Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 5 giugno 2020, n. 10775.
La massima estrapolata:
Ai fini della risoluzione per giusta causa del rapporto di lavoro con il direttore generale di una ASL, la sussistenza dei “gravi motivi” deve essere valutata in rapporto all’intensità del vincolo fiduciario tipico di tale rapporto. (Nella specie, la S. C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato il ricorso del direttore generale di una ASL avverso la delibera con cui era stata disposta la risoluzione del rapporto di lavoro, in ragione dell’applicazione, nei suoi confronti, della misura cautelare della custodia in carcere, e delle valutazioni espresse in sede penale dal Tribunale del riesame, il quale, pur revocando la suddetta misura, aveva confermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di cui agli artt. 319-321 c.p., commessi nella qualità di direttore generale di altra Azienda ospedaliera).
Ordinanza 5 giugno 2020, n. 10775
Data udienza 13 novembre 2019
Tag – parola chiave: Dipendente Regione – Direttore generale azienda ospedaliera – Misura cautelare – Sospensione dall’incarico – Risoluzione del rapporto – Gravi motivi legittimanti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24974/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1055/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 02/09/2014 r.g.n. 134/2011.
RILEVATO
che:
1. Con sentenza in data 3 luglio – 2 settembre 2014 n. 1055 la Corte d’Appello di Catanzaro riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da (OMISSIS), direttore generale della Azienda Ospedaliera (OMISSIS), per la disapplicazione della delibera di risoluzione del rapporto di lavoro (Delib. 3 agosto 2007, n. 527) e per la condanna della REGIONE CALABRIA alla reintegrazione nella posizione rivestita ovvero al risarcimento del danno.
2. La Corte territoriale esponeva in fatto che il (OMISSIS) in data 9.11.2006 era stato colpito dalla misura cautelare della custodia in carcere e per questa ragione sospeso dall’incarico (Delib. 11 novembre 2006, n. 769) e che la misura cautelare era stata poi revocata dal Tribunale del Riesame. La REGIONE aveva confermato la sospensione, contestandogli (comunicazione del 28.2.2007) i risultati della gestione.
3. Osservava che la successiva Delibera di risoluzione era motivata sia dal venir meno del rapporto di fiducia – per la grave situazione di allarme sociale venutasi a creare a seguito del provvedimento restrittivo – sia dalle gravi carenze gestionali emerse dalla istruttoria interna.
4. Sotto il primo profilo non era decisivo l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in sede di riesame, diversamente da quanto ritenuto dal giudice del primo grado, in quanto il Tribunale del riesame aveva escluso i gravi indizi di colpevolezza soltanto in relazione al reato di cui all’articolo 416 c.p., al reato di cui agli articoli 48-314 c.p., ed ad una delle tre contestazioni di reato ai sensi degli articoli 319-321 c.p., mentre per gli altri reati l’annullamento derivava dalla ritenuta mancanza delle esigenze cautelari.
5. Erano rimasti a carico del (OMISSIS) addebiti per gravi reati, commessi nella qualita’ di direttore generale dell’Azienda Ospedaliera (OMISSIS).
6. Tali ipotesi di reato – di oggettiva gravita’ e connesse ad un incarico analogo a quello conferito dalla REGIONE CALABRIA – erano suscettibili di determinare allarme sociale e di far venire meno il rapporto di fiducia, integrando cosi’ i “gravi motivi” previsti dal contratto individuale come causa di risoluzione.
7. Restavano pertanto assorbiti gli ulteriori motivi di gravame.
8. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza (OMISSIS), articolato in due motivi, cui ha opposto difese la REGIONE CALABRIA con controricorso.
9. Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Preliminarmente deve essere respinta la eccezione di inammissibilita’ del ricorso opposta dalla REGIONE controricorrente sotto il profilo della mancata sottoscrizione della copia del ricorso notificata.
2. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte qualora l’originale del ricorso per cassazione rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione ad opera del medesimo della sottoscrizione della parte conferentegli tale procura, la mancanza di detta firma e della menzionata autenticazione nella copia notificata non spiega effetti invalidanti, purche’ la copia stessa contenga elementi come l’attestazione dell’ufficiale giudiziario che la notifica e’ stata eseguita ad istanza del difensore del ricorrente – idonei ad evidenziare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale (Cass. 636/07; Cass. 5932/10; 13524/14; n. 1981/2018).
3. Nel caso di specie non vi sono elementi che inducano a dubitare del fatto che il ricorso, cosi’ come risultante dall’originale, provenga dal difensore munito di mandato speciale; difensore che, in quanto tale (“come in atti”) richiese la notificazione del ricorso medesimo all’ufficiale giudiziario presso la Corte di Appello di Catanzaro, come da questi attestato.
4. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4 – violazione e falsa applicazione degli articoli 416 e 437 c.p.c., per avere la Corte territoriale deciso su una questione – i gravi motivi di risoluzione – che la REGIONE non aveva sollevato con la memoria difensiva di primo grado (nella quale la Regione si era difesa soltanto affermando la esistenza di squilibri economici) ma soltanto, tardivamente, con l’atto di appello.
5. Il motivo e’ inammissibile.
6. Nella censura non si riportano i contenuti della memoria di costituzione in primo grado della REGIONE CALABRIA e per tale via non si adempie all’onere della specifica indicazione degli atti su cui il ricorso si fonda, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 6.
7. Inoltre, al fine di corroborare l’assunto di violazione del divieto dei nova, di cui all’articolo 437 c.p.c., la parte ricorrente avrebbe dovuto riportare anche i contenuti del ricorso introduttivo del giudizio, posto che il thema decidendum era determinato in primo luogo dai fatti esposti dal (OMISSIS) a fondamento della domanda di impugnazione della risoluzione del rapporto di lavoro.
8. La eventuale mancanza di difese della REGIONE rispetto ad alcuni dei fatti allegati nel ricorso poteva al piu’ assumere valenza di non contestazione di quei fatti – secondo l’apprezzamento del giudice del merito – ma non aveva l’effetto di limitare l’oggetto della domanda.
9. Con il secondo motivo il ricorrente ha impugnato la sentenza – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – per violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 416 c.p.c., ‘articolo 27 Cost., comma 2, articolo 2697 c.c., Legge Regionale CALABRIA 19 marzo 2004, n. 11, articolo 14, comma 5, per avere la Corte territoriale erroneamente affermato che la Delibera di risoluzione era giustificata dai gravi motivi previsti dall’articolo 8, comma 2, del contratto individuale.
10. Il ricorrente, in via subordinata rispetto al primo motivo, ha dedotto l’errore commesso dal giudice dell’appello per non avere esaminato il fatto che egli era stato prosciolto da ogni imputazione all’esito della udienza preliminare del 4 maggio 2009, data antecedente al deposito del ricorso introduttivo del giudizio, che riportava il fatto alla pagina 4. Si trattava di fatto non contestato dalla REGIONE e dunque pacifico.
11. Sotto altro profilo ha lamentato la violazione:
– del principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza (articolo 27 Cost., comma 2), in quanto le ipotesi di reato a suo carico non avrebbero potuto giustificare la risoluzione del contratto se non confermate con sentenza definitiva, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata.
– dell’onere della prova, non essendo stata raggiunta la prova, che gravava a carico della amministrazione, della sussistenza dei gravi motivi di risoluzione
– della Legge Regionale CALABRIA 19 marzo 2004, n. 11, articolo 14, comma 5, a tenore del quale l’incarico di direttore generale puo’ essere revocato, anteriormente alla scadenza, per grave violazione dei doveri d’ufficio laddove nella fattispecie di causa i reati di cui egli era stato accusato – e per i quali era stato poi prosciolto definitivamente – non inerivano a gravi violazioni dei doveri dell’ufficio rivestito ma ad un precedente e distinto rapporto di lavoro.
12. Il motivo e’ in parte inammissibile, in parte infondato.
13. La censura e’ inammissibile nella parte in cui il ricorrente lamenta – sotto il profilo della violazione degli articoli 115 e 416 c.p.c. – l’omesso esame del suo proscioglimento dai reati ascrittigli.
14. Trattandosi di fatto storico, la censura avrebbe dovuto essere veicolata in termini di vizio della motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, indicando specificamente gli atti dai quali il fatto risultava esistente, il come ed il quando tale fatto era stato oggetto di discussione tra le parti e le ragioni della sua decisivita’.
15. Il motivo, cosi’ riqualificato, non supera il vaglio di ammissibilita’, in quanto il ricorrente, pur assumendo che il fatto sarebbe stato allegato nel ricorso introduttivo del giudizio, non ne trascrive il contenuto – nella parte rilevante – ne’ precisa se esso fosse stato documentato in causa ne’ indica la formula del proscioglimento; pertanto questa Corte non e’ posta nelle condizioni di verificare la esistenza del fatto ne’ se esso fosse oggetto di discussione tra le parti ne’ la sua decisivita’ rispetto al ritenuto “allarme sociale”.
16. Non sarebbe rilevante, invece, la eventuale mancanza di contestazione da parte della REGIONE – comunque anche essa dedotta genericamente- in quanto la condotta di non contestazione rileva rispetto ai soli fatti storici che cadono nella sfera di disponibilita’ e conoscenza di controparte, circostanza che nella specie non risulta.
17. Il motivo e’ parimenti inammissibile nella parte in cui assume la violazione della Legge Regionale CALABRIA 19 marzo 2004, n. 11, articolo 14, comma 5 (norma che individua le cause di revoca dall’incarico di direttore generale delle aziende sanitarie o ospedaliere), in quanto la censura non e’ conferente alla ratio decidendi.
18. Il giudice dell’appello non ha basato la decisione sulla legge regionale ma (si veda alla pagina 4 della sentenza impugnata, in fine) sulla specifica previsione dell’articolo 8, comma 2, del contratto individuale di lavoro sottoscritto tra le parti in data 12 dicembre 2005, la cui validita’ non e’ oggetto di censura.
19. La clausola contrattuale prevedeva la risoluzione del contratto e la dichiarazione di decadenza del direttore generale:
“nei casi in cui ricorrano gravi motivi, la gestione presenti una situazione di disavanzo, in caso di violazione di leggi o principi di buon andamento e di imparzialita’ della amministrazione” (formula ripetitiva delle previsioni del Decreto Legislativo n. 502 del 1992, articolo 3 bis, comma 7).
20. Il motivo e’ infondato nella parte in cui denuncia la violazione del principio costituzionale di non colpevolezza e la assenza dei “gravi motivi” di risoluzione previsti dal contratto individuale.
21. Giova premettere che tra la REGIONE ed il direttore generale della azienda ospedaliera intercorre un rapporto di lavoro privato di natura autonoma, ancorche’ coordinato con i fini dell’ente, a tenore del Decreto Legislativo n. 502 del 1992, articolo 3 bis, comma 8, per il quale:
il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario e’ esclusivo ed e’ regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile.
22. Analogamente, il D.P.C.M. 19 luglio 1995, n. 502, articolo 1 (Regolamento recante norme sul contratto del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle unita’ sanitarie locali e delle aziende ospedaliere) al comma 7 (come sostituito dal D.P.C.M. 31 maggio 2001, n. 319, articolo 1) dispone che per quanto non previsto del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, articoli 3 e 3-bis e successive modificazioni e dal medesimo D.P.C.M. si applicano le norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile.
23. La natura autonoma del rapporto di lavoro tra direttore generale e Regione e’ stata, tra l’altro, costantemente evidenziata dalle Sezioni unite di questa Corte in sede di regolamento di giurisdizione (ex plurimis: Cass., sez. un., 3 febbraio 2016 n. 2055; 19/12/2014, n. 26938; Cass. S.U., ordin., 3 novembre 2005 n. 21286).
24. La sentenza impugnata ha ritenuto integrati i “gravi motivi” in ragione della applicazione nei confronti del (OMISSIS) della misura cautelare della custodia in carcere e del giudizio reso nella sede penale dal Tribunale del Riesame, che non scalfiva la valutazione di sussistenza a suo carico di gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di cui agli articoli 319-321 c.p., commessi nella qualita’ di direttore generale di altra Azienda Ospedaliera.
25. Tali circostanze di fatto concretizzano i “gravi motivi” di risoluzione.
26. La ampiezza della clausola elastica dei “gravi motivi” va rapportata all’intensita’ del vincolo fiduciario del rapporto di lavoro, secondo un criterio gia’ predicato da questa Corte in relazione alla specificazione della “giusta causa” di recesso, di cui all’articolo 2119 c.c..
27. Il rapporto intercorrente tra la REGIONE ed il direttore generale della azienda sanitaria ha spiccato carattere fiduciario, come evidenziato anche dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte in sede di regolamento di giurisdizione, essendosi ritenuto che le controversie relative alla nomina del direttore generale – (cosi’ come alla non-conferma in base alla verifica dei risultati di gestione, ai sensi del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, articolo 3 bis, comma 6) – rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto attengono ad un provvedimento discrezionale di alta amministrazione, espressione di poteri pubblicistici (Cassazione civile sez. un., 19/12/2014, n. 2693; 18/12/2007, n. 26631; 16/04/1998, n. 3882).
28. Inoltre – come parimenti ritenuto da questa Corte in riferimento al lavoro subordinato (Cassazione civile sez. lav., 10/01/2019, n. 428), con considerazioni estensibili al rapporto di lavoro autonomo del direttore generale – il vincolo fiduciario puo’ essere leso anche da una condotta precedente all’instaurazione del rapporto, a condizione che, in tal caso, si tratti di comportamenti appresi dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dai compiti assegnati e dal ruolo rivestito.
29. Nella fattispecie di causa la Corte territoriale ha correttamente evidenziato che la gravita’ dei fatti addebitati, la loro inerenza all’esercizio della funzione, il riscontro della gravita’ del quadro indiziario compiuto da un organo giudicante e non smentito dal Tribunale del riesame fossero fatti idonei a pregiudicare detto rapporto fiduciario.
30. Non e’ in questione, invece, il principio costituzionale di cui all’articolo 27 Cost., comma 2, venendo in rilievo non gia’ un giudizio di colpevolezza ma, piuttosto, la lesione dell’immagine di competenza e di imparzialita’ richiesta per l’affidamento della funzione di direttore generale. In tal senso il giudice dell’appello ha correttamente valorizzato l'”allarme sociale” conseguente ai fatti ovvero la perdita della credibilita’ in ordine all’esercizio della funzione in conformita’ ai principi costituzionali di buon andamento ed imparzialita’.
31. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.
32. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
33. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 (che ha aggiunto Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 8.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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