Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 14 aprile 2016, n. 7391
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FORTE Fabrizio – Presidente
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5290-2015 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), nella qualita’ di tutore provvisorio, gia’ curatore speciale, della minore (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 47/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 09/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta per il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- La Corte d’appello di Palermo, sez. per i minorenni,
con sentenza 9 dicembre 2014, ha rigettato i gravami di (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni di quella citta’, che aveva dichiarato l’adottabilita’ della loro figlia (OMISSIS) (nata l'(OMISSIS)), avendone accertato lo stato di abbandono da parte dei genitori e dei parenti nell’ambito del nucleo familiare allargato.
2.- Il Tribunale aveva rilevato che entrambi i genitori soffrivano di patologie psichiatriche (la madre di una “psicosi cronica e preesistente disturbo borderline di personalita’”, il padre di “psicosi schizofrenica cronica”) che li rendevano inadeguati, in modo assoluto e irreversibile, a svolgere le funzioni genitoriali e, per quanto riguarda il padre, che non fosse sufficiente che egli avesse con la figlia un buon legame affettivo e che non fossero emersi episodi di violenza fisica e verbale.
3.- La Corte d’appello ha confermato il giudizio del Tribunale, il quale aveva escluso che il (OMISSIS) fosse in grado di assicurare alla figlia un equilibrato sviluppo psicofisico, nemmeno con l’ausilio dei servizi sociali, avuto riguardo all’esclusivo interesse della stessa; ha ritenuto non praticabile la proposta del c.t.u. di affidamento temporaneo etero-familiare della minore, al fine di favorire il recupero delle capacita’ genitoriali da parte del padre, in considerazione della sua dubbia disponibilita’ a collaborare con la famiglia affidataria e con i Servizi sociali e di Salute mentale, del mancato riconoscimento delle sue problematiche personali, delle difficolta’ di trovare famiglie disponibili (trattandosi di bambina problematica, affetta da ritardo psico-motorio, disturbi dell’attenzione e iperattivita’) e di prevedere il recupero delle funzioni genitoriali in tempi compatibili con la necessita’ della minore di vivere in uno stabile contesto familiare, trasformandosi altrimenti l’affidamento in un’adozione mascherata.
4.- Avverso questa sentenza il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il tutore provvisorio, avv. (OMISSIS), si e’ costituito con controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso. (OMISSIS) non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorrente, con il primo motivo, ha denunciato violazione e falsa applicazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, articolo 1, per avere dichiarato lo stato di adottabilita’ della figlia (OMISSIS), in mancanza dei presupposti legali per ravvisare l’esistenza di uno stato di abbandono, in senso materiale e morale. Egli ha affermato di soffrire di una “psicosi schizofrenica paranoide di grado lieve”, inidonea a pregiudicarne le capacita’ genitoriali, come accertato anche dal c.t.u. (dott. (OMISSIS)), le cui conclusioni erano state immotivatamente sovvertite dai giudici di merito, i quali non avevano valutato che il suo disturbo non aveva mai influito in modo significativo sulla sua vita sociale e relazionale, che egli non aveva mai presentato turbe del comportamento, che aveva sempre provveduto al sostentamento economico e morale della figlia ed era sempre stato un padre affettuoso e presente.
Con il secondo motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c., L. n. 184 del 1983, articoli 15 e ss., e vizio di omessa motivazione, per avere la Corte erroneamente dissentito dalle conclusioni del c.t.u., il quale aveva suggerito, conformemente alle indicazioni del medico del DSM (dott. (OMISSIS) del Dipartimento di salute mentale), l’affidamento etero-familiare attraverso il monitoraggio e l’ausilio del suddetto Dipartimento, ai fini del pieno recupero delle funzioni genitoriali e della tutela dell’interesse del minore, tenuto conto dell’evoluzione positiva della sua patologia; inoltre, secondo il ricorrente, la Corte avrebbe dovuto, eventualmente, richiamare il c.t.u. a chiarimenti perche’ precisasse la durata del proposto affidamento etero-familiare.
2.- I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
2.1.- Il diritto del minore di crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, oltre ad avere solido fondamento a livello internazionale (v. l’articolo 9 della Convenzione di New York 20 novembre 1989), e’ riconosciuto dalla L. n. 183 del 1983, articolo 1 ed e’ stato rafforzato in seguito alla riforma del 2001 (L. 28 marzo 2001, n. 149), la quale ha specificato che la condizione di indigenza della famiglia di origine non deve costituire ostacolo all’esercizio di tale diritto (l’importanza del quale e’ confermata dall’articolo 24, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali UE).
La Cedu, interpretando l’articolo 8 della Convenzione sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, ha piu’ volte affermato che la rottura dei legami tra un minore e i suoi genitori costituisce una misura applicabile solo in circostanze eccezionali: in particolare, nei casi in cui i genitori si siano dimostrati particolarmente indegni (v. Cedu, 21 ottobre 2008, Clemeno c. Italia, ric. n. 19537/03), in presenza di atti di violenza o maltrattamento fisico o psichico (v. Cedu, 13 marzo 2005, Y.C. c. Regno Unito, ric. n. 4547/10) o di abusi sessuali (v. Cedu, 9 maggio 2003, Covezzi e Morselli c. Italia, ric. n. 52763/99) o quando possa comunque concretamente dimostrarsi l’esistenza di uno specifico superiore interesse del minore.
La giurisprudenza di questa Corte ha sempre piu’ valorizzato il canone della “estrema ratio”, in base al quale l’adozione, con la implicita rottura definitiva dei rapporti tra il minore e i suoi genitori, e’ ammissibile solo quando “ogni altro rimedio appaia inadeguato rispetto all’esigenza dell’acquisto e del recupero di uno stabile e adeguato contesto familiare” (v. Cass. n. 881/2015). Naturalmente, il riferimento al suddetto canone non deve costituire un generico auspicio o la rituale premessa argomentativa di decisioni che finiscano per derogare a quel medesimo canone, a tal fine invocando un interesse superiore del minore che talora si assume, astrattamente, incompatibile con la conservazione del legame con entrambi o almeno con uno dei genitori.
La L. n. 184 del 1983 si e’ fatta carico delle difficolta’, non solo materiali, in cui le famiglie possono trovarsi e, coerentemente con il dettato costituzionale (v. l’articolo 31 Cost. sulla tutela della famiglia), ha imposto allo Stato un preciso dovere di intervenire con mezzi idonei a consentire ai minori di vivere ed essere educati nella famiglia di origine (articolo 1). Questa Corte ha ribadito, anche recentemente, che e’ compito del giudice di merito verificare prioritariamente se possa essere utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere le situazioni di difficolta’ o disagio familiare, poiche’ la dichiarazione dello stato di adottabilita’ e’ legittima solo nel caso in cui sia impossibile prevedere il recupero delle capacita’ genitoriali entro tempi compatibili con la necessita’ del minore di vivere in uno stabile contesto familiare (v. Cass. n. 6137/2015).
E’ una indicazione in linea con la giurisprudenza Cedu, secondo la quale l’interesse di un genitore e di suo figlio a stare insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare, sicche’ le misure che portano a una rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia possono essere applicate solo in circostanze eccezionali (Cedu, 1 luglio 2004, Couillard Maugery c. Francia, ric. n. 64796/01), dal momento che “il fatto che un minore possa essere accolto in un contesto piu’ favorevole alla sua educazione non puo’ di per se’ giustificare che egli venga sottratto alle cure dei suoi genitori biologici” (principio ribadito, da ultimo, da Cedu, 13 ottobre 2015, S.H. c. Italia, ric. n. 52557/14). Inoltre, la Cedu ha puntualizzato che, costituendo l’adozione una misura eccezionale, gli Stati membri della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo hanno l’obbligo di assicurare che le proprie autorita’ giudiziarie e amministrative adottino preventivamente tutte le misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento tra genitori biologici e figli e a tutelare il superiore interesse di questi ultimi, evitando per quanto possibile l’adozione (Cedu, 21 gennaio 2014, Zhou c. Italia, ric. n. 33773/01). Infatti, il ruolo di protezione sociale svolto dalle autorita’ nazionali “e’ precisamente quello di aiutare le persone in difficolta’, di guidarle nelle loro azioni e di consigliarle, tra l’altro, sui mezzi per superare i loro problemi” e, nel caso in cui i genitori siano “persone vulnerabili”, “le autorita’ devono dare prova di un’attenzione particolare e devono assicurare loro una maggiore tutela” (v., da ultimo, Cedu, 13 ottobre 2015, cit.). In quest’ultima pronuncia la Cedu ha ritenuto che il legame tra la madre, che si trovava in condizione di vulnerabilita’, e i figli non fosse stato preso in debita considerazione dalle autorita’ nazionali, le quali avevano adottato la misura eccessiva della rottura del legame familiare, benche’ nella fattispecie fossero praticabili altre soluzioni, al fine di salvaguardare sia l’interesse dei minori sia il diritto del genitore di vivere con loro. Nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilita’, il giudice di merito deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente (v. Cass. n. 24445/2015). E’ un accertamento che deve trovare adeguato riscontro nella motivazione della decisione dichiarativa dello stato di adottabilita’ ed avere ad oggetto l’esistenza di “fatti” specifici idonei a dimostrare in concreto l’esistenza di una situazione di abbandono, determinata dall’assenza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, non potendosi ritenere sufficiente il riferimento a sintetici “giudizi” sulla capacita’ o incapacita’ genitoriale, seppure espressi da esperti della materia, quando non siano basati su precisi elementi fattuali dimostrati nel processo.
2.1.- E’ in questo contesto normativo e giurisprudenziale che deve essere esaminata la fattispecie all’esame di questa Corte.
La sentenza impugnata ha dichiarato lo stato di adottabilita’ della minore, ritenendo che il padre, sig. (OMISSIS) (essendo fuori discussione la posizione della madre, la quale non ha presentato ricorso, anch’essa ritenuta priva di capacita’ genitoriale), fosse inadeguato a svolgere le funzione genitoriale, sulla base delle seguenti valutazioni: egli soffre di una “psicosi schizofrenica cronica”; tra padre e figlia esiste un buon legame affettivo e non sono emersi episodi di violenza verbale o fisica del padre nei confronti della figlia e, tuttavia, il Tribunale lo ha giudicato persona non “stabile” e, quindi, inadeguata, in modo irrecuperabile, all’accudimento della figlia, anche perche’ non consapevole dei rischi cui la bambina sarebbe esposta nel suo nucleo familiare, a causa delle attenzioni rivoltele da suo fratello (tale (OMISSIS)); la Corte d’appello non si e’ intrattenuta su (e, quindi, non ha dato alcun rilievo a) quest’ultima affermazione, ma ha comunque confermato il giudizio del primo giudice, poiche’ il (OMISSIS) non sarebbe in grado di assicurare alla figlia una crescita psicofisica adeguata, nemmeno con l’ausilio dei servizi sociali, e cio’ farebbe “fortemente dubitare sull’affidabilita’ di (OMISSIS) e quindi sulla sua capacita’ di prendersi cura della figlia”; inoltre, i giudici di merito hanno ritenuto di non condividere il parere del c.t.u. (dott. (OMISSIS)), tra l’altro corroborato dall’opinione finale del medico del DSM (dott. (OMISSIS)), i quali avevano suggerito un affidamento temporaneo etero-familiare, con possibilita’ di contatti costanti e regolari con il padre, ritenendo questa soluzione impraticabile, in considerazione della difficolta’ di trovare una famiglia disponibile ad accogliere la bambina e del fatto che non sarebbe possibile fissare la durata di tale affidamento, che si trasformerebbe in una adozione mascherata, ne’ avere garanzie circa la disponibilita’ del (OMISSIS) di collaborare con la famiglia affidataria, con i Servizi sociali e con il DSM.
2.2.- Nel ragionamento della Corte d’appello, il giudizio di irrecuperabile incapacita’ genitoriale del padre risulta essere una diretta conseguenza del suo disturbo di “psicosi schizofrenica cronica”, tra l’altro “di grado lieve”, che sarebbe all’origine della sua instabilita’, nonostante il buon legame affettivo con la figlia e la mancanza di episodi di violenza verbale o fisica da addebitare al padre. Si tratta di un giudizio sommario, sganciato da dati fattuali dimostrativi, in concreto, della sua inidoneita’ a svolgere con piena consapevolezza i propri compiti di genitore, ad assumere le proprie responsabilita’ e ad offrire al minore le necessarie cure materiali, il calore affettivo e l’aiuto psicologico indispensabili per una crescita psico-fisica sana ed equilibrata (la giurisprudenza ha piu’ volte precisato che, ai fini della dichiarazione di adottabilita’, non basta che risultino insufficienze o malattie mentali, anche permanenti, o comportamenti patologici dei genitori, essendo in ogni caso necessario accertare la capacita’ genitoriale in concreto, v. Cass. n. 11758/2014, 8527/2007, 3988/2002, n. 2010/2001). La negativa valutazione prognostica effettuata dalla Corte, che ha ritenuto che il (OMISSIS) non possa recuperare la capacita’ genitoriale nemmeno con l’ausilio dei servizi sociali, si risolve in un giudizio apodittico, che dimostra un scarso impegno nel mantenimento del fondamentale legame padre-figlia che, con la misura estrema della dichiarazione di adottabilita’, si e’ preferito interrompere in modo definitivo, anziche’ porre in campo tutte le misure di sostegno utili a ripristinare il proficuo esercizio della funzione genitoriale. Tali misure, anziche’ rivelare (come erroneamente affermato nella sentenza impugnata) una inidoneita’ a svolgere quella funzione, sono talora necessarie ai fini del riacquisto della capacita’ genitoriale, che in alcuni periodi della vita puo’ essere perduta o ridotta, e della tutela del prioritario interesse del minore a conservare o ripristinare la relazione con il genitore biologico.
Tra queste misure vi e’ l’affidamento familiare, che rappresenta una forma di assistenza alla famiglia che si trova nella temporanea difficolta’ di provvedere ai propri figli. Nel caso in esame, il c.t.u. e l’esperto del DSM l’avevano suggerita, formulando una prognosi di positiva evoluzione delle attitudini genitoriali, ma la Corte palermitana l’ha ritenuta impraticabile, aderendo alla proposta del consulente tecnico di parte (nominato dal tutore) e di un assistente sociale, senza pero’ fornire una comprensibile giustificazione di tale scelta: le presunte difficolta’ di trovare una famiglia disponibile ad accogliere la bambina e di acquisire la disponibilita’ del (OMISSIS) a collaborare con la famiglia affidataria e i servizi sociali sono il risultato di una valutazione astratta, non supportata da indagini e verifiche in concreto; quanto all’impossibilita’ di fissare la durata dell’affidamento, e’ mancato un approfondimento istruttorio al riguardo e, se e’ vero che nel provvedimento di affidamento dev’essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento, tuttavia e’ anche prevista una durata massima di ventiquattro mesi (prorogabile), in rapporto al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine (L. n. 184 del 1983, articolo 4, comma 4).
2.3.- In conclusione, la motivazione della sentenza impugnata non e’ solo insufficiente, ma perplessa o apparente, quindi censurabile anche alla luce del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, come interpretato dalle Sezioni Unite (v. sent. n. 8053 e 8054/2014).
Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, sez. minorenni, in diversa composizione, che dovra’ riesaminare il caso, attenendosi ai seguenti principi:
a) alla dichiarazione di adottabilita’ di un figlio minore e’ possibile ricorrere solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, che devono essere specificamente dimostrati in concreto, senza possibilita’ di dare ingresso a giudizi sommari di incapacita’ genitoriale, seppure espressi da esperti della materia, quando non siano basati su precisi elementi fattuali idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il figlio, di cui il giudice di merito deve dare conto;
b) l’adozione di un minore, recidendo ogni legame con la famiglia d’origine, costituisce misura eccezionale (una estrema ratio) cui e’ possibile ricorrere non gia’ per consentirgli di essere accolto in un contesto piu’ favorevole, cosi’ sottraendolo alle cure dei suoi genitori biologici, ma solo quando si siano dimostrate impraticabili tutte le misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento con i genitori biologici, tra le quali vi e’ anche l’affidamento familiare di carattere temporaneo, ai fini della tutela del superiore interesse del figlio;
c) ai fini dell’accertamento dello stato di abbandono, che e’ presupposto della dichiarazione di adottabilita’, non basta che risultino insufficienze o malattie mentali, anche permanenti, o comportamenti patologici dei genitori, essendo necessario accertare la capacita’ genitoriale, in concreto, di ciascuno di loro, a tal fine verificando l’esistenza di comportamenti pregiudizievoli per la crescita equilibrata e serena dei figli e tenendo conto della positiva volonta’ dei genitori di recupero del rapporto con essi.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, sez. minorenni, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi.
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