Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 dicembre 2020| n. 36258.
Ai fini della prescrizione del reato, deve tenersi conto della recidiva ad effetto speciale ancorchè sia ritenuta subvalente nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti, poiché l’art. 157, comma terzo, cod. pen. esclude espressamente che il giudizio di cui all’art. 69 cod. pen. abbia incidenza sulla determinazione della pena massima del reato.
Sentenza|17 dicembre 2020| n. 36258
Data udienza 7 ottobre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Atti diretti a procurare a cittadini extracomunitari l’ingresso e la successiva permanenza nel territorio dello Stato – False pratiche di assunzione – Recidiva ad effetto speciale – Considerazione ai fini della prescrizione – Pluralità di condotte di favoreggiamento dell’immigrazione – Unitarietà del delitto – Rideterminazione della pena – Annullamento senza rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIANI Vincenzo – Presidente
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato (OMISSIS);
avverso la sentenza del 31/5/2019 della Corte di appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Loy Maria Francesca, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Forli’ del 23/9/2014, emessa all’esito di giudizio abbreviato, (OMISSIS) era stato condannato alla pena di 3 anni, 6 mesi e 20 giorni di reclusione e di 600.000 Euro di multa in quanto responsabile di una serie di reati ex articoli 48 e 483 c.p., Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 12, comma 3-ter, articoli 477 e 482 c.p., per avere compiuto atti diretti a procurare, a beneficio di una serie di cittadini extracomunitari, l’ingresso e la successiva permanenza nel territorio dello Stato predisponendo, ai fini del rilascio del corrispondente permesso di soggiorno, false pratiche di assunzione degli stessi per lavoro dipendente presso l’Azienda agricola (OMISSIS) di (OMISSIS) (capo A, in Forli’, dal 27/5 al 12/9/2011), l’Azienda agricola i (OMISSIS) di (OMISSIS) (capo B, in Forli’, dal 27/5 al 16/10/2011 e in data 25/11/2011), l’Azienda agricola (OMISSIS) di (OMISSIS), nel periodo 28/7-13/9/2011 e l’Azienda agricola (OMISSIS) di (OMISSIS), nel periodo 27/5-16/10/2011 (capo C, in Forli’, dal 27/5 al 16/10/2011), provvedendo alla trasmissione di tale falsa documentazione per via telematica allo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura UTG di Forli’ e Cesena; nonche’ per avere compiuto, anche al fine di portare a compimento il proposito criminoso gia’ perseguito con la consumazione dei delitti di cui ai precedenti capo A), B) e C), in concorso con altri soggetti, tra cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ulteriori atti diretti a procurare ad alcuni cittadini extracomunitari l’ingresso illegale e la successiva permanenza irregolare nel territorio dello Stato, contraffacendo i nulla osta al lavoro subordinato loro riferiti, per la successiva consegna e presentazione alle rappresentanze consolari italiane presso il luogo di residenza dei cittadini extracomunitari, al fine di determinare il rilascio dei visti di ingresso da parte della competente rappresentanza diplomatica estera, realizzando, in tal modo, atti idonei e diretti in modo non equivoco a trarre in inganno il personale della rappresentanza in merito alla ricorrenza dei presupposti per il rilascio del visto di ingresso; tentativi realizzati anche inviando al medesimo ufficio e-mail di sollecito, sostituendosi a pubblici ufficiali addetti agli Sportelli Unici per l’Immigrazione di Forli’, Bologna e Ferrara, abbinando ai loro nomi e ai rispettivi uffici caselle di posta elettronica collegate al dominio www.internogov.it, artatamente ideato per tali scopi ingannevoli (capo D, in luogo italiano indeterminato, da settembre a dicembre 2011); con le aggravanti di avere i fatti riguardato l’ingresso e la permanenza illegale di almeno cinque persone e di essere stati commessi da tre persone e al fine di trarne profitto, anche indiretto. E ancora del delitto di cui agli articoli 477, 482 e 493 c.p., per avere declinato false generali a (OMISSIS), addetta al ricevimento presso lo Sportello unico per l’Immigrazione dell’UTG/Prefettura di Forli’-Cesena, esibendo una Carta d’identita’ contenente false generalita’ (capo E, in Forli’ il 31/8/2011), nonche’ di ulteriori delitti di favoreggiamento dell’immigrazione illegale, integrati compiendo atti diretti a procurare a diversi cittadini extracomunitari l’ingresso illegale e la successiva permanenza irregolare nel territorio dello Stato contraffacendo i nulla osta al lavoro subordinato loro riferiti, per la successiva consegna e presentazione alle rappresentanze consolari italiane presso il luogo di residenza dei cittadini extracomunitari, al fine di determinare il rilascio dei visti di ingresso da parte della competente rappresentanza diplomatica estera, realizzando in tal modo atti idonei, diretti in modo non equivoco a trarre in inganno il personale della stessa rappresentanza in merito alla ricorrenza dei presupposti per il rilascio del visto di ingresso (capo F, nel dicembre 2011, capo H, nell’anno 2012 e fino alla data di accertamento il 10/1/2013, capo I, in Imola il 10/1/2013); con le aggravanti, nel primo caso, di avere commesso il fatto al fine di trame profitto, anche indiretto; di avere il fatto riguardato, nel secondo e nel terzo caso, l’ingresso e la permanenza illegale di almeno cinque persone e dell’essere stato il reato commesso da tre persone e al fine di trame profitto, anche indiretto.
2. Con sentenza emessa in data 31/5/2019, la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, esclusa l’aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3-bis, con riferimento al capo C), trattandosi di reato commesso in concorso con il solo (OMISSIS) e, quindi, con un numero di concorrenti inferiore a 3, ridetermino’ la pena in quella di 3 anni e 6 mesi di reclusione e di 580.000 Euro di multa.
Preliminarmente, la Corte rilevo’ l’infondatezza della richiesta di dichiarare la improcedibilita’ dei delitti di falso attribuiti all’imputato per essere gli stessi estinti per intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione, non essendo il medesimo gia’ spirato per essere stata riconosciuta la sussistenza della recidiva infraquinquennale ex articolo 99 c.p., comma 2, con conseguente individuazione del termine massimo di prescrizione per tali reati, ai sensi dell’articolo 161 c.p., comma 2, in misura pari a 9 anni, all’epoca non ancora decorsi, atteso che la prima data di commissione degli stessi doveva essere individuata in quella del 27/5/2011.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, inoltre, la Corte territoriale ritenne pacificamente sussistente il delitto di cui al capo D), dovendosi escludere che il medesimo concernesse mere modalita’ esecutive di condotte gia’ contestate sub A), B) e C), potendo evincersi dal capo di imputazione come i falsi nulla osta in questione riguardassero, solo in 15 casi, soggetti gia’ richiamati nei precedenti capi A), B) e C), trattandosi in tutti i rimanenti 31 casi di soggetti diversi, non considerati in queste ultime imputazioni.
Quanto, poi, alla contestata aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3-bis, lettera a), riguardante i fatti commessi nei confronti di piu’ di cinque migranti, pur dandosi atto che le pratiche per il rilascio del permesso di soggiorno a fini lavorativi risultavano distinte per singoli stranieri, in quanto volte al rilascio di permessi di soggiorno personali e non collettivi, nondimeno la condotta tenuta dall’imputato, avendo riguardato la realizzazione di attivita’ fraudolente volte all’ingresso illegale di numerosissimi cittadini stranieri, integrava la circostanza in questione, tanto piu’ che la richiesta annuale da parte del singolo datore di lavoro risultava unica, pur riguardando una pluralita’ di soggetti asseritamente dipendenti e che, per ogni azienda falsamente costituita, erano state predisposte pratiche per un numero di lavoratori sempre superiore a cinque.
Quanto ai restanti capi di imputazione, pacifico venne ritenuto il coinvolgimento nel reato di tre o piu’ persone, trattandosi dei soggetti che avevano proceduto alla costituzione delle fittizia aziende agricole utilizzate per i falsi impegni di lavoro necessari per le richieste di nullaosta, provvedendo a rilasciare a (OMISSIS) procura speciale a tale scopo, secondo quanto ammesso dallo stesso imputato nell’interrogatorio reso al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna in data 20/4/2013 e secondo quanto era emerso dalle perquisizioni domiciliari effettuate presso le abitazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), con il rinvenimento di documentazione inerente alle false pratiche volte al rilascio dei permessi di soggiorno in questione.
3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso (OMISSIS) a mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo quattro distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione degli articoli 62-bis e 69 c.p., articolo 99 c.p., comma 2, n. 2, articolo 157 c.p. quanto ai delitti di cui agli articoli 110 e 483 c.p., articoli 48, 56 e 479 c.p. alla luce della giurisprudenza di legittimita’ secondo cui nel caso in cui, come nella specie, l’aggravante della recidiva infraquinquennale ex articolo 99 c.p., comma 2, sia stata ritenuta subvalente rispetto alle attenuanti generiche, ne conseguirebbe la paralisi dell’effetto tipico dell’aggravante, consistente nel produrre una escursione della misura della pena, esprimendo in quel modo il giudice una valutazione di disfunzionalita’ della recidiva rispetto al programma di trattamento sanzionatorio che comincia a delinearsi con la fissazione della pena da infliggere, cosi’ come il mancato prodursi degli effetti indiretti della recidiva (Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019). Per tale ragione, la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare l’intervenuta prescrizione antecedentemente alla data del 31/5/2019 di tutti i reati di falso.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione dell’articolo 649 c.p.p., nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato contestato al capo D), per essere rimasto escluso che le relative condotte fossero gia’ ricomprese negli addebiti di cui ai capi sub A), B), C). Infatti, non potrebbe condividersi l’assunto secondo cui la condotta descritta nel capo D) non corrispondesse a una modalita’ di esecuzione dei reati di cui sub A), B), C), atteso che i falsi nulla osta in questione riguardavano, perlomeno con riferimento a 15, casi taluni soggetti gia’ richiamati nei precedenti capi A), B), C), sicche’ la punizione non avrebbe potuto trovare duplicazione, in base al principio del ne bis in idem, nel capo D) quantomeno nella parte afferente ai cennati 15 casi.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), l’inosservanza o erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, lettera a), nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla sussistenza dell’aggravante del fatto riguardante “… cinque o piu’ persone”. Secondo la difesa, il numero di persone, pari a cinque o piu’, andrebbe determinato in riferimento a ogni singola condotta; ovvero avuto riguardo a ciascuna pratica o a ciascun inoltro telematico.
3.4. Con il quarto motivo, il ricorso lamenta, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione dell’articolo 12, comma 3, lettera d), nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla configurabilita’ dell’aggravante del “fatto commesso da 3 o piu’ persone” relativamente alle imputazioni di cui ai capi A), B), D). La motivazione della Corte, secondo cui il coinvolgimento nel reato di tre o piu’ persone nei termini indicati nei singoli capi emergerebbe dal fatto che i soggetti avevano proceduto alla costituzione delle fittizie aziende agricole utilizzate per i falsi impegni di lavoro, sarebbe apodittica e sommaria, perche’ equiparerebbe l’avvenuta apertura, fittizia o meno, di aziende agricole da parte di altri soggetti alla condotta del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, lettera d), laddove l’imputato avrebbe ammesso di avere aperto con gli altri soggetti le aziende agricole senza nulla dire sulla fittizieta’ o meno di queste attivita’; sicche’ per ritenere il coinvolgimento nel reato di tre o piu’ persone, si sarebbero dovute accertare le condotte concorsuali da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS), fra l’altro separatamente giudicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ parzialmente fondato e, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione.
2. Il primo motivo, con il quale la difesa prospetta l’avvenuta maturazione della prescrizione delle ipotesi di falso, e’ manifestamente infondato.
Le circostanze aggravanti producono, ove ritenute esistenti, quelli che autorevole dottrina ha definito come effetti di rilevanza edittale, destinati a determinarsi indipendentemente dal giudizio di bilanciamento di cui all’articolo 69 c.p., cui il giudice deve procedere in caso di ritenuta sussistenza di circostanze di segno diverso. E cio’ vale, ovviamente, anche per la circostanza aggravante della recidiva, in tutti i casi in cui essa sia stata non soltanto ritenuta, ma anche non esclusa, atteso che, come noto, essa, ancorche’ astrattamente configurabile, puo’ essere tendenzialmente esclusa dal giudice, che puo’ ritenere di non fare luogo al relativo aumento quando il trattamento sanzionatorio del caso concreto possa connotarsi, per effetto di esso, come eccessivamente gravoso.
Ne consegue, pertanto, che anche nei casi in cui la recidiva non abbia concretamente inciso sulla pena in concreto inflitta, per essere stato il relativo aumento escluso discrezionalmente dal giudice, o per essere stata la stessa ritenuta equivalente o finanche subvalente rispetto alle attenuanti eventualmente riconosciute, nondimeno l’aggravante in questione continuera’ a produrre gli effetti che essa e’ in grado di determinare sul versante processuale e sostanziale. Cio’ e’ tanto piu’ vero in relazione al regime prescrizionale, considerato che l’articolo 157 c.p., comma 3, esclude espressamente che il giudizio di cui all’articolo 69 c.p. abbia incidenza sulla determinazione della pena massima del reato, sicche’ deve, ai fini della prescrizione, deve tenersi conto della recidiva ad effetto speciale ancorche’ ritenuta subvalente nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti (Sez. 6, n. 50995 del 9/7/2019, Pastore, Rv. 278058).
Sulla base di tali premesse, deve ritenersi che la ritenuta sussistenza della recidiva, ancorche’ ritenuta minusvalente nel giudizio di comparazione, ha comunque determinato, nel caso in esame, una differente modulazione del termine prescrizionale, che, per effetto dell’aggravante in questione, era stato fissato alla data del 27/5/2011 e che, dunque, non era ancora spirato al momento della pronuncia della sentenza di appello, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale. E dal momento che le censure relative ai reati di falso sono state limitate alle questioni sulla prescrizione, la declaratoria di inammissibilita’ del relativo motivo determina l’irrilevanza dello spirare di tale termine successivamente alla sentenza di appello nelle more del giudizio di cassazione, impedendo la pronuncia di inammissibilita’, operante anche in relazione ai singoli capi della sentenza impugnata in ragione della autonomia di ciascuna statuizione (Sez. U, n. 6903 del 27/5/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268965), ivi compreso il caso di piu’ reati unificati dal vincolo della continuazione (Sez. 3, n. 20899 del 25/1/2017, Bruno, Rv. 270130), la costituzione del rapporto processuale (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D., Rv. 217266; Sez. 4, n. 18641 del 20/1/2004, Tricorni, Rv. 228349; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).
3. Fondato e’, invece, il secondo motivo, con cui la difesa lamenta, sostanzialmente, la duplicazione dell’intervento punitivo in relazione alle operazioni di favoreggiamento riguardanti taluni stranieri.
Invero, il Decreto Legislativo n. 298 del 1998, articolo 12, comma 1, contempla una pluralita’ di condotte tipiche, consistenti nel promuovere, dirigere, organizzare, finanziare o effettuare il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato (o di altro Stato del quale la persona non e’ cittadina o non ha titolo di residenza permanente); o, ancora, con chiaro effetto di anticipazione della tutela, nel compimento di atti diretti a procurare l’ingresso illegale.
Ciascuna di queste condotte, invero, rappresenta una diversa modalita’ di commissione del fatto, sicche’ il delitto resta unico anche se l’agente ha realizzato una pluralita’ di condotte tipiche; e cio’ e’ tanto piu’ vero quando egli abbia posto in essere una molteplicita’ di atti diretti a procurare l’ingresso illegale del medesimo soggetto, ricevendo tali atti una considerazione unitaria nell’ambito di un’unica condotta attiva.
Nel caso in esame, e’ certamente possibile ricondurre a unita’ i singoli atti posti in essere con la finalita’, comune a ciascuno di essi, di consentire l’ingresso illegale nel territorio dello Stato di 15 soggetti stranieri, che, secondo quanto ammesso dalla stessa Corte territoriali, erano stati destinatari delle condotte contestate sub A), B) e C), consistenti nel predisporre, ai fini del rilascio del corrispondente permesso di soggiorno, false pratiche di assunzione degli stranieri per lavoro dipendente presso l’Azienda agricola (OMISSIS) di (OMISSIS) (capo A), l’Azienda agricola i (OMISSIS) di (OMISSIS) (capo B), l’Azienda agricola (OMISSIS) di (OMISSIS) e l’Azienda agricola (OMISSIS) di (OMISSIS) (capo C), con la trasmissione della falsa documentazione per via telematica allo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura UTG di Forli’ e Cesena; e nei cui confronti, in un momento successivo, erano state compiute le ulteriori attivita’ decettive contestate al capo D), consistenti, invece, nell’aver contraffatto i nulla osta al lavoro subordinato riferiti ai cittadini extracomunitari, per la successiva consegna e presentazione alle rappresentanze consolari italiane presso il luogo della loro residenza, al fine di determinare il rilascio dei visti di ingresso da parte della competente rappresentanza diplomatica estera, nonche’ nell’avere inviato e-mail di sollecito, sostituendosi a pubblici ufficiali addetti agli Sportelli Unici per l’Immigrazione di Forli’, Bologna e Ferrara, abbinando ai loro nomi e ai rispettivi uffici caselle di posta elettronica collegate al dominio www.internogov.it, artatamente ideato per tali scopi ingannevoli (capo D).
In tali casi, infatti, le ulteriori attivita’ contestate al capo D), erano state poste in essere dopo che il reato era stato gia’ perfezionato con le condotte contestate ai capi precedenti, rispetto alle quali rappresentavano ulteriori modalita’ attuative del medesimo iter criminis, ancorche’ dilatato nel tempo, sicche’ avrebbero dovuto essere oggetto di una sussunzione entro le medesime fattispecie oggetto di precedente contestazione e non essere considerate nell’ambito di un’autonoma fattispecie, pena una inammissibile proliferazione dell’intervento punitivo.
Ne consegue, pertanto, che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
4. Il terzo motivo e’ inammissibile in quanto aspecifico.
Secondo la difesa, la circostanza aggravante di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, lettera a), applicabile nel caso in cui il fatto riguardi l’ingresso o la permanenza illegale “di cinque o piu’ persone”, richiederebbe che tale numero vada determinato con riferimento a ogni singola condotta ovvero, nel caso qui in rilievo, avuto riguardo a ciascuna pratica o a ciascun inoltro telematico.
Tale prospettazione, meramente reiterativa delle censure gia’ svolte in sede di appello, non ha tenuto in alcuna considerazione quanto specificato dalla sentenza di secondo grado, con accertamento di fatto ovviamente non suscettibile di alcun difforme apprezzamento in sede di legittimita’, ovvero che “la richiesta annuale da parte del singolo datore di lavoro risulta(va) unica, pur riguardando una pluralita’ di soggetti asseritamente dipendenti e che, per ogni azienda falsamente costituita, erano predisposte pratiche per un numero di lavoratori sempre superiore a cinque”. Profilo, questo, su cui la difesa ha omesso qualunque specifica deduzione critica, risultando il motivo, sul punto, insuperabilmente aspecifico.
5. Manifestamente infondata e in ogni caso aspecifica e’, infine, la censura svolta con il quarto motivo in relazione alla configurabilita’ dell’aggravante del “fatto commesso da 3 o piu’ persone” relativamente ai reati di cui ai capi A), B), D), in relazione alla quale la motivazione della sentenza impugnata sarebbe apodittica e sommaria, dal momento che essa si fonderebbe sul dato della mera apertura delle aziende agricole, senza pero’ dimostrarne la fittizieta’; e in quanto il coinvolgimento nel reato di (OMISSIS) e (OMISSIS), separatamente giudicati, non sarebbe stato accertato.
In proposito, e’ appena il caso di rilevare, infatti, che la Corte territoriale non si e’ limitata a richiamare il mero dato della apertura delle aziende da parte dei coimputati, ma ne ha affermato la fittizieta’ anche alla luce delle risultanze delle perquisizioni domiciliari effettuate presso le abitazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), a seguito delle quali era stata rinvenuta documentazione inerente alle false pratiche volte al rilascio dei permessi di soggiorno; di tal che il coinvolgimento di una pluralita’ di soggetti, pari ad almeno tre concorrenti, puo’ dirsi congruamente dimostrato, mentre le doglianze difensive non si sono in alcun modo confrontate con tale dato processuale, puntualmente posto in luce dalla sentenza impugnata.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto limitatamente alle condotte contestate al capo D) in relazione ai seguenti lavoratori: (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
7. Alla luce dell’annullamento senza rinvio con riferimento alle sopra indicate ipotesi contestate al capo D), deve procedersi, in base al disposto dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), alla modifica del trattamento sanzionatorio, espungendo le pene per inflitte dai Giudici di merito.
In proposito, va osservato che secondo quanto emerge dalla sentenza di secondo grado, per i fatti puniti ai sensi del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, era stata inflitta una pena base pari a 5 anni di reclusione, nonche’, per quanto concerne la pena pecuniaria, pari 685.000 Euro di multa, quest’ultima ottenuta moltiplicando la somma di 15.000 Euro indicata da quella disposizione per il numero di soggetti interessati dalla condotta di favoreggiamento dell’immigrazione, pari a 46.
Dal momento che pero’, come detto, da tale numero deve essere sottratto quello, pari a 15, di persone che erano gia’ state oggetto delle condotte di favoreggiamento contestate ai capi A), B) e C), ne consegue che la pena pecuniaria base inflitta in relazione al capo D) deve essere determinata in 465.00 Euro (= 15.000 Euro x 31 soggetti).
Su tale cifra devono essere, poi, operati gli aumenti per le aggravanti di cui all’articolo 12, commi 3-bis e 3-ter (escluse dal bilanciamento con le riconosciute attenuanti generiche in base a quanto stabilito dall’articolo 3-quater del medesimo articolo), in misura pari a 3 mesi di reclusione e 100.000 Euro di multa per l’aggravante di cui al comma 3-bis e di 1 anno e 9 mesi di reclusione e 392.500 Euro (ovvero nella misura inferiore al dovuto, ma non modificabile in pejus in assenza di impugnazione della Parte pubblica) per l’aggravante di cui al comma 3-ter, fino a giungere alla pena di 7 anni di reclusione e di 957.500 Euro di multa.
Tale sanzione deve essere diminuita di un terzo per la riconosciuta applicazione delle circostanze attenuanti generiche, fino a giungere a quella di 4 anni e 8 mesi di reclusione e di 638.333 Euro di multa, sulla quale devono essere, poi, operati gli aumenti per la continuazione interna dei reati di falso e per quella esterna dei reati sub A), B), C), E), F), H) e I), in misura complessiva pari a 7 mesi di reclusione e di 77.250 Euro di multa (mantenendo la medesima proporzione rispetto all’aumento gia’ operato dal Giudice di merito), per complessivi 5 anni e 3 mesi di reclusione e di 715.583 Euro di multa, da diminuire di un terzo per la scelta delitto, fino a giungere ad una pena finale pari a 3 anni e 6 mesi di reclusione e di 477.055 Euro di multa, rideterminando in tal modo la pena inflitta dal Giudice di appello.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena pecuniaria, che ridetermina in Euro 477.055,00 di multa. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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