Agenzia e l’attribuzione al preponente di modificare talune clausole

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 ottobre 2021| n. 29164.

Agenzia e l’attribuzione al preponente di modificare talune clausole.

Nel contratto di agenzia, l’attribuzione al preponente del potere di modificare talune clausole e, in particolare, quelle relative all’ambito territoriale ed alla misura delle provvigioni, può trovare giustificazione nella necessità di meglio adeguare il rapporto alle esigenze delle parti, così come modificatesi durante il decorso del tempo, occorrendo tuttavia -affinché non ne rimanga esclusa la forza vincolante del contratto nei confronti di una delle parti contraenti – che tale potere abbia dei limiti e, in ogni caso, sia esercitato dal titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva ravvisato nell’intervenuta riduzione unilaterale del portafoglio clienti affidato all’agente – con conseguente necessità di rimodulazione dell’attività di impresa di quest’ultima, da focalizzare esclusivamente sull’acquisizione di nuova clientela – un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza del proponente, tale da non consentire la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto).

Ordinanza|20 ottobre 2021| n. 29164. Agenzia e l’attribuzione al preponente di modificare talune clausole

Data udienza 7 aprile 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti – Contratto di agenzia – Contratto di agente commerciale – Revoca – Giusta causa – Mancato raggiungimento obiettivi assegnati – Recesso – Accertamento giusta causa di recesso – Prova – Indennità ex art. 1751 c.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 9131-2016 proposto da:
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 454/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 10/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/04/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Agenzia e l’attribuzione al preponente di modificare talune clausole

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato in data 2.12.2008, la societa’ (OMISSIS) Srl citava in giudizio, avanti al Tribunale di Torino, la (OMISSIS) S.p.A., esponendo di essere stata agente commerciale della convenuta per il settore della telefonia mobile dal 1999 al maggio 2007 e per la telefonia fissa dall’11.07.2006 al 1.01.2007 con c.d. mandato asimettrico; in data 24.01.2007, la (OMISSIS) s.p.a. aveva revocato il contratto di agenzia per il settore della telefonia fissa per giusta causa, per mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati per il terzo e quarto IV trimestre del 2006 e, in data 18.05.2007, aveva esercitato il diritto di recesso dal contratto di agenzia per telefonia mobile per giusta causa. L’attrice chiedeva che il tribunale, accertata l’esistenza della giusta causa del suo recesso, condannasse la (OMISSIS) s.p.a. al pagamento, in suo favore, della complessiva somma di Euro 974.279,99 in conseguenza della cessazione del contratto di agenzia nonche’ a titolo di risarcimento danni e premio produttivita’ per l’anno 2006; chiedeva, inoltre, che il giudice, accertata l’insussistenza della giusta causa di recesso, la condannasse al pagamento della somma di Euro 21.429,06.
1.1.A sostegno della domanda, (OMISSIS) S.r.l. allegava che (OMISSIS) aveva posto in essere fatti tali da incrinare il rapporto fiduciario posto a fondamento del contratto di agenzia per telefonia mobile e, in particolare: nel business pian del 2007 non aveva contemplato il portafoglio clienti, con conseguente drastica riduzione dell’attivita’ di impresa della (OMISSIS) S.r.l. e del relativo fatturato; aveva provveduto con il proprio personale alla vendita diretta dei prodotti e dei servizi ai clienti gia’ contrattualizzati da (OMISSIS); aveva contattato agenti della (OMISSIS), proponendo loro un mandato di vendita diretta come senior account; aveva assegnato, dal gennaio 2007, alla agenzia (OMISSIS) parte del portafoglio clienti di telefonia mobile della (OMISSIS); dal febbraio 2007, non aveva piu’ inviato aggiornamenti sui prodotti e sulle offerte di telefonia mobile, nonche’ sui piani commerciali riservati alle agenzie.
1.2. Con sentenza del 07.03.2012, il Tribunale di Torino condannava la convenuta (OMISSIS) S.p.A. al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 10.000,00 per la cessazione del mandato relativo alla telefonia fissa e respingeva, per il resto, le domande della (OMISSIS) S.r.l. Osservava, a tal proposito, il giudice di prime cure che l’onere di provare la sussistenza della giusta causa di recesso dal contratto di telefonia mobile incombeva sull’attrice, la quale non aveva provveduto all’assolvimento di siffatto onere probatorio.
1.3. Avverso tale sentenza proponeva appello la (OMISSIS) S.r.l., riproponendo le domande gia’ formulate in primo grado.
1.4. Con la sentenza quivi impugnata, la Corte d’appello di Torino accoglieva parzialmente il gravame proposto da parte appellante.
1.5. Con riguardo alla questione concernente la sussistenza della giusta causa di recesso esercitato dalla (OMISSIS) dal contratto di telefonia mobile, la corte distrettuale richiamava l’orientamento di questa Corte, secondo cui “nel contratto di agenzia, per stabilire se lo scioglimento del contratto sia avvenuto per fatto imputabile al preponente o all’agente, tale da impedire la prosecuzione anche temporanea del rapporto, puo’ essere utilizzato per analogia il concetto di giusta causa di cui all’articolo 2119 c.c., previsto per il lavoro subordinato (…) e l’onere di provare la sussistenza della giusta causa incombe sulla parte che allega la legittimita’ del suo recesso” (Cass. civ., 14.02.2011, n. 3595). Fatta tale premessa giuridica, la corte territoriale riteneva che la (OMISSIS) avesse correttamente assolto l’onere probatorio sulla stessa gravante. In particolare, la corte riteneva provata la circostanza della mancata assegnazione, da parte della (OMISSIS), di un portafoglio clienti a presidio al BP anno 2007, con conseguente necessita’, per la (OMISSIS), di rimodulare completamente la sua attivita’ di impresa, focalizzandola esclusivamente sull’attivita’ di acquisizione di nuova clientela. L’accertamento di siffatta condotta, unita all’appurata fondatezza degli altri addebiti mossi da parte appellante, induceva, quindi, la corte distrettuale a ritenere sussistente la giusta causa del recesso esercitato dalla (OMISSIS).
1.6. La corte procedeva, quindi, alla verifica delle condizioni necessarie al riconoscimento dell’indennita’ di cessazione del rapporto ex articolo 1751 c.c. Con riguardo alla prima delle due condizioni cui e’ subordinato il riconoscimento di siffatta indennita’ – l’esistenza di perduranti vantaggi per il preponente derivanti dall’opera dell’agente – la corte distrettuale osservava, sulla base delle relazioni del CT di parte appellata e del CTU, la permanenza in capo alla preponente della maggior parte dei clienti acquisiti dall’agente; permanenza comprovata dalla natura non istantanea dei contratti conclusi dalla (OMISSIS) per conto della (OMISSIS). Per quel che riguarda, invece, il secondo dei due requisiti necessari al riconoscimento dell’indennita’ di cessazione del rapporto – l’equita’ dell’importo la corte riteneva che difettassero i presupposti in concreto per una correzione per equita’, in quanto, dalla lettura dei documenti versati in causa cosi’ come dalla lettura dei verbali di causa, non emergevano elementi tali da far variare il calcolo dell’indennita’ determinata.
1.7. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte d’appello di Torino condannava la (OMISSIS) al pagamento, in favore dell’appellante di ulteriori Euro 336.000,00 a titolo di indennita’ ex articolo 1751 c.c. per la cessazione del rapporto relativo alla telefonia mobile; Euro 50.000,00 a titolo di premio di produttivita’ per l’anno 2006; Euro 6.428,73 a titolo di indennita’ sostitutiva del preavviso per la cessazione del contratto relativo alla telefonia fissa.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) S.p.A. sulla base di due motivi.
2.1. Ha resistito con controricorso la (OMISSIS) S.r.l.
2.2. Il Procuratore Generale, nella persona del Dott. Alberto Cardino, ha concluso per il rigetto del ricorso.
2.3. In prossimita’ dell’udienza, la (OMISSIS) s.p.a ha depositato memoria illustrativa.

 

Agenzia e l’attribuzione al preponente di modificare talune clausole

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2119 c.c., in relazione all’articolo 2 dell’Accordo Economico Collettivo 20 marzo 2002 per la disciplina dei rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale nei settori industriali e della cooperazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’appello di Torino erroneamente ritenuto che una congrua riduzione del portafoglio clienti affidato dal preponente all’agente costituisca ipotesi di giusta causa di recesso dal rapporto ai sensi dell’articolo 2119 c.c., ignorando che siffatta fattispecie risulta specificamente disciplinata dall’articolo 2 dell’Accordo Economico Collettivo del 20.3.2012 per la disciplina dei rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale nei settori industriali della cooperazione. Dette normativa consentirebbe la riduzione unilaterale, da parte della preponente (OMISSIS), della zona o del portafoglio assegnato all’Agente (OMISSIS) s.r.l. sicche’ la mancata assegnazione del precedente portafoglio clienti non costituirebbe giusta causa di recesso.
1.1. Il motivo e’ infondato.
1.2. Nel contratto di agenzia, per stabilire se lo scioglimento del contratto sia avvenuto o meno per un fatto imputabile al preponente o all’agente, tale da impedire la possibilita’ di prosecuzione anche temporanea del rapporto, puo’ essere utilizzato per analogia il concetto di giusta causa di cui all’articolo 2119 c.c., previsto per il lavoro subordinato, e il giudizio sulla sussistenza di una giusta causa di recesso costituisce valutazione rimessa al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimita’ ove correttamente ed adeguatamente motivata (Cass., civ., sez. L., 14.02.2011; n. 3595; Cass. civ., 12.01.2006, n. 422).
1.3. L’assoggettabilita’ della vicenda negoziale del rapporto di agenzia alla disciplina enucleata all’articolo 2119 c.c. e’ stata, poi, ulteriormente ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale, pur rimarcando le differenze ontologiche esistenti tra il rapporto di lavoro e quello di agenzia, ha esteso a quest’ultimo, per analogia, il rimedio civilistico del recesso per giusta causa, ritenendo che, nel rapporto di agenzia, la regola dettata dall’articolo 2119 c.c. deve essere applicata tenendo conto della diversa natura del rapporto rispetto a quello di lavoro subordinato nonche’ della diversa capacita’ di resistenza che le parti possono avere nell’economia complessiva dello stesso; in tale ambito, il giudizio circa la sussistenza, nel caso concreto, di una giusta causa di recesso deve essere compiuto dal giudice di merito, tenendo conto delle complessive dimensioni economiche del contratto e dell’incidenza dell’inadempimento sull’equilibrio contrattuale, assumendo rilievo, in proposito, solo la sussistenza di un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza che leda in misura considerevole l’interesse dell’agente, tanto da non consentire la prosecuzione, “anche provvisoria”, del rapporto (Cassazione civile sez. lav., 19/01/2018, n. 1376).

 

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1.4. Al fine di meglio definire il concetto di “giusta causa di recesso”, questa Corte, sez. L, con sentenza n. 7567 del 2014, ha precisato che costituisce giusta causa di recesso da parte dell’agente di commercio la circostanza che la preponente con il proprio comportamento determini la drastica riduzione degli affari dell’agente e della sua zona di competenza. Nella menzionata pronuncia e’ stato espresso il principio secondo cui nel caso in cui il preponente diminuisca drasticamente il portafoglio clienti dell’agente e conseguentemente il suo fatturato sia ravvisabile un profilo di colpa nella mandante e, quindi, l’esistenza della giusta causa di recesso.
1.5. In definitiva, come correttamente osservato dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni, la facolta’ potestativa di riduzione unilaterale del portafoglio clienti, riconosciuta dall’articolo 2 dell’Accordo Economico Collettivo, incontra comunque i limiti della correttezza e della buona fede.
1.6. Sul punto, va segnalata la decisione di questa Corte (Cassazione civile sez. lav., 02/07/2015, n. 13580), in cui si affronta la questione relativa alla compatibilita’ con i principi di buona fede e correttezza della riduzione dell’88% del portafoglio clienti da parte di (OMISSIS). Afferma la Corte il motivazione: “E’ pur vero che tale unilaterale variazione e’ espressamente consentita dalla suddetta clausola collettiva, sicche’ l’esercizio di un diritto potestativo riconosciuto al preponente dalla contrattazione collettiva potrebbe non essere tale da determinare una giusta causa di recesso da parte dell’agente, cosi’ come e’ vero che tale variazione (che entro 30 gg. l’agente abbia dichiarato di non voler accettare) e’ considerata equipollente, per espressa volonta’ delle parti collettive, ad una comunicazione di preavviso di recesso da parte della casa mandante. Tuttavia, essa e’ stata di entita’ tale da risultare contraria ai principi di correttezza e buona fede di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c., astrattamente applicabili pure a fronte dell’esercizio di diritti potestativi (cfr. Cass. n. 9924/09). Invero, come questa Corte Suprema ha gia’ avuto modo di statuire (cfr. Cass. 5467/2000, richiamata anche dalla gravata pronuncia) con indirizzo cui va data continuita’, nel contratto di agenzia l’attribuzione al preponente del potere di modificare talune clausole e, in particolare quelle relative all’ambito territoriale e alla misura delle provvigioni, puo’ essere giustificata dalla necessita’ di meglio adeguare il rapporto alle esigenze delle parti, cosi’ come si sono modificate durante il corso del tempo. Ma, affinche’ cio’ non si traduca in un sostanziale aggiramento della forza cogente del contratto, e’ necessario che tale potere abbia dei limiti e, in ogni caso, che sia esercitato dal relativo titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede. Nella vicenda in oggetto, la clausola invocata dalla societa’ ricorrente, se applicata anche a variazioni manifestamente eccessive delle condizioni contrattuali, tali da risultare di fatto inaccettabili, finirebbe con l’alterare la causa stessa del contratto di agenzia, ponendo l’agente nell’oggettiva impossibilita’ di proseguire il rapporto anche soltanto in via provvisoria”.
1.7. Alla luce della cornice giurisprudenziale summenzionata, se ne ricava la correttezza dell’orientamento espresso dalla corte distrettuale, la quale, nell’ambito dell’indagine avente ad oggetto la sussistenza dell’inadempimento contrattuale denunciato dalla (OMISSIS) S.r.l., ha ravvisato nella condotta tenuta dall’odierna parte ricorrente – sostanziatasi nell’arbitraria riduzione del portafoglio clienti affidato da quest’ultima all’agente – gli estremi di un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza tale da non consentire la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto.
1.8. Appurata, dunque, l’incidenza dell’inadempimento sull’equilibrio contrattuale, la corte ha concluso per la legittimita’ dell’esercizio, da parte della (OMISSIS) S.r.l., del diritto potestativo del recesso per giusta causa ex articolo 2119 c.c.
2.Con il secondo motivo di ricorso, si censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1751 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito proceduto alla liquidazione dell’indennita’ ex articolo 1751 c.c., senza accertare se l’agente avesse procurato nuovi clienti alla preponente (OMISSIS) o avesse sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti gia’ esistenti. Sarebbe mancato anche l’accertamento sulle provvigioni perse dall’agente in relazione ai clienti dallo stesso acquisiti, a seguito della cessazione del rapporto. Detta indagine, se effettuata, avrebbe consentito di accertare come, in realta’, la clientela non sarebbe stata realmente acquisita dall’agente, essendosi quest’ultimo limitato a intrattenere rapporti commerciali con clienti puntualmente indicati nel business plan che la stessa preponente forniva all’agente. Inoltre, per quel che concerne la seconda condizione cui e’ subordinato il riconoscimento dell’indennita’ ex articolo 1751 c.c., l’equita’ dell’erogazione, il giudice di seconde cure avrebbe omesso di verificare, nella determinazione del relativo importo, le provvigioni che l’agente avrebbe perso per effetto della cessazione del rapporto e l’avviamento commerciale da quest’ultimo procurato nel corso della vigenza del mandato.
2.1. Il motivo e’ infondato.
2.2. L’articolo 1751 c.c. prevede una compensazione per l’agente cessato, corrispondente alla persistente utilita’, in capo al preponente, anche dopo la cessazione del rapporto di agenzia, dell’avvenuto procacciamento del cliente da parte dell’agente.
2.3. Con riguardo alla prima delle due condizioni cui e’ subordinato il riconoscimento dell’indennita’ di cessazione del rapporto, ovvero l’esistenza di perduranti vantaggi per il preponente derivanti dall’opera dell’agente, va rilevato che la corte distrettuale ha puntualmente osservato, sulla base delle relazioni del CT di parte appellata e del CTU, la permanenza in capo alla preponente della maggior parte dei clienti acquisiti dall’agente; permanenza comprovata dalla natura non istantanea dei contratti conclusi dalla (OMISSIS) per conto della (OMISSIS) e dall’indice di migrazione della clientela procurata dall’agenzia.
2.3. Con riguardo al secondo dei due requisiti necessari al riconoscimento dell’indennita’ di cessazione del rapporto, l’equita’ dell’importo, la corte distrettuale, nel ritenere insussistenti i presupposti per alcuna correzione per equita’, ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di indennita’ per cessazione del rapporto di agenzia, l’articolo 1751 c.c., applicabile “ratione temporis”, ne individua i presupposti nel fatto che l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con quelli gia’ esistenti e prevede, senza tipizzarla, che essa sia equa; la determinazione di tale requisito funzionale va effettuata valutando le sole ” circostanze del caso”, intendendosi per tali tutti gli elementi, ulteriori e diversi rispetto a quelli costitutivi, che siano idonei a pervenire ad una adeguata personalizzazione del “quantum” spettante all’agente” (Cass. civ., sez. L., 29.08.2018, n. 21377).
2.4. Ebbene, e’ proprio alla luce dell’orientamento summenzionato che la corte, richiamando l’elaborato peritale del CTU e verificando, altresi’, l’assenza di documenti specifici versati dalle parti in causa, ha ritenuto, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’, che non sussistessero elementi in concreto tali da far variare il calcolo dell’indennita’ determinata.
2.5. Se ne ricava, dunque, che la corte distrettuale ha fatto corretta applicazione dei principi dettati in materia ai fini della determinazione dell’indennita’ ex articolo 1751 c.c..
3. il ricorso va pertanto rigettato.
3.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
4. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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