Ai fini della sussistenza del delitto di ricettazione

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45405.

Le massime estrapolate:

Stante l’autonomia del reato associativo rispetto ai reati “fine”, la prova della partecipazione all’associazione puo’ essere data con mezzi e modi diversi dalla prova in ordine alla commissione dei predetti, sicche’ non rileva, a tal fine, il fatto che l’imputato di reato associativo non sia stato condannato per i reati “fine”.
Invero, sebbene il giudice possa legittimamente dedurre i requisiti della stabilita’ del vincolo associativo, trascendente la commissione dei singoli reati-fine, e dell’indeterminatezza del programma criminoso, che segna la distinzione con il concorso di persone, dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti detti reati ad opera di soggetti stabilmente collegati in quanto attraverso la commissione dei delitti rientranti nel programma comune e le loro modalita’ esecutive si manifesta in concreto l’operativita’ dell’associazione medesima, deve escludersi un rapporto di necessaria dipendenza probatoria tra l’addebito associativo e i reati scopo.
Ai fini della configurabilita’ del reato di partecipazione a un’associazione per delinquere comune o di tipo mafioso, non e’ necessario che il vincolo tra il singolo e l’organizzazione si protragga per una certa durata, ben potendo, al contrario, ravvisarsi il reato anche in una partecipazione di breve periodo.

Ai fini della sussistenza del delitto di ricettazione, l’azione della ricezione, che ne costituisce l’elemento materiale, e’ comprensiva di qualsiasi conseguimento di possesso della cosa proveniente da delitto e, quindi, rientra in essa anche il conseguimento del possesso in via temporanea o a mero titolo di compiacenza, precisando, altresi’, quanto al profitto, che e’ sufficiente qualsiasi utilita’ o vantaggio derivante dal possesso della cosa mentre non si esige che l’agente abbia effettivamente conseguito il profitto avuto di mira, poiche’ l’incriminazione tende ad impedire che soggetti diversi da coloro che hanno commesso un delitto appaiano interessati alle cose provenienti da esso, al fine di trarne un vantaggio anche temporaneo.
La nozione di possesso assunta in ambito penalistico nelle varie fattispecie che vi fanno riferimento evoca una signoria di fatto sulla “res” indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, sicche’ il richiamo alla definizione che ne da’ l’articolo 1140 cod. civ. non e’ esaustivo, dovendo pacificamente ricomprendersi nella stessa anche la semplice detenzione materiale del bene, l’uso e la semplice custodia ove qualificati dal sostrato psicologico postulato dalla norma, in quanto espressione di un rapporto di fatto tra il soggetto agente e il bene.
Pertanto, ai fini della configurabilita’ del delitto di ricettazione, deve reputarsi irrilevante che la ricezione della cosa proveniente da delitto avvenga a titolo definitivo o temporaneo, gratuito od oneroso, stante la latitudine della condotta sanzionata che racchiude in se’ qualsiasi relazione di fatto che implichi la disponibilita’ materiale delle cose provenienti da reato mentre il profitto comprende ogni forma di utilita’ o vantaggio, anche temporaneo e di carattere non patrimoniale, che possa ricavarsi dal possesso in senso lato

Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45405

Data udienza 20 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. DE SANTIS Anna Mari – rel. Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere

Dott. AIELLI Lucia – Consigliere

Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
2) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Bari in data 3/10/2016;
– Visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
– Udita nell’udienza pubblica del 20/7/2018 la relazione fatta dal Consigliere Dott.ssa DE SANTIS Anna Maria;
– Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott. TOCCI Stefano, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa in data 12/12/2012 il Tribunale di Bari dichiarava gli imputati colpevoli di partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di ricettazioni di autoveicoli rubati e furti in abitazione nonche’ della ricettazione di due autovetture, e partitamente una Audi S4 provento di rapina in danno di (OMISSIS) e un’Alfa Romeo, provento di furto in danno di (OMISSIS) e, ritenuto il vincolo della continuazione, li condanna ciascuno alla pena di anni tre di reclusione ed Euro duemila di multa.
A seguito di gravame la Corte d’Appello di Bari, concesse ad entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena in anni due, mesi quattro di reclusione ed Euro 1500,00 di multa.
2. Hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati a mezzo del difensore, Avv. (OMISSIS), deducendo con comuni motivi:
2.1 la violazione degli articoli 416 e 110 cod. pen. nonche’ l’illogicita’ della motivazione e il travisamento della prova. La difesa dei ricorrenti lamenta che la Corte territoriale ha confermato il giudizio di responsabilita’ per l’addebito associativo nonostante l’intervenuta assoluzione dai reati fine contestati ai capi C) e D) della rubrica, ovvero la rapina in danno di (OMISSIS) e una serie di furti in appartamento avvenuti tra il febbraio e l’aprile 2009. La sentenza impugnata ha trascurato i rilievi formulati in sede d’appello, riproponendo gli argomenti gia’ valorizzati dal primo giudice senza fornire risposta alle censure in ordine all’impossibilita’ di ravvisare nella specie un vincolo stabile e permanente tra i sodali in considerazione del brevissimo lasso temporale d’operativita’ della compagine e dell’ancor minore periodo del presunto coinvolgimento degli (OMISSIS) in quanto il ricovero presso la loro abitazione delle autovetture ricettate, asseritamente utilizzate per la consumazione dei furti, si sarebbe verificato nel periodo compreso tra il (OMISSIS) seguente, periodo durante il quale non risultano contestati reati fine. La Corte distrettuale ha ugualmente omesso di considerare l’assenza di elementi di prova a conforto dei rapporti tra i prevenuti e i presunti sodali in epoca anteriore al 18 marzo 2009; l’assenza di evidenze indizianti circa l’utilizzo dell’abitazione dei ricorrenti come base logistica dell’associazione; l’esito negativo delle perquisizioni. Manifestamente illogico risulta, in particolare, l’argomento speso dalla sentenza impugnata che collega la partecipazione degli (OMISSIS) al sodalizio al rilievo dell’avvenuta commissione nel periodo d’interesse di ben quattro furti da parte del coimputato separatamente giudicato (OMISSIS) e alla ricettazione dell’Alfa Romeo 147 asseritamente commessa dai due imputati in concorso con lo stesso (OMISSIS), senza tener conto dell’intervenuta assoluzione dei prevenuti da tutti i furti loro concursualmente contestati e che avrebbero dovuto costituire i reati fine dell’organizzazione delittuosa;
2.2 la violazione dell’articolo 416 c.p., comma 2, e articolo 129 cod. proc. pen. per avere la Corte territoriale omesso la declaratoria di prescrizione del reato. Infatti, nonostante il tenore aperto della contestazione, la sentenza impugnata ha dato atto che l’intervento della P.g. poneva fine all’attivita’ dell’associazione nella primavera del 2009 sicche’ il termine massimo di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei era gia’ spirato al momento della pronunzia d’appello;
2.3 la violazione di legge in riferimento all’articolo 648 cod. pen. e articolo 192 cod. proc. pen. nonche’ il travisamento della prova e il vizio di motivazione in ordine agli elementi costitutivi del delitto di ricettazione.
La difesa dei ricorrenti assume che il giudizio di responsabilita’ per i fatti di ricettazione ascritti agli imputati al capo B) risulti contrastato dagli elementi di prova acquisiti in fase dibattimentale nonche’ dai consolidati insegnamenti giurisprudenziali in materia. Infatti, il coimputato (OMISSIS) ha reso ampie dichiarazioni autoaccusatorie in ordine alla ricettazione di entrambe le autovetture in contestazione avvenute nei mesi di gennaio e febbraio 2009 sicche’ la ricezione degli stessi veicoli da parte degli (OMISSIS) configurerebbe una nuova e diversa ricettazione, sostanziata dal consenso a riceverli ed occultarli nel cortile della loro abitazione. La Corte territoriale al riguardo ha incongruamente svalutato le dichiarazioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS) e degli stessi imputati, nonostante fossero univoche e coerenti sia tra loro che rispetto a quelle rese da (OMISSIS), addotto quale teste assistito dalla difesa. Analogamente pretermesse risultano le dichiarazioni rese dalla teste (OMISSIS), moglie di (OMISSIS), stimate inattendibili sulla sola base del rapporto di coniugio intercorrente con l’imputato.
Secondo la difesa, inoltre, deve escludersi che i veicoli ricettati dal (OMISSIS) fossero nella disponibilita’ dei ricorrenti, non avendo gli stessi ricevuto dal coimputato le relative chiavi, come dimostrato dagli esiti dei servizi di osservazione della P.g. Ritengono i ricorrenti che, ai fini della ravvisabilita’ del reato, non e’ sufficiente l’aver consentito al coimputato di posteggiare le auto nel cortile dell’abitazione per configurare un possesso giuridicamente rilevante e analogamente sfornita di prova e’ la finalizzazione della condotta al conseguimento di un profitto. Inoltre, la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto la ricorrenza del dolo in capo agli imputati, facendo ricorso alla giurisprudenza di legittimita’ secondo cui la mancata giustificazione del possesso di un bene di provenienza delittuosa costituisce prova della conoscenza della stessa sebbene nella specie difetti il requisito del possesso e senza tener conto dei rapporti intrattenuti dalle coniugi del (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS) che giustificavano l’accesso all’abitazione con i veicoli poi risultati di provenienza furtiva. La Corte distrettuale ha, quindi, illogicamente ritenuto la ricorrenza in capo agli imputati della consapevolezza della provenienza illecita delle autovetture, eludendo le obiezioni difensive, rimandando alla motivazione di primo grado nonche’ fondando il proprio convincimento su pretese ma inesistenti discrasie tra quanto riferito dall’ (OMISSIS) e dal coimputato (OMISSIS), per tal via operando di fatto un’inversione dell’onere della prova e svalutando le dichiarazioni del (OMISSIS) stesso, il quale ha riferito che gli imputati erano all’oscuro della provenienza dei veicoli. Inoltre, secondo la prospettazione difensiva la sentenza impugnata ha incongruamente valorizzato al fine di supportare l’accusa le dichiarazioni rese in sede di indagini dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS) in luogo delle difformi e incerte versioni dibattimentali e ha – altresi’ – trascurato, nell’analisi del dolo, anche eventuale, le condizioni psichiche dei prevenuti;
2.4 l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riguardo alla mancata assunzione di prova decisiva, avendo la Corte territoriale negato la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per assumere (OMISSIS) sulla circostanza relativa alla frequentazione con (OMISSIS) di un corso per la lavorazione della cartapesta nonche’ al fine di acquisire la documentazione attestante la frequenza al fine di ottenere conferma alla versione difensiva circa le ragioni del consenso prestato a (OMISSIS) per il ricovero nel cortile dell’abitazione degli (OMISSIS) degli autoveicoli di provenienza delittuosa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il primo motivo di ricorso non merita accoglimento siccome palesemente infondato e riproduttivo di censure gia’ sottoposte al vaglio della Corte territoriale, disattese con ampio supporto argomentativo, privo di profili di patente illogicita’.
Con riguardo all’addebito associativo deve osservarsi, infatti, che la sentenza impugnata ha analiticamente scrutinato le doglianze difensive, rilevando come, sulla scorta delle acquisizioni dibattimentali e documentali e, in particolare, della sentenza irrevocabile a carico di (OMISSIS) che ha consacrato l’esistenza di un’associazione dedita alla consumazione di furti in appartamento in un’ampia area pugliese mediante l’utilizzo di veicoli di provenienza illecita, debba riconoscersi fondata la prospettazione d’accusa circa l’operativita’ di una struttura organizzata, con dotazione di uomini e mezzi adeguata all’attingimento degli scopi illeciti divisati. Correttamente la Corte distrettuale ha negato valore dirimente all’intervenuta assoluzione dei ricorrenti dai reati fine del sodalizio ovvero alla pretesa breve durata del medesimo.
Questa Corte, infatti, ha reiteratamente precisato che, stante l’autonomia del reato associativo rispetto ai reati “fine”, la prova della partecipazione all’associazione puo’ essere data con mezzi e modi diversi dalla prova in ordine alla commissione dei predetti, sicche’ non rileva, a tal fine, il fatto che l’imputato di reato associativo non sia stato condannato per i reati “fine” (Sez. 3, n. 40749 del 05/03/2015, Sabella, Rv. 264826; n. 9459 del 06/11/2015, Venere, Rv. 266710). Invero, sebbene il giudice possa legittimamente dedurre i requisiti della stabilita’ del vincolo associativo, trascendente la commissione dei singoli reati-fine, e dell’indeterminatezza del programma criminoso, che segna la distinzione con il concorso di persone, dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti detti reati ad opera di soggetti stabilmente collegati (Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso e altri, Rv. 268540) in quanto attraverso la commissione dei delitti rientranti nel programma comune e le loro modalita’ esecutive si manifesta in concreto l’operativita’ dell’associazione medesima (Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Ficara, Rv. 266670), deve escludersi un rapporto di necessaria dipendenza probatoria tra l’addebito associativo e i reati scopo.
Ne’ ha pregio la censura inerente la contenuta durata temporale del sodalizio, o meglio della partecipazione dei ricorrenti allo stesso, giacche’, da un lato, l’attivita’ illecita risulta essersi dispiegata per un apprezzabile lasso temporale ed e’ stata interrotta solo dall’attivita’ investigativa della Pg.; dall’altro, la sentenza impugnata ha evidenziato come in siffatto periodo siano stati consumati molti reati fine e, in particolare, il (OMISSIS) – elemento di spicco della compagine – e’ stato riconosciuto responsabile di almeno 4 dei furti contestati al capo D) oltre che delle ricettazioni dei veicoli utilizzati o da utilizzare per le azioni predatorie. Questa Corte ha reiteratamente precisato che ai fini della configurabilita’ del reato di partecipazione a un’associazione per delinquere comune o di tipo mafioso, non e’ necessario che il vincolo tra il singolo e l’organizzazione si protragga per una certa durata, ben potendo, al contrario, ravvisarsi il reato anche in una partecipazione di breve periodo (Sez. 1, n. 31845 del 18/03/2011, D. e altri, Rv. 250771; Sez. 5, n. 18756 del 08/10/2014, Buondonno e altri, Rv. 263698), dovendo aversi riguardo alla natura del contributo prestato alla vita e al programma della compagine e al sostrato psicologico che lo sostiene.
A tanto va aggiunto che, ferme le intervenute assoluzioni per i reati fine nei confronti dei prevenuti e di altri sodali per effetto della mancata sicura identificazione degli autori dei singoli fatti delittuosi conseguente all’accertata interscambiabilita’ dei ruoli operativi, e’ incontestata nondimeno – la presenza sulle scene dei furti tentati o consumati di una delle due autovetture di provenienza illecita ricoverate presso l’abitazione degli (OMISSIS), a dimostrazione della sicura strumentalita’ dei veicoli rispetto ai fini associativi.
Ne’ appare censurabile la sentenza impugnata laddove individua nella condotta dei ricorrenti un apporto essenziale alla vita del gruppo, stante l’innegabile rilievo logistico di un luogo sicuro ed isolato ove custodire i veicoli impegnati nelle incursioni notturne.
Deve ulteriormente evidenziarsi che l’assiduo transito in entrata e in uscita dei veicoli incriminati dalle pertinenze dell’abitazione degli (OMISSIS) e le consolidate modalita’ di accesso verificate dalla P.g. da parte del (OMISSIS) danno conto di una prassi operativa che esclude in radice l’occasionalita’ delle condotte, come pure altamente indiziante dell’internita’ al gruppo delittuoso s’appalesa il coinvolgimento dei prevenuti, unitamente ad altri sodali, nella gestione del guasto al motore dell’autovettura Audi S4 di provenienza furtiva.
La trama argomentativa che la Corte distrettuale ha posto a presidio della conferma del giudizio di responsabilita’ per l’addebito associativo appare, dunque, dotata di intrinseca coerenza e di spiccata capacita’ dimostrativa ed appare resistente alle obiezioni difensive che non superano il vaglio d’ammissibilita’.
4. Deve, inoltre, escludersi che all’atto della pronunzia della sentenza d’appello (3/10/2016), il delitto di cui all’articolo 416 c.p., comma 2, fosse estinto per prescrizione. Infatti, anche a voler accedere alla tesi difensiva che assume la consumazione del reato permanente interrotta in epoca coeva alle indagini di P.g., e quindi al piu’ tardi nell’aprile 2009, gli ultimi episodi sicuramente riferibili alla compagine sono i furti ascritti al capo D), nn. 13 e 14, per i quali il (OMISSIS) e’ stato irrevocabilmente condannato e che risultano commessi in (OMISSIS) sicche’ al momento della definizione del gravame la causa estintiva non era maturata ne’ e’ utilmente invocabile a tal fine la successiva frazione temporale in quanto la declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso preclude l’instaurazione del contraddittorio di legittimita’ e comporta l’impossibilita’ di rilevare cause estintive sopravvenute per effetto dell’avvenuta formazione del giudicato parziale sul punto (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, Aiello e altro, Rv. 268966).
5. Ad analoghi esiti deve pervenirsi in relazione alle doglianze che attengono la giuridica sussistenza del delitto di ricettazione degli autoveicoli contestati al capo B) della rubrica.
La tesi difensiva di una radicale carenza di dolo, accreditata dalle dichiarazioni del coimputato (OMISSIS), non ha trovato riscontri e la Corte territoriale ha disconosciuto rilevanza e decisivita’ alle prove orali e documentali richieste dalla difesa a sostegno della pretesa buona fede dei ricorrenti in considerazione dell’esaustivita’ delle emergenze acquisite.
Siffatta valutazione e’ in questa sede incensurabile in quanto adeguatamente e logicamente giustificata dal momento che i rapporti di affinita’ e/o parentela tra le mogli dell’ (OMISSIS) e del (OMISSIS) non valgono di per se’ ad escludere il ruolo associativo dei prevenuti e la consapevolezza degli stessi circa la provenienza illecita delle autovetture custodite per conto del sodalizio. Infatti, la facolta’ di procedere, di ufficio o su istanza di parte, ad ulteriore istruttoria, mediante la totale o parziale rinnovazione del dibattimento, e’ evenienza di carattere eccezionale rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice del gravame che puo’ disattenderla anche per implicito quando, fornendo adeguata ragione del suo convincimento circa le modalita’ di svolgimento dei fatti, dimostri la superfluita’ di qualsiasi ulteriore indagine in considerazione della concludenza degli elementi probatori gia’ acquisiti nel dibattimento di primo grado.
5.1 Quanto alla condotta materiale deve rilevarsi come, secondo la ricostruzione delle sentenze di merito, l’acquisizione in successione dei due veicoli di provenienza illecita fosse giustificata esclusivamente dalla necessita’ di averli a disposizione per la commissione dei furti sicche’ il materiale procacciamento da parte del (OMISSIS) non vale ad elidere la strumentalita’ dell’illecito rispetto alle esigenze operative del gruppo e il conferimento anche a mero titolo di custodia agli (OMISSIS) integra la materialita’ dell’illecito contestato.
La giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che, ai fini della sussistenza del delitto di ricettazione, l’azione della ricezione, che ne costituisce l’elemento materiale, e’ comprensiva di qualsiasi conseguimento di possesso della cosa proveniente da delitto e, quindi, rientra in essa anche il conseguimento del possesso in via temporanea o a mero titolo di compiacenza (Sez. 2, n. 2534 del 27/02/1997, Della Ciana, Rv. 207304), precisando, altresi’, quanto al profitto, che e’ sufficiente qualsiasi utilita’ o vantaggio derivante dal possesso della cosa mentre non si esige che l’agente abbia effettivamente conseguito il profitto avuto di mira, poiche’ l’incriminazione tende ad impedire che soggetti diversi da coloro che hanno commesso un delitto appaiano interessati alle cose provenienti da esso, al fine di trarne un vantaggio anche temporaneo (Sez. 1, n. 8245 del 11/05/1987, Piga, Rv. 176392).
Deve aggiungersi che la nozione di possesso assunta in ambito penalistico nelle varie fattispecie che vi fanno riferimento evoca una signoria di fatto sulla “res” indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, sicche’ il richiamo alla definizione che ne da’ l’articolo 1140 cod. civ. non e’ esaustivo, dovendo pacificamente ricomprendersi nella stessa anche la semplice detenzione materiale del bene, l’uso e la semplice custodia ove qualificati dal sostrato psicologico postulato dalla norma, in quanto espressione di un rapporto di fatto tra il soggetto agente e il bene.
Pertanto, ai fini della configurabilita’ del delitto di ricettazione, deve reputarsi irrilevante che la ricezione della cosa proveniente da delitto avvenga a titolo definitivo o temporaneo, gratuito od oneroso, stante la latitudine della condotta sanzionata che racchiude in se’ qualsiasi relazione di fatto che implichi la disponibilita’ materiale delle cose provenienti da reato mentre il profitto comprende ogni forma di utilita’ o vantaggio, anche temporaneo e di carattere non patrimoniale, che possa ricavarsi dal possesso in senso lato (Sez. 2, n. 15681 del 22/03/2016, P.M. in proc. Hamzaoui, Rv. 266555; n. 26063 del 18/03/2009, Pala, Rv. 244721).
5.2 La Corte territoriale ha ampiamente e correttamente scrutinato il gravame difensivo, dando conto con motivazione esente da profili di manifesta illogicita’ delle ragioni della reiezione. All’uopo la sentenza impugnata ha confutato i rilievi difensivi in punto di materiale disponibilita’ dei veicoli ricettati in capo agli (OMISSIS), richiamando – tra l’altro – gli esiti del servizio di osservazione espletato dalla P.g. il 24 marzo 2009 che consentivano di appurare che l’ (OMISSIS), sopraggiunto in Via (OMISSIS) con altro soggetto a bordo dell’autovettura Alfa 147 di provenienza illecita, si poneva alla guida dell’Audi S4 che, scaricata da un carro attrezzi, a fari spenti, veniva spinta fino all’abitazione dei prevenuti nonche’ la presenza di (OMISSIS) insieme a (OMISSIS), lo stesso giorno, presso il garage Mediterraneo dove l’Audi S4 era stata in precedenza portata per un guasto al motore, circostanze attestanti la diretta ed attiva partecipazione degli imputati nella gestione di entrambi i mezzi. Ne’ possono sfuggire le cautele adottate dai prevenuti e dai correi nelle movimentazioni monitorate dalla P.g. e ampiamente illustrate nella sentenza impugnata che danno conto dell’elemento psicologico a supporto della fattispecie.
Allo stesso modo i giudici d’appello hanno evidenziato le criticita’ delle dichiarazioni rese dai prevenuti e dal coimputato (OMISSIS), che hanno condotto ad un giudizio di sostanziale inattendibilita’, hanno congruamente argomentato l’irrilevanza delle dichiarazioni a discarico di (OMISSIS); hanno positivamente verificato – alla luce delle censure difensive – la tenuta delle dichiarazioni testimoniali di (OMISSIS) e (OMISSIS), smentendo la tesi di un inadeguato scrutinio del gravame proposto.
5.3 Non possono, in conclusione, trovare ingresso in questa sede le sollecitazioni della difesa, supportate da ampi e diretti richiami alla fonti dichiarative assunte, intese ad una rivalutazione del compendio probatorio acquisito a fronte di un apparato motivazionale esente da criticita’ logiche, esulando dal perimetro del sindacato di legittimita’ tutte le doglianze che investono la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (ex multis Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
6. Alla declaratoria d’inammissibilita’ consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.