Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 23 settembre 2020, n. 19970.
Nel contratto di prestazione d’opera professionale un soggetto può legittimamente conferire l’incarico in favore di un terzo senza per questo assumere necessariamente la qualità di cliente, qualità che, pertanto, non assume rilievo ai fini del pagamento del compenso, di cui rimane onerato il committente. Vedi: Sez. 2, Sent. 624 del 11/02/1977 (Rv. 384190).
Ordinanza 23 settembre 2020, n. 19970
Data udienza 3 giugno 2020
Tag/parola chiave: Avvocati – Liquidazione degli onorari e dei diritti del procuratore – Misura superiore al massima o inferiore al minimo stabilito della tariffa – Parte – Contestazione – Voci sulle quali effettuare il controllo in sede giudiziale – Indicazione – Necessità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE SECONDA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Antonello – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28882-2018 proposto da:
(OMISSIS), in proprio ed in qualita’ di erede universale di (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) ed (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 689/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 23/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
In data 14.7.2010 veniva notificato a (OMISSIS) e (OMISSIS), ad istanza dell’avv. (OMISSIS), il decreto ingiuntivo n. 523 del 2010, emesso dal Tribunale di Pisa in forma provvisoriamente esecutiva, con pedissequo atto di precetto di pagamento, a fronte di alcune prestazioni professionali rese dal professionista in favore dei due ingiunti. Questi ultimi proponevano opposizione avverso detto decreto contestando la pretesa ed eccependo che l’attivita’ era stata resa in favore della (OMISSIS) S.r.l., che aveva gia’ parzialmente saldato il debito, e che la stessa era riferibile in parte all’opera del commercialista Dott. (OMISSIS). Si costituiva in giudizio il (OMISSIS) invocando il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto opposto e del credito in esso portato.
Con sentenza n. 1557/2016 il Tribunale di Pisa revocava il decreto opposto perche’ tardivamente notificato ma condannava gli opponenti al pagamento dell’intero importo originariamente indicato nel titolo di cui anzidetto, pari ad Euro 91.790,62.
Interponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS) e si costituiva in seconde cure, per resistere al gravame, (OMISSIS).
Con la sentenza n. 689/2018, oggi impugnata, la Corte di Appello di Firenze accoglieva in parte il gravame, dichiarando la carenza di legittimazione attiva del (OMISSIS) relativamente alla parte di compenso imputabile all’attivita’ del commercialista Dott. (OMISSIS) e riducendo quindi la somma dovuta al predetto professionista sino all’importo di Euro 44.576,71 oltre accessori.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS), anche come erede universale del defunto (OMISSIS), affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso (OMISSIS). In prossimita’ dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va esaminata, e respinta, l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso proposta da parte controricorrente, sotto il duplice profilo della carenza di specialita’ della procura alla lite e della mancanza della sua sottoscrizione in forma digitale da parte del procuratore del ricorrente.
Quanto al primo aspetto, va osservato che la procura contiene la specifica indicazione del conferimento del mandato defensionale per il ricorso in Cassazione ed e’ stata rilasciata su foglio separato materialmente congiunto al ricorso e contenuto nello stesso messaggio di posta elettronica certificata con il quale il ricorso stesso risulta notificato al controricorrente. La materiale congiunzione al ricorso assicura il necessario collegamento, da un lato tra la procura e l’atto cui essa accede, e dall’altro tra la generica menzione del giudizio in Cassazione, contenuta nella procura stessa, e la specifica sentenza della Corte di Appello di Firenze indicata nella prima pagina del ricorso come provvedimento impugnato.
Affinche’ si possa configurare l’inammissibilita’ del ricorso occorre che il foglio sul quale e’ contenuta la procura sia “… separato rispetto al ricorso, privo di data successiva al deposito della sentenza d’appello e senza alcun riferimento al ricorso introduttivo, alla sentenza impugnata o al giudizio di cassazione, ossia al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimita’, cosi’ risultando incompatibile con il carattere di specialita’ di questo giudizio” (cosi’ Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4069 del 18/02/2020, Rv. 657063, che ha ritenuto inammissibile il ricorso corredato da procura cosi’ formulata: “Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento ed in ogni sua fase, stato e grado, compreso l’eventuale appello od opposizione con… piu’ ampia facolta’ di legge ed in particolare quella di transigere e conciliare la lite, rinunciare agli atti del giudizio ed accettare rinunce, depositare quietanze ed incassare somme, proporre domande riconvenzionali, appelli principali o incidentali…”; in termini conformi, cfr. anche Cass. Sez. L, Ordinanza n. 28146 del 05/11/2018, Rv. 651515).
Neppure e’ di ostacolo alla configurazione della materiale congiunzione tra ricorso e procura la circostanza che l’atto sia stato notificato in forma telematica, in quanto “Il requisito, posto dall’articolo 83 c.p.c., comma 3, – nel testo modificato dalla L. n. 141 del 1997, articolo 1 – della materiale congiunzione tra il foglio separato con il quale la procura sia stata rilasciata e l’atto cui essa accede, non si sostanzia nella necessita’ di una cucitura meccanica, ma ha riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilita’ della procura stessa al giudizio di cui trattasi” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 2813 del 06/02/2018, Rv. 646959).
Poiche’ nella specie la procura e’ unita materialmente al ricorso, contiene sufficienti riferimenti al giudizio in cassazione per il quale essa e’ stata rilasciata, e’ munita di data successiva al deposito della sentenza espressamente indicata come provvedimento impugnato alla pag.1 del ricorso cui la procura stessa accede, non si configura alcun profilo di carenza di specialita’ del negozio di conferimento del mandato.
Per quel che invece concerne il secondo profilo – relativo alla mancanza della sottoscrizione in forma digitale da parte del procuratore – va premesso che questa Corte, Sez. 1, nella Ordinanza n. 12850 del 14/05/19 (pag. 4) ha chiarito che la procura alle liti, conferita su supporto cartaceo e copiata per immagine su supporto informatico e, quindi, trasmessa per via telematica, unitamente alla notifica del ricorso per cassazione, deve contenere, ai sensi dell’articolo 83 c.p.c., comma 3 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 123 del 2001, articolo 10, l’asseverazione di conformita’ all’originale mediante sottoscrizione del procuratore con firma digitale. Dispone infatti l’articolo 83 c.p.c., comma 3, che “Se la procura alle liti e’ stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica”. A sua volta, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 123 del 2001, articolo 10, prevede: “Se la procura alle liti e’ stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura medesima, asseverata come conforme all’originale mediante sottoscrizione con firma digitale”.
Nel caso di specie sia il ricorso che la relativa procura sono stati redatti in forma cartacea, firmati -rispettivamente, dall’avvocato, il ricorso, e dalla parte, e dall’avvocato per autentica, la procura- acquisiti in formato elettronico ed in tal forma notificati al controricorrente con unico messaggio di posta elettronica certificata, a sua volta corredato da idonea relazione di notificazione contenente, inter alla, la certificazione della conformita’ dell’atto notificato – espressione che evidentemente si riferisce non soltanto al ricorso, ma al complesso costituito dal ricorso e dall’allegata procura speciale – all’originale cartaceo dal quale esso e’ estratto, ai sensi del combinato disposto della L. n. 53 del 1994, articolo 3-bis, comma 2 (che richiama il Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16-undecies, il cui comma 3, ultima proposizione recita: “Se la copia informatica e’ destinata alla notifica, l’attestazione di conformita’ e’ inserita nella relazione di notificazione”) e del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 22, comma 2 e successive modificazioni ed integrazioni. Donde l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilita’ del ricorso anche in relazione al secondo dei due profili in cui essa e’ stata articolata dal contro ricorrente.
Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e la nullita’ della sentenza, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, perche’ la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi in relazione all’eccezione di intervenuto pagamento parziale del debito da parte della (OMISSIS) S.r.l.. Ad avviso del ricorrente, infatti, il giudice di secondo grado avrebbe esaminato il pagamento eseguito dalla predetta societa’ soltanto con riferimento all’eccezione di carenza di legittimazione passiva, rigettandola, ma non avrebbe esaminato l’ulteriore eccezione, pure proposta da parte appellante, di scomputo della somma versata dalla societa’ dal superiore importo preteso dal (OMISSIS).
La censura e’ fondata. Con l’atto di citazione in appello, debitamente trascritto a pag. 9 del ricorso, gli appellanti (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano contestato espressamente che l’importo di Euro 2.850 in linea imponibile, portato in due fatture emesse dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) alla (OMISSIS) S.r.l. e da quest’ultima saldate, non fosse stato detratto dal totale dovuto al (OMISSIS). In relazione a questa eccezione la sentenza impugnata tace del tutto, essendosi la Corte di Appello limitata ad esaminare la circostanza che la societa’ avesse saldato le predette fatture soltanto con riferimento alla diversa eccezione di carenza di legittimazione passiva dei due appellanti, (OMISSIS) e (OMISSIS).
L’accoglimento del motivo in esame implica l’assorbimento della quarta censura, con la quale il ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’articolo 2043 c.c. e dell’articolo 96 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’ la Corte fiorentina avrebbe erroneamente rigettato la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, anche derivante da lite temeraria, proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS). Il giudice del rinvio dovra’ infatti riesaminare la fattispecie, pronunciandosi sull’eccezione di adempimento parziale del debito rivendicato dal (OMISSIS) che era stata proposta dai due ingiunti gia’ in prima istanza ed era stata ritualmente riproposta in appello; all’esito, e sulla base della decisione assunta, valutera’ la condotta complessiva delle parti anche in relazione alla domanda riconvenzionale in esame.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta invece l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, perche’ la Corte toscana non avrebbe tenuto conto dell’adempimento parziale eseguito da (OMISSIS) S.r.l. in relazione all’eccezione di carenza di legittimazione passiva proposta dagli appellanti.
La doglianza e’ infondata. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta infatti che la Corte territoriale ha considerato la circostanza del cui omesso esame si duole il ricorrente, ritenendo che “… nel contratto di prestazione di opera professionale la qualita’ di cliente puo’ non coincidere con quella del soggetto a favore del quale l’opera del professionista deve essere svolta… con la conseguenza che il contratto si conclude tra il committente ed il professionista, il quale resta obbligato verso il primo a compiere la prestazione a favore del terzo, mentre il primo resta obbligato al pagamento del compenso” (cfr. pag. 5 della sentenza). Con tale passaggio motivazionale la Corte di Appello ha in sostanza affermato, in modo del tutto coerente con i precedenti di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 624 del 11/02/1977, Rv. 384190 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22233 del 25/11/2004, Rv. 578119) che nel contratto di prestazione d’opera professionale un soggetto puo’ legittimamente provvedere, in tutto o in parte, al pagamento del compenso dovuto al professionista per la prestazione da questi resa a favore di un terzo, senza per questo assumere necessariamente la qualita’ di cliente. Dal che discende l’irrilevanza, ai fini della prova di chi fosse l’effettivo cliente del (OMISSIS), del pagamento parziale eseguito da (OMISSIS) S.r.l. e quindi l’esclusione del denunziato profilo di omesso esame della circostanza.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta infine la violazione ed erronea applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, perche’ la Corte toscana avrebbe determinato il valore della prestazione resa dal (OMISSIS) nella misura di Euro 1.600.000, senza considerare che in realta’ il professionista aveva reso le sue prestazioni in relazione a due soli atti, l’uno dei quali avente valore compreso tra Euro 258.300 ed Euro 516.500 e l’altro invece tra Euro 103.300,01 ed Euro 258.300 (cfr. pag. 16 del ricorso).
La censura e’ inammissibile, poiche’ il ricorrente non indica quale sarebbe l’importo derivante dall’applicazione degli scaglioni di cui anzidetto. In proposto, va ribadito il principio per cui “Qualora si lamenti che la liquidazione degli onorari e dei diritti di procuratore sia stata effettuata in misura superiore al massimo o inferiore al minimo stabilito dalla tariffa, la parte interessata deve indicare le singole voci della relativa tabella professionale dalle quali risulti il vizio per consentire il conseguente controllo in sede giudiziale, senza che siano necessarie ulteriori indagini” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 270 del 11/01/2006, Rv. 586198). In termini sostanzialmente conformi cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11583 del 22/06/2004, Rv. 573803, secondo cui “In tema di compensi per lo svolgimento di attivita’ professionale, anche in materia stragiudiziale, la determinazione degli onorari di avvocato costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice, che, se contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede motivazione specifica e non puo’ formare oggetto di sindacato in sede di legittimita’, se non quando l’interessato specifichi le singole voci della tariffa, che assume essere state violate”; ed anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20289 del 09/10/2015, Rv. 637440, secondo cui la contestazione del quantum determinato dal giudice “… qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non puo’ formare oggetto di sindacato in sede di legittimita’”. Dai principi appena richiamati consegue che il ricorrente aveva il duplice onere di eccepire specificamente la violazione dei limiti massimi tariffari previsti per lo scaglione in concreto applicato dal giudice di merito e di indicare i valori che sarebbero derivati dall’applicazione dei diversi scaglioni di tariffa indicati, al fine di evidenziare la sussistenza del suo interesse concreto ad impugnare la quantificazione in concreto operata dalla Corte territoriale. Poiche’ nel caso specifico il (OMISSIS) si e’ limitato a contestare la violazione del massimo tariffario (peraltro non avente carattere di inderogabilita’) ma non ha specificato quale sarebbe stato il diverso e minore importo che sarebbe derivato dall’applicazione dei due diversi scaglioni indicati a pag. 16 del ricorso, la censura va ritenuta carente della necessaria specificita’.
In definitiva, va accolto il primo motivo, respinto il secondo, dichiarato inammissibile il terzo ed assorbito il quarto La sentenza va conseguentemente cassata e la causa rinviata, in relazione alla censura accolta, alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, respinge il secondo, dichiara inammissibile il terzo ed assorbito il quarto.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, in relazione alla censura accolta, alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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