Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 17 aprile 2019, n. 16768.
La massima estrapolata:
Il reato di cui all’articolo 2 del Dlgs 74 del 2000 riguarda unicamente le operazioni oggettivamente inesistenti e non anche quelle soggettivamente inesistenti. La fattispecie dell’oggettiva inesistenza si ravvisa con riferimento alle imposte dirette solo in caso di inesistenza delle prestazioni effettuate. Per contro, l’indicazione di un soggetto diverso rispetto a quello che ha materialmente effettuato la prestazione rileva ai soli fini Iva poiché tale imposta deve sempre essere versata a chi ha eseguito le prestazioni imponibili e dunque l’esposizione di dati fittizi anche solo soggettivamente potrebbe ingenerare artificialmente il presupposto per un rimborso al quale non si ha diritto.
Sentenza 17 aprile 2019, n. 16768
Data udienza 24 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 10-09-2018 del Tribunale di Monza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Zunica;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa FILIPPI Paola, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito per il ricorrente l’avvocato (OMISSIS), che concludeva per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 10 settembre 2018, il Tribunale del Riesame di Monza confermava il decreto del 25 giugno 2018, con cui il G.I.P. presso il Tribunale di Monza aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del denaro nella diretta disponibilita’ di (OMISSIS), ovvero di qualunque bene mobile o immobile al medesimo appartenente, fino alla concorrenza della somma di Euro 20.148,58; la misura cautelare reale veniva imposta con riferimento al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, contestato a (OMISSIS) per avere indicato, nelle dichiarazioni fiscali relative agli anni 2013, 2014 e 2015, al fine di evadere le imposte sui redditi e avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, elementi passivi fittizi costituiti da costi, in realta’ mai sostenuti dal contribuente, per prestazioni di lavoro occasionale apparentemente svolte in suo favore da una pluralita’ di soggetti, ovvero (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS).
2. Avverso l’ordinanza del Tribunale brianzolo, (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa contesta la qualificazione giuridica del fatto, osservando che la condotta di (OMISSIS) non poteva farsi rientrare nel reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, posto che, negli anni cui si riferisce l’imputazione, l’indagato si era avvalso della sola collaborazione di (OMISSIS), il quale e’ stato l’unico ed effettivo percipiente dei compensi, per cui le ricevute emesse, sebbene riferite ad altre persone, erano relative a prestazioni realmente esistenti; dunque l’indagato si era limitato a sostituire il nominativo del vero percettore delle somme pagate con quelli di terze persone, senza tuttavia mai modificare il saldo delle poste passive al fine di conseguire un indebito vantaggio fiscale.
Ne’ la condotta di (OMISSIS) poteva essere inquadrata nello schema dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 3 e 4, poiche’, al di la’ della dubbia configurabilita’ dei presupposti oggettivi dei rispettivi reati, l’evasione commessa era al di sotto della soglia di punibilita’ prevista dalle norme in questione, difettando inoltre l’elemento soggettivo relativo alla volonta’ di frodare il fisco e di avvantaggiarsi patrimonialmente attraverso la creazione di poste passive fittizie.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura la mancata remissione alla Corte Costituzionale della questione di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, in relazione all’articolo 3 Cost., questione che, pur essendo stata ritenuta rilevante nel caso di specie, e’ stata dichiarata manifestamente infondata.
La difesa evidenzia che la fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, a differenza di quelle previste dagli articoli 3 e 4 del medesimo decreto, non prevede delle soglie di punibilita’ e, inoltre, vista la pena massima prevista, non e’ applicabile l’istituto ex articolo 131 bis c.p., per cui la disciplina rivelerebbe profili di irragionevolezza, e cio’ anche alla luce del fatto che i reati Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articoli 2 e 3, sono equiparati in ordine al trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
E’ fondato il primo motivo sulla qualificazione giuridica della condotta, dal cui accoglimento consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
1. Deve premettersi che, dall’imputazione riportata nel decreto del G.I.P. impositivo del sequestro, si evince che l’accusa formulata a carico di (OMISSIS) e’ quella di aver commesso il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, per avere indicato, nelle dichiarazioni dei redditi inerenti gli anni 2013, 2014 e 2015, elementi passivi fittizi, ovvero dei corrispettivi per rapporti di lavoro occasionale, in realta’ mai avvenuti, con una pluralita’ di soggetti, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte sui redditi.
Orbene, il tenore della contestazione provvisoria consente gia’ di circoscrivere l’ambito di rilevanza penale della condotta, dovendosi al riguardo richiamare la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 6935 del 23/11/2017, dep. 2018, Rv. 272814 e Sez. 3, n. 10394 del 14/01/2010, Rv. 246327), secondo cui il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2) e’ integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva delle prestazioni indicate nelle fatture, ovvero quella relativa alla diversita’, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’iva, esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversita’ tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura; in definitiva, la fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, deve ritenersi ravvisabile, con riferimento all’evasione delle imposte dirette, solo laddove vengano in rilievo operazioni oggettivamente inesistenti, ovvero vengano esposti nelle dichiarazioni dei costi mai sostenuti, mentre e’ solo in ordine all’evasione dell’iva che rilevano, oltre alle operazioni oggettivamente inesistenti, anche quelle che integrino una simulazione soggettiva, cioe’ quando la fattura riporti l’indicazione di nominativi diversi rispetto agli effettivi partecipanti all’operazione imponibile; l’indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura non e’ infatti circostanza indifferente ai fini dell’iva, dal momento che la qualita’ dei venditore puo’ incidere sulla misura dell’aliquota e, conseguentemente, sull’entita’ dell’imposta che l’acquirente puo’ legittimamente detrarre, fondandosi il sistema dell’Iva sul presupposto che tale imposta sia versata a chi ha eseguito prestazioni imponibili, non entrando nel conteggio del dare ed avere ai fini Iva le fatture emesse da chi non e’ stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, per cui esporre dati fittizi anche solo soggettivamente significa creare le premesse per un rimborso al quale non si ha diritto.
Ribadito dunque che, ai fini della configurabilita’ del reato di cui all’articolo 2, in ordine all’evasione delle imposte sui’ redditi, rilevano solo le operazioni oggettivamente inesistenti, ovvero quelle relative alla diversita’, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, e non anche le operazioni soggettivamente inesistenti, quando cioe’ l’operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita e tuttavia non vi sia corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nella fattura e il soggetto che abbia erogato la prestazione, occorre evidenziare che il Tribunale del Riesame non si e’ adeguatamente confrontato con la deduzione difensiva, secondo cui quelle ascrivibili a (OMISSIS) erano esclusivamente operazioni inesistenti dal punto di vista soggettivo, nel quale caso, come detto, andrebbe esclusa la rilevanza penale della condotta.
Tale aspetto risulta marginalmente affrontato in un passaggio dell’ordinanza impugnata (pag. 3) da cui sembra invero desumersi che, ai fini della sussistenza del reato, avrebbe invece rilievo anche l’inesistenza soggettiva delle operazioni. Su questo profilo si impone pertanto un piu’ adeguato approfondimento da parte dei giudici cautelari, alla luce delle coordinate interpretative sin qui esposte.
2. Quanto alla dedotta incostituzionalita’ del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, deve rilevarsi che la relativa questione, sollevata dal Tribunale di Palermo con ordinanza del 13 luglio 2017, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 43 del 25 ottobre 2017, e’ stata trattata dalla Corte costituzionale in epoca successiva alla presente decisione (udienza del 5 febbraio 2019), per cui sul punto alcuna determinazione puo’ essere assunta da questa Corte, in attesa della pronuncia della Consulta, avendo la difesa articolato le proprie doglianze sulla falsariga delle argomentazioni illustrate nel citato atto di promovimento della questione.
3. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio al Tribunale di Monza per un nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per un nuovo esame al Tribunale di Monza.
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