Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 25 settembre 2018, n. 22776.
Ordinanza 25 settembre 2018, n. 22776.
Data udienza 22 maggio 2018.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere
Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6525/2014 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
e contro
(OMISSIS) S.p.a., – (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso principale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 52/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 17/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Genova, con sentenza non definitiva n. 52/2014, – pronunciata in giudizio promosso dalla (OMISSIS) srl nei confronti della (OMISSIS) spa, al fine di sentire dichiarare la nullita’ di tre contratti di conto corrente, stipulati tra il 1993 ed il 1997 (uno dei quali, dalla (OMISSIS) srl, societa’ incorporata nella (OMISSIS)), e degli affidamenti su di essi concessi, per mancanza di forma scritta, e l’illegittimita’ dell’addebito di L. 1.716.183.025, effettuato nel 1993 sul conto corrente “(OMISSIS)”, e di tutti gli addebiti per interessi ultralegali ed anatocistici e commissioni trimestrali, effettuati sui predetti rapporti di conto corrente, nonche’ l’usurarieta’ della pattuizione contenuta in un contratto di mutuo fondiario, stipulato dalla incorporata (OMISSIS) nel 1999, e l’illegittima applicazione di anatocismo, con rideterminazione dei saldi dei vari rapporti bancari e condanna della banca alla ripetizione, – in parziale accoglimento del gravame principale della banca, respinto quello incidentale della societa’, ha riformato, in parte, la decisione non definitiva di primo grado, che aveva dichiarato nulli i contratti di conto corrente, per difetto di forma scritta (essendo stati prodotti in giudizio contratti sottoscritti dalla sola correntista), e, respinta la domanda della (OMISSIS) relativa alla declaratoria dell’illegittimita’ dell’addebito iniziale sul conto corrente “(OMISSIS)”, aveva dichiarato illegittimi gli addebiti per interessi, spese, competenze effettuati dalla banca nel corso dei suddetti tre rapporti, nonche’ usuraria la pattuizione del costo de,(denaro, contenuta nel contratto di mutuo, e non dovuto alcun interesse sul predetto mutuo (rimettendo la causa sul ruolo per la ricostruzione dei rapporti di dare/avere tra le parti).
La Corte d’appello, in particolare, nella sentenza non definitiva, qui impugnata, ha: 1) respinto l’eccezione, sollevata dalla (OMISSIS), appellante incidentale, di inammissibilita’ del gravame principale della (OMISSIS), per difetto di motivi specifici; 2) accolto il motivo del gravame principale della (OMISSIS) relativo alla validita’ dei tre contratti di conto corrente (di durata ventennale), ex articolo 117 TUB, ritenendo sufficiente la sottoscrizione da parte della correntista su modulo predisposto dall’istituto di credito, con consegna dei documento e ricezione della “conferma” da parte della banca; 3) respinto l’ulteriore doglianza della banca sulla ritenuta usurarieta’ dei tassi di interesse applicati al mutuo; 4) respinto il gravame incidentale della (OMISSIS), relativo all’addebito operato nel 1993, su uno dei conti correnti, stante la fondatezza dell’eccezione di prescrizione, sollevata dalla banca, tempestivamente, per decorso del termine decennale, dalla data dell’annotazione dell’addebito sul conto corrente “(OMISSIS)”; 5) dichiarato inammissibili le doglianze sollevate dall’appellata (OMISSIS), su questioni rimaste assorbite nella decisione non definitiva di primo grado impugnata: 6) dichiarato inammissibili le censure, sollevate da (OMISSIS) solo nella comparsa conclusionale e non con l’atto di appello, inerenti ai tassi ed alle condizioni pattuite nei contratti di conto corrente.
Avverso la suddetta sentenza non definitiva, la (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di (OMISSIS) spa (che resiste con controricorso e ricorso incidentale in tre motivi).
La ricorrente ha replicato con controricorso al ricorso incidentale avversario ed ha depositato anche memoria.
Con ordinanza dell’aprile 2017 la causa e’ stata rinviata a N.R., in attesa di pronuncia delle Sezioni Unite sulla speculare questione della necessita’ o meno della sottoscrizione anche dell’intermediario, in un contratto di investimento finanziario.
A seguito di fissazione di adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente principale lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, dell’articolo 342 c.p.c., in relazione alla non rilevata inammissibilita’ dell’appello di (OMISSIS) per mancata specificazione dei motivi; 2) con il secondo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 2725 c.c. e articolo 2729 c.c., comma 2, nonche’ del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articoli 117 1321 e articolo 1350 c.c., n. 13 e articolo 1418 c.c., comma 3, in relazione alla ritenuta validita’ dei contratti di conto corrente bancario; 3) con il terzo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1856, 2934, 2935 e 2946 c.c., in relazione alla ritenuta prescrizione della possibilita’ di contestare l’addebito di Euro 1.716.183.025, effettuato nel 1993 sul conto corrente “(OMISSIS)”, nonche’ della correlata domanda di indebito, essendosi ritenuta prescritta l’azione di accertamento dell’invalidita’ dell’addebito, per effetto della mancata contestazione dell’estratto conto comunicato, ed essendosi computato il termine prescrizionale, quanto all’azione di ripetizione, con decorrenza dalla data di annotazione (nell’ottobre 1993) anziche’ dalla data dell’effettuato pagamento, dopo la chiusura del conto (nel 2004).
In ipotesi di accoglimento dei motivi di ricorso, la ricorrente (OMISSIS) svolge poi argomentazioni in ordine alla questione inerente all’inammissibilita’/tardivita’ dell’azione di ripetizione di indebito formulata dalla (OMISSIS) in primo grado.
2. La banca ricorrente incidentale lamenta, a sua volta: 1) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 3, della L. n. 108 del 1996, articolo 1 e dell’articolo 1815 c.c., comma 2, in relazione alla ritenuta declaratoria di usurarieta’ dei tassi di interesse applicati al contratto di mutuo, stipulato nel 1999; 2) con il secondo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, dell’articolo 336 c.p.c., comma 1 e articolo 279 c.p.c., comma 4, anche in relazione all’articolo 112 c.p.c., avendo la Corte d’appello ritenuto inammissibili e tardive le questioni concernenti la legittimita’ dei tassi di interesse applicati ai rapporti di conto corrente per cui e’ causa, pur avendo la stessa Corte dichiarato, in riforma della statuizione di primo grado, la piena validita’ dei contratti stessi e dovendo, per l’effetto, pronunciarsi anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata; 3) con il terzo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, degli articoli 329, 353, 354 c.p.c., anche in relazione all’articolo 112 c.p.c., non avendo, in ogni caso, la Corte distrettuale correttamente vagliato il contenuto dell’atto di appello di essa (OMISSIS), che aveva ad oggetto la sentenza di primo grado sia nella parte relativa alla declaratoria di nullita’ dei contratti di conto corrente sia nella parte in cui disponeva il ricalcolo del saldo depurato da ogni addebito per interessi, commissioni e spese.
3. La prima censura del ricorso principale e’ infondata.
Il testo oggi vigente dell’articolo 342 c.p.c., applicabile agli atti di appello proposti successivamente alla data dell’Il settembre 2012, non contiene piu’ il riferimento all’esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici di impugnazione presente nel testo precedente, ma dispone che “la motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilita’: 1) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata”.
Questa Corte a Sezioni Unite, con la recente pronuncia n. 27199/2017, ha chiarito che “gli articoli 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilita’, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversita’ rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”. In motivazione, le Sezioni Unite hanno precisato che “nell’atto di appello deve affiancarsi alla parte volitiva una parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice”, cosicche’ “la maggiore o minore ampiezza e specificita’ delle doglianze ivi contenute sara’, pertanto, diretta conseguenza della motivazione assunta dalla decisione di primo grado”, in quanto “ove le argomentazioni della sentenza impugnata dimostrino che le tesi della parte non sono state in effetti vagliate, l’atto di appello potra’ anche consistere, con i dovuti adattamenti, in una ripresa delle linee difensive del primo grado”, mentre una piu’ puntuale confutazione, da parte del giudice di primo grado, delle argomentazioni, richiedera’ “una piu’ specifica e rigorosa formulazione dell’atto di appello, che dimostri insomma di aver compreso quanto esposto dal giudice di primo grado offrendo spunti per una decisione diversa”, senza tuttavia la necessita’ di formulare altresi’ “un progetto alternativo di sentenza”.
In altri termini, l’appellante deve consentire al giudice superiore di comprendere con chiarezza il contenuto della censura proposta.
Ora, alla luce di tale principio di diritto, l’appello di (OMISSIS) era ammissibile, essendo esplicitate in maniera chiara ed esauriente le ragioni di dissenso rispetto al percorso argomentativo adottato dal giudice di primo grado ed essendo individuate le statuizioni che venivano impugnate, limitatamente alla pronunciata nullita’ per difetto di forma scritta dei rapporti di conto corrente e dei relativi affidamenti, con conseguente illegittimita’ degli addebiti per interessi, spese, competenze, ed alla ritenuta usurarieta’ del tasso di interesse applicato al contratto di mutuo.
La sentenza impugnata risulta pertanto pienamente conforme ai principi di diritto sopra richiamati.
4. Il secondo motivo e’, del pari, infondato.
In tema di contratto di conto corrente bancario, si e’ affermato in questa sede che sia la produzione in giudizio della scrittura da parte di chi non l’ha sottoscritta, sia ogni altra manifestazione di volonta’ del contraente’ che non abbia firmato, risultante da uno scritto diretto alla controparte e dalla quale emerga l’intento di avvalersi del contratto, realizzano un valido equivalente della sottoscrizione mancante, purche’ la parte che ha sottoscritto non abbia in precedenza revocato il proprio consenso ovvero non sia deceduta (cfr., ex pluribus, Cass. 5919/2015; Cass. n. 22223/2006, Cass. n. 9543/2002, Cass. n.2826/2000).
Su questa premessa, proprio in relazione al contratto di conto corrente, questa Corte ha concluso, decidendo un caso analogo a quello in esame, che l’intento della banca di concludere il contratto, da essa non sottoscritto, “risulterebbe comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volonta’ da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto di conto corrente da cui si evidenziava la volonta’ di avvalersi del contratto (bastano a tal fine le comunicazioni degli estratti conto) con conseguente perfezionamento dello stesso” (Cass. n. 4564/2012).
In un’altra pronuncia di legittimita’ (Cass. n.5919/2016), e’ stato, tuttavia, affermato che “la documentazione depositata in giudizio dalla banca (contabili, attestati di seguito, estratti conto) non possiede i caratteri della “estrinsecazione diretta della volonta’ contrattuale”, tale da comportare il perfezionamento del contratto, trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti da contratto, il cui perfezionamento si intende dimostrare, e, cioe’, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva, di comportamenti concludenti che, per definizione, non possono validamente dar luogo alla stipulazione di un contratto formale.
In tema, sono recentemente intervenute le Sezioni Unite, le quali hanno chiarito che, con riguardo ad un rapporto di intermediazione finanziaria, “il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullita’ (azionabile dal solo cliente) dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalita’ di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicche’ tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed e’ sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben puo’ desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti” (Cass. SSUU nn. 8981200-1201-1653/2018).
Tale principio, reso in materia di contratti di intermediazione finanziaria, non puo’ non operare nella materia dei contratti bancari soggetti al Decreto Legislativo n. 385 del 1993.
Si osserva, in proposito, che l’articolo 117, comma 1 detto decreto, nel prevedere che “(1) contratti sono redatti per iscritto e un esemplare e’ consegnato al cliente”, reca una formulazione sovrapponibile a quella che il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, comma 1 (T.U.F.) riserva ai contratti aventi ad oggetto servizi di investimento; inoltre, l’articolo 127 t.u.b., nella versione applicabile ratione temporis alla presente vicenda (contratti conclusi tra il 2007 ed il 2008), ed anteriore alla modificazione introdotta col Decreto Legislativo n. 141 del 2010 – che ha previsto il rilievo d’ufficio della nullita’ da parte del giudice (in conformita’, peraltro, a quanto gia’ affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, circa il rilievo ex officio di una nullita’ negoziale, anche ove sia configurabile una nullita’ speciale o “di protezione”, consentito, sempreche’ la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione piu’ liquida”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale, Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, n. 26243; Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, n. 26242) -, disponeva, come l’articolo 23, comma 3 T.U.F., che detta nullita’ potesse essere fatta valere solo dal cliente.
In un tale quadro di corrispondenza degli elementi normativi (e l’analogia della disciplina e’ stata, peraltro, espressamente richiamata dalle Sezioni Unite di questa Corte nelle pronunce del 2018, in tema di contratto di intermediazione finanziaria), e’ possibile cogliere, anche nei contratti bancari come nei contratti di intermediazione finanziaria, una scelta legislativa rivolta a favorire, attraverso la previsione del requisito formale, la piu’ estesa ed approfondita conoscenza, da parte del cliente, del contenuto del regolamento contrattuale predisposto dalla controparte ed a cui lo stesso si accinge ad aderire.
Quindi, pure in tema di contratti bancari, vale la conclusione cui pervengono le Sezioni Unite, allorquando esse hanno evidenziato come il dato della sottoscrizione dell’intermediario risulti “assorbito”, quindi privo di rilievo, una volta che lo scopo perseguito dalla legge sia raggiunto attraverso la sottoscrizione del documento contrattuale da parte del cliente e la consegna a quest’ultimo di un esemplare del medesimo, dovendo il requisito della forma ex articolo 1325 c.c., n. 4, essere inteso “non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo’ alla finalita’ propria della normativa” (in termini, v. Cass. 12959/2018). Una volta che risulti provata la sottoscrizione da parte del correntista e che vi sia stata la consegna della scrittura a quest’ultimo, il consenso della banca, ai fini della formazione dell’accordo, puo’ desumersi, come evidenziato dalle Sezioni Unite, da comportamenti concludenti, quali appunto la consegna del documento negoziale, da essa predisposto, la raccolta della firma del cliente e l’esecuzione del contratto, ed il requisito della forma scritta del contratto di conto corrente bancario e’ soddisfatto.
Anche la pattuizione in forma scritta del tasso ultralegale e delle altre condizioni economiche applicabili al conto corrente (argomento speso dalla ricorrente (OMISSIS) nella seconda memoria depositata) risulta quindi dimostrata, in quanto il consenso della banca e quindi l’accordo tra le parti si evince dalla combinazione di elementi rappresentata dalla sottoscrizione da parte del correntista, su modulo predisposto e consegnato dalla stessa banca.
Nella fattispecie, tutti i predetti fatti si sono verificati, avendo la banca prodotto in giudizio copia dei contratti di conto corrente in oggetto, predisposti dalla medesima, recanti le firme del legale rappresentante della (OMISSIS), nel quale la correntista dava atto di avere ricevuto copia.
5. Il terzo motivo del ricorso principale e’ infondato, sia pure previa necessaria correzione della motivazione.
La Corte distrettale ha ritenuto, in conformita’ al giudice di primo grado, che, non avendo la correntista contestato l’annotazione dell’addebito, avvenuta, peraltro, al momento dell’apertura del rapporto di conto corrente “(OMISSIS)”, si fosse verificata l’approvazione tacita delle risultanze contabili, ex articoli 1857-1832 c.c..
Questa Corte, gia’ da tempo (Cass.154/1984), ha chiarito che “nel contratto di conto corrente, l’avvenuta approvazione dell’estratto conto a norma dell’articolo 1832 c.c., non impedisce di contestare la validita’ o l’efficvaccacia di singole annotazioni e il diritto della banca di procedervi, in base al rapporto giuridico intercorrente tra le parti del conto corrente, quale risultante dal contratto e da altre pattuizioni eventualmente intervenute tra le stesse, ma preclude qualunque altra contestazione relativa alla legittimita’ sostanziale delle annotazioni, come quelle relative a rapporti tra il correntista ed altri soggetti o a vizi afferenti la posta annotata, ma estranei al contenuto del rapporto di conto corrente” (conf. Cass. 10376/2006: “Nel contratto di conto corrente, l’approvazione tacita dell’estratto conto, ai sensi dell’articolo 1832 c.c., non preclude la possibilita’ d’impugnare la validita’ e l’efficacia dei rapporti obbligatori da cui derivano gli accrediti e gli addebiti, e quindi dei titoli contrattuali che ne sono alla base, i quali rimangono regolati dalle norme generali sui contratto”; Cass. 1767912009).
Ora, la societa’ non aveva evidenziato, nei gradi di merito, in relazione a tale addebito, profili di illegittimita’, per fatto illecito ascrivibile alla banca, ovvero di nullita’, annullabilita’ dell’annotazione contabile, limitandosi a dedurre che il debito non era stato iscritto nel proprio bilancio societario e di avere promosso azione di responsabilita’ verso l’ex amministratore della societa’.
Di conseguenza, andava affermata la decadenza della correntista ex articolo 1832 c.c. (richiamato per le operazioni bancarie in conto corrente dal successivo articolo 1857), dal diritto di impugnare la partita inclusa negli estratti-conto, stante I’incontestabilita’ delle risultanze del conto, derivante dal mancato tempestivo esercizio di detto diritto.
La statuizione, pure presente nella decisione impugnata, in ordine alla prescrizione dell’azione di ripetizione dell’importo cosi’ addebitato, per decorso del termine ordinario decennale dalla data dell’annotazione relativa (nel 1993), risulta dunque ultronea, in quanto comunque la societa’ era decaduta dalla possibilita’ di contestare la specifica risultanza contabile.
6. Venendo all’esame del ricorso incidentale, la prima censura e’ infondata.
Invero, questa Corte con orientamento consolidato ha chiarito che “in tema di contratto di mutuo, la L. n. 108 del 1996, articolo 1 che prevede la fissazione di un tasso soglia al di la’ del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori” (Cass. 5598/2017; Cass. 5324/2003). Nella specie, si discute di un contratto di mutuo stipulato nel gennaio 1999, dopo l’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, e la decisione risulta pienamente conforme a detti principi di diritto.
7. Gli ulteriori motivi del ricorso incidentale, da trattare unitariamente in quanto connessi, sono fondati.
La Corte d’appello da’ atto che la sentenza non definitiva di primo grado, impugnata, aveva dichiarato la nullita’, per inosservanza dell’obbligo di forma scritta dei contratti relativi ai rapporti di conto corrente, “dichiarando, per l’effetto, illegittimi gli addebiti di interessi, spese e competenze eseguiti dalla banca nel corso dei rapporti”, rimettendo poi la causa sul ruolo per la ricostruzione dei rapporti di dare-avere tra le parti.
La Corte ha, quindi, evidenziato che l’appellante (OMISSIS) non aveva articolato specifico motivo di appello in ordine alle condizioni contrattuali dei rapporti di conto corrente e che la formulazione del motivo concernente la validita’, negata dal primo giudice, dei contratti di conto corrente inter partes non comportava “l’automatica devoluzione al giudice de gravame anche della questione inerente i tassi”, giacche’ “la liceita’ de tassi di interessi debitori pretesi dalla banca non discende con automatismo dalla qui affermata validita’ dei contratti di conto corrente inter partes”, tanto che, in sede di formulazione dei quesiti al CTU, si era tenuto conto delle varie soluzioni interpretative prospettate dalle parti.
La Banca controricorrente deduce, in controricorso, che, successivamente, il Tribunale di Genova ha emesso nel 2011, all’esito di CTU, la sentenza definitiva, accertando un saldo dei conti corrente a credito della banca, sentenza che e’ stata appellata dalla (OMISSIS).
Dalla verifica degli atti e dalla stessa sentenza di appello, si rileva che, nella decisione non definitiva impugnata, il Tribunale, a fronte della dichiarata nullita’ dei contratti di conto corrente per mancanza di forma scritta (e quindi della mancanza di prova di pattuizione contrattuale sui tassi di interesse, spese, commissioni), aveva anche statuito sulla illegittimita’ degli addebiti relativi, operati dalla banca, sotto tale profilo. Quindi, nello specifico, il giudice di primo grado ha fatto derivare, unicamente, dalla nullita’, per difetto di forma scritta, dei contratti di conto corrente l’illegittimita’ delle condizioni economiche (tassi, commissioni e spese) applicate dalla banca ai rapporti, con la conseguente considerazione che il riferimento, operato dalla Corte d’appello, a “diverse ed altre ragioni” possibili – di non debenza dei tassi, spese e commissioni – risulta, nella fattispecie, del tutto erroneo. Questa Corte (Cass.6517/2012; Cass.5456/2012) ha affermato che “il carattere parziale o non definitivo della sentenza di primo grado comporta che il gravame debba riguardare soltanto la questione dalla stessa affrontata, con la conseguenza, da un lato, che l’appellante non e’ obbligato a riproporre le altre domande od eccezioni non esaminate in primo grado e, dall’altro, che il giudice di secondo grado, investito dell’appello avverso detta sentenza, ha potere di cognizione limitatamente alla questione con essa decisa, ne’ puo’, riformando tale pronuncia, procedere all’esame di altre questioni, atteso che la sentenza di riforma resa dallo stesso giudice si inserisce immediatamente, con il suo contenuto decisorio parziale, nel processo eventualmente sospeso od ancora pendente davanti al giudice “a quo””.
Successivamente, si e’ precisato che “nell’ipotesi di appello avverso sentenza non definitiva sull'”an debeatur” (nella specie, in tema di azione di responsabilita’ nei confronti degli amministratori di una societa’), la riforma della pronunzia impugnata non consente al giudice del gravame di estendere la propria cognizione alle altre questioni che il giudice “a quo” ha riservato al giudizio innanzi a se’ (nella specie, la determinazione del “quantum debeatur”), giacche’ la sentenza di riforma si inserisce immediatamente, con il suo contenuto decisorio parziale, nel processo eventualmente sospeso od ancora pendente davanti a quel giudice, determinando l’automatica caducazione della sentenza definitiva sul “quantum” eventualmente intervenuta, anche in caso di suo formale passaggio in giudicato” (Cass.2658/2012).
In sostanza, per l’effetto espansivo interno, ex articolo 336 c.p.c., comma 1, sulla questione della non debenza degli interessi e spese, per mancata loro pattuizione, stante la ritenuta – in primo grado – carenza di forma scritta dei contratti di conto corrente, non si e’ formato giudicato, a causa dell’impugnazione proposta da (OMISSIS), sia pure limitatamente alla questione della sussistenza di valida forma scritta, dovendosi ritenere che l’illegittimita’ dei tassi di interesse applicati (“per l’effetto”) fosse un capo dipendente dalla decisione ancora sottoposta ad appello.
A causa dell’effetto espansivo esterno, dettato dall’articolo 336 c.p.c., comma 2 anche sulla successiva sentenza definitiva, legata da nesso di conseguenzialita’ con quella non definitiva, si e’ formato un giudicato “apparente”, in quanto condizionato alla mancata riforma della sentenza non definitiva che ne costituisce l’antecedente logico (Cass. S.U.1589/1990).
In definitiva, sulla questione della non debenza degli interessi e spese, affermata nella sentenza non definitiva di primo grado, non poteva formarsi un giudicato, in quanto la riforma o la cassazione parziale della sentenza ha effetto, ex articolo 336 c.p.c., comma 1, anche sui capi della stessa dipendenti dalla parte riformata o cassata e tale principio trova applicazione rispetto ai capi di sentenza non impugnati autonomamente, ma necessariamente collegati ad altro capo che sia stato impugnato (Cass. 3129/2011). Si e’ verificata dunque una caducazione ex lege della suddetta statuizione, dipendente da quella sulla valida forma scritta dei rapporti di conto corrente.
8. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del secondo e terzo motivo del ricorso incidentale, respinti il primo motivo del ricorso incidentale ed il ricorso principale, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso principale, accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale, respinto il primo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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