Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 dicembre 2020| n. 36779.
Ai fini della sostituzione della pena detentiva o pecuniaria irrogata per il reato di guida in stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti con quella del lavoro di pubblica utilità, non è richiesto dalla legge che l’imputato indichi l’istituzione presso cui intende svolgere l’attività e le modalità di esecuzione della misura, gravando tale obbligo sul giudice che si determini a disporre il predetto beneficio.
Sentenza|21 dicembre 2020| n. 36779
Data udienza 3 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Guida in stato d’ebbrezza – Patteggiamento – Sostituzione della pena detebtiva con quella del lavoro di pubblica utilità – Indicazione dell’ente presso cui svolgere il lavoro – Onere di indicazione – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente
Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere
Dott. BELLINI Ugo – rel. Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere
Dott. DAWAN Daniela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/07/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BELLINI UGO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PINELLI MARIO MARIA STEFANO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa del ricorrente (OMISSIS) depositava note di replica ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, in cui ribadiva le censure formulate nei motivi di ricorso contrastando le prospettazioni del Procuratore Generale.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di Milano che, a seguito di tempestiva opposizione a decreto penale di condanna, aveva ritenuto (OMISSIS) colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza e lo aveva condannato alla pena di mesi due di arresto e a Euro 800 di ammenda. Nei gli atti preliminari all’apertura del dibattimento il Tribunale aveva disatteso la richiesta di applicazione della pena proposta dalla difesa del (OMISSIS), cui aveva prestato il consenso il pubblico ministero, in quanto il difensore dell’imputato non era stato in grado di garantire la disponibilita’ di un’istituzione presso la quale l’imputato potesse svolgere i lavori di pubblica utilita’.
In relazione ai motivi di impugnazione il giudice di appello rappresentava come la richiesta fosse stata condizionata alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilita’, di talche’ il mancato avverarsi della condizione sospensiva impediva che si potesse procedere oltre nel rito alternativo. Parimenti neppure era possibile procedere all’applicazione della pena senza conversione in quanto al giudice doveva riconoscersi il compito di verificare l’applicabilita’ in concreto della sanzione sostitutiva.
Con un primo motivo di ricorso la difesa del (OMISSIS) lamenta violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 c.p.p.. Assume il ricorrente che costituiva inosservanza della disciplina istitutiva della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’ (Decreto Ministero della Giustizia 26 marzo 2001, articolo 3) il rigetto della istanza fondata sulla mancata indicazione da parte del ricorrente dell’ente deputato a consentire l’esecuzione del lavoro di pubblica utilita’, laddove non era onere dell’imputato rendere in concreto attuabile la sanzione sostitutiva e pertanto, a fronte delle difficolta’ del ricorrente, il giudice di merito avrebbe dovuto procedere ufficiosamente ad individuare l’ente di riferimento.
Con una seconda articolazione lamenta violazione di legge laddove il giudice di primo grado, visto il perdurante interesse dell’imputato, pure all’esito del dibattimento avrebbe potuto disporre di ufficio la conversione della pena ritenuta equa con la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’.
All’esito del deposito delle conclusioni scritte del sostituto procuratore generale ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2000, articolo 23, la difesa dell’imputato depositava note di replica con le quale ribadiva i motivi di doglianza concludendo per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ fondato e deve essere accolto.
2. Il ragionamento del giudice di appello invero non si confronta con il nucleo essenziale della impugnazione dell’imputato secondo cui, fin dal momento del mancato accoglimento della richiesta di applicazione della pena, rinnovata negli atti preliminari al giudizio ai sensi dell’articolo 448 c.p.p., comma 1, nessun obbligo incombeva a suo carico nella individuazione dell’ente presso il quale svolgere il lavoro sostitutivo della sanzione penale.
3. In termini sbrigativi e scarsamente pertinenti il giudice di appello, nel confermare il giudizio di primo grado in cui era stato sostanzialmente riconosciuto il mancato assolvimento da parte del (OMISSIS) dell’onere di indicare l’ente presso il quale il lavoro di pubblica utilita’ poteva essere svolto, addossava allo stesso richiedente le conseguenze di una tale inerzia in quanto, avendo il (OMISSIS) condizionato la richiesta di patteggiamento alla sostituzione della pena, la mancata individuazione dell’ente determinava l’inaccoglibilita’ dell’istanza tout court. All’uopo riportava giurisprudenza che escludeva l’accoglimento della richiesta di applicazione pena qualora non ricorressero le condizioni di ammissibilita’ della sanzione sostitutiva stante la impossibilita’ di scindere il patto che, come nel caso in esame, era subordinato alla sostituzione.
4. Poco pertinente e’ il richiamo a una tale giurisprudenza in quanto, nella specie, la sostituzione della sanzione penale con il lavoro di pubblica utilita’ costituisce una previsione legale propria del reato per cui si procede (articolo 186 C.d.S.); inoltre non ricorrono esclusioni oggettive (come nel caso in cui all’accertamento di uno stato di ebbrezza alcolica si accompagni anche un sinistro stradale derivato da tale condizione), ne’ esclusioni soggettive in quanto il (OMISSIS) non si era ancora avvalso di tale istituto e non vi era alcuna opposizione all’applicazione, anzi ne aveva fatto espressa richiesta fin dalla prima istanza di applicazione della pena (articolo 186 C.d.S., comma 9 bis).
5. Orbene se non vi erano limiti di ammissibilita’ all’applicazione dell’istituto del lavoro di pubblica utilita’ nei confronti del (OMISSIS), non ricorre altresi’ alcuna previsione normativa giustifichi il rifiuto alla sua applicazione fondato su una asserita inerzia o incapacita’ del richiedente nell’individuare l’ente o la struttura disponibile e nel concordare un programma del lavoro sostitutivo.
6. A tale proposito la disciplina normativa del lavoro di pubblica utilita’, demandata a un decreto ministeriale dal Decreto Legislativo 24 agosto 2000, n. 274 (articolo 54, comma 6) stabilisce che con la sentenza di condanna con la quale viene applicata la pena del lavoro di pubblica utilita’, il giudice individua il tipo di attivita’, nonche’ l’amministrazione, l’ente o l’organizzazione convenzionati presso il quale questa deve essere svolta. A tal fine, il giudice si avvale dell’elenco degli enti convenzionati. Dello stesso elenco si avvalgono il difensore o il condannato quando formulano le richieste di cui all’articolo 33, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, sulla scorta del medesimo elenco ( Decreto Ministeriale 21 maggio 2001, articolo 3).
6.1 La specifica disciplina del lavoro di pubblica utilita’, quale sanzione sostitutiva della pena prevista per il reato di guida in stato di ebbrezza, stabilisce che e’ il giudice (tranne che nell’ipotesi di decreto penale di condanna ove provvede il pubblico ministero) a disporre la sostituzione, qualora l’imputato non vi faccia opposizione, valorizzando la funzione sociale e riabilitativa del lavoro di pubblica utilita’, canalizzando la prestazione non retribuita a favore della collettivita’ in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso enti territoriali, ovvero enti ed organizzazioni di assistenza sociale, volontariato, o centri specializzati di lotta alle dipendenze.
6.2 Orbene in tale contesto normativo pacifico e’ l’orientamento della giurisprudenza, anche piu’ risalente, la quale esclude che la mancata indicazione dell’ente, territoriale o associativo, ovvero la mancata predisposizione di un programma di svolgimento da parte del richiedente il lavoro di p.u. possa rappresentare motivo di esclusione dal beneficio in quanto il sistema in esame e’ basato, in linea generale, sul potere officioso del giudice salva la ipotesi della richiesta di decreto penale di condanna. Cio’ consente di ritenere, anche perche’ la lettera della norma non autorizza interpretazioni restrittive, la possibilita’ di una richiesta indeterminata nell’oggetto, che rimetta cioe’ al giudice l’Individuazione del tipo di lavoro di pubblica utilita’ (sez.4, 15.1.2013, De Maria, Rv.257738) esponendosi semmai la richiesta ad un motivato rigetto per eccessiva genericita’ quando all’autorita’ giudiziaria non sia possibile rinvenire un servizio di pubblica utilita’ della tipologia o conforme alle esigenze lavorative del richiedente (sul punto anche sez.F., 11.9.2014, Colombo, Rv.53570).
7. La esclusione operata dai giudici di merito nel caso in oggetto non si fonda su una pretesa inadeguatezza o sulla genericita’ della richiesta proveniente dalla difesa dell’imputato la quale, lungi da qualsiasi scrutinio sulla completezza, esaustivita’, possibilita’ di accesso del prevenuto ad una delle istituzioni, pure convenzionate sulla base dei criteri indicati dal Decreto Ministeriale 21 marzo 2001, e’ stata disattesa a causa della omessa individuazione di un ente disponibile ad assumere in carico il (OMISSIS), onere che era ritenuto a carico dello stesso proponente.
In sostanza il Tribunale prima e la Corte di Appello poi hanno avallato un ragionamento fondato su un automatismo ad excludendum il quale necessariamente implica una valutazione pregiudiziale contra legem e cioe’ che gravi sul richiedente la sostituzione l’obbligo di individuare l’ente, tra quelli che hanno sottoscritto una convenzione con gli uffici giudiziari, presso il quale svolgere il lavoro di p.u., mentre il lavoro sostitutivo puo’ essere disposta di ufficio e, una volta avanzata la richiesta, e’ obbligo del giudice dare conto, con logica e puntuale motivazione, le ragioni per cui la richiesta sia disattesa.
8. A tale proposito deve condividersi la giurisprudenza di legittimita’ piu’ recente la quale esclude che sia l’imputato che, con riferimento alla sostituzione della pena relativa alla ipotesi di reato di cui agli articoli 186 e 187 C.d.S., sia tenuto a indicare l’istituzione presso cui intende svolgere l’attivita’ e le modalita’ di esecuzione della misura, gravando tale obbligo sul giudice che si determini a disporre il predetto beneficio (sez.4, 15.11.2016, Panerai, Rv.268693), in quanto ai fini della sostituzione e’ sufficiente la non opposizione da parte dell’imputato, mentre e’ onere dell’autorita’ giudiziaria individuare l’ente presso cui l’attivita’ lavorativa deve essere svolta e le modalita’ di esecuzione della misura (sez.1, 4.5.2016, Moscariello, Rb.268551), con la conseguenza che l’autorita’ giudiziaria non puo’ sul punto imporre oneri al condannato, il quale ha la facolta’ di sollecitare l’applicazione della sanzione sostitutiva, ovvero dichiarare di non opporsi ad essa, ma non e’ tenuto ad indicare l’ente o la struttura presso la quale svolgere il servizio di pubblica utilita’, ne’ di avviare il procedimento per lo svolgimento in fase esecutiva dell’attivita’ individuata (sez.1, 18.6.2015, Rosiello, Rv.264546).
9. Cio’ non significa che il richiedente, interessato all’opportunita’ offerta dal procedimento di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, il quale determina rilevanti benefici a favore del condannato con pena sostituita, sia sul versante penale (in una prospettiva di sollecita definizione del giudizio con una pronuncia di estinzione del reato all’esito del sub procedimento ivi indicato), che sul versante delle sanzioni amministrative, possa fare precedere la sua richiesta da una preliminare verifica di fattibilita’ attraverso la individuazione sul territorio di un ente convenzionato disponibile e la adesione ad una generica programmazione compatibile con le esigenze personali e lavorative dell’imputato nel rispetto dei principi e dei termini fissati dalla norma che ne fissa la genesi e la disciplina (Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 56, commi 2 e 3).
9.1 Peraltro una tale preliminare verifica e, la eventuale mancanza di una tale verifica, non possono condizionare l’esito della istanza rivolta all’autorita’ giudiziaria, la quale sara’ comunque tenuta a eseguire una delibazione puntuale di ammissibilita’ della richiesta e di fattibilita’ della misura sostitutiva che non si arresti a una mera constatazione della omessa individuazione dell’ente, ovvero della mancata predisposizione di un programma del lavoro di pubblica utilita’.
9.2 Fermo restando il potere discrezionale del giudice di escludere la sostituzione per impossibilita’ o difficolta’ insormontabile nel coniugare il servizio a favore della comunita’ con le esigenze personali e lavorative del richiedente, lo stesso dovra’ risultare espresso in maniera verificabile attraverso una motivazione idonea a manifestare le ragioni di un tale convincimento e non in termini meramente apparenti ovvero imponendo al richiedente l’assolvimento di oneri non previsti dalla legge.
10. In conclusione la sentenza impugnata deve trovare annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per nuovo esame in punto di accoglibilita’ della istanza di applicazione della pena proposta dal ricorrente negli atti preliminari al giudizio di primo grado, subordinata alla sostituzione della pena concordata con la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’ ai sensi dell’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Milano, altra sezione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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