Corte di Cassazione, penale, Sentenza|25 novembre 2020| n. 33045.
Ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 609-bis cod. pen., la nozione di «atti sessuali» implica necessariamente il coinvolgimento della corporeità sessuale del soggetto passivo, dovendo questi essere costretto a «compiere» o a «subire» tali atti, rispetto ai quali devono ritenersi estranei gli atti di esibizionismo, di autoerotismo in presenza di terzi costretti ad assistervi, o di “voyeurismo” che, pur essendo manifestazione di istinto sessuale, non coinvolgono la corporeità sessuale del soggetto passivo, nemmeno in termini di tentativo.
Sentenza|25 novembre 2020| n. 33045
Data udienza 29 ottobre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Minori – Violenza sessuale – Sussistenza – Anche nel caso di nessun contatto fisico con il minore – Prescrizione – Nessuna incidenza dalle circostanze cosiddette indipendenti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARNO Giulio – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 03/03/2020 della Corte d’appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Romano Giulio, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio ai fini della rideterminazione sulla pena;
udito per la parte civile l’avv. (OMISSIS), che deposita conclusioni scritte e nota spese;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS) in sost. avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, emessa in data 3 marzo 2020, la Corte d’appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Tempio Pausania, ha assolto l’imputato dal reato di cui all’articolo 527 c.p. (capo B) per essere il fatto assorbito nel capo a) ed ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del medesim0 in relazione al reato di cui all’articolo 726 c.p. (capo C) per essere estinto per prescrizione, ed ha rideterminato la pena per il reato di cui all’articolo 81 c.p., comma 2, articolo 609 bis c.p., comma 1, articolo 609 ter c.p., comma 1, n. 1, articolo 609 septies c.p. alla pena di anni tre, mesi cinque e giorni 10 di reclusione, con conferma nel resto della sentenza.
L’imputato e’ stato condannato, perche’, con piu’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, costringeva la minore (OMISSIS), infraquattordicenne, a subire atti sessuali consistiti nell’appoggiarsi a lei con tutto il corpo strusciandosi, eccitandosi, nell’estrarre il pene mentre parlava con la minore, nel toccarle le parti intime, nell’esibizione del pene, orinando in alcune occasioni in presenza della minore, nell’averla guardata mentre lui si masturbava, nell’averla guardata sotto la gonna, nell’averle toccato le gambe e il seno. Fatti commessi dal 2005 al 2012.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione alla mancanza, contraddittorieta’, illogicita’ della motivazione, errata qualificazione giuridica dei fatti contestati quali violazioni dell’articolo 609 bis c.p., sul mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’articolo 609 bis c.p., comma 3 e alla configurazione del reato continuato.
Argomenta il ricorrente l’erronea interpretazione della legge penale per avere la Corte d’appello ritenuto di ricondurre all’interno della fattispecie di violenza sessuale il primo episodio contestato nel quale l’imputato aveva esibito il pene mentre parlava con la minore, fatto da qualificarsi quale atto di esibizionismo che non ha comportato alcun coinvolgimento della “corporeita’”, che costituisce elemento essenziale della fattispecie che richiede che la vittima sia costretta a compiere o subire atti sessuali. La Corte d’appello avrebbe ritenuto sussistente la fattispecie di violenza sessuale anche senza alcun contatto fisico in quanto tale atto sarebbe idoneo a compromettere lo sviluppo psicofisico della minore, con motivazione apodittica fondata sulle conclusioni della consulenza psicodiagnostica.
Parimenti anche la qualificazione giuridica del secondo episodio nel quale l’imputato si era strusciato contro la persona offesa, sarebbe frutto dell’erronea applicazione della legge penale dal momento che il fatto sarebbe inquadrabile nell’ipotesi di cui al fatto lieve ai sensi dell’articolo 609 bis c.p., comma 3. Allo stesso modo la fattispecie di minore gravita’ avrebbe dovuto essere riconosciuta con riguardo agli episodi di palpeggiamento.
La motivazione sull’intrusione nella sfera sessuale sarebbe inconsistente con riguardo all’episodio avvenuto nel negozio di ottica della madre della persona offesa, avvenuto nel 2009, quando l’imputato mettendosi a gattoni aveva guardato la persona offesa sotto la gonna.
Non sarebbe ravvisabile l’unicita’ del disegno criminoso quale preordinazione degli episodi in ragione del disturbo di cui e’ affetto l’imputato.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione agli articoli 157-161 c.p., prescrizione del primo e secondo episodio contestato. Il primo di questi, commesso quando la persona offesa stava preparando gli esami di terza media, ossia nel 2003 come indicato nel capo di imputazione, sarebbe prescritto, anche tenuto conto del periodo di tempo in cui vi e’ stata la sospensione del corso della prescrizione, nel 2017, prima della pronuncia della sentenza in grado di appello.
Il secondo episodio, commesso il 1 ottobre 2005, sarebbe anch’esso prescritto prima della pronuncia della sentenza impugnata.
2.3. Con il terzo motivo deduce la mancanza di motivazione sul motivo di appello con il quale chiedeva la pronuncia di non luogo a procedere per essere il fatto depenalizzato ai sensi del Decreto Legislativo n. 67 del 2016, in relazione all’episodio nel quale l’imputato avrebbe guardato la minore sotto la gonna masturbandosi.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ fondato nei termini di cui in motivazione.
Il secondo motivo ricorso dell’imputato e’ in parte fondato, nei termini di cui in motivazione, anche il primo motivo di ricorso, situazione che consente di rilevare l’intervenuta prescrizione delle condotte di reato per le quale ad oggi e’ gia’ maturata (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, Ricci, Rv. 266819 – 01).
Deve rammentarsi che e’ ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) (Sez. U. Ricci, cit.).
Rileva il Collegio che e’ certamente prescritta la condotta di violenza sessuale commessa il 1ottobre 2005, indicata quale secondo episodio, allorche’ l’imputato, dopo il matrimonio di sua sorella, era entrato nel bagno ove si trovava la persona offesa e le si era strusciato addosso al punto da eccitarsi. Tale condotta di reato, pacificamente integrante il reato di violenza sessuale, aggravata dall’eta’ inferiore ad anni quattordici della persona offesa (n. il 06/08/1991), si e’ prescritta prima della pronuncia in grado di appello al 7 febbraio 2020.
Secondo quanto affermato da S.U. n. 28953 del 27/04/2017, S., Rv 269784, ai fini della determinazione del tempo necessario per la prescrizione del reato, le circostanze c.d. indipendenti, che comportano un aumento di pena non superiore ad un terzo non rientrano nella categoria delle circostanze ad effetto speciale. Le citate S.U. hanno stabilito che la circostanza aggravante di cui all’articolo 609-ter c.p., comma 1, n. 1, non e’ circostanza ad effetto speciale, posto che la stessa comporta, a fronte della pena ricompresa tra i cinque e i dieci anni di reclusione di cui all’articolo 609-bis c.p., una pena da sei a dodici anni di reclusione, in tal modo non opera l’aumento superiore ad un terzo richiesto dall’articolo 63 c.p., comma 3, e che, appartenendo la stessa al novero delle c.d. circostanze indipendenti, non deve essere calcolata per determinare il tempo a prescrivere.
A cio’ consegue, pertanto, che il termine di prescrizione, applicabile nella specie essendo contestata la fattispecie di cui all’articolo 609-bis c.p. e articolo 609-ter c.p., comma 1, n. 1, fatto commesso il (OMISSIS), considerando il piu’ favorevole regime introdotto dalla L. n. 251 del 2005, applicabile al caso in scrutinio ai sensi dell’articolo 10 della medesima legge, e’ pari ad anni dieci prolungabile, per effetto delle interruzioni, ad anni dodici e mesi sei, ex articolo 161 c.p., non essendo applicabile il raddoppio dei termini di prescrizione di cui all’articolo 157 c.p., comma 6 introdotta dalla L. 1 ottobre 2012, n. 172 (Sez. 3, n. 3385 del 17/11/2016, A., Rv 268805).
Per effetto dell’applicazione del termine, ex articoli 157 e 161 c.p., di anni 12 e mesi sei, la prescrizione e’ maturata al 1 aprile 2018, a cui vanno sommati i periodi di sospensione del corso della prescrizione, pari ad un anno, mesi otto e giorni 66. Pertanto, la prescrizione e’ maturata il 4 febbraio 2020, anteriormente alla pronuncia della sentenza della Corte d’appello emessa in data 03/03/2020.
Allo stesso modo e’ maturata la prescrizione anche con riguardo al primo episodio accertato nel quale l’imputato aveva mostrato il pene alla minore mentre questa era seduta e stava preparando l’esame di terza media che, tenuto conto dell’anno di nascita (06/09/1991), e’ stato commesso nel giugno 2005, dovendo essere qualificata, la condotta, quale corruzione di minorenni (vedi infra).
Secondo le S.U. Ricci, e’ consentito dichiarare in sede di legittimita’ l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, Ricci, Rv. 266819), sicche’ deve essere dichiarata in questa sede. Non di meno, le citate S.U. hanno chiarito che non puo’ essere ritenuto inammissibile il ricorso che eccepisce la prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di appello, per cui consegue che deve essere rilevata e dichiarata la maturata prescrizione delle condotte di violenza sessuale sino alla data della presente decisione. Tenuto conto dei termini di cui agli articoli 157-161 c.p. e di quello di sospensione del corso della prescrizione, sono ad oggi prescritte tutte le condotte di reato commesse fino al 23 giugno 2006.
La sentenza va, pertanto annullata senza rinvio quanto alle condotte di reato commesse fino al 23 giungo 2006 e con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari che, nel giudizio di rinvio, dovra’ altresi’ individuare le condotte, non prescritte, sussumibili nel paradigma normativo di cui all’articolo 609 bis c.p..
Situazione che presuppone l’individuazione della latitudine della condotta punibile ai sensi dell’articolo 609 bis c.p. e, dunque, la disamina del primo motivo di ricorso.
La difesa deduce l’erronea applicazione della legge penale in relazione alla qualificazione di alcune condotte quali condotte di violenza sessuale perche’ prive della “corporeita’”, del contatto corporeo, elemento essenziale per configurare l’atto sessuale.
A tal riguardo occorre muovere dalla nozione di “atti sessuali”, di cui all’articolo 609 bis c.p., che, secondo la giurisprudenza pacifica, implica necessariamente il coinvolgimento della corporeita’ sessuale del soggetto passivo dovendo infatti questi essere costretto a “compiere” o a “subire” gli stessi
La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, precisato che l’atto sessuale, cui la norma fa riferimento, deve comunque coinvolgere la corporeita’ sessuale del soggetto passivo il quale, stabilisce l’articolo 609 bis, deve essere costretto “a compiere o subire atti sessuali” (Sez. 3, n. 23094 del 11/05/2011, T., Rv. 250654 – 01; Sez. 3 n. 2941, 3/11/1999; Sez. 3, Sentenza n. 2941 del 28/09/1999, Rv. 215100 – 01). Tale requisito e’ stato ritenuto infatti determinante, nelle menzionate decisioni, per distinguere l’atto sessuale propriamente detto da tutti gli altri atti che, sebbene significativi di concupiscenza sessuale, siano tuttavia inidonei ad intaccare la sfera della sessualita’ fisica della vittima, in quanto comportano esclusivamente un’offesa alla liberta’ morale o al sentimento pubblico del pudore, come avviene nel caso dell’esibizionismo, dell’autoerotismo praticato in presenza di altri costretti ad assistervi o del “voyeurismo”.
La nozione di atti sessuali attualmente contemplata dal codice penale comprenda in se’ entrambi i concetti di congiunzione carnale e atti di libidine in precedenza considerati dal legislatore, con la conseguenza che devono ritenersi estranei a tale nozione tutti gli atti o comportamenti che, pur essendo manifestazione di istinto sessuale, non si risolvano in un contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo o comunque non coinvolgano la corporeita’ sessuale di quest’ultimo, nemmeno in termini di tentativo.
Da tale distinzione la giurisprudenza ricava l’ulteriore conclusione che l’esibizionismo o il compimento di atti di masturbazione in presenza di terzi costretti ad assistervi senza che vi sia alcun contatto con i genitali o le zone erogene della persona presente non consentono di ritenere configurabile la violenza sessuale quanto, piuttosto, il delitto di atti osceni, quello di violenza privata o la corruzione di minorenni, sempre che ne sussistano le condizioni. Il voyeurismo, invece, puo’ essere ricondotto ad una ipotesi di molestia nei confronti delle persone oggetto della morbosa curiosita’, ma non integra violenza sessuale nei confronti delle stesse. Quanto alla pratica di masturbazione, se non puo’ essere seriamente messo in discussione che, in quanto gesto che coinvolge in modo immediato e diretto gli organi genitali, costituisce di per se’, sul piano oggettivo, “atto sessuale” a tutti gli effetti, percepito come tale in base al condiviso senso comune a prescindere dal coinvolgimento, allorche’ l’atto di masturbazione venga posto in essere dinanzi a minori ed al solo fine di farvi assistere, costituisce “atto sessuale” (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 9223 del 25/05/2000, Rv. 217261) ed il fatto integra il reato di corruzione di minorenni (Sez. 3, n. 24417 del 09/03/2016, Rv. 267104 – 01).
Ed ancora, si e’, ulteriormente, precisato che integra il reato di violenza sessuale anche quella condotta che, pur caratterizzata da un fugace contatto corporeo con la vittima, sia finalizzata a soddisfare l’impulso sessuale del reo. In particolare, la Corte, in una fattispecie in cui il reo, dopo aver toccato il ginocchio della vittima minorenne, aveva iniziato a praticare su di se’ atti di autoerotismo, ha precisato, quanto al tema del contatto con “zone erogene”, che per i minori non puo’ essere adottato lo stesso metro di valutazione riferito agli adulti per cio’ che concerne la parte del corpo attinta dal toccamento (Sez. 3, n. 45950 del 26/10/2011, M., Rv. 251339 – 01).
Entro queste coordinate interpretative la Corte territoriale, nel giudizio di rinvio, dovra’ attenersi nell’individuazione delle condotte punibili ai sensi dell’articolo 609 bis c.p., indicate nel capo A) come accertate in punto di fatto nel giudizio di merito, per le quali non e’ maturata la prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in reazione al capo A) per i reati commessi sino al 23/06/2006 perche’ estinti per prescrizione e con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari per la rideterminazione della pena.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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