mancanza di coinvolgimento della pubblica amministrazione.
Il giudice ordinario, in definitiva, lo si ripete, e’ sollecitato solo a verificare se il potere della p.a. e’ stato esercitato oppure no e quale sia l’effetto delle due alternative sulla posizione dei privati litiganti.
3.1. Ne’ la giurisdizione del giudice amministrativo risulta evocata a ragione la’ dove, come si fa nella parte finale del ricorso per regolamento, si critica l’affermazione del Tribunale che, se effettivamente un provvedimento di “assegnazione” (cioe’ un provvedimento con cui la p.a. abbia identificato il ricorrente come locatario del resistente) mancasse, “la detenzione dell’immobile sarebbe affetta da nullita’ per violazione delle regole procedimentali sulla concessione in locazione” e il ricorrente sarebbe tenuto a rilasciare comunque l’immobile.
La critica e’ svolta assumendo che la posizione del (OMISSIS), in mancanza di provvedimento della pubblica amministrazione, non avrebbe natura di diritto soggettivo, perche’ essa si risolverebbe nella pretesa a chiedere alla locale prefettura l’assegnazione e, dunque, in una situazione di interesse legittimo. Donde la sussistenza della giurisdizione dell’a.g.a.
Senonche’, e’ sufficiente osservare che, non essendo dubbio che il (OMISSIS) sia il proprietario dell’immobile, un titolo per il rilascio pur sempre gli spetterebbe in forza della relativa situazione giuridica dominicale, che e’ di diritto soggettivo.
Tanto si osserva non senza doversi rilevare che l’azione pendente davanti al Tribunale e’ di finita locazione e, dunque, basata tra le odierne parti sul contratto locativo, dal quale origina una pretesa di rilascio che ha natura personale e trova la sua lex nel contratto.
In fine, si rileva che la particolarita’ della fattispecie ricollegabile al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 18 convertito, con modificazioni dalla L. n. 203 del 1991, nella quale chi costruiva le unita’ immobiliari ed acquisiva la proprieta’ delle stesse aveva un vincolo di destinazione alla locazione a particolari soggetti, sebbene da individuarsi sulla base di interlocuzione della p.a., non esclude che la vicenda della conclusione e dello svolgimento del rapporto di locazione con detti soggetti fosse di rilievo privatistico, assumendo, come del resto gia’ detto, l’interlocuzione della p.a. rilievo ai fini di stabilire eventualmente la legittimita’ del rapporto locativo e dei suoi contenuti. Questioni l’una e l’altra di rilievo fra i due soggetti privati, altro essendo semmai il rilievo di un potere di intervento della p.a. sul proprietario nel caso di mancata assicurazione della interlocuzione o delle eventuali prerogative della stessa p.a.
4. Deve, dunque, dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Condanna parte ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di regolamento, liquidate in Euro tremilacinquecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge

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