Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza n. 26418 del 18 giugno 2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 6.4.2011, il Tribunale di Messina ha ritenuto G. S. colpevole di una serie di contravvenzioni in materia di sicurezza del lavoro e, ritenuta la continuazione tra le stesse, lo ha condannato, con le attenuanti generiche, alla pena – sospesa – di €. 800,00 di ammenda.
Il Giudice di merito ha ritenuto la regolarità della notifica del verbale di ammissione al pagamento redatto dalla P.A., rilevando il ritardo nel pagamento rispetto al termine concesso; ha inoltre ritenuto che non potesse assumere alcun rilievo giustificativo la circostanza di fatto secondo cui l’imputato risiedeva in un’altra abitazione.
2. La sentenza è stata impugnata davanti alla Corte d’Appello di Messina che, i qualificando l’appello come ricorso per cassazione, ha disposto la trasmissione degli atti a questa Corte Suprema.
2.1 Con un primo motivo il ricorrente denunzia la nullità della sentenza per nullità della notifica del verbale di contravvenzione, eseguita personalmente presso l’abitazione e non già presso la sede legale della società, di cui egli era il legale rappresentante: in tal modo, a dire del ricorrente, è stato violato il principio di cui all’art. 145 cpc.
2.2 Con un secondo motivo afferma che il pagamento in ritardo della sanzione amministrativa applicata in qualità di legale rappresentante della S. non è alcun modo a lui imputabile perché il relativo verbale di contestazione era stato notificato in luogo diverso dalla sede sociale per cui egli ne aveva avuto conoscenza con diversi giorni di ritardo dalla data di consegna del plico fatta alla madre L. C. che non era neppure incaricata alla ricezione degli atti diretti alla società. E a riprova della buona fede, osserva che il pagamento della sanzione fu da lui eseguito non appena venuto a conoscenza del verbale, con pochi giorni di ritardo, anche perché se egli avesse inteso violare le prescrizioni, avrebbe certamente omesso il pagamento.
2.3 Con un terzo motivo il G. S. denuncia l’erronea valutazione delle prove sotto molteplici aspetti rilevando in particolare che la madre aveva riferito sulle ragioni della mancata consegna del verbale all’interessato, peraltro in trasferta per lavoro; ancora, segnala la deposizione del teste R. i il quale ha confermato l’assenza per motivi di lavoro dell’imputato all’epoca della notifica del verbale.
Il ricorrente ha depositato una memoria difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’impugnazione di sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda, e come tale inappellabile (art. 593 comma 3 cpp), va senz’altro qualificata come ricorso per cassazione per il principio del favor impugniationis e di conservazione degli atti processuali (art. 568 cpp). Nei caso di specie, quindi, l’impugnazione contro la sentenza del Tribunale di Messina, proposta dal difensore, correttamente è stata inoltrata a questa Corte.
2. Ciò premesso, il ricorso è inammissibile sotto tutti i profili.
Quanto al primo motivo relativo alla nullità della notificazione del verbale di contravvenzione, va osservato che, come già affermato da questa Corte, a norma del D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 24 le contravvenzioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro si estinguono se il contravventore adempie alla prescrizione imposta dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato provvede al pagamento previsto nel termine di trenta giorni. L’operatività della causa di estinzione è quindi subordinata al verificarsi delle due condizioni imposte dalla legge: adempimento delle prescrizioni e È pagamento. Il mancato rispetto anche di una sola delle due condizioni impedisce la realizzazione dell’effetto estintivo, Da ciò consegue che è onere del contravventore attivarsi per la realizzazione dell’effetto estintivo. Il contravventore ovviamente per potere pagare deve conoscere l’ammontare della sanzione e deve ricevere l’invito al pagamento Tale invito non richiede particolari procedure essendo sufficiente una modalità idonea a raggiungere il risultato (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 41073 del 07/07/2011 Ud. dep. 11/11/2011 Rv. 251297; Sez. 3, Sentenza n. 38680 del 08/072004 Ud. dep. 01/10/2004 Rv. 229628).
Nel caso di specie dalla sentenza impugnata risulta che il verbale è stato notificato al G. S. a mezzo raccomandata 5.11.2007 con avviso di ricevimento e che l’atto è stato ricevuto dalla madre in qualità di delegata come peraltro espressamente indicato nella relata di notifica.
Trattasi di attestazioni che fanno fede fino a querela di falso, sicché sulla regolarità della notifica non è dato dubitare, rilevandosi che le argomentazioni svolte circa il ritardo nella consegna da parte della madre riguardano accertamenti in fatto che esulano dal sindacato di legittimità.
La seconda e terza censura hanno ad oggetto motivi diversi da quelli consentiti dalla legge: ne consegue l’inammissibilità (cfr. art. 606 ultimo comma cpp).
L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (cass. sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/10/2009 Ud. dep. 10/11/2009; cass. 4, Sentenza n. 18641 del 20/01/2004 Ud. dep. 22/04/2004; sez. un., Sentenza n. 32 del 22/11/2000 Cc. (dep. 21/12/2000).
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dall’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di € 1.000,00 in favore delle Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 15.5.2013.
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