Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 9 gennaio 2019, n. 740.
La massima estrapolata:
L’abbandono di rifiuti effettuato dal titolare di una impresa configura il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata, atteso che l’abbandono differisce dalla discarica abusiva proprio per la mera occasionalita’, desumibile dall’unicita’ ed estemporaneita’ della condotta – che si risolve nel semplice collocamento dei rifiuti in un determinato luogo, in assenza di attivita’ prodromiche o successive e dalla quantita’ dei rifiuti abbandonati, mentre nella discarica abusiva la condotta o e’ abituale – come nel caso di plurimi conferimenti – o, pur quando consiste in un’unica azione, e’ comunque strutturata, ancorche’ grossolanamente, al fine della definitiva collocazione dei rifiuti in loco
Sentenza 9 gennaio 2019, n. 740
Data udienza 24 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/01/2018 del Tribunale di Fermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. TOCCI Stefano, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16/01/2018, il Tribunale di Fermo dichiarava (OMISSIS) responsabile del reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2 – perche’, quale titolare dell’impresa (OMISSIS) spa, abbandonava in modo incontrollato rifiuti costituiti da materiale di risulta degli scavi che la suddetta impresa aveva operato, scaricandoli nel fondo appartenente a (OMISSIS) – e lo condannava alla pena di Euro 7.000,00 di ammenda.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.
Il ricorrente deduce violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova, argomentando che nessuno dei testimoni escussi aveva riferito in maniera precisa il nome del soggetto giuridico che avrebbe posto in essere la presunta attivita’ di abbandono incontrollato di rifiuti; inoltre, sulla base delle dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS) Lucio era stato accertato che il materiale era rimasto sul terreno solo un paio di settimane, tanto da non potersi configurare l’ipotesi delittuosa contestata; infine, l’imputato era il legale rappresentante della societa’ (OMISSIS) spa e non il direttore dei lavori e non poteva essere ritenuto responsabile del resto.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile perche’ tardivamente proposto.
Il termine per impugnare per l’imputato – assente nel giudizio di merito – era di quindici giorni, ai sensi dell’articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera a), e comma 2, lettera b), decorrente dal giorno 16.1.2018, essendo stata la sentenza impugnata deliberata in tale data e contestualmente depositata la motivazione.
Va ricordato che all’imputato assente, in base al disposto dell’articolo 548 c.p.p., comma 3 (come modificato dalla L. n. 67 del 2004) non spetta alcuna notifica della sentenza ed essa, laddove venga effettuata, non produce alcun effetto sulla decorrenza del termine per impugnare (Sez. 3, n. 19618 del 22/03/2017, Rv. 270217).
Il termine per l’impugnazione, quindi, scadeva il 31.1.2018 (mercoledi’), mentre il ricorso per cassazione risulta depositato solo in data 1.2.2018, vale a dire con un giorno di ritardo rispetto allo spirare del termine di legge.
2. Peraltro, i motivi proposti sono manifestamenti infondati.
Il Tribunale, infatti, ha fatto buon governo dei seguenti principi di diritto, applicabili alla fattispecie in esame, le cui ragioni il ricorrente non tenta neppure di confutare adducendo specifici motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi:
– i titolari e i responsabili di enti ed imprese rispondono del reato di abbandono incontrollato di rifiuti anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull’operato dei dipendenti che abbiano posto in essere la condotta di abbandono (Sez. 3, n. 40530 del 11/06/2014, Mangone, Rv. 261383; Sez. 3, n. 23971 del 25/05/2011, Graniero, Rv. 250485; Sez. 3, n. 24736 del 18/05/2007, Sorce, Rv. 236882). La norma, nell’individuare i possibili autori del reato, non intende certamente riferirsi al titolare dell’impresa o al responsabile dell’ente quali persone fisiche, bensi’ ad essi quali legali responsabili dell’impresa/ente cui deve essere ricondotta l’attivita’
di abbandono/deposito incontrollato. Sicche’ e’ sufficiente che l’abbandono/deposito venga posto in essere anche tramite persone fisiche diverse dal titolare/legale rappresentante perche’ questi ne risponda, purche’ cio’ avvenga nell’ambito delle attivita’ riconducibili alle imprese e agli enti da loro rappresentati;
– l’abbandono di rifiuti effettuato dal titolare di una impresa configura il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata, atteso che l’abbandono differisce dalla discarica abusiva proprio per la mera occasionalita’, desumibile dall’unicita’ ed estemporaneita’ della condotta – che si risolve nel semplice collocamento dei rifiuti in un determinato luogo, in assenza di attivita’ prodromiche o successive e dalla quantita’ dei rifiuti abbandonati, mentre nella discarica abusiva la condotta o e’ abituale – come nel caso di plurimi conferimenti – o, pur quando consiste in un’unica azione, e’ comunque strutturata, ancorche’ grossolanamente, al fine della definitiva collocazione dei rifiuti in loco (Sez.3,n 18399 del 16/03/2017, Rv. 269914).
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.
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