Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 7 settembre 2015, n. 4146

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 1677 del 2015, proposto da:

GU.MA., rappresentato e difeso dall’avv. Um.Ca., con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);

contro

COMUNE DI LEONESSA E UNIVERSITA’ AGRARIA DI SAN VITO (ASBUC -AMMINISTRAZIONE SEPARATA DEI BENI DI USO CIVICO), in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, non costituiti in giudizio;

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall’avv. St.Ri., con la quale è elettivamente domiciliata in Roma, Via (…);

nei confronti di

D’A.FE., rappresentato e difeso dall’avv. Da.Gu., con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. II bis, n. 1498 del 28 gennaio 2015, resa tra le parti, concernente delle elezioni del 19 e 20 ottobre 2014 per il rinnovo del consiglio di amministrazione dell’Ausbuc di San Vito di Leonessa;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e del sig. Felice D’Adamo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Fe.Te. ed altri;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

 

FATTO E DIRITTO

 

1. Il sig. Ma.Gu., nella qualità di residente nel territorio di San Vito di Leonessa, nonché utente, in quanto titolare del diritto di uso civico sui terreni facenti parte del patrimonio gestito dall’AUSBUC di San Vito di Leonessa, iscritto nelle liste elettorali del Comune di Leonessa e candidato alla carica di consigliere del Consiglio di Amministrazione della predetta AUSBUC, giusta lista n. 2 del 26 maggio 2012, ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio l’annullamento delle elezioni svoltesi il 19 ed il 20 ottobre 2014 per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione dell’AUSBUC di San Vito di Leonessa, del relativo scrutinio e della proclamazione degli eletti alla carica di presidente del sig. Fe.D’A. e del consigliere An.Vi., oltre che di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.

A sostegno dell’impugnativa proposta personalmente, senza patrocinio tecnico – legale, il ricorrente ha dedotto innanzitutto l’omessa prova dell’alfabetismo nei confronti del sig. An.Vi., la mancata partecipazione alla competizione elettorale delle due liste già presentate il 26 maggio 2012, l’illegittima accettazione da parte dei sig. Fe.D’A. e An.Vi. della candidatura in più liste (l’una presentata il 26 maggio 2012, mai annullata, contestata o revocata, l’altra il 19 ottobre 2014) nonché l’illegittimità delle operazioni di scrutinio a causa di macroscopici errori contenuti nel relativo verbale.

2. L’adito tribunale, sez. II bis, con la sentenza n. 1498 del 28 gennaio 2015, nella resistenza della Regione Lazio e del sig. Fe.D’A., ha dichiarato inammissibile il ricorso proprio per il fatto di essere stato proposto dall’interessato senza il necessario patrocinio di avvocato, sottolineando al riguardo che non ricorreva alcuna delle fattispecie eccezionali di esenzione dal c.d. patrocinio obbligatorio, neppure quella concernente i giudizi elettorali di cui all’art. 23 c.p.a., che concerneva soltanto le controversie in materia di elezioni comunali, provinciali, regionali e per il rinnovo del membri del Parlamento europeo.

3. L’interessato ha chiesto la riforma di tale sentenza alla stregua di due motivi di gravame, con il primo dei quali ha dedotto l’erroneità della declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado, sostenendo per converso che, vertendosi in materia elettorale, in primo grado doveva ritenersi pienamente ammissibile la difesa personale, mentre con il secondo ha sostanzialmente riproposto le censure formulate con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Ha resistito al gravame sia la Regione Lazio, che ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, sia il sig. Fe.D’A. che ne dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza.

4. All’udienza in camera di consiglio del 24 giugno 2015, fissata per la decisione sull’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, la Sezione ha informato le parti dell’intenzione di decidere la causa direttamente nel merito e, dopo la rituale discussione, ha trattenuto in decisione l’affare.

5. L’appello è infondato, potendo pertanto prescindersi dall’esame dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Regione Lazio.

5.1. Secondo le disposizioni dei commi 1 e 2 dell’art. 22 c.p.a., ricognitive di una precedente regola generale preesistente all’entrata in vigore del nuovo codice del processi amministrativo, davanti agli organi della giurisdizione amministrativa le parti devono valersi obbligatoriamente del ministero di avvocati e, davanti al Consiglio di Stato, di avvocati ammessi al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori.

Il giudice delle leggi ha avuto modo di evidenziare che l’assistenza tecnica obbligatoria costituisce il riflesso dell’inviolabilità del diritto di difesa predicato dall’art. 24, comma 2, Cost.; rappresenta una regola generale cui la legge può derogare (salvo il limite dell’effettività della garanzia della difesa su un piano di uguaglianza); è irrinunciabile e non contrasta con l’art. 6 della CEDU nella parte in cui sancisce il diritto all’autodifesa, posto che esso non assume valenza assoluta (Corte cost., 22 dicembre 1980, n. 188; 3 ottobre 1979, n. 125; Cass. civ. (ord.), sez. II, 9 giugno 2011, n. 12570).

Sono pertanto da considerare eccezioni alla regola sul patrocinio obbligatorio, i casi di difesa personale della parte previsti dall’art. 23 c.p.a. (in materia di accesso, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione europea di circolare nel territorio degli Stati membri), che proprio in quanto tali non ammettono interpretazione estensiva o analogica.

5.2. Ciò posto, la sentenza impugnata non merita le critiche che le sono state appuntate.

Deve sottolinearsi infatti nel novero dei “giudizi in materia elettorale”, per i quali è eccezionalmente ammessa la difesa personale, non può farsi rientrare genericamente qualunque tipo di controversia elettorale a qualsiasi ente si riferisca, come sostanzialmente insinua l’appellante, non essendoci in tal senso alcun significativo ed univoco elemento indiziante, né potendo ammettersi una generale valenza extracodicistica della peculiare previsione di cui si tratta, valenza che, a tutto concedere, sarebbe in ogni caso priva di qualsiasi utilità.

Sotto un profilo logico – sistematico la previsione contenuta nell’articolo 23 c.p.a. (collocata nelle “Disposizioni generali” di cui al primo libro del codice del processo amministrativo) deve essere pertanto coordinata con le altre disposizioni codicistiche che disciplinano i riti speciali ed in particolare, per quanto qui interessa, con l’art. 130 c.p.a., che riguarda le controversie in tema di operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo, così che la possibilità della difesa personale è da ammettersi esclusivamente per tali tipi di controversie, tra le quali non rientra quella di cui si discute (ciò del resto in sostanziale continuità con le disposizioni che, prima dell’emanazione del codice del processo amministrativo, disciplinava la materia e cioè articolo 3 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147, e art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034).

E’ appena il caso di aggiungere che, alla stregua del delineato quadro logico (cronologico) e sistematico in cui si colloca la disposizione dell’art. 23 c.p.a. e della natura eccezionale di quest’ultima, è priva di qualsiasi rilevanza la mera previsione contenuta nel decreto commissariale del 4 settembre 2014 di convocazione dei comizi elettorali ovvero nello stesso statuto dell’AUSBUC di Leonessa, prodotto in giudizio dall’interessato, secondo cui alle elezioni del presidente e del consiglio di amministrazione dell’AUSBUC si applica, ove fosse necessario e per quanto applicabile, la normativa in tema elettorale comunale (con popolazione inferiore a 15.000 abitati), trattandosi peraltro di una previsione contenuta in un provvedimento amministrativo ovvero in atto di natura regolamentare, privi della forza necessaria per derogare o integrare una fonte normativa di grado superiore.

6. In conclusione l’appello deve essere respinto, ma l’assoluta peculiarità e novità della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal sig. Ma.Gu. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II bis, n. 1498 del 28 gennaio 2015, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno – Presidente

Carlo Saltelli – Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi – Consigliere

Doris Durante – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere

Depositata in Segreteria il 7 settembre 2015.

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