Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 20884.
Ai fini della dimostrazione dell’usucapione
Ai fini della dimostrazione di usucapione il possessore deve fornire prova del titolo del suo possesso, dalla prova dell’esercizio della materialità del possesso ne deriva una presunzione probante circa l’esistenza dell’elemento soggettivo dell’animus possidendi che non ha bisogno di prove.
Ordinanza|| n. 20884. Ai fini della dimostrazione dell’usucapione
Data udienza 24 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Usucapione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. GUIDA Roberto – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
Dott. CAPONI Remo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5920/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS).
– RICORRENTE-
contro
(OMISSIS) E (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio in (OMISSIS).
-CONTRORICORRENTI-
e
(OMISSIS) S.P.A., quale mandataria della (OMISSIS) S.R.L., gia’ (OMISSIS) S.P.A, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), con domicilio in (OMISSIS).
-CONTRORICORRENTE-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 105/2017, depositata in data 10.1.2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 24.5.2023 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
Ai fini della dimostrazione dell’usucapione
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) ha citato in giudizio (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Roma, per sentir dichiarare l’intervenuta usucapione della proprieta’ dell’immobile sito in (OMISSIS), sostenendo di averlo utilizzato dal 1982 come residenza familiare.
La convenuta ha resistito, deducendo che, con preliminare del 20/9/1982 aveva promesso in vendita il bene agli ex coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), che ne avevano acquisito anticipatamente la disponibilita’ a titolo di detenzione, non avendolo posseduto.
E’ intervenuto in giudizio (OMISSIS), negando che l’attrice avesse usucapito ed asserendo di aver impiegato per l’acquisto solo sostanze proprie; ha chiesto in via riconvenzionale di disporre il trasferimento della proprieta’ ai sensi dell’articolo 2932 c.c..
La (OMISSIS) ha disconosciuto la sottoscrizione apposta sul preliminare di vendita, ma ha chiesto, in via subordinata, il trasferimento del 50% del bene controverso in esecuzione del contratto in caso di ritenuta fondatezza dell’analoga domanda avanzata dall’ex marito.
L’ (OMISSIS) ha spiegato intervento, aderendo alle difese di (OMISSIS).
Il giudizio di primo grado si e’ concluso con l’accoglimento della sola domanda di usucapione.
La pronuncia e’ stata riformata in appello.
La Corte distrettuale ha ritenuto che il disconoscimento del preliminare di vendita, da parte della (OMISSIS), non seguito dalla produzione dell’originale al fine di proporre l’istanza di verificazione, pur rendendo il documento inutilizzabile, non invertisse l’onere della prova della sussistenza dei requisiti del possesso ad usucapionem, prova che non poteva ritenersi raggiunta, non avendo la (OMISSIS) dimostrato di aver posseduto il bene uti dominus, essendo la prova per testi generica e non supportata da elementi documentali. Ha disposto il trasferimento dell’immobile ai sensi dell’articolo 2932 c.c., per la quota del 50% in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), regolando le spese.
La cassazione della sentenza e’ chiesta da (OMISSIS) con ricorso in sette motivi.
La (OMISSIS) s.r.l., mandataria della (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., incorporante di (OMISSIS) s.p.a., nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS), resistono con controricorso.
Ai fini della dimostrazione dell’usucapione
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente, soccombente sulla domanda principale di usucapione (incompatibile con quella formulata, in via subordinata, ai sensi dell’articolo 2932 c.c.), ha correttamente impugnato anche la pronuncia di accoglimento della richiesta di trasferimento della quota del 50% dell’immobile controverso, rispetto alla quale e’ risultata vincitrice.
Giova ricordare che qualora la parte abbia proposto nello stesso giudizio, in forma alternativa o subordinata, due o piu’ domande fra loro concettualmente incompatibili, la sentenza che abbia accolto la domanda subordinata e non quella principale, non implica soltanto la qualificazione giuridica dei fatti esposti dall’attore a sostegno della domanda subordinata, ma comporta anche un preciso accertamento del fatto, incompatibile con quello posto a base della domanda principale e compatibile con la domanda subordinata.
L’attore, per evitare la formazione del giudicato su tale accertamento, ha l’onere di impugnare entrambe le statuizioni, condizionando l’impugnazione sulla domanda accolta al rigetto dell’impugnazione su quella respinta (come risulta a pag. 56 del ricorso), soltanto in tal modo potendosi ottenere la revisione dell’accertamento compiuto dal giudice circa l’esistenza del fatto posto a fondamento della domanda subordinata incompatibile (Cass. 9631/2003; Cass. 811/1981; (Cass.13602/2013; Cass. 8674/2017; Cass. 36572/2022).
2. Il primo motivo denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilita’ del gravame. Sostiene la ricorrente che l’appello mancava di una parte argomentativa volta a confutare la motivazione della sentenza nel punto in cui aveva dichiarato l’inutilizzabilita’ del preliminare ed aveva ritenuto non contestato l’esercizio del possesso ad usucapionem da parte della ricorrente.
Il motivo e’ infondato.
L’ammissibilita’ dell’appello ai sensi dell’articolo 342 c.p.c. e’ oggetto di una pronuncia implicita, avendo la sentenza accolto l’impugnazione nel merito. E’ pacifico che “ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilita’ pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. n. 5351/2007; Cass. 10636/2007; Cass. 2151/2021; Cass. 29191/2017).
Ai fini della dimostrazione dell’usucapione
Dall’esame del gravame trascritto in ricorso (cfr. pag. 13) emerge poi con evidenza la formulazione di censure adeguatamente specifiche sia in ordine alla insussistenza del possesso ad usucapionem, sia in ordine alla valenza del disconoscimento del contratto preliminare, avendo l’appellata ribadito che la (OMISSIS) era stata immessa nel possesso con il consenso della proprietaria e aveva utilizzato il bene come mera detentrice.
L’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’appello, puo’ anche sostanziarsi della prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purche’ cio’ – come nel caso in esame – determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata (Cass. 23781/2020; Cass. 2814/2016; Cass. 25218/2011).
L’articolo 342 c.p.c. richiede – in sostanza – che siano chiaramente enunciate le ragioni di doglianza e di critica alla sentenza impugnata in modo da porre il giudice in condizione di individuarne il contenuto e di circoscrivere l’esame alle questioni controverse (Cass. S.u. 27199/2017).
3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli articoli 115 e 167 c.p.c., per avere il giudice respinto la domanda per carenza di prova dell’esercizio del possesso ad usucapionem, sostenendo che, benche’ nella citazione introduttiva la ricorrente avesse rappresentato di aver pacificamente, in modo continuativo e palese, abitato l’immobile, la controparte si era limitata a contestare solo l’elemento soggettivo, ma non il corpus possessionis, ammettendone la sussistenza, non essendo piu’ necessaria la prova dell’occupazione dell’appartamento, in quanto, fallita la prova della detenzione, doveva presumersi il possesso ad usucapionem.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., 1140 e 1141 c.c., per non avere la Corte d’appello considerato che la convenuta aveva contestato esclusivamente l’elemento soggettivo del possesso, formulando difese incompatibili con la negazione del corpus possessionis, che non doveva esser provato.
Il quarto motivo denuncia la violazione degli articoli 1140, 1141, 2697 c.c., 115 e 167 c.p.c., lamentando che, non essendo provata la conclusione del preliminare da parte dei signori (OMISSIS) e (OMISSIS), competeva a questi ultimi provare l’insussistenza del possesso utile all’usucapione.
I tre motivi non sono fondati.
E’ evidenziato dalla pronuncia come non solo la convenuta, ma anche Unicredit avesse sostenuto, depositando certificazione anagrafica, che la (OMISSIS) aveva abitato presso l’immobile solo a far data dal 2001, e soprattutto che (OMISSIS) – intervenuto volontariamente in causa per ottenere il trasferimento dell’immobile ai sensi dell’articolo 2932 c.c. – aveva affermato di aver versato personalmente il prezzo e di aver abitato a lungo nell’appartamento unitamente alla moglie, quale reale acquirente del bene, ponendo in discussione l’esercizio del possesso pieno da parte della (OMISSIS).
E’ anche a tali deduzioni difensive che la Corte di merito ha dato rilievo – senza che il ricorso sollevi, in proposito, alcuna censura – valorizzando anche gli elementi documentali prodotti dagli intervenuti, giungendo a ritenere contestato l’esercizio del possesso uti dominus (cfr. sentenza, pag. 6).
Inoltre, come puntualizzato in sentenza, le tesi della convenuta, secondo cui la ricorrente aveva utilizzato l’immobile in qualita’ di promissaria acquirente, valevano a negare il corpus possessionis, significando che l’attrice avesse esercitato facolta’ limitate dal titolo (la promessa di vendita): colui che ottenga anticipatamente il possesso sulla base di un preliminare e’, difatti, assimilabile al comodatario che, quale mero detentore, puo’ usucapire solo previa interversione del possesso (Cass. s.u. 7930/2008; Cass. 1296/2010; Cass. 9896/2010; Cass. 5211/2016; Cass. 356/2017). E’ poi indubbio che chi agisce per far accertare l’usucapione deve provare di aver esercitato un possesso continuo pacifico ed ultraventennale, esercitando facolta’ corrispondenti al contenuto del diritto di proprieta’ o del diritto reale che sostiene di aver acquistato a titolo originario (Cass. 22667/2017; Cass. 14092/2010; Cass. 15145/2004; Cass. 15755/2001; Cass. 7142/2000; Cass. 741/1983).
E’ richiesto il raggiungimento della prova anche dell’elemento oggettivo, non potendo ritenersi sufficiente il mero utilizzo del bene con modalita’ che non si esprimano in forme corrispondenti al contenuto del diritto controverso e, in proposito, non e’ contemplata nel codice alcuna una presunzione di possesso a titolo di proprieta’.
Ai fini della dimostrazione dell’usucapione
L’articolo 1141 c.c. non riproduce la formula dell’articolo 687 del previgente codice civile, che stabiliva una doppia presunzione di possesso per se’ (riprodotta nell’articolo 1141 c.c.) e di possesso uti dominus, che e’ stata soppressa, sicche’ e’ a carico del possessore l’onere di provare il titolo del suo possesso (cfr. Relazione ministeriale al codice del 1942, par. 534).
Dalla prova dell’esercizio del potere di fatto scaturisce la presunzione di esistenza dell’elemento soggettivo (animus possidendi) del possesso, che percio’ non necessita di specifica dimostrazione (Cass. 25095/2022).
4. Il quinto motivo denuncia la violazione degli articoli 183, comma 7, 115, 116, 202 e seguenti c.p.c., 2697 c.c. e Cost., 24, per avere la Corte d’appello ritenute inammissibili le prove orali volte a dimostrare l’esercizio del possesso ad usucapionem in quanto non supportate da elementi documentali, non potendosi escludere l’ammissibilita’ di un mezzo istruttorio in ragione di una prognosi anticipata di fallimento dell’istruttoria.
Il sesto motivo deduce la violazione degli articoli 132, 230 c.p.c. e 2733 c.c., per aver la pronuncia respinto la domanda di usucapione, senza ammettere l’interrogatorio formale della resistente, chiesto in primo grado con istanza riproposta in appello, vertente sull’esercizio del possesso ad usucapionem.
Ai fini della dimostrazione dell’usucapione
I due motivi sono fondati.
La Corte di merito ha respinto la domanda di usucapione per carenza di prova dell’occupazione del bene, non sulla scorta di un giudizio di intrinseca inidoneita’ delle circostanze capitolate, ma per l’assenza di elementi documentali che confermassero l’esercizio di un possesso di tale durata, giudicando “implausibile la mancanza di prove oggettive documentali, confermative dell’attivita’ asseritamente svolte in un cosi’ ampio lasso di tempo”.
Deve obiettarsi anzitutto che la prova dell’acquisto per usucapione della proprieta’ o di altro diritto reale su bene immobile, in quanto vertente su una situazione di fatto, non incontra alcuna limitazione nelle norme concernenti gli atti soggetti a forma scritta, “ad substantiam” o “ad probationem”, e, pertanto, puo’ essere fornita per testimoni, non occorrendo alcuna conferma o supporto documentale dell’esercizio del possesso (Cass. 2923/1969; Cass. 3342/1977; Cass. 2326/1981; Cass. 14145/2004; Cass. 2977/2019).
Il giudizio di rilevanza della prova non puo’ essere condizionato dalla mancanza di riscontri documentali dei fatti da accertare, ma va effettuata esclusivamente sulla base del contenuto dei capitoli di prova in rapporto ai termini della controversia (Cass. 266/1976; Cass. 1137/1973; Cass. 1607/1972; Cass. 2784/1970; Cass. 650/1966).
Ai fini della dimostrazione dell’usucapione
L’ammissione di una prova testimoniale non puo’ essere negata in considerazione del suo probabile esito negativo, per l’inverosimiglianza del fatto che si intende provare o per una pretesa inidoneita’ del teste a fare un resoconto preciso su di esso (Cass. 5313/1998; Cass. 9640/1999; Cass. 7146/2004).
Anche il sesto motivo e’ fondato, essendo preclusa al giudice di merito la possibilita’ di respingere la domanda per carenza di prova, senza in alcun modo pronunciare sulle istanze istruttorie volte a dimostrare la fondatezza delle tesi proposte in giudizio (Cass. 985/1962; Cass. s.u. 789/1963; Cass. 2631/1964; Cass. 2505/1964; Cass. 1555/1967; Cass. 1235/1972; Cass. 2074/1973; Cass. 1627/1979; Cass. 2495/1980; Cass. 9521/1987 ed altre).
5. Il settimo motivo denuncia la violazione degli articoli 112 c.p.c. e 2697 c.c., per aver la Corte accolto la domanda di esecuzione specifica del preliminare proposta dalla (OMISSIS) e dall’ex coniuge sulla base della scrittura disconosciuta e non sottoposta a verificazione.
Il motivo e’ assorbito, dovendo il giudice del rinvio riesaminare la questione solo dopo aver eventualmente escluso la maturazione dell’usucapione della proprieta’, valutando, all’esito, il residuo interesse della parte ad impugnare la decisione relativamente alle statuizioni per le quali e’ risultata vincitrice.
Sono quindi accolti il quinto ed il sesto motivo di ricorso, e’ assorbito il settimo, con rigetto delle altre censure.
La sentenza e’ cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il quinto ed il sesto motivo di ricorso, dichiara assorbito il settimo e rigetta le altre censure; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimita’.
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