L’art. 19-ter, comma 1, delle specifiche tecniche del PCT del 16 aprile 2014 prevede che l’attestazione di conformità di una copia informatica debba contenere anche il nome del relativo file. La mancanza di tale elemento non comporta la nullità dell’atto, ma costituisce una mera irregolarità

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 5 giugno 2018, n.14369.

La massima estrapolata:

L’art. 19-ter, comma 1, delle specifiche tecniche del PCT del 16 aprile 2014 prevede che l’attestazione di conformità di una copia informatica debba contenere anche il nome del relativo file. La mancanza di tale elemento non comporta la nullità dell’atto, ma costituisce una mera irregolarità

SEZIONE SECONDA

Presidente Petitti

Relatore Cosentino

Fatto e diritto

Rilevato:
che il tribunale di Napoli, in riforma della sentenza del giudice di pace della stessa città, ha respinto la domanda proposta dal perito assicurativo Q.B. nei confronti della compagnia Fondiaria Sai Assicurazioni s.p.a. (oggi UnipolSai Assicurazioni s.p.a.), per il pagamento di una somma a titolo di competenze professionali relative ad un incarico peritale esperito per conto della società;
che il tribunale ha fondato la propria decisione su una duplice ratio decidendi;
che, sotto un primo profilo, il tribunale ha rilevato come il Q. avesse instaurato numerosissimi giudizi avverso la società Fondiaria Sai, concernenti un’unica materia del contendere trasversale a tutti tali giudizi (vale dire il suo diritto al compenso per lo svolgimento di attività peritali svolte in maniera continuativa nell’arco di molti anni) ed ha conseguentemente affermato che tale condotta processuale, quand’anche non integrativa di una ipotesi di frazionamento del credito, avrebbe comunque ‘violato i canoni del c.d. principio del giusto processo, comportamento comunque sanzionabile con l’improponibilità della domanda, attesa l’identità delle questioni affrontate in tutti i giudizi pendenti dinanzi al tribunale di Napoli’ (pag. 8, quintultimo rigo, della sentenza);
che, sotto un secondo profilo, il tribunale ha comunque rilevato l’infondatezza nel merito della pretesa creditoria, richiamando e facendo proprie le argomentazioni svolte nella sentenza n. 3901/2016 – resa inter partes dallo stesso tribunale partenopeo in un giudizio introdotto da Fondiaria Sai per l’accertamento negativo del credito del sig. Q. – alla cui stregua le parti avevano ‘concluso un contratto, per fatti concludenti, secondo cui per ogni incarico ricevuto il compenso dell’appellato era pari a circa Euro 40,00’, vale a dire l’importo riconosciuta dal sistema automatico di fatturazione che Fondiaria Sai aveva predisposto per i periti a cui affidava la valutazione dei sinistri e che il sig. Q. aveva utilizzato per anni (il virgolettato è tratto da pag. 14, in fine, della sentenza);
che avverso la sentenza del tribunale di Napoli il sig. Q. propone ricorso per cassazione sulla scorta di due motivi;
che la società UnipolSai Assicurazioni S.p.A. resiste con controricorso;
che la causa è stata discussa nell’adunanza di camera di consiglio del 22 marzo 2018, per la quale hanno depositato memorie entrambe le parti, nonché il procuratore generale dott. Carmelo Sgroi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
considerato:
che preliminarmente va respinta l’istanza di riunione del presente giudizio ad altri analoghi chiamati nella odierna adunanza, posto che – pur nella evidente identità delle questioni – nella presente fase non ricorrono esigenze di economia processuale che rendano opportuna la riunione;
che, sempre preliminarmente, va disattesa l’eccezione sollevata dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c., relativamente alla nullità della notificazione del controricorso in relazione all’articolo 11 l. 53/1994, per la violazione dell’articolo 19 ter, primo comma, delle Specifiche tecniche del PCT del 16.4.14, là dove tale disposizione prevede che l’attestazione di conformità di una copia informatica contenga, tra l’altro, il nome del relativo file; la mancata indicazione del nome del file costituisce, infatti, una irregolarità non riconducibile ad alcuna delle ipotesi di nullità contemplate nell’articolo 11 l. 53/1994 e, in ogni caso, qualunque nullità della notifica del controricorso risulta sanata dal raggiungimento dello scopo, a mente dell’articolo 156, terzo comma, c.p.c., avendo il ricorrente replicato alle argomentazioni svolte nel controricorso medesimo (pag. 6 della memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c. del ricorrente);
che va parimenti respinta l’istanza di remissione della causa alle Sezioni Unite, in quanto non sussiste alcun contrasto tra diverse sezioni della Corte di cassazione, né si configurano questioni di massima di particolare importanza; per quanto poi concerne le sentenze di questa Sezione n.18808/2016, n.18809/2016 e n.18810/2016, invocate dal ricorrente, le stesse, per un verso, si incentrano su questioni di diritto che, come infra si illustrerà, non risultano rilevanti ai fini della decisione e, per altro verso, risultano superate dalla giurisprudenza di questa stessa Sezione successiva alla sentenza SSUU n. 4090/2017 (cfr. sentt. nn. 3738/2018, 1356/2018, 1355/2018, 1354/2018, 1353/2018, 1352/2018, 1351/2018, 717/2018, 491/2018, 490/2018, 489/2018, 163/2018, 162/2018, 161/2018, 160/2018, 159/2018, 158/2018, 31167/2017, 31166/2017, 31165/2017, 31164/2017, 31163/2017, 31162/2017, 31161/2017, 31017/2017, 31016/2017, 31015/2017, 31014/2017, 31013/2017, 31012/2017, 31011/2017);
che l’inammissibilità dei motivi del ricorso, su cui infra, esclude l’opportunità della remissione in pubblica udienza, pure sollecitata dal ricorrente;
che i due motivi di ricorso, rispettivamente riferiti alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e 111 Cost. ed all’erronea interpretazione del principio nomofilattico espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nelle pronunce nn. 23726/2007 e 4090/2017, sono suscettibili di trattazione congiunta;
che con tali motivi il ricorrente argomenta che l’ipotesi del cd. frazionamento del credito risulterebbe esclusa, nella specie, dalla presenza di causae petendi distinte per ciascuna delle controversie da lui instaurate contro Fondiaria Sai e che, sotto altro aspetto, i comportamenti delle parti che contrastino con l’uso corretto delle armi processuali – senza, però, essere riconducibili nell’ambito del frazionamento del credito – sarebbero sanzionabili attraverso le leve della segnalazione disciplinare dell’avvocato difensore (art. 88 c.pc.) e della regolazione delle spese di lite (art. 92 c.p.c.), ma non con la declaratoria di improponibilità della domanda;
che i motivi sono inammissibili per carenza di interesse, in quanto non attingono la ratio decidendi fondata sulla statuizione che ‘nel merito,… la domanda proposta in primo grado da Q.B. doveva comunque essere rigettata’ per avere le parti ‘concluso un contratto, per fatti concludenti, secondo cui per ogni incarico ricevuto il compenso dell’appellato era pari a circa Euro 40,00’ (pag. 14, in fine, della sentenza);
che infatti il ricorrente, pur dichiarando non condivisibili le affermazioni del tribunale sulla unicità del rapporto che legava il Q. alla compagnia assicuratrice (pag. 4, ultima parte, del ricorso) non ne censura specificamente il contenuto di accertamento dell’insussistenza del credito azionato, limitandosi a criticare ‘il ritenimento del Giudicante secondo cui poteva ragionevolmente essere unica l’azione proposta’ (pag. 5, settimo rigo, del ricorso);
che pertanto nella specie trova applicazione il principio che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. SSUU 7931/13);
che quindi in definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile per l’inammissibilità di entrambi i motivi in cui esso si articola, risultando conseguentemente prive di concludenza le argomentazioni svolte nella memoria depositata dal ricorrente ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c.;
che le spese seguono la soccombenza;
che, risultando il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato con delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli del 23.5.2017, non si applica il raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002;
che d’altra parte la richiesta del Procuratore Generale di revoca di detta ammissione ai sensi dell’articolo 136, secondo comma, d.p.r. n. 115/2002 non può trovare accoglimento, in quanto i precedenti di questa Corte nn. n.18808/2016, 18809/2016 e 18810/2016 impediscono di ravvisare gli estremi della mala fede o della colpa nella presentazione del presente ricorso per cassazione (anteriore alla pubblicazione delle sentenze di questa Sezione menzionate all’inizio di pag. 3 della presente ordinanza).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 645, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

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