Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 30 novembre 2018, n. 2256.
La massima estrapolata:
Si deve escludere che tra la deliberazione di indire la selezione e il bando di concorso, da un lato, e l’approvazione della graduatoria finale, dall’altro lato, sussista un rapporto di consequenzialità diretta ed immediata tale da giustificare l’automatica caducazione di quest’ultima per effetto dell’eventuale illegittimità dei primi. È indubbio, infatti, che l’approvazione della graduatoria definitiva è il risultato di ulteriori e più ampie valutazioni rispetto a quelle compiute in sede di adozione della lex specialis e dei successivi atti endoprocedimentali. Ne consegue che le eventuali illegittimità del bando e dell’esclusione si riflettono sull’atto finale semplicemente viziandolo, c.d. invalidità viziante, con conseguente onere di impugnarlo anche laddove bando ed esclusione siano già stati fatti oggetto di gravame.
Sentenza 30 novembre 2018, n. 2256
Data udienza 5 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9913 del 2016, proposto da:
Pa. Mo., rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. De Ma., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
contro
Istituto Nazionale per la Promozione della Salute delle Popolazioni Migranti ed il Contrasto delle Malattie della Povertà, rappresentato e difeso dall’avvocato An. To., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione III quater, n. 10954/2016, resa tra le parti, concernente conferimento di incarico settennale rinnovabile a tempo determinato per dirigente analista – direttore di struttura complessa.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Istituto Nazionale per la Promozione della Salute delle Popolazioni Migranti ed il Contrasto delle Malattie della Povertà ;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 35, co. 1 lett. c), 38 e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2018 il Cons. Giovanni Pescatore e udito per la parte ricorrente l’avvocato Te. Sa. su delega dichiarata di Ca. De Ma. e An. To.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR Lazio, sede di Roma, l’odierna appellante dott.ssa Pa. Mo. agiva nei confronti dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle Popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà, chiedendo “l’annullamento, previa sospensione, dell’avviso pubblico pubblicato su Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana n. 47 del 14.6.20I6 IV Serie Speciale Concorso ed Esami per il conferimento di un incarico settennale rinnovabile, a tempo determinato con rapporto di lavoro esclusivo, di direzione di struttura complessa nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali”.
2. La ricorrente deduceva l’illegittimità parziale dell’avviso pubblico nella parte in cui prevedeva, tra i requisiti necessari, l’avere ricoperto un incarico dirigenziale a tempo indeterminato, con ciò escludendo coloro che – come la stessa ricorrente – avessero sì ricoperto incarichi dirigenziali ma soltanto a tempo determinato.
Il petitum consisteva quindi nella richiesta di annullamento parziale dell’avviso pubblico e nella conseguente istanza di ammissione della ricorrente alla procedura selettiva.
3. L’INMP, costituendosi in giudizio, evidenziava la legittimità delle previsioni inserite nel bando, richiamando il parere reso in tal senso dal Ministero della Salute. Il resistente Istituto rilevava, inoltre, come alla data di presentazione del ricorso da parte della dott.ssa Monari, non fosse intervenuto alcun provvedimento di estromissione della stessa dal procedimento di selezione e come, in ogni caso, la stessa risultasse priva dei requisiti di anzianità richiesti dal bando, non potendo vantare una esperienza dirigenziale pregressa di almeno tre anni.
4. Il Tar Lazio, sez. III Quater, con la sentenza n. 10954 del 2016, depositata il 7.11.2016, condividendo le argomentazioni prospettate dall’Istituto resistente, dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di interesse.
A tal fine osservava che:
“a) l’avviso di selezione prevede che l’incarico dirigenziale a tempo indeterminato sia stato svolto per almeno cinque anni (oppure per tre anni in caso di frequenza di taluni corsi di formazione manageriale);
b) oggetto di gravame è tuttavia soltanto costituito dal regime dell’incarico ricoperto (a tempo determinato o indeterminato) non anche dalla sua durata (si ripete: quinquennale oppure triennale nelle ipotesi di frequenza di specifici corsi di alta formazione);
c) ebbene, poiché dagli atti versati in giudizio inequivocabilmente emerge (cfr. doc. 4 produzione della amministrazione resistente) che la ricorrente ha svolto sì incarichi dirigenziali ma per un periodo di tempo infratriennale (e in particolare per due anni e dieci mesi), ne consegue che per la medesima non sussisterebbe comunque la legittimazione a prendere utilmente parte alla ridetta partecipazione selettiva: e tanto con ogni conseguenza in ordine alla originaria carenza di interesse a ricorrere avverso la suddetta procedura”.
5. Con il ricorso in appello qui in discussione, la dott.ssa Monari ha chiesto l’annullamento previa sospensione degli effetti della sentenza n. 10954/2016.
Il gravame si fonda su un unico motivo di appello così enucleato, “Error in iudicando. Erroneità dei presupposti. Errata valutazione su un punto decisivo della controversia”, vertente sulla questione della possibilità o meno di intendere come dirigenziale il ruolo di tecno presso l’ISTAT rivestito dalla dott.ssa Monari dal 1998 al 1999.
L’odierna appellante sostiene che “con riferimento all’esperienza professionale autocertificata come tecno III livello professionale presso ISTAT nel periodo dal 1/10/1998 al 31/8/1999 (quindi ulteriori mesi di servizio da aggiungersi a quelli prestati quale dirigente presso l’INMP, formando complessivamente la richiesta esperienza professionale dirigenziale ultratriennale), la tabella di equiparazione tra le qualifiche dirigenziali del personale dello stato e le analoghe qualifiche degli enti di ricerca, tra cui l’ISTAT, del DPR 17111991 e s.m. i., vigente nel periodo in questione(…), equipara il III livello professionale tecno alla qualifica di dirigente”.
Da tale equiparazione conseguirebbe la sussistenza, al momento della presentazione della domanda di ammissione alla procedura selettiva, del numero di anni di servizio utili ai fini dell’accesso alla selezione.
6. L’INMP, costituendosi in giudizio, oltre a contestare nel merito le deduzioni di controparte, ha eccepito in via preliminare l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse alla sua definizione, dal momento che la procedura avviata con la pubblicazione dell’avviso originariamente impugnato dall’odierna appellante si è nel frattempo definitivamente conclusa e l’interessata non ha tempestivamente impugnato i relativi atti del procedimento (ed in particolare le deliberazioni n. 475 del 17.11.2016 e n. 536 del 13.12.2016), sebbene inequivocabilmente comportanti la sua mancata ammissione alla procedura selettiva.
7. L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n. 927 del 3 marzo 2017.
8. Espletato lo scambio di memorie e repliche ex art. 73 c.p.a., la causa è stata discussa e introitata in decisione all’udienza pubblica del 5 aprile 2018.
9. È fondata e meritevole di accoglimento l’eccezione preliminare di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse in capo alla ricorrente.
Ed invero, nelle more del giudizio d’appello, la procedura avviata con la pubblicazione dell’avviso originariamente impugnato dall’odierna appellante è giunta a conclusione e i relativi atti non sono stati gravati dall’interessata, pur risultando lesivi della sua sfera giuridica.
In particolare, la dott.ssa Monari non ha impugnato né la deliberazione D.G. INMP n. 475 del 17.11.2016, pubblicata sul sito Istituzionale dal 17.11.2016, con la quale si è proceduto alla nomina della Commissione esaminatrice e all’ammissione ed esclusione dei candidati, pur risultando essa nell’elenco dei candidati esclusi; né il successivo verbale d’esame del 6.12.2016, né, ancora, la delibera D.G. INMP n. 536 del 13.12.2016, pubblicata sul sito Istituzionale dal 14.12.2016, con la quale, presosi atto del verbale della Commissione esaminatrice, è stata dichiarata conclusa la procedura indetta con l’avviso pubblico.
10. Conseguentemente, poiché non risulta impugnata nessuna delle due deliberazioni sopra citate né, tanto meno, risultano contestate le operazioni della commissione di concorso, sebbene tali atti siano stati tempestivamente pubblicati all’albo dell’Istituto nella sezione “pubblicità legale” dalle date sopra indicate, il ricorso in appello risulta palesemente improcedibile.
Appare chiaro, infatti, che essendosi conclusa la procedura e non essendo stati ritualmente e tempestivamente impugnati gli atti della procedura pregiudizievoli degli interessi dell’odierna appellante, sia venuto meno il presupposto indefettibile del ricorso volto a conseguire, nel merito, l’annullamento parziale dell’avviso pubblico e la conseguente ammissione della ricorrente alla procedura selettiva.
Come già affermato in giurisprudenza, con orientamento dal quale la Sezione non ha motivo di discostarsi, con specifico riferimento alla materia dei concorsi pubblici si deve escludere che tra la deliberazione di indire la selezione e il bando di concorso, da un lato, e l’approvazione della graduatoria finale, dall’altro lato, sussista un rapporto di consequenzialità diretta ed immediata tale da giustificare l’automatica caducazione di quest’ultima per effetto dell’eventuale illegittimità dei primi. È indubbio, infatti, che l’approvazione della graduatoria definitiva è il risultato di ulteriori e più ampie valutazioni rispetto a quelle compiute in sede di adozione della lex specialis e dei successivi atti endoprocedimentali. Ne consegue che le eventuali illegittimità del bando e dell’esclusione si riflettono sull’atto finale semplicemente viziandolo (c.d. invalidità viziante), con conseguente onere di impugnarlo anche laddove bando ed esclusione siano già stati fatti oggetto di gravame (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2012, n. 1347; Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 2010, n. 622; Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2008, n. 207; Cons. Stato, Sez. III, 1/2/2012, n. 503).
11. Per quanto esposto, il ricorso di appello va dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 35, comma 1, lettera c), c.p.a..
12. Stante l’esito del giudizio, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
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