Ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato, il criterio determinante è proprio quello della subordinazione, intesa come vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore al potere direttivo del datore, con conseguente limitazione della sua autonomia, mentre altri elementi quali assenza di rischio, retribuzione, orari, possono avere una portata solo sussidiaria
Sentenza 2 ottobre 2017, n. 22984
Data udienza 4 aprile 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere
Dott. LORITO Matilde – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8798-2012 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)) P.IVA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 479/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 15/04/2011, R. G. N. 391/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per l’inammissibilita’ e in subordine per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) impugnava la sentenza n.821/08 con la quale il Tribunale di Grosseto aveva respinto la sua domanda diretta all’accertamento della natura subordinata del rapporto di agenzia, intercorso dal 16.7.03 al 28.10.05 con (OMISSIS) nella mansione di capo reparto preposto a succursale (o negozio finanziario in (OMISSIS)), con preteso inquadramento in area prof. 3, livello 2 CCNL, per sentir condannare la stessa al pagamento delle differenze retributive maturate in tale periodo, e dichiarare l’illegittimita’ o la nullita’ del recesso, con reintegra e riammissione nel posto di lavoro e risarcimento del danno ex articolo 18 Stat. Lav..
Sosteneva infatti l’erroneita’ della sentenza rilevando che alla luce delle risultanze documentali e dei numerosi testi escussi era emersa la natura subordinata del rapporto.
Resisteva la Banca.
Con sentenza depositata il 15.4.2011, la Corte d’appello di Firenze respingeva il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’ (OMISSIS), affidato a due motivi.
Resiste la Banca con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2094 c.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Lamenta che la sentenza impugnata non considero’ adeguatamente che mentre in base al contratto di assunzione egli doveva limitarsi a collocare fuori sede taluni strumenti finanziari, in realta’ li gestiva ed operava direttamente su di essi con il cliente, svolgendo attivita’ tipica del dipendente di banca, nei cui confronti metteva a disposizione le sue energie lavorative per tutta la giornata, garantendo l’apertura ed il funzionamento dell’ufficio di (OMISSIS).
Evidenzia che la distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo risiede nella messa a disposizione delle energie lavorative in favore del datore di lavoro e non gia’ nella fornitura di un opus; che egli si avvaleva dell’organizzazione della Banca; aveva un orario di lavoro (connesso all’apertura e chiusura del negozio finanziario); riceveva un compenso mensile fisso; non aveva alcun rischio imprenditoriale.
Lamenta che la corte fiorentina non aveva in alcun modo esaminato la soggezione dell’ (OMISSIS) alle direttive del datore di lavoro.
1.1- Il motivo e’ in larga parte inammissibile e per il resto infondato.
Inammissibile avendo questa Corte piu’ volte affermato, con riferimento al vecchio testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che il controllo di logicita’ del giudizio di fatto, ivi compreso quello inerente l’interpretazione degli atti negoziali e quello denunciato sub violazione dell’articolo 115 c.p.c. e/o articolo 116 c.p.c. (cfr. Cass. n. 15205/14, Cass. n. 12227/13), consentito dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realta’, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimita’; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilita’ per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa. Ne’, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le e’ demandato, ma inevitabilmente compirebbe un (non consentito) giudizio di merito, se confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie – prendesse d’ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso “sub specie” di omesso esame di un punto decisivo. Del resto, il citato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394; Cass. 5 maggio 2010 n.10833, Cass. n.15205/14).
Infondato in quanto il ricorrente non evidenzia le ragioni per cui gli accertamenti e le considerazioni svolte dalla corte di merito sarebbero erronee o contraddittorie, non considerando che la prova dell’esistenza della subordinazione, caratterizzata essenzialmente dalla soggezione del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro (Cass.18.12.96 n.11329, Cass.30.10.97 n.10704, Cass.11.6.99 n.5787, Cass.15.6.99 n.5960, Cass.11.9.2000 n.11936), grava sul lavoratore, non rilevando dunque se la corte di merito abbia correttamente o meno esaminato tale circostanza, essendo onere dell’attuale ricorrente dimostrare di aver fornito la relativa prova e che questa non sia stata esaminata (o ben valutata e per quale ragione) dalla sentenza impugnata.
Deve chiarirsi che secondo il riferito e consolidato orientamento di legittimita’, ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato, il criterio determinante e’ proprio quello della subordinazione, intesa come vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore al potere direttivo del datore, con conseguente limitazione della sua autonomia, mentre altri elementi, quali l’assenza di rischio, la forma della retribuzione, l’osservanza di un orario, possono avere una portata solo sussidiaria, postulando la subordinazione la necessita’ che la prestazione d’opera sia regolata nel suo svolgimento, e che quindi il potere direttivo del datore inerisca all’intrinseca esecuzione della prestazione.
[……..segue pag. successiva]
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