Consiglio di Stato

Sezione IV

Sentenza 2 febbraio 2012, n. 615

 

Fatto

Con l’appello in esame, la società P. Pa. (già soc. S. T s.r.l.) impugna la sentenza 16 novembre 2011 n. 1690, con la quale il TAR per la Toscana, sez. III, ha respinto il ricorso proposto avverso l’ordinanza 31 gennaio 1996 n. 18, con la quale il Sindaco del Comune di Chiusi ha ingiunto la demolizione di una pensilina realizzata su un immobile di sua proprietà, in loc. Querce al Pino.

La sentenza appellata afferma:

– la tettoia, realizzata allo scopo di migliorare la funzionalità di un complesso commerciale e di garantire l’idonea protezione dagli agenti atmosferici delle operazioni di carico e scarico delle merci, per la sua conformazione “risulta in contrasto con quanto autorizzato con autorizzazione edilizia n. 1213/93, con la quale si prevedeva l’installazione di una tettoia estensibile e cioè di una struttura portante costituita da elementi telescopici metallici da estendere solamente durante le operazioni di carico e scarico merci, senza sostegni fissi al suolo”;

– stante la conformazione del realizzato, “non sussistono i presupposti per ritenere che il manufatto in questione sia qualificabile come pertinenziale”, trattandosi invece di una “struttura permanente”, quanto alla sua funzione e alle sue caratteristiche costruttive;

– stante la natura rigidamente vincolata degli atti sanzionatori in materia edilizia, non vi è necessità del previo invio della comunicazione di avvio del procedimento.

Avverso tale decisione, sono proposti i seguenti motivi di appello:

a) erronea e comunque contraddittoria pronuncia circa un punto decisivo della controversia; violazione e falsa applicazione artt. 7 e 8 l. n. 241/1990, poiché “l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento deve essere rispettato anche con riferimento ai provvedimenti di demolizione”;

b) erronea e comunque contraddittoria pronuncia circa un punto decisivo della controversia; poiché il regolamento edilizio comunale vigente all’epoca dei fatti, integrato dalla deliberazione del Consiglio Comunale di Chiusi 22 aprile 1994 n. 29, “nel disciplinare all’art. 3.1.3 le “opere soggette ad autorizzazione”, ricomprendeva . . . tra tali opere proprio le pertinenze intese come “manufatti destinati in modo durevole a servizio o a ornamento dell’edificio principale”, e tra queste rientrano (punto C3 dell’art. 3.1.3), proprio le pensiline, senza alcuna distinzione tra pensilina estensibile costituita da elementi telescopici e pensilina fissa realizzata con pannelli di copertura in plastica su pali di ferro. Ne consegue che la pensilina in oggetto, quale pertinenza, è soggetta ad autorizzazione edilizia e, come tale, non suscettibile di sanzione demolitoria. Peraltro, tale è stata la conclusione cui è pervenuto il giudice penale, che ha assolto dal reato di costruzione abusiva.

Si è costituito in giudizio il Comune di Chiusi, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’odierna udienza in Camera di Consiglio, ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 60 c.p.a., il Collegio ha trattenuto la causa in decisione per il merito.

Diritto

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Occorre innanzi tutto osservare, in punto di fatto, che la pensilina oggetto del provvedimento di demolizione impugnato in I grado, è costituita “da travi in ferro con copertura in materiale plastico, che per la parte posteriore poggia al suolo in adiacenza al fabbricato e per la parte anteriore poggia sul muro di tenuta in c.a. di fronte al fabbricato”.

L’opera realizzata, per un verso, appare diversa da quella assentita con autorizzazione edilizia n. 1213/1993, avente ad oggetto l’installazione di una tettoia estensibile; per altro verso, essa, per estensione e inamovibilità, si presenta come opera permanente comportante una modifica del territorio, abbisognevole pertanto di concessione edilizia.

Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2011 n. 3134 e 31 marzo 2009, n. 1998), ciò che caratterizza una “nuova costruzione”, è il carattere di stabilità e permanenza del manufatto, tale da implicare una trasformazione del territorio.

Quanto al concetto di “pertinenza”, ai sensi e per i fini di cui all’art. 7 d.l. n. 9/1982, conv. in l. n. 92/1982, tale da richiedere non già la concessione edilizia, bensì la mera “autorizzazione”, la giurisprudenza amministrativa ne ha rilevato la differenza da quello di cui all’art. 817 cod. civ., affermando che esso è caratterizzato sia da un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra cosa accessoria e principale, cioè da un nesso che non consenta, per natura e struttura dell’accessorio, altro che la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole; sia dalle dimensioni ridotte e modeste del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce, per cui soggiace a concessione edilizia la realizzazione di un’opera di rilevanti dimensioni, che modifica l’assetto del territorio e che occupa aree e volumi diversi rispetto alla “res principalis”, indipendentemente dal vincolo di servizio o d’ornamento nei riguardi di essa (Cons. Stato, sez. II, 12 maggio 1999 n. 729; sez. V, 23 marzo 2000 n. 1600).

Nel caso di specie, il Collegio ritiene che il manufatto in esame non possa essere definito quale “pertinenza”, posto che esso è di notevoli dimensioni (oltre 180 mq. di superficie), è stabilmente collegato al suolo, rappresenta di fatto uno stabile ampliamento dell’immobile cui inerisce ed è tale da comportare una durevole e non irrilevante trasformazione del territorio.

Le considerazioni ora esposte non sono contraddette da quanto previsto dall’art. 3.1.3 del Regolamento edilizio di Chiusi (e dalla delibera del Consiglio Comunale n. 29/1994, che ne costituisce esplicitazione), richiamati dall’appellante con il secondo motivo di appello, posto che, per le ragioni esposte, l’opera non può essere considerata “pertinenza” ai fini urbanistico – edilizi. Né rileva che tra le “pertinenze” siano ricomprese le “pensiline”, dato che tale inclusione, di per sé in astratto non irragionevole, non può che prevedere un limite logico riferito alle dimensioni di tale manufatto, tali da renderlo una trasformazione stabile del territorio.

Deve, infine, osservarsi che, ai fini della qualificazione dell’opera da parte del giudice amministrativo, non rileva quanto deciso dal giudice penale, posto che diversa è la natura dell’illecito considerato.

Infine, attesa la natura vincolata dell’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi, e del conseguente provvedimento che ingiunge la demolizione, non è necessario il previo invio della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 l. n. 241/1990, non essendovi particolari esigenze o conseguenze connesse alla partecipazione procedimentale dell’interessato.

Per le ragioni sin qui esposte, risultano infondati ambedue i motivi di impugnazione proposti (sub a) e b) dell’esposizione in fatto) e, pertanto, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello proposto da P. Pa. s.p.a. (n. 10411/2011 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.
Condanna la società appellante al pagamento, in favore del costituito Comune di Chiusi, delle spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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