Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 27 febbraio 2020, n. 7757
Massima estrapolata:
Ai fini dell’adozione del sequestro preventivo non sono sufficienti meri sospetti, i quali, al pari delle congetture e delle illazioni, non sono fondati su fatti certi, ma costituiscono solo intuizioni In tema di lottizzazione abusiva.
Sentenza 27 febbraio 2020, n. 7757
Data udienza 23 ottobre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – rel. Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 21/12/2018 del TRIB. LIBERTA’ di BERGAMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO;
sentite le conclusioni del PG ROBERTA MARIA BARBERINI, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore, AVV. (OMISSIS), sostituto processuale del difensore di fiducia, AVV. (OMISSIS), che ha concluso riportandosi ai motivi e chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.I sigg.ri (OMISSIS) (quale persona sottoposta alle indagini) e (OMISSIS) (quale coniuge estranea al reato, ma attinta dal provvedimento cautelare) ricorrono per l’annullamento dell’ordinanza del 21/12/2018 del Tribunale di Bergamo che, pronunciando sulla domanda di riesame del decreto del 23/11/2018 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale (che, ritenuta la sussistenza indiziaria dei reati di cui all’articolo 110 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater, loro ascritti ai capi W ed X della rubrica provvisoria, ha disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, della somma di Euro 1.763.797,00 equivalente all’importo dell’imposta dovuta e non versata utilizzando in compensazione crediti inesistenti), ha rigettato la domanda proposta dal (OMISSIS) ed ha accolto quella proposta dalla (OMISSIS) limitatamente alle somme accreditate dal datore di lavoro sul conto corrente di quest’ultima a titolo di stipendio ed altri emolumenti dovuti in virtu’ del rapporto di lavoro.
1.1.Con il primo motivo deducono, in fatto, la mancanza di indizi del concorso del (OMISSIS) nei reati contestati ai capi W ed X, la sussistenza effettiva di una ragione economica che giustificava l’interposizione del ” (OMISSIS)”, come si evince dalla documentazione prodotta dalla difesa e dall’interrogatorio del ricorrente di cui il Tribunale non ha tenuto conto, ed eccepiscono, in diritto, l’erronea interpretazione e applicazione degli articoli 10-quater, Decreto Legislativo n. 74 del 2000 e articolo 321 c.p.p., e la nullita’ dell’ordinanza per omessa o apparente motivazione.
Sostengono, al riguardo, quanto segue:
– il ” (OMISSIS)”, legalmente rappresentato dal (OMISSIS), non aveva alcun obbligo giuridico di impedire che la consorziata “(OMISSIS)” commettesse le frodi fiscali a quest’ultima direttamente e materialmente imputate, pur se, in ipotesi (comunque contestata), conosciute dal (OMISSIS);
– al piu’, quest’ultimo potrebbe essere rimproverato di mera negligenza, ma non di concorso doloso nel fatto altrui;
– in ogni caso, non risulta dagli atti che egli non conoscesse la sede della “(OMISSIS)”, la circostanza, anzi, non gli era stata nemmeno chiesta in sede di interrogatorio;
– peraltro, i rapporti tra la consorziata e la consorziante erano regolati tutti via mail, compreso l’invio dei modelli F24 e di ogni tipo di documentazione proveniente della “(OMISSIS)” (visure camerali, atto costitutivo, carichi pendenti del legale rappresentante, aperture di posizioni INAIL e INPS) direttamente girati all’ufficio legale della committente ” (OMISSIS) S.r.l.”; il che, oltre a spiegare come non fosse necessaria la conoscenza della sede della consorziata, smentisce l’ipotesi accusatoria che il consorzio operasse come mero schermo fiscale al fine di occultare la diretta gestione della “(OMISSIS)” da parte del (OMISSIS), legale rappresentante del ” (OMISSIS)” ritenuto soggetto interponente;
– diversamente da quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, il (OMISSIS) aveva incontrato il legale rappresentante della societa’ ” (OMISSIS)”, consorziata al ” (OMISSIS)” ed alla quale era subentrata la “(OMISSIS)”, nel corso degli incontri con le maestranze sindacali nel mese di febbraio 2017 all’esito dei quali era riuscito ad ottenere benefici concreti (la riduzione del personale assorbito dalla “(OMISSIS)”) derivanti dalla riduzione del 10% del costo del personale con un risparmio sui danni al committente del 60% e alle attrezzature del 16%;
– la cessazione dell’attivita’ della ” (OMISSIS)” aveva creato problemi sindacali ed economici che il ” (OMISSIS)” del (OMISSIS) non era in grado di sostenere ed affrontare senza l’apporto e l’esperienza nel settore del ” (OMISSIS)”, il cui intervento era giustificato da un interesse finalizzato ad una riorganizzazione del lavoro e della sicurezza, alla formazione operativa del personale, all’introduzione di nuove tecnologie produttive e a tamponare gli effetti antieconomici conseguenti allo stato di agitazione dei lavoratori; tramite attivita’ di analisi e indagine di cantiere il ” (OMISSIS)” aveva predisposto piani logistici operativi con lo scopo di ridimensionare l’equilibrio economico e contenere le spese per errori o danni alle attrezzature, come risulta dal verbale di interrogatorio reso il 18/12/2018 dal quale emerge che all’esito della valutazione del cantiere d’appalto il (OMISSIS) aveva formalizzato le proprie osservazioni, riportate nella relazione prodotta anche in sede di riesame, circa la riduzione del personale, l’implementazione della formazione, l’analisi dei tempi e dei modi della logistica, la valutazione di nuove attrezzature e tecnologie per ridurre i danni e velocizzare il lavoro;
– tutto cio’ esclude in radice la asserita mancanza di una ragione economica dell’intervento del ” (OMISSIS)” e il suo presunto ruolo di “passa-fatture” dietro compenso mensile di 2.000/3.000 Euro, circostanza, quest’ultima, non rinvenuta agli atti;
– e’ piuttosto vero che il Consorzio percepiva un contributo annuo, contrattualmente previsto, dell’1% sul fatturato, la cui natura puo’ essere stata equivocata dal Tribunale e che in ogni caso non puo’ essere valutato come antieconomico, tenuto conto degli indubbi benefici derivanti dall’attivita’ del ” (OMISSIS)” come sopra illustrati;
– nella filiera della grande distribuzione (nella specie della ” (OMISSIS)”) i contratti di subappalto sono la regola, sicche’ la qualifica del ” (OMISSIS)” alla stregua di “mero schermo fiscale antieconomico” si rivela un mero sospetto che non ha la dignita’ di indizio del concorso del (OMISSIS) nella frode fiscale commessa dalla “(OMISSIS)”, ne’ “l’apporto interponente” del ricorrente ha in qualche modo agevolato la consumazione del reato commesso dalla consorziata mediante l’allegazione alla dichiarazione fiscale di crediti inesistenti per l’acquisto di beni ammortizzabili mai comprati, trattandosi di (falsi) crediti propri della “(OMISSIS)”;
– il complesso degli elementi appena illustrati priva gli indizi (la ritenuta antieconomicita’ della doppia fatturazione) della loro valenza accusatoria del concorso nei reati contestati ai capi W ed X della rubrica, con la conseguenza che il Tribunale ha omesso (o ha comunque argomentato con motivazione apparente) il loro confronto con gli elementi difensivi.
1.2.Con il secondo motivo deducono che l’ordinanza impugnata ritiene implicitamente e con motivazione apparente che la doppia fatturazione conseguente ad un (eventualmente necessario) contratto di subappalto configuri un indizio di reato a carico del subappaltatore senza spiegar, pero’, perche’ un accordo di subappalto, pur frequente in filiere produttive come quella in esame, non possa essere considerato un mero sospetto ed eccepiscono, sotto questo ulteriore profilo, l’erronea interpretazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater e articolo 321 c.p.p., e la nullita’ dell’ordinanza per motivazione apparente in ordine alla distinzione ontologica tra indizio e mera supposizione o sospetto di concorso nel reato.
1.3.Con il terzo motivo deducono l’insussistenza di un obbligo giuridico “sostanziale” di impedire l’evento (nella specie, di impedire la consumazione della frode fiscale da parte della consorziata mediante il controllo della corrispondenza a vero dei crediti indicati in compensazione nella dichiarazione fiscale) ed eccepiscono l’erronea interpretazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater e articolo 321 c.p.p., nonche’ la violazione e l’erronea applicazione dell’articolo 40 cpv. c.p., e la nullita’ dell’ordinanza per motivazione erronea ed apparente sul punto.
Sostengono al riguardo:
– gli articoli 2602 e ss. c.c. non risolvono la questione dell’obbligo del consorzio di controllare la corrispondenza a vero delle dichiarazioni fiscali delle cooperative consorziate, le quali costituiscono autonomi soggetti fiscali;
– occorre, di conseguenza, far riferimento agli accordi contrattuali i quali, vertendosi in materia penale, non possono essere interpretati in senso estensivo della responsabilita’ penale per fatto altrui;
– l’articolo 4 del contratto di appalto tra la societa’ ” (OMISSIS) S.r.l.” e il ” (OMISSIS)” del (OMISSIS) (contratto recepito nell’affidamento del subappalto al ” (OMISSIS)”) subordinava il pagamento delle fatture all’attestazione asseverata dell’avvenuto adempimento degli obblighi tributari;
– nella lettera di incarico con cui il ” (OMISSIS)” aveva affidato alla cooperativa “(OMISSIS)” la commessa ” (OMISSIS)” in (OMISSIS) ed in quella di accettazione della “(OMISSIS)” era stato chiarito che restavano a carico di quest’ultima ogni responsabilita’ e incombenza relativa alla sicurezza sul lavoro nonche’ gli adempimenti e gli obblighi in materia assicurativa, assistenziale e fiscale;
– al ” (OMISSIS)”, di conseguenza, non spettava verificare la veridicita’ della dichiarazione fiscale della consorziata, con l’ulteriore conseguenza che della eventuale falsita’, in tutto o in parte, di detta dichiarazione avrebbe dovuto rispondere esclusivamente quest’ultima e non il consorzio, a meno che la falsita’ non risultasse evidente;
– ne’ vale obiettare che il Consorzio aveva assunto la veste di garante del rispetto degli adempimenti fiscali della consorziata perche’ il controllo si risolveva nell’accertamento formale di tali adempimenti, non in quello sostanziale della corrispondenza al vero delle dichiarazioni;
– in conclusione, il Consorzio, quale committente e garante “formale”, non risponde penalmente degli adempimenti fiscali “sostanziali” della cooperativa ad esso consorziata perche’ contrattualmente non era obbligato a verificare ed accertare la effettiva sussistenza dei crediti allegati in compensazione alla dichiarazione fiscale di quest’ultima.
1.4.Con il quarto motivo eccepiscono l’erronea interpretazione e applicazione degli articoli 42 cpv. e 110 c.p., e l’omessa o apparente motivazione circa l’elemento soggettivo del concorso di persone nel reato.
Deducono, al riguardo, che l’affermazione secondo la quale il (OMISSIS) si sarebbe prestato a interporsi tra il ” (OMISSIS)” e la cooperativa “(OMISSIS)” nella piena consapevolezza del meccanismo fraudolento posto in essere dal (OMISSIS) non chiarisce perche’ il ricorrente non possa essere piuttosto rimproverato di negligenza e superficialita’ visto che le circostanze indicate nell’ordinanza impugnata (il fatto che la cooperativa aveva sede in un’abitazione ed utilizzava i cespiti del (OMISSIS)) non inducono “ictu oculi” a ravvisare nel suo comportamento il dolo ma al piu’ una colpa cosciente, non essendovi alcun dubbio che i fatti di reato sono stati autonomamente commessi dalla cooperativa. Anche sotto questo profilo l’ordinanza e’ silente. Ne’ e’ giuridicamente ravvisabile il concorso colposo nel reato fiscale punito esclusivamente a titolo di dolo.
2.Con un nuovo motivo, i ricorrenti, oltre a ribadire gli argomenti sviluppati con gli originari motivi di ricorso, deducono che dalle dichiarazioni fiscali inviate dalla cooperativa “(OMISSIS)” al ” (OMISSIS)” (e da questi inviate al ” (OMISSIS)” che a sua volte le inviava alla (OMISSIS)) non puo’ evincersi nulla sulla loro regolarita’ o meno, limitandosi le stesse ad attestare l’avvenuto rispetto delle incombenze fiscali da parte della cooperativa. Tali dichiarazioni, con gli allegati F24, non fanno alcun riferimento all’utilizzo, da parte di “(OMISSIS)”, di crediti in compensazione, come risulta, invece, dalle dichiarazioni fiscali di quest’ultima acquisite direttamente dal pubblico ministero presso l’Agenzia delle Entrate. Eccepiscono, pertanto, l’erronea interpretazione e applicazione dell’articolo 110 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater e articolo 321 c.p.p., sotto il profilo della mancanza agli atti di indizio accusatorio a sostegno della consapevolezza del ricorrente nel concorso nel reato contestato ai capi W ed X della rubrica provvisoria e nullita’ dell’ordinanza per motivazione omessa ed apparente sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.I ricorsi sono inammissibili perche’ manifestamente infondati e proposti al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimita’.
4.Al (OMISSIS) si imputa, secondo l’editto accusatorio provvisorio, di aver concorso con il legale rappresentante della societa’ cooperativa “(OMISSIS)”, (OMISSIS), e con l’amministratore di fatto di tale societa’ nonche’ legale rappresentante del ” (OMISSIS)”, (OMISSIS), nel reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, perche’ la societa’ “(OMISSIS)” aveva omesso di versare le imposte dovute per gli anni 2017 (capo W) e 2018 (capo X) utilizzando in compensazione crediti inesistenti per Euro 805.100,00 (per l’anno 2017) e per Euro 958.697,00 (per l’anno 2018), per un importo complessivo non versato pari a Euro 1.763.797,00.
4.1.Premesso che i ricorrenti non contestano la sussistenza oggettiva del reato, nel confermare, per quanto qui rileva, l’impianto accusatorio posto alla base del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il Tribunale ha descritto la vicenda nei termini di seguito illustrati.
4.2.A seguito di accertamenti effettuati dall’Agenzia delle Entrate era emerso che tutte le cooperative consorziate al ” (OMISSIS)” erano evasori d’imposta totali. Lo schema operativo seguiva lo stesso canovaccio: le singole cooperative affidavano al Consorzio il compito di stipulare contratti di appalto con i committenti che il Consorzio a sua volta subappaltava alle singole cooperative. In questo modo il Consorzio si era aggiudicato negli anni numerosi appalti, per prestazioni di facchinaggio e movimentazione merci, a prezzi concorrenziali grazie al subappalto in favore delle cooperative che omettevano qualsiasi dichiarazione fiscale e compensavano i debiti previdenziali con crediti di imposta inesistenti consentendo cosi’ al Consorzio di porsi sul mercato in modo, come detto, concorrenziale a fronte di un ingentissimo debito erariale. Le cooperative, dunque, erano mere cartiere destinate a vita breve sulle quali venivano fatti gravare gli oneri fiscali e contributivi del personale gestito in tutto e per tutto dal Consorzio il cui amministratore, (OMISSIS), dirigeva e coordinava la vasta organizzazione delle singole cooperative (a loro volta rappresentate da veri e propri prestanome e del tutto prive di personale e dotazioni strumentali necessarie a far fronte alle singole commesse), occupandosi anche dell’assunzione dei lavoratori e di tutte le incombenze amministrative e, sopratutto, fiscali (redazione degli F24 relativi alla liquidazione mensile dell’imposta sul valore aggiunto e al versamento dei contributi previdenziali e delle ritenute di imposta da trasmettere alle singole cooperative, redazione delle false quietanze di pagamento da inviare ai committenti). Le cooperative, dunque, operavano per pochissimi anni, assumevano formalmente i dipendenti destinati ad eseguire i contratti di appalto stipulati dal Consorzio, non pagavano imposte, ritenute e contributi compensandoli con crediti IRES e IVA inesistenti, creati artificiosamente per inserirli negli F24 ed indurre in errore le societa’ committenti che confidavano nel regolare assolvimento degli oneri fiscali e contributivi; “meri schermi – afferma il Tribunale – le cooperative sono destinate ad una vita breve, perche’ di fronte a evasioni dell’importo di quelle accertate, crediti di imposta e documentazione fiscale totalmente falsa, le possibilita’ di incappare in indagini o accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate o in sequestri e’ elevata: esse, dunque, operano uno, due, tre anni, poi vengono liquidate e sostituite da altre”.
In questo contesto – prosegue il Tribunale – “si inserisce la collaborazione fra l’odierno ricorrente (OMISSIS) e (OMISSIS) e l’interposizione del (OMISSIS) di (OMISSIS) nella catena di fatturazione, fra la committente (OMISSIS) s.r.l. societa’ che gestisce la logistica dello stabilimento (OMISSIS) di (OMISSIS), in provincia di (OMISSIS), e la cooperativa (OMISSIS) di (OMISSIS), esecutore delle prestazioni di facchinaggio/movimentazione merci”. Con contratto del 9 marzo 2015 la ” (OMISSIS) s.r.l.” aveva sub-appaltato al Consorzio del (OMISSIS) i servizi logistici presso il magazzino di (OMISSIS). Il corrispettivo sarebbe stato regolato mensilmente, mediante pagamento a trenta giorni dalla data di emissione della fattura, a condizione che la sub-appaltatrice desse dimostrazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi fiscali (versamento delle ritenute fiscali sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti impegnati nell’esecuzione del contratto e dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in conseguenza dell’esecuzione delle prestazioni contrattualmente pattuite) mediante attestazione asseverata ai sensi del Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 35 o, in alternativa, mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Al Consorzio era stato consentito il sub-appalto temporaneo o parziale dei servizi in favore di imprese terze previa autorizzazione scritta della committente. Avvalendosi di tale facolta’, il (OMISSIS) aveva sub-appaltato le prestazioni da eseguire presso il magazzino di (OMISSIS) alla consorziata ” (OMISSIS)”. Nel 2015 la cooperativa aveva presentato la dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti volte a coprire l’IVA a debito maturata sulle fatture attive emesse nei confronti del Consorzio. Nel 2016 non aveva presentato la dichiarazione IVA ed aveva omesso il pagamento delle imposte e dei contributi relativi agli anni 2015, 2016 e 2017 grazie alla compensazione con crediti IRES relativi all’acquisto di beni strumentali inesistenti. A seguito delle indagini della Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza (che avrebbero poi portato all’arresto di alcune persone legate alla cooperativa) “la (OMISSIS) s.c.r.l. non poteva piu’ lavorare, quale schermo del (OMISSIS) presso il cantiere della (OMISSIS) di (OMISSIS)”. Sicche’, dopo aver trasferito il profitto all’estero (mediante il pagamento di fatture per operazioni inesistenti emesse da societa’ estere), la cooperativa aveva disdetto il contratto di sub-appalto dichiarando genericamente di non essere piu’ nelle condizioni economiche di sostenere ulteriormente l’incarico. Di qui la necessita’ del (OMISSIS) di individuare un nuovo soggetto economico che – afferma il Tribunale – proseguisse l’attivita’ della ” (OMISSIS)” presso il magazzino di (OMISSIS) reiterando lo stesso meccanismo di frode per poi trasferire all’estero il profitto dell’evasione fiscale. Nel frattempo le organizzazioni sindacali operanti presso il magazzino di (OMISSIS) premevano per il mantenimento dei livelli occupazionali e la garanzia che tutti i dipendenti della ” (OMISSIS)” fossero riassorbiti nella cooperativa subentrante, la “(OMISSIS) s.c.r.l.” amministrata dal prestanome (OMISSIS) ma riconducibile al (OMISSIS). Secondo quanto riferito dallo stesso (OMISSIS) in sede di interrogatorio, era stato proprio il (OMISSIS) a proporgli di consorziare al (OMISSIS) la cooperativa dello (OMISSIS) la cui funzione di prestanome – afferma il Tribunale era ben nota all’odierno ricorrente secondo quanto da lui stesso riconosciuto in sede di interrogatorio. Con nota del 24/02/2017 il (OMISSIS) del (OMISSIS) avrebbe affidato al (OMISSIS) del (OMISSIS) l’appalto dei lavori di facchinaggio presso il magazzino della (OMISSIS) di (OMISSIS); il (OMISSIS) lo avrebbe a sua volta affidato alla “(OMISSIS)” che nel frattempo aveva assorbito 59 dei 65 dipendenti della ” (OMISSIS)”. La “(OMISSIS)” aveva sede in un appartamento risultato disabitato, la corrispondenza non veniva ritirata, non aveva propri cespiti e benche’ consorziata al (OMISSIS) si avvaleva di beni strumentali di proprieta’ del (o comunque affidati in leasing al) (OMISSIS). I canoni di leasing venivano addebitati dal fornitore al Consorzio del (OMISSIS) che a sua volta li addebitava al (OMISSIS) che a sua volta li addebitava alla “(OMISSIS)”. Da tali dati di fatto il Tribunale ha desunto l’infondatezza della dedotta autonomia gestionale del Consorzio del (OMISSIS) nella esecuzione dell’appalto dei servizi di facchinaggio, “atteso che l’apporto del (OMISSIS) alle fasi lavorative della consorziata (OMISSIS) e’ stato pressoche’ inesistente. Dal contenuto del server in uso al (OMISSIS), e’ emerso che le formalita’ che hanno determinato la costituzione anche della (OMISSIS), la selezione del personale, la gestione del lavoro, persino l’acquisto dei badge per accedere allo stabilimento della (OMISSIS), la gestione delle paghe, le problematiche inerenti le attivita’ svolte dei soci, i rapporti con i sindacati e persino la corrispondenza generale (come si evince dal prestampato della carta intestata alla ZJ) e’ stata curata direttamente dal Consorzio presso la sede di (OMISSIS) (…) (OMISSIS) non aveva alcun controllo della (OMISSIS). Assume di (essere) intervenuto per contenere le spese per errori o danni alle attrezzature a fronte dei comportamenti di “sciopero bianco” E degli atti dolosi del personale attivo in esubero verso la fine del 2016 inizio 2017, ma tutti i danni determinati dai lavoratori della (OMISSIS) presso il cantiere di (OMISSIS) venivano addebitati al (OMISSIS) e non al (OMISSIS). Il preteso intervento per ridimensionare lo squilibrio economico e’ in realta’ consistito nella riduzione del personale che (OMISSIS) ha riassunto, ridimensionamento deciso da (OMISSIS)”. Nel disattendere le tesi difensive (riproposte con l’odierno ricorso) il Tribunale ha osservato che, pur ammettendo le attivita’ svolte dal (OMISSIS) (assimilate dal Tribunale piu’ a quelle di un consulente che di un subappaltatore), questi non aveva mai avuto contatti con il legale rappresentante della ” (OMISSIS)” ne’ aveva ritenuto di averne con il legale rappresentante della “(OMISSIS)”, cooperativa della quale ignorava persino l’ubicazione degli uffici. Inoltre, prosegue il Tribunale, per il ruolo di “passa fatture” il (OMISSIS) percepiva dalla “(OMISSIS)” una quota mensile di 2.000/3.000 Euro corrisposti a titolo di contributo consortile: “se (OMISSIS) – osserva il Tribunale – non fosse un evasore totale, a fronte della piena coincidenza dell’oggetto dei contratti di appalto e subappalto nei documenti di affidamento in subappalto e nelle fatture, il meccanismo della doppia fatturazione sarebbe assolutamente antieconomico. Tuttavia il risparmio sul costo del lavoro, derivante dall’evasione, era cosi’ alto da assorbire anche il ricarico applicato dal (OMISSIS) nel rifatturare le prestazioni di (OMISSIS) al (OMISSIS). Cio’ che non puo’ essere sfuggito all’analizzatore di costi (OMISSIS). Infatti, come gia’ (OMISSIS), anche (OMISSIS) non paga imposte ne’ contributi previdenziali ed assistenziali, utilizzando in compensazione crediti inesistenti, precostituiti ad arte mediante false dichiarazioni IRES e IVA”. (OMISSIS), infatti, aveva compensato i debiti erariali con crediti IRES e IVA relativi ad acquisti milionari di beni strumentali del tutto inesistenti. Sul rilievo che in sede cautelare reale l’elemento soggettivo del reato puo’ essere escluso solo quando la sua assenza risulti evidente “ictu oculi”, il Tribunale osserva che nel caso di specie “gli elementi acquisiti depongono anzi nel senso che, avvalendosi del Consorzio VEGA (il ricorrente) si sia prestato a interporsi tra il (OMISSIS) e la cooperativa (OMISSIS), nella piena consapevolezza del meccanismo fraudolento dal quale (OMISSIS) voleva schermare il (OMISSIS) dallo stesso presieduto dal febbraio 2017”.
5.Tanto premesso e dato atto che i ricorrenti – come detto – non contestano la oggettiva sussistenza dei reati ma il concorso del (OMISSIS), e’ necessario prima di tutto ribadire che avverso le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324 c.p.p., il ricorso per cassazione e’ ammesso solo per violazione di legge.
5.1.Come piu’ volte spiegato da questa Corte “in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ manifesta, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e)” (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004; si vedano anche, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, e Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno, nonche’, tra le piu’ recenti, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Buonocore).
5.2.Motivazione assente e’ quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o che e’ graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi); motivazione apparente, invece, e’ solo quella che “non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicita’ del discorso argomentativo su cui si e’ fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti” (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Caldaras; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Bonati; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, piu’ in generale, nei casi in cui la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314, secondo cui la motivazione dell’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio e’ meramente apparente – quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge – quando le argomentazioni in ordine al “fumus” del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarita’ del caso concreto).
5.3.Anche l’omesso esame di punti decisivi per l’accertamento del fatto, sui quali e’ stata fondata l’emissione del provvedimento di sequestro, si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 325 c.p.p., comma 1 (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Baronio, Rv. 264011; Sez. 1, n. 48253 del 12/09/2017, Serra, n. m.; Sez. 3, n. 38026 del 19/04/2017, De Cicco, n. m.; Sez. 3, n. 38025 del 19/04/2017, Monti, n. m.).
5.4.In tal caso, pero’, e’ onere del ricorrente: a) allegare al ricorso l’elemento indiziario dirimente del quale eccepisce l’omesso esame; b) dare prova della sua effettiva esistenza tra gli atti trasmessi al tribunale del riesame o comunque della sua acquisizione nel corso dell’udienza camerale; c) spiegarne la natura decisiva alla luce sia della limitata cognizione del giudice del riesame (cui non puo’ essere demandato un giudizio anticipato sulla responsabilita’ di chi chiede il riesame del provvedimento cautelare reale) sia del fatto che ai fini del sequestro preventivo sono sufficienti gli indizi del reato, non i gravi indizi di colpevolezza (Sez. 3, n. 38850 del 04/12/2017, dep. 2018, Rv. 273812).
5.5.Orbene, diversamente da quanto deducono i ricorrenti, il Tribunale ha preso in considerazione tutte le eccezioni difensive da loro proposte disattendendole sul rilievo che gli elementi offerti non avrebbero consentito una diversa lettura degli indizi, operazione quest’ultima tipica della fase della cognizione piena, giungendo alla conclusione che il (OMISSIS) si fosse consapevolmente prestato a fungere da schermo tra la “(OMISSIS)” ed il (OMISSIS) che era il vero regista occulto dell’intera operazione fraudolenta la cui concreta finalizzazione (l’ingente evasione fiscale) avrebbe potuto essere compromessa dalle indagini che si stavano concentrando proprio su di lui. Di qui la necessita’ di “scollegare” sul piano dei rapporti formali la cooperativa incaricata di eseguire l’appalto dal consorzio del regista occulto, il (OMISSIS), appunto.
5.6.1 ricorrenti obiettano, con il primo motivo, che il Tribunale, cosi’ ragionando, ha sminuito la prevalente e dirimente valenza indiziaria difensiva della effettiva sussistenza di una ragione economica che giustificava l’interposizione del (OMISSIS), elemento desumibile dalla documentazione prodotta in allegato alla memoria difensiva del 17/12/2018 e dall’interrogatorio del 18/12/2019.
5.7.Il rilievo e’ manifestamente infondato e si traduce nel tentativo di indurre la Corte di cassazione ad una diversa lettura degli indizi di reato non consentita in questa sede.
5.8.Resta certamente valido l’insegnamento secondo il quale nella valutazione del “fumus commissi delicti”, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non puo’ avere riguardo alla sola astratta configurabilita’ del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa (cosi’, da ultimo, Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Armento, Rv. 261677; cfr., altresi’, Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, Rv. 272927).
5.9.Cio’ tuttavia non legittima l’ampliamento dei motivi di ricorso ai casi non consentiti dall’articolo 625 c.p.p.. Il ricorso per cassazione proposto avverso le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324 c.p.p. non puo’ mai trasmodare nella critica del modo con cui il Tribunale ha valutato gli indizi di reato perche’, in questo modo, il vizio realmente eccepito riguarda la motivazione, non la sua fisica esistenza o la sua palese irrazionalita’.
5.10.E’ noto – come gia’ detto – che ai fini della adozione del sequestro preventivo sono sufficienti gli indizi di reato, indipendentemente dall’accertamento della presenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell’elemento psicologico, atteso che la verifica di tali elementi e’ estranea all’adozione della misura cautelare reale (Sez. 1, n. 18941 del 30/01/2018, Rv. 273069; Sez. 6, n. 45908 del 16/10/2013, Orsi, Rv. 257383; Sez. 6, n. 10618 del 23/02/2010, Olivieri, Rv. 246415; Sez. 1, n. 15298 del 04/04/2006, Bonura, Rv. 234212).
5.11.Orbene, il fatto indiziante e’ di per se’ normalmente significativo di una pluralita’ di fatti non noti, per cui in tal caso si puo’ pervenire al superamento della relativa ambiguita’ indicativa dei singoli indizi solo applicando la regola metodologica fissata nell’articolo 192 c.p.p., comma 2, (cosi’ Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191230). Ma tale operazione comporta la trasformazione dell’indizio in prova e la applicazione di una regola di giudizio diversa da quella richiesta in sede cautelare reale. Poiche’ infatti l’indizio ha valenza indicativa – sia pure di portata possibilistica e non univoca – del reato per il quale e’ stato adottato il sequestro preventivo, quello di segno contrario deve essere di natura tale da privare l’indizio accusatorio, con immediata evidenza, persino di tale portata possibilistica, cosi’ che si possa giungere alla conclusione che il sequestro e’ stato adottato in assenza, appunto, di indizi. Non e’ percio’ coerente con il tipo di giudizio tipico della fase cautelare reale opporre all’indizio accusatorio uno uguale e di segno contrario che comunque non priva il primo della sua astratta attitudine a ricondurre il fatto nell’ambito della fattispecie di reato ipotizzata (Sez. 3, n. 38850 del 2019, cit.).
5.12.Il Tribunale fa buon governo di questi principi dando espressamente conto delle deduzioni difensive che a suo giudizio non escludono, a livello indiziario, la sussistenza del concorso del (OMISSIS) nel reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
5.13.Il suo intervento ha concretamente consentito (o comunque agevolato) l’esecuzione del reato materialmente posto in essere dal legale rappresentante della (OMISSIS) ed idealmente riconducibile al (OMISSIS), rafforzandone certamente il proposito criminoso.
5.14.Non si tratta di stabilire in questa sede se vi fosse o meno un obbligo giuridico, da parte del (OMISSIS), di impedire che altri commettessero delitti in materia tributaria non ascrivibili, sul piano formale, al Consorzio da lui legalmente rappresentato; non e’ questo il punto, la “ratio dedicendi” del provvedimento impugnato. Il Tribunale conclude per la consapevolezza del ricorrente di essersi inserito in un meccanismo fraudolento al quale aveva, altrettanto consapevolmente, prestato le proprie energie per consentire al (OMISSIS) di continuare ad attuare il suo disegno; l’ordinanza, dunque, gli attribuisce un atteggiamento doloso la cui mancanza non risulta “ictu oculi” evidente e puntella questa conclusione con elementi di prova indiziaria non seriamente posti in discussione dalle odierne deduzioni difensive le quali, come detto, puntano ad una lettura alternativa del compendio probatorio non idonea a scardinare la portata indiziante dei fatti indicati a sostegno della validazione cautelare dell’imputazione provvisoria.
5.15.I ricorrenti obiettano che il Tribunale ha rigettato la propria istanza di riesame in base a dei sospetti.
5.16.L’obiezione e’ totalmente infondata.
5.17.L’indizio e’ sempre fondato su un fatto certo; il sospetto, al pari delle congetture e delle illazioni, costituisce una mera intuizione (Sez. 1, n. 2760 del 22/06/1987, Rv. 176554; Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, assimila i sospetti alle generiche allegazioni o a prospettabili ipotesi investigative non postulanti necessariamente l’esistenza di responsabilita’ penali ovvero a “intuizioni personali” dell’agente/ufficiale di polizia giudiziaria, del pubblico ministero, del giudice).
5.18.Nel caso in esame la decisione del Tribunale si fonda su fatti certi e concreti la cui portata indiziante del concorso del (OMISSIS) nei reati ascritti al (OMISSIS) viene abbondantemente spiegata con motivazione non sindacabile in questa sede mediante inammissibili deduzioni fattuali.
5.19.Ne consegue che anche l’eccezione di motivazione inesistente o apparente e’ palesemente infondata.
6.Le considerazioni che precedono rendono superfluo l’esame degli altri motivi posto che:
6.1.I ricorrenti sollecitano una inammissibile rivalutazione degli indizi di reato in senso a loro favorevole, in tal modo sottintendendo la illogicita’ delle argomentazioni addotte dal Tribunale circa la valenza indiziaria in senso accusatorio del meccanismo della cd. “doppia fatturazione” (secondo motivo);
6.2.non si discute, nel caso di specie, dell’obbligo giuridico di impedire l’evento (dovendosi escludere, assumono i ricorrenti, che il Consorzio (OMISSIS) avesse assunto una posizione di garanzia del corretto adempimento, da parte di “(OMISSIS)”, del debito erariale) perche’ al (OMISSIS) e’ contestato il concorso pieno nel reato materialmente commesso dal legale rappresentante della “(OMISSIS)” (terzo motivo);
6.3.non risulta di certo, con l’evidenza che il mezzo cautelare impone, la mancanza, in capo al (OMISSIS), della consapevolezza di aver agevolato il (OMISSIS) nell’esecuzione del disegno criminoso alla base del complesso meccanismo di frode da egli imbastito (quarto motivo).
7.Alla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonche’ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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