Istanza intesa alla sollecitazione dell’esercizio dei poteri di autotutela

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza|30 marzo 2020| n. 2162.

La massima estrapolata:

La formalizzazione, ad opera di un privato, di istanza intesa alla sollecitazione dell’esercizio dei poteri di autotutela non è, di per sé, in grado di generare, in capo all’Amministrazione, un obbligo giuridico di provvedere, il cui inadempimento possa legittimare l’attivazione delle tutele avverso i rifiuti, le inerzie o i silenzi antigiuridici .

Data udienza 25 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Concorsi pubblici – Uditore giudiziario – Istanza di autotutela – Rifiuto di provvedere – Omessa impugnazione del provvedimento – Conseguenze

________________________________________
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1114 del 2010, proposto dal
signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Bo. e An. Ma., con domicilio eletto presso l’avv. Ma. Bo. in Roma, via (…);
contro
Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il diniego di autotutela relativo alla procedura concorsuale per uditore giudiziario indetta con D.M. 30 dicembre 1991
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2020 il Cons. Cecilia Altavista e uditi per le parti l’avvocato Ma. Bo. e l’Avvocato dello Stato Ge. Di Le.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il signor -OMISSIS- ha partecipato al concorso per uditore giudiziario bandito con D.M. 30 dicembre 1991; con il ricorso -OMISSIS-proposto al Tribunale amministrativo regionale -OMISSIS-impugnava il mancato superamento delle prove scritte. Tale ricorso è stato accolto con la sentenza n. -OMISSIS- che annullava la correzione per il mancato rispetto dei tempi minimi per ogni candidato, disponendo la nuova correzione degli elaborati da parte della medesima commissione. La sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. -OMISSIS-
Prima della ricorrezione il -OMISSIS-presentava istanza di ricusazione dei componenti della commissione, che veniva respinta dal Consiglio superiore della Magistratura con delibera del 7 dicembre 2000. Tale provvedimento è stato impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale -OMISSIS-
Nel frattempo, nella seduta del -OMISSIS-, la commissione aveva proceduto alla correzione degli elaborati del signor -OMISSIS-, in esecuzione del giudicato della sentenza n. -OMISSIS-con un nuovo giudizio di non idoneità, che è stato impugnato al Tribunale amministrativo regionale -OMISSIS-
Tali ricorsi sono stati riuniti e respinti con la sentenza n. -OMISSIS-, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS-, oggetto di revocazione, dichiarata inammissibile con sentenza n. -OMISSIS-
Successivamente, poiché un altro giudizio, definito con sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- riguardante una candidata ad altra procedura concorsuale per uditore giudiziario, bandita con D.M. 25 febbraio 1995, si è concluso con esito diverso quanto alla commissione incaricata della ricorrezione, avendo in tale giudizio il Consiglio di Stato disposto la ricorrezione degli elaborati da parte di una diversa Commissione, il signor -OMISSIS- ha proposto istanza di autotutela al Consiglio superiore della Magistratura, richiedendo nuovamente la correzione degli elaborati da parte di una altra commissione, con istanza del 20 luglio 2007.
Tale istanza è stata respinta con delibera del Plenum del Consiglio superiore della Magistratura del 30 aprile 2008, in quanto la posizione del -OMISSIS- era stata già oggetto di un giudicato a cui l’Amministrazione aveva dato correttamente esecuzione relativo inoltre a vizi differenti da quelli oggetto della sentenza n. 6196 del 2006.
Avverso tale delibera è stato proposto ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale -OMISSIS-il ricorso n. -OMISSIS-, poi respinto con sentenza n. -OMISSIS-avverso cui risulta pendente al Consiglio di Stato l’appello R.G. n. -OMISSIS-
Il 4 settembre 2008, il -OMISSIS-ha presentato al C.S.M. ulteriore istanza per l’annullamento dell’intero concorso bandito con D.M. 30 dicembre 1991, sostenendo che dai verbali della correzione delle prove scritte emergeva che il tempo medio di correzione era stato di due minuti a candidato e che, pertanto, quasi la metà degli elaborati del concorso per uditore giudiziario bandito con D.M. del 30 dicembre 1991 non erano mai stati esaminati; la istanza è stata respinta con la delibera del Plenum del C.S.M. del 6 novembre 2008, richiamando la precedente delibera del 30 aprile 2008, con cui era stata rigettata la richiesta di ricorrezione degli elaborati, in quanto i documenti allegati non costituivano nuovi elementi di valutazione rispetto alla delibera richiamata. Tale delibera veniva comunicata con nota del 10 novembre 2008.
In data 17 novembre 2008, il Dott. -OMISSIS-, presentava una nuova istanza di annullamento del concorso per uditore giudiziario in questione, asserendo l’inconferenza logica del richiamo operato dal C.S.M. nel provvedimento del 10 novembre 2008 alle argomentazioni precedentemente rese con delibera del 30 aprile 2008, in quanto le istanze avevano diverso oggetto ed erano fondate su presupposti di fatto diversi; nella istanza del 17 novembre 2008 riferiva, inoltre, varie circostanze relative alla procedura concorsuale bandita con D.M. 30 dicembre 1991, quali presunti segni di riconoscimento apposti sugli elaborati, episodi di copiatura degli elaborati e altri elementi anche riferiti da altri candidati, nonché richiamava il provvedimento del Procuratore della Repubblica di -OMISSIS-di rigetto della richiesta di riapertura delle indagini presentata dal -OMISSIS-; tale provvedimento, pur facendo riferimento alla intervenuta prescrizione dei comportamenti descritti relativi allo svolgimento della procedura concorsuale, ad avviso del -OMISSIS-, avrebbe dato atto della possibile rilevanza penale degli stessi.
Il 15 dicembre 2008, la nona Commissione del C.S.M. dichiarava il non luogo a provvedere sulla istanza del 17 novembre 2008, in quanto non risultavano elementi di novità tali da modificare quanto deciso sulla questione con delibera del 30 aprile 2008. Tale decisione era comunicata con nota del 2 gennaio 2009
Avverso la delibera del Plenum del 6 novembre 2008, comunicata con nota del 10 novembre 2008, e avverso la decisione della nona Commissione del 15 dicembre 2008, comunicata con la nota del 2 gennaio 2009 è stato proposto ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale -OMISSIS- formulando censure di eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità, sviamento di potere, travisamento dei fatti, violazione degli articoli 3, 97 e 106 della Costituzione, violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 19 del r.d. 15 ottobre 1925 n. 1860, con cui si sosteneva la illegittimità della delibera del 10 novembre per la incongruenza del richiamo a quella del 30 aprile 2008, in quanto le istanze presentate erano differenti: quella presentata il 30 luglio 2007 riguardava la richiesta di nuova correzione dei propri elaborati, alla luce di quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. -OMISSIS-relativamente alla correzione da parte di diversa Commissione; mentre con quelle presentate il 4 settembre 2008 e il 17 novembre 2008 era stato richiesto l’annullamento in autotutela della intera procedura concorsuale; inoltre, con riferimento al provvedimento di non luogo a provvedere della nona commissione del 15 dicembre 2009 si deduceva che la istanza del 17 novembre indicava nuovi elementi e circostanze, che avrebbero dovuto condurre all’annullamento della intera procedura concorsuale.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile con la sentenza n. -OMISSIS-, per la mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati ovvero ad uno dei vincitori della procedura concorsuale.
Con il presente atto di appello si contesta la rilevanza della notifica ad uno dei controinteressati, sostenendo che con le istanze di autotutela presentate nel 2008 non era stato chiesto l’annullamento della intera procedura concorsuale ma solo una nuova motivazione del rigetto dell’autotutela, rispetto alla quale i vincitori del concorso non sarebbero controinteressati né vi sarebbero controinteressati.
Non sono stati formalmente riproposti in appello – neppure con formula di mero stile – i motivi di primo grado non esaminati dal giudice di primo grado, ai fini dell’art. 101 comma 2 c.p.a..
Si è costituito in giudizio il Consiglio superiore della Magistratura che, nella memoria per l’udienza pubblica, ha contestato la fondatezza dell’appello.
Nella memoria per l’udienza pubblica la parte appellante ha insistito nelle proprie argomentazioni circa l’insussistenza di controinteressati al giudizio, deducendo altresì che la questione non era stata indicata dal Collegio alla parti prima della decisione ai sensi dell’art. 73 c.p.a..
All’udienza pubblica del 25 febbraio 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con l’unico motivo di appello si contesta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte del giudice di primo grado sostenendo che con le istanze di autotutela presentate il 4 settembre 2008 e il 17 novembre 2008 non sarebbe stato chiesto l’annullamento della procedura concorsuale indetta con D.M. 30 dicembre 1991, ma solo una nuova motivazione relativa al diniego della sua precedente istanza di autotutela.
Tale ricostruzione difensiva sostenuta nell’atto di appello non trova conferma negli atti di causa.
Sia dalle istanze di autotutela presentate il 4 settembre e il 17 novembre 2008 sia dallo stesso ricorso di primo grado (anche riportato nella ricostruzione in fatto contenuta nell’atto di appello) risulta chiaramente non solo che con dette istanze il -OMISSIS-aveva chiesto l’annullamento della intera procedura concorsuale, ma anche che nel ricorso di primo grado era stata sostenuta la illegittimità dei dinieghi di autotutela, motivati con il richiamo al diniego del 30 aprile 2008, proprio in quanto le successive istanze del 4 settembre e del 17 novembre 2008 riguardavano l’intera procedura concorsuale e per questo avevano un oggetto differente da quella del 20 luglio 2007, con cui ancora era stata chiesta l’autotutela rispetto alla correzione dei suoi elaborati.
Ciò trova conferma, oltre che nella richiesta contenuta nelle istanze presentate nel 2008, anche nel corpo di tali istanze, che prospettavano una complessiva illegittimità della procedura concorsuale, facendo riferimento alla mancata correzione di più della metà degli elaborati; inoltre, in particolare l’istanza del 17 novembre riguardava vari presunti episodi (segni di riconoscimento apposti sugli elaborati, copiatura degli elaborati da parte dei candidati, comportamenti di rilievo penale) relativi alla detta procedura concorsuale, anche estranei alla correzione degli elaborati del sig. -OMISSIS- e comunque alla sua posizione del -OMISSIS-.
Tali circostanze e le conseguenze che avrebbero prodotto sulla illegittimità della procedura concorsuale erano state anche espressamente indicate nel ricorso di primo grado.
Ne deriva la correttezza della sentenza di primo grado, che ha ritenuto inammissibile il ricorso per la mancata notifica ad almeno uno dei vincitori del concorso, i quali non solo erano facilmente individuabili, essendo stati nominati con D.M. pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero della Giustizia, ma hanno sicuramente una posizione di vantaggio derivante dalla procedura concorsuale in questione -posizione peraltro, anche ampiamente consolidata nel 2008, essendo la procedura concorsuale conclusa a quella data da circa una quindicina di anni – di cui si chiedeva l’annullamento.
Per costante giurisprudenza, il controinteressato si presenta come portatore di un interesse legittimo uguale e contrario a quello fatto valere attraverso l’azione impugnatoria, e cioè di un interesse al mantenimento della situazione esistente – messa in forse dal ricorso avversario – fonte di una posizione qualificata meritevole di tutela conservativa (Cons. Stato, V, 11 giugno 2019, n. 3911; id. 24 ottobre 2018, n. 6044; Sez. IV, 1 agosto 2018, n. 4736).
Nel caso di specie, è quindi evidente che i vincitori del concorso bandito con D.M. 30 dicembre 1991, avendo avuto dalla conclusione di tale procedura una posizione di vantaggio, fossero controinteressati rispetto alla posizione astrattamente fatta valere dal ricorrente all’annullamento della procedura concorsuale.
Nella memoria per l’udienza pubblica, la parte appellante ha sostenuto che il giudice di primo grado avrebbe dovuto dare avviso del profilo di inammissibilità relativo alla mancata notifica ad un controinteressato, ai sensi dell’art. 73 c.p.a.. Tale argomentazione non può essere condivisa, in quanto la decisione di primo grado è stata assunta alla camera di consiglio del 20 maggio 2009 e pubblicata il 18 giugno 2009, quando non era ancora entrata in vigore la disposizione dell’art. 73 del codice del processo amministrativo, per cui “se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest’ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie”. Tale disciplina è, infatti, entrata in vigore il 16 settembre 2010 e non poteva essere, quindi, applicata alla decisione della sentenza impugnata.
Peraltro, anche a ritenere che tale previa indicazione alle parti costituisca l’espressione di un principio generale derivante dal principio del giusto processo secondo quanto interpretato anche dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, l’eventuale mancata comunicazione della questione non ha impedito, in parte qua, l’effetto devolutivo dell’appello proposto, con la conseguenza che la questione della inammissibilità deve essere comunque esaminata da questo Collegio, che – come sopra già indicato- non può che confermare la sentenza di primo grado, mancando comunque la notifica del ricorso di primo grado ad almeno uno dei controinteressati.
L’appello sul punto è, quindi, infondato e deve essere respinto.
Quanto agli ulteriori motivi di ricorso di primo grado, essi non sono stati riproposti in appello se non con l’integrale riproduzione del ricorso di primo grado nella parte in fatto dell’atto di appello, ma senza alcun riferimento, neppure generico, nei motivi di appello alla volontà di riproporre le questioni non esaminate.
Ne deriva che, in applicazione della disposizione del comma 2 dell’art. 101 c.p.a., per cui “si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello” non si è verificato in parte qua l’effetto devolutivo dell’appello.
Peraltro, ritiene il Collegio, per completezza della presente decisione, di richiamare in via generale i costanti orientamenti giurisprudenziali di questo Consiglio relativi all’autotutela, per cui la formalizzazione, ad opera di un privato, di istanza intesa alla sollecitazione dell’esercizio dei poteri di autotutela non è, di per sé, in grado di generare, in capo all’Amministrazione, un obbligo giuridico di provvedere, il cui inadempimento possa legittimare l’attivazione delle tutele avverso i rifiuti, le inerzie o i silenzi antigiuridici (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 2017, n. 5018; Id., sez. V, 22 gennaio 2014, n. 322; Id., sez. IV, 24 settembre 2013, n. 4714; Id., sez. V, 30 dicembre 2011, n. 6995).
Il principio trova non solo conferma testuale nella lettera dell’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, che prefigura la consistenza ampiamente discrezionale dell’annullamento d’ufficio, ma si giustifica, sulla scia di una consolidata interpretazione giurisprudenziale, alla luce delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche e della correlata regola di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi non tempestivamente contestati, regola che sarebbe compromessa dalla automatica rimessione in termini dovuta alla presentazione di domande di autotutela.
Del resto, l’interesse pubblico, rilevante, concreto ed attuale, la cui valorizzazione fornisce giustificazione e legittimazione alle iniziative procedimentali di secondo grado in funzione eliminatoria, non essendo sufficiente la mera esigenza di ripristino della legalità violata, non è nel dominio della parte privata, la quale, se può sollecitare, nel proprio interesse e con effetto di mera denuncia, l’Amministrazione alla revisione del suo operato ed alla rimodulazione delle decisioni assunte, non ha alcuna una pretesa giuridicamente titolata a che l’Amministrazione provveda in tal senso. Né il sindacato giurisdizionale può – senza impingere in valutazioni di merito rimesse all’Amministrazione – spingersi ad apprezzare, in sede contenziosa, le ragioni di pubblico interesse in tesi idonee ad imporre l’attivazione del procedimento di secondo grado. Pertanto, la istanza di parte privata di autotutela è rappresentativa di un interesse di mero fatto, che non assurge alla necessaria consistenza dell’interesse giuridico di pretesa. Deve dunque deve ribadirsi il principio che, a fronte del rifiuto di provvedere in autotutela, il privato, che abbia omesso, come nella specie, di formalizzare tempestiva impugnazione del provvedimento lesivo ed asseritamente illegittimo, vanti un interesse di mero fatto, non suscettibile, come tale, di tutela giurisdizionale rispetto all’esercizio del potere di autotutela (Cons. Stato Sez. V, 24 settembre 2019, n. 6420).
In base a tali consolidati principi giurisprudenziali, devono ritenersi infondate, quindi, anche le censure relative al difetto di motivazione dei provvedimenti di diniego di autotutela impugnati in primo grado dedotti in appello, non essendo l’Amministrazione neppure tenuta a rispondere alle dette istanze, non sussistendo comunque alcun obbligo di provvedere sulle istanze di autotutela.
In ogni caso, anche il richiamo al diniego del 30 aprile 2008 non può ritenersi del tutto incongruo, in quanto effettivamente la posizione del -OMISSIS- era stata già definita da varie decisioni giurisdizionali e, comunque, è evidente nel caso di specie, l’impossibilità di procedere in autotutela rispetto ad una procedura concorsuale definita da molti anni con la nomina dei vincitori, anche alla luce della disciplina del termine di diciotto mesi introdotto dall’art. 21 nonies della legge n. 241 del 7 agosto 1990 e ritenuto parametro di ragionevolezza applicabile anche alle fattispecie anteriori alla sua entrata in vigore (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 2 novembre 2019, n. 7476; sez. V, 29 maggio 2019, n. 3583; sez. IV, 18 luglio 2018, n. 4374; Sez. VI, 13 luglio 2017, n. 3462; Id., Sez. VI, 18 luglio 2017, n. 3524; Id., Sez. VI, 20 luglio 2017, n. 3586; Id., Sez. III, 28 luglio 2017, n. 3780); termine superabile solo in caso di “condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato” (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 14 ottobre 2019, n. 6975), circostanza esclusa, nel caso di specie, oltre che dall’archiviazione disposta dal GIP nel 2004, anche dal diniego di procedere alla richiesta riapertura delle indagini da parte del Procuratore della Repubblica di-OMISSIS-, relativamente alla istanza presentata dal -OMISSIS- il 26 maggio 2008.
In conclusione l’appello è infondato e deve esser respinto, essendo appena il caso di osservare che le critiche dell’appellante sono state ritenute infondate alla luce di consolidate affermazioni giurisprudenziali che attengono ad istituti di diritto processuale vigenti nel sistema giuridico italiano ed in relazione alle affermazioni dallo stesso formulate nei proprio atti difensivi, il che implica la inconferenza del generico richiamo a supposte affermazioni contrarie della Corte Edu (Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dell’11 dicembre 2007 – Ricorso n. 25575/04) afferenti alla ben diversa questione della correlazione tra fatto contestato ed imputazione penale..
Le spese seguono il regime della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali del grado in favore del Comune appellato, nella misura di euro tremila (Euro 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Francesco Frigida – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore
Francesco Guarracino – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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