In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall’autonomia privata

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 aprile 2023| n. 9533.

In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall’autonomia privata

In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall’autonomia privata e che si attua attraverso la semplice stipulazione del contratto di compravendita di una unità immobiliare ricadente nel comprensorio, essendo tale adesione – alla quale si ricollega l’assunzione dei corrispondenti obblighi dell’aderente – contemplata sia da una clausola statutaria, che implica il preventivo assenso degli altri proprietari di immobili partecipanti al consorzio, sia dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volontà di partecipare al consorzio del nuovo acquirente.

Ordinanza|7 aprile 2023| n. 9533. In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall’autonomia privata

Data udienza 24 marzo 2023

Integrale
Tag/parola chiave: Consorzi – In genere (nozione, caratteri, distinzioni) consorzio – Obblighi consorziato – Fonte – Titolo di proprietà – Esclusione – Volontaria adesione a contratto aperto di costituzione del consorzio – Sussistenza.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. CATALOZZI Paolo – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 33807-2018 r.g. proposto da:
(OMISSIS), in persone del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS) presso il cui studio e’ elettivamente domiciliata, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore Arch. (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dalla (OMISSIS) – studio legale associato (Avv. (OMISSIS));
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2595-2018, depositata il 18/4/2018 ex articolo 281 sexies c.p.c., non notificata, della Corte d’Appello di Roma;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/3/2023 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall’autonomia privata

RILEVATO CHE

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dalla (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS) e contro la sentenza del Tribunale di Roma n. 19171-2017.
2. Con atto di citazione ritualmente notificato la (OMISSIS) aveva infatti evocato in giudizio il (OMISSIS), sostenendo che: a) in data 29 maggio 2015, l’assemblea consortile aveva approvato i primi punti posti all’ordine del giorno e segnatamente, al punto 2, la ristrutturazione dell’impianto idrico e, al punto 3, il rifacimento dell’impianto di distribuzione idrica; b) che tali deliberazioni erano viziate in quanto: 1) il presidente e il vicepresidente erano privi del potere di convocare l’assemblea straordinaria e di dirigerla perche’ dimissionari; 2) le votazioni erano state precedute da delibera che a maggioranza aveva limitato l’intervento dei partecipanti in assemblea a solo cinque minuti ciascuno, cosi’ ledendo il diritto al contraddittorio; 3) quanto deliberato ai punti 1 e 3 non era stato oggetto di argomento inserito all’ordine del giorno, posto che in quest’ultimo si era indicato come argomento di discussione la ristrutturazione dell’impianto idrico, mentre al contrario era stato deliberato il rifacimento ex novo dello stesso; 4) i predetti deliberati avevano avuto ad oggetto un’attivita’ non prevista dallo Statuto, che attribuiva invece al Consorzio il solo potere di mantenere l’impianto e non di sostituirlo; 5) non era stato raggiunto il quorum deliberativo per le assemblee straordinarie, come previsto dalla normativa in materia di condominio; 6) l’assemblea era priva del potere di decidere il collocamento di un nuovo serbatoio su altra superficie, in quanto tale potere presupponeva alcune attivita’ di natura negoziale – qual e’ la costituzione di servitu’ – che avrebbero richiesto il consenso di tutti i partecipanti; 7) non sussisteva il quorum previsto in materia di innovazioni; 8) mancavano tabelle approvate e mancava il quorum atteso che taluni consorziati si trovavano in conflitto interesse, in quanto impegnati in proprio con un nuovo consorzio a realizzare a loro spese le opere di urbanizzazione, quali le opere di distribuzione idrica; 8) non erano state approvate ancora le tabelle millesimali, nonostante fossero state oggetto di numerose discussioni; 9) era cessato il vincolo consortile alla luce della delibera della Giunta della Regione Lazio n. 4409-97, che aveva consentito ad ogni consorziato di ottenere la concessione edilizia, senza il concorso dei proprietari delle aree edificate e, piu’ in particolare, stante il diritto di recesso esercitato da essa attrice (che non aveva aderito al progetto di lottizzazione), con la conseguenza che le delibere consortili non le erano opponibili. Sulla base di tali premesse, la (OMISSIS) chiedeva pertanto al Tribunale che fosse annullata ovvero dichiarata nulla la delibera consortile sopra descritta.
2. Il Tribunale di Roma, con la sentenza indicata, respingeva la domanda attrice.
3. Proposto appello da parte della (OMISSIS), la Corte territoriale di Roma, nel respingere il gravame cosi’ proposto, ha osservato, per quanto qui ancora di interesse, che: i) non era stata contestata in giudizio la qualificazione attribuita dal primo giudice al (OMISSIS), quale consorzio di urbanizzazione; ii) i consorzi di urbanizzazione – consistenti in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche che, preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi – rappresentano figure atipiche, nelle quali i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realita’, sicche’ il giudice, nell’individuare la disciplina applicabile, deve avere riguardo, in primo luogo, alla volonta’ manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga, alla normativa delle associazioni ovvero della comunione, con la conseguenza che, qualora lo statuto preveda la cessazione dell’appartenenza al consorzio per intervenuta alienazione del diritto reale ed il subingresso dell’acquirente nei diritti e negli obblighi dell’alienante, il nuovo proprietario subentra nel debito per le quote consortili, che rappresenta una obbligazione propter rem, senza necessita’ della dichiarazione di recesso ovvero della deliberazione di esclusione, prescritte dall’articolo 24 c.c. in materia di associazione; iii) il Tribunale capitolino si era attenuto ai principi da ultimo ricordati e denunciati dalla giurisprudenza di legittimita’, in materia di qualificazione di consorzi di urbanizzazione e in tema della conseguente normativa applicabile; iv) il secondo motivo di gravame – con il quale si contestava la legittimita’ della delibera consortile di approvazione del progetto di ristrutturazione dell’impianto idrico ed il progetto di ristrutturazione della rete di distribuzione, benche’ lo statuto consortile prevedesse tra i compiti del Consorzio solo la manutenzione dell’impianto stesso – era infondato, in quanto: a) era stato lo stesso giudice di primo grado ad osservare che era stato lo Statuto ad attribuire all’assemblea il potere non solo di approvare le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto idrico, ma anche di provvedere a deliberare – in quanto organo che rappresentava la volonta’ del consorzio – l’escavazione di un altro pozzo in un’altra parte della zona di lottizzazione, in caso di necessita’, ove l’alimentazione idrica fosse divenuta di fatto insufficiente; b) l’articolo 1, lettera c, dello statuto specificava inoltre che tra gli scopi del Consorzio vi era quello di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria, all’esercizio e al mantenimento in efficienza dell’impianto idrico di proprieta’ comune, curando sia l’esecuzione degli attacchi, sia la posizione delle bocche tarate e dei contatori; c) l’articolo 5, numero 2, dello Statuto stabiliva inoltre che il Consorzio assumeva la gestione amministrativa, l’amministrazione ordinaria e straordinaria e la distribuzione dell’acqua; d) l’articolo 2 dello Statuto prevedeva, inoltre, che il Consorzio aveva il compito di provvedere anche all’escavazione di altro pozzo ovvero di altri successivi pozzi in altra parte della zona di lottizzazione, senza possibilita’ di opposizione da parte di qualsiasi lottista, in caso di necessita’, ove l’alimentazione idrica fosse divenuta insufficiente, al fine di garantire una corretta e sufficiente erogazione a favore di tutti i consorziati; e) da tali previsioni statutarie si evinceva, dunque, che, avendo il Consorzio lo scopo precipuo di provvedere al servizio di distribuzione dell’acqua, rientrava tra i suoi compiti (e di conseguenza nella competenza dell’assemblea, quale suo organo deliberante), non solo la manutenzione, bensi’ anche la ristrutturazione dell’impianto e della rete idrica, quali necessarie operazioni volte ad assicurare l’efficienza del servizio idrico; f) anche l’ulteriore obiezione sollevata dall’appellante, in relazione al rilievo che la delibera impugnata avrebbe inciso sul diritto di un terzo (il consorziato (OMISSIS)), con conseguente rinuncia ad una servitu’ consortile su di un immobile di proprieta’ altrui (lo stesso consorziato (OMISSIS)) doveva considerarsi doglianza palesemente inconsistente, in quanto, da un lato, la riferita incisione del diritto di un terzo avrebbe potuto essere denunciata solo dal terzo stesso, in ipotesi leso, e, dall’altro, perche’ nella delibera non vi era traccia alcuna di una presunta volonta’ alla rinuncia ad una servitu’ ancora in essere; v) anche il terzo motivo di gravame – articolato dall’appellante (OMISSIS) in ordine alla statuizione contenuta nella sentenza di primo grado nella parte in cui quest’ultima aveva ritenuto che non vi fosse distinzione nello Statuto tra maggioranze con efficacia deliberativa in consesso ordinario ovvero straordinario e che tutte le assemblee potessero dunque deliberare con la maggioranza semplice dei presenti – non era condivisibile, in quanto, secondo i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimita’, non potevano trovare applicazione le norme codicistiche in materia di condominio e doveva, invece, farsi capo alla disciplina pattizia contenuta nello Statuto, con la conseguenza che, ove lo statuto consortile – come gia’ correttamente rilevato dal primo giudice – non contempli la distinzione tra assemblee (e deliberazioni) ordinarie e straordinarie, ma preveda diversamente che l’assemblea, senza specificare gli oggetti su cui la stessa e’ chiamata a deliberare, sia validamente costituita, in seconda convocazione, se e’ presente un terzo di consorziati e che delibera in prima e in seconda convocazione con la votazione della maggioranza semplice degli utenti intervenuti, allora dovra’ darsi prevalenza alla volonta’ negoziale dei consorziati, per come espressa nello statuto consortile; ha altresi’ evidenziato, sempre sul punto qui da ultimo in discussione, che la parola straordinaria, nell’incipit della clausola statutaria, risultava cancellata e cio’ non poteva avere altro ragionevole significato che la volonta’ dei paciscienti consorziati indirizzata a non operare distinzioni tra delibere di natura ordinaria e straordinaria e di stabilire dunque un unico quorum costitutivo e un unico quorum deliberativo per qualsivoglia deliberazione assembleare; vi) anche il quinto motivo di gravame – con il quale la (OMISSIS) appellante aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto legittima la deliberazione di approvazione del progetto di escavazione di un pozzo nuovo per la presenza di arsenico nelle acque, sul rilievo che lo statuto consortile consentiva di scavare un nuovo pozzo soltanto nella diversa ipotesi di insufficienza delle attuali sorgenti idriche – era infondato giacche’ l’escavazione del pozzo rientrava nell’ambito della progettata e deliberata ristrutturazione idrica, la quale era finalizzata all’efficientamento del servizio idrico che, per statuto, rappresentava un compito tipico del (OMISSIS); vii) l’ulteriore motivo di impugnazione, relativo alla censura della sentenza di primo grado nella parte in cui quest’ultima avrebbe omesso di considerare la posizione di conflitto di interessi (in cui si sarebbero trovati alcuni consorziati che avevano concorso all’approvazione delle deliberazioni impugnate), non aveva comunque pregio alcuno, atteso che il conflitto di interessi, laddove fosse previsto, risultava rilevante solo nell’ipotesi in cui vi fossero state deliberazioni assembleari che avessero potuto recare danno all’ente collettivo, ai sensi del disposto normativo di cui all’articolo 2376 c.c., ipotesi che, nella specie, non era ricorrente posto che non era stato dedotto alcun pregiudizio ne’ risultava ravvisabile comunque alcun pregiudizio in danno per il consorzio; viii) anche l’ulteriore obiezione in tema di ripartizione delle spese era infondata, al pari degli altri motivi di gravame, in quanto, fintanto che non fossero state approvate le nuove tabelle millesimali, dovevano continuare a trovare applicazione le tabelle precedenti, cosiddette consuetudinarie, pena, diversamente ragionando, la paralisi dell’organo assembleare e perche’ comunque nulla era stato dedotto circa l’eventuale erroneita’ ovvero illegittimita’ delle tabelle applicate; ix) il sesto motivo di appello – con il quale si censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui quest’ultima aveva ritenuto che non fosse venuto meno lo scopo del consorzio – non era accoglibile, in quanto il (OMISSIS) era stato costituito a tempo indeterminato, non solo con lo scopo di stipulare con il Comune la convenzione per la lottizzazione e l’edificazione delle aree che ne facevano parte, ma, altresi’, con lo scopo di eseguire le opere di urbanizzazione primaria e secondaria per provvedere ai servizi comuni tra cui, in primis, la distribuzione dell’acqua, servizio fondamentale per la vivibilita’ delle abitazioni e pertanto tale scopo non poteva dirsi esaurito finche’ detti i servizi non fossero stati assunti e gestiti direttamente da un ente pubblico, circostanza quest’ultima che non risultava essere accaduta nel caso in esame, con la conseguenza che i proprietari dei lotti ricompresi nell’area del Consorzio rimanevano astretti dal vincolo associativo in quanto tali e dunque soggetti alle obbligazioni consortili per la gestione dei servizi comuni, potendo far cessare la loro appartenenza al consorzio solo con l’alienazione del diritto reale, che implicava l’automatico subingresso dell’acquirente nei diritti e negli obblighi dell’alienante, e cosi’ anche nel debito per le quote consortili, che rappresenta una obbligazione propter rem.
2. La sentenza, pubblicata il 18.4.2018, e’ stata impugnata da (OMISSIS) con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.

In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall’autonomia privata

CONSIDERATO CHE

1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e seg. c.c. e dell’articolo 36, medesimo codice, nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con violazione degli articoli 184 bis e 345 c.p.c. e “con nullita’ del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4 per violazione di legge e gradatamente violazione e/o falsa applicazione sub articoli 113, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 “.
1.1 Il motivo per come articolato e’ inammissibile.
1.1.1 La ricorrente sostiene che la delibera consortile impugnata sia affetta da eccesso di potere per avere l’assemblea consortile deliberato la ristrutturazione dell’impianto idrico, al di fuori delle statuizioni previste nello statuto del consorzio, evidenziando cosi’ due presunte violazioni in cui sarebbe incorsa la Corte di appello di Roma nella ricostruzione della vicenda ancora oggi sub iudice: la prima concernente la violazione delle norme statutarie per un’errata interpretazione delle stesse e contestualmente anche per l’omesso esame delle predette norme statutarie; la seconda – in cui sarebbe incorso sempre il giudice del gravame – riguarderebbe, invece, l’errata individuazione dei beni consortili, in quanto l’impianto idrico non sarebbe rientrato, in thesi, tra quelli previsti dalla convenzione.
1.1.2 Le censure ricultano, all’evidenza, inammissibili perche’ richiedono a questa Corte di legittimita’ una nuova interpretazione delle norme statutarie e conseguentemente una nuova valutazione di merito, che non rientra, come noto, nella cognizione del giudice di ultima istanza.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimita’ non puo’ investire il risultato interpretativo in se’, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicita’ della motivazione addotta, con conseguente inammissibilita’ di ogni critica alla ricostruzione della volonta’ negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Sez. 3, sentenza n. 2465 del 10/02/2015; n. 2074 del 2002; vedi: n. 4178 del 2007, n. 22801 del 2009, n. 25866 del 2010). A cio’ va aggiunto che – ai fini della censura di violazione dei predetti canoni ermeneutici – non e’ peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma e’ necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso le quali il giudice se ne e’ discostato, nonche’, in ossequio al principio di specificita’ ed autosufficienza del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorche’ la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora cio’ non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire (cfr. anche Sez. 3, Sentenza n. 10891 del 26/05/2016). In ogni caso, quando di una clausola siano possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (cfr. anche Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 2007). Ne consegue che, in tal caso, le censure non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiche’ quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
1.1.4 Cio’ posto, osserva il Collegio che il giudice di appello, con motivazione adeguata e scevra da criticita’ argomentative, aveva evidenziato nel provvedimento poi impugnato e tramite l’interpretazione sistematica delle clausole negoziali contenute nello statuto consortile, che era lo stesso statuto ad aver attribuito all’assemblea il potere non solo di approvare le spese di manutenzione ordinarie e straordinarie, ma anche di provvedere alla deliberazione della escavazione di un altro pozzo, nelle ipotesi di necessita’, ove, cioe’, l’alimentazione idrica fosse stata insufficiente. Ed invero, il giudice del gravame ha infatti evidenziato che, a mente dell’articolo 1, lettera c, dello Statuto, tra gli scopi del consorzio vi era anche quello di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria e al mantenimento in efficienza dell’impianto idrico di proprieta’ comune, mentre l’articolo 5, numero 2, sempre dello statuto consortile stabiliva che il consorzio assumeva la gestione amministrativa, ordinaria e straordinaria, e la distribuzione dell’acqua ed infine l’articolo 2 dello statuto prevedeva proprio la possibilita’ per il consorzio di effettuare l’escavazione di un’altro pozzo, con la conseguenza che la Corte territoriale aveva ritenuto che, avendo il consorzio lo scopo precipuo di provvedere al servizio di distribuzione dell’acqua, rientrasse tra i suoi compiti e dunque anche nella competenza della assemblea, quale suo organo deliberante, non solo la manutenzione, bensi’ anche la ristrutturazione degli impianti e della rete idrica, e cio’ perche’ necessario ad assicurare l’efficienza del servizio.
Ebbene, la Corte di appello ha, sul punto qui in esame, svolto un’indagine in fatto, in ordine all’interpretazione del contenuto delle predette clausole negoziali, interpretazione che non e’ piu’ sindacabile in questo giudizio di legittimita’, se non nei modi e nei termini previsti dalla giurisprudenza di legittimita’ sopra indicata e per la quale occorrerebbe indicare, in maniera specifica, quali siano i canoni interpretativi dettati dagli articoli 1362 seg. c.c. violati nell’esegesi compiuta dal giudice del merito.
Tale allegazione e’ completamente mancata nel caso in esame da parte della ricorrente, la quale si e’ invece limitata a contrapporre all’interpretazione fornita dai giudici del merito un’altra e, secondo l’opinamento del ricorrente, piu’ convincente interpretazione delle clausole statutarie.
Ma tale operazione ermeneutica – per le ragioni gia’ sopra evidenziate (richiamando la giurisprudenza espressa in maniera univoca da questa Corte nella materia in esame) – non e’ tuttavia consentita nel giudizio di legittimita’. La (OMISSIS) ricorrente, nell’esposizione del motivo qui in esame si e’ infatti limitata a prospettare una lettura a se piu’ favorevole delle norme statutarie, omettendo pero’ nel contempo di indicare quali fossero le regole legali di interpretazione asseritamente violate nel percorso esegetico compiuto dalla Corte d’appello e soprattutto omettendo di indicare quale fosse la parte della motivazione impugnata viziata da tale errore interpretativo.
Nel resto le censure attingono valutazioni prettamente meritati, in ordine alla individuazione delle opere rientranti nella convenzione statutaria, profilo sul quale la Corte di appello si e’ invece soffermata con motivazione adeguata ed immune da aporie argomentative, evidenziando le ragioni per le quali anche le opere di ristrutturazione rientravano nella competenza consortile e dunque anche nella potesta’ deliberativa assembleare.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilita’ del primo motivo di doglianza. 2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli articoli 1362 e ss. Cod. civ., nonche’ degli articoli 36 e 1136, commi 2 e 4, c.c. e, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatti decisivi per giudizio, con “violazione di norma processuale ex articolo 360 sub. articoli 184 bis e 345 c.p.c. e/o nullita’ del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4 per violazione di legge – gradatamente articolo 360 c.p.c., n. 3 Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto sub articoli 113, 115 e 116 c.p.c.”.
2.1 Anche il secondo motivo e’ inammissibile per le medesime ragioni gia’ sopra esposte.
2.2 Con il motivo qui in esame la (OMISSIS) ricorrente si duole, ancora una volta, dell’interpretazione dello statuto operata dai giudici del merito, per aver la Corte di appello affermato, cioe’, che lo statuto consortile non contemplava la distinzione tra assemblee (e dunque tra deliberazioni) ordinarie e assemblee (e deliberazioni) straordinarie, ma per aver previsto all’articolo 7 dello statuto che l’assemblea, senza specificare gli oggetti su cui era chiamata a deliberare, era validamente costituita in seconda convocazione, se e’ presente un terzo dei consorziati e che essa delibera in prima e in seconda convocazione era valida con la maggioranza semplice degli intervenuti (articolo 7 della convenzione).
2.3 In realta’, la Corte territoriale ha individuato correttamente la disciplina pattizia di cui all’articolo 7 dello statuto, come quella normativa negoziale applicabile alle assemblee del consorzio, e cio’ nel senso che, nel caso di specie, non potevano trovare applicazioni diversamente le norme dettate in tema di condominio, dovendosi al contrario, far riferimento allo statuto e, solo in seconda battuta, alle norme regolanti le associazioni non riconosciute.
Sul punto e’ necessario ricordare la giurisprudenza espressa da questa Corte, la quale e’ ferma nel ritenere che i consorzi di urbanizzazione (e su questa qualificazione non vi e’ in realta’ controversia tra le parti) rappresentano aggregazioni preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione o la fornitura di opere e servizi, e sono figure atipiche disciplinate principalmente dallo statuto e, solo sussidiariamente, dalla normativa in tema di associazioni non riconosciute e di comunione, non trovando invece applicazione le norme del codice civile in materia di consorzi (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 18792 del 02/07/2021; n. 25394 del 2019).
Orbene, la Corte di appello capitolina ha osservato, in punto di interpretazione dell’articolo 7 della convenzione statutaria, che, essendo stata cancellata la parola straordinaria nell’incipit della clausola statutaria, cio’ non poteva avere altro ragionevole significato che la volonta’ negoziale dei consorziati fosse quella di non operare distinzioni tra delibere di natura ordinaria e delibere di natura straordinaria e di stabilire dunque un unico quorum costitutivo ed un unico quorum deliberativo per tutte le deliberazioni assembleari, e cio’ al fine di permettere al collegio consortile di prendere rapidamente le decisioni.
Si tratta anche in questo caso di un accertamento in fatto che non risulta piu’ sindacabile in questo giudizio di Cassazione, perlomeno nei termini proposti dalla ricorrente che, sul punto qui da ultimo in discussione, si e’ limitata in realta’ a fornire altra, diversa ed alternativa interpretazione della predetta clausola negoziale, sostenendo che la stessa prevedesse diversi quorum deliberativi e costitutivi, a seconda della tipologia di deliberazione adottata dal consorzio, e cio’ senza neanche specificare quali fossero i canoni interpretativi dettati dal codice civile negli articoli 1362 e segg. eventualmente violati dall’interpretazione fornita diversamente dalla Corte territoriale e della quale si contestava la legittimita’.
Ne consegue l’inammissibilita’ anche del secondo motivo di ricorso.
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e segg. c.c., con ulteriore violazione e falsa applicazione degli articoli 1120 e 1136, commi 2 e 4, c.c., e, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per vizio di “omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti” e “gradatamente articolo 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto sub articoli 113, 115 e 116 c.p.c. – gradatamente articolo 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione di norme di diritto sub articoli 113, 115 e 116 c.p.c.”.
3.1 Anche il terzo motivo e’ inammissibile.
3.1.1 Si duole la ricorrente dell’illegittimita’ della delibera consortile per aver approvato la ristrutturazione nell’impianto idrico, a causa della presenza dell’arsenico, allorquando invece nello statuto non era previsto che fosse possibile ristrutturare l’impianto per tale causa, in quanto lo statuto avrebbe previsto tale possibilita’ solo nell’ipotesi di insufficienza delle attuali sorgenti. Lamenta, dunque, la ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe analizzato tale fatto, ovvero l’assenza di una norma statutaria che prevedesse la ristrutturazione dell’impianto idrico, in caso di presenza dell’arsenico.
Ancora una volta la (OMISSIS) ricorrente prospetta una diversa interpretazione, a se’ piu’ favorevole, delle norme statutarie, chiedendo, pertanto, come gia’ avvenuto nei precedenti motivi, a questa Corte di legittimita’ di svolgere una nuova valutazione di merito e senza neanche indicare, ancora una volta, in relazione all’esegesi delle norme statutari di cui si imputa l’erronea lettura alla Corte di appello, quali siano i canoni interpretativi eventualmente violati.
In realta’, la Corte distrettuale, interpretando le norme statutarie, ha evidenziato, del tutto correttamente, che era onere del consorzio garantire una efficiente distribuzione dell’acqua ai suoi terreni, rientrando con tutta evidenza in tale concetto anche la distribuzione di acqua che non contenesse sostanze velenose. Del tutto logicamente, dunque, la Corte di merito ha sottolineato che le opere di ristrutturazione, oggetto di deliberazione da parte dell’assemblea consortile, rientravano nelle operazioni di manutenzione necessarie a rendere l’impianto idrico efficiente per tutti gli utenti.
4. Il quarto mezzo denuncia, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 2373 c.c., nonche’ vizio di illogicita’ della motivazione per omesso esame e travisamento dei fatti e documenti, con violazione dell’articolo 132, n. 4, codice procedura civile e, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di fatti decisivi per la decisione, con conseguente nullita’ della sentenza impugnata. 4.1 Anche il motivo in esame non supera il vaglio di ammissibilita’.
4.1.1 Lamenta la ricorrente il conflitto di interesse dei consorziati (OMISSIS) e (OMISSIS) laddove gli stessi avrebbero ricevuto, secondo l’ipotesi ricostruttiva del ricorrente, un vantaggio dalla delibera consortile oggetto dell’odierno impugnazione, sia perche’ la sua adozione avrebbe comportato una rinuncia alla servitu’ sia perche’ la ripartizione delle spese sarebbe stata eseguita nei confronti di tutti i consorziati e non solo nei confronti dei consorziati che devono ancora edificare e stipulare la convenzione, con cio’ la Corte di appello essendo incorsa nel vizio di omesso esame di tali fatti e di tali deduzioni.
4.1.2 Occorre sul punto ricordare che i giudici del gravame avevano ritenuto che la corrispondente censura sollevata nei confronti della sentenza di primo grado, nella parte in cui, cioe’, avrebbe omesso, secondo la tesi del ricorrente, di considerare la posizione di conflitto di interessi in cui si sarebbero trovati alcuni consorziati, era infondata perche’ il conflitto di interessi rilevava solo nel caso in cui la deliberazione assembleare potesse recare un danno all’ente collettivo, situazione invece insussistente nel caso di specie, in quanto non era stato dedotto ne’ risultava ravvisabile alcun pregiudizio per il consorzio.
4.1.3 Va subito evidenziato che la Corte di merito aveva dunque valutato, con apprezzamento in fatto, la mancata deduzione e la mancata dimostrazione di un pregiudizio per l’ente collettivo.
Rileva il Collegio come la parte ricorrente, con la prospettazione del motivo di ricorso qui in esame, vuole, in realta’, farle ripetere l’apprezzamento in fatto gia’ svolto, in ordine alla sussistenza o meno del pregiudizio in danno del consorzio, proponendo, peraltro, quale danno per i consorziati la circostanza, peraltro del tutto irrilevante, che i consorziati stessi sarebbero stati costretti a pagare i lavori di ristrutturazione, situazione quest’ultima che evidenzia, al piu’, un danno per i consorziati e non gia’ per il consorzio, con cio’ confermando l’ipotesi ricostruttiva accolta nella sentenza qui impugnata con ricorso per cassazione.
A cio’ va aggiunto, come ulteriore motivo di inammissibilita’ della censura in esame, che la (OMISSIS) ricorrente ha omesso di indicare in quale parte della deliberazione impugnata il consorzio avrebbe rinunciato alla servitu’, cosi’ violando peraltro i principi di specificita’ e di autosufficienza del ricorso.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilita’ anche del quarto motivo.
5. La ricorrente propone inoltre un quinto motivo di doglianza con il quale denuncia, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, codice di procedura civile, vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nonche’, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, sempre codice di rito, violazione e falsa applicazione degli articoli 36 e seguenti c.c. e 1372, medesimo codice, nonche’ degli articoli 24 e in via subordinata dell’articolo 2285 codice civile, con ulteriore violazione, in via solo gradata, degli articoli 113, 115 e 116 del codice di rito.
5.1 Il motivo cosi’ proposto e’ infondato.
Si duole la ricorrente della circostanza che la Corte territoriale non avrebbe ne’ considerato ne’ motivato, in ordine al profilo dell’impossibilita’ da parte del consorzio di stipulare la convenzione con il Comune di (OMISSIS), convenzione ormai perorata da altro consorzio (cosiddetto degli (OMISSIS)). Tali fatti sopravvenuti – aggiunge la ricorrente – avrebbero comportato il trasferimento dell’obbligo di stipulare la convenzione edilizia in capo ai consorziati di altro consorzio, giuridicamente distinto ed estraneo da quello originario ed avrebbero inciso certamente sulla durata dello scopo consortile e sugli effetti delle obbligazioni propter rem. Sottolinea ancora la ricorrente che, nel momento in cui l’impegno del consorzio di stipulare la convenzione con il Comune di (OMISSIS) era evidentemente venuto meno, parimenti cessata avrebbe dovuto ritenersi anche la relativa obbligazione propter rem. Aggiunge infine la ricorrente che dovrebbe ritenersi decisiva per la soluzione della controversia la circostanza, invece non presa in considerazione dai giudici dei precedenti gradi, che la (OMISSIS) ricorrente era divenuta parte del (OMISSIS) non gia’ per espresso atto volontario di adesione ne’ per averlo costituito volontariamente con i fondatori, ma esclusivamente in forza di un giudizio, di cui aveva fatto parte il suo dante causa, e cioe’ la societa’ (OMISSIS) s.r.l., celebrato davanti al Tribunale di Roma e conclusosi con una sentenza risalente al 1978. Si evidenzia dunque che la mancata adesione volontaria al (OMISSIS) da parte della (OMISSIS) e l’assenza del relativo obbligo verso la venditrice e propria dante causa avrebbe escluso l’automatica estensione delle disposizioni in materia di condominio alla figura del consorzio, sulla base della prevalenza della natura negoziale del vincolo consortile e della rilevanza dell’aspetto volontaristico del singolo di partecipare o meno all’ente sociale, in modo tale da ammettere il recesso del consorziato dall’ente costituito anche per la gestione di parti e servizi comuni e la revoca della sua volonta’ a farne parte. Con la conseguenza che, diversamente da quanto motivato nella sentenza impugnata, non ricorrerebbe nel caso di specie alcuna obbligazione propter rem in capo ai proprietari di lotti ex consorziati, che non avevano aderito al progetto di lottizzazione e che non avevano stipulato la convenzione con il Comune di (OMISSIS), poiche’ tale obbligazione non avrebbe origine in una legge ne’ poteva essere ricondotta ad una disposizione normativa, tanto piu’ in quanto tale obbligazione non sarebbe riconducibile agli obblighi imposti dalla edificazione in convenzione con (OMISSIS) e tanto piu’ che l’obbligazione non sarebbe nenche riconducileai beni comuni esistenti o futuri della lottizzazione, in quanto nessun bene in comune sarebbe mai venuto in essere e mai avrebbe potuto venire ad esistenza laddove il consorzio non aveva piu’ la possibilita’ di convenire la lottizzazione con il Comune di (OMISSIS) per la loro realizzazione. 5.2 Sul punto e’ necessario ricordare che la giurisprudenza di questa Corte e’ ferma nel ritenere che la fonte degli obblighi del consorziato non discende dal titolo di proprieta’ – e quindi, puo’ aggiungersi, da una obligatio propter rem atipica – ma dalla contrattualizzazione dell’obbligo ovvero dalla imposizione del vincolo nel regolamento condominiale e nel contratto di acquisto, con relativa accettazione della convenzione da parte del proprietario associato che e’ tenuto al pagamento degli oneri consortili, non in quanto proprietario e nemmeno in quanto condomino, ma per la sua volontaria adesione al contratto aperto, per effetto del quale il consorzio e’ stato costituito (Cass. 27 maggio 2019, n. 14440, in motivazione, ove il richiamo a Cass. 19 luglio 2007, n. 16071, non massimata). Infatti, in tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall’autonomia privata e che si attua attraverso la semplice stipulazione del contratto di compravendita di una unita’ immobiliare ricadente nel comprensorio, essendo tale adesione – alla quale si ricollega l’assunzione dei corrispondenti obblighi dell’aderente – contemplata sia da una clausola statutaria, che implica il preventivo assenso degli altri proprietari di immobili partecipanti al consorzio, sia dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volonta’ di partecipare al consorzio del nuovo acquirente (Cass. 22 settembre 2016, n. 18560; Cass. 27 maggio 2019, n. 14440, cit.; v. anche: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27634 del 30/10/2018; Sez. 1, Sentenza n. 9568 del 13/04/2017).
5.3 Alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’ sopra richiamata (e alla quale anche questo Collegio intende aderire), la diversa ricostruzione operata dalla (OMISSIS) ricorrente non risulta in alcun modo condivisibile.
In realta’, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante, ai fini del decidere, affrontare la problematica sull’impossibilita’ o meno di stipulare la convenzione per il Consorzio e dunque l’eventuale venir meno dello scopo consortile, ai fini di valutare la sussistenza o meno delle obbligazioni di pagamento avversate dalla ricorrente e discendenti dallo statuto e dalle delibere assembleari oggetto di impugnazione.
5.4 Come correttamente rilevato anche dalla Corte di appello capitolina, il consorzio di urbanizzazione e’ disciplinato in via diretta e primaria dallo statuto consortile e, in forza del predetto statuto, fanno obbligatoriamente parte del consorzio i proprietari dei lotti di terreni e edifici insistenti nel comprensorio, siano esse persone fisiche o giuridiche e, in caso di trasferimento di proprieta’, nell’atto di vendita e’ necessario richiamare espressamente l’obbligo per il nuovo acquirente di partecipare al consorzio con tutti gli obblighi di cui allo statuto consortile. Con la conseguenza che le norme statutarie identificano i soggetti facenti parte del consorzio e, nel contempo, affermano che la qualita’ di consorziato e’ legata alla titolarita’ del lotto ricompreso nel comprensorio. Ne consegue che la sopravvenuta dedotta volonta’ della (OMISSIS) di non far piu’ parte del consorzio risulta irrilevante e non puo’ legittimamente fondare la pretesa della (OMISSIS) di recedere dal vincolo associativo e di non onorare le obbligazioni discendenti dal relativo patto consortile, dal cui sodalizio e’ possibile recedere solo attraverso la vendita della proprieta’ ricadente nel comprensorio stesso. Ne’ e’ possibile aderire alla tesi sostenuta dalla ricorrente secondo cui sarebbe venuto meno lo scopo del patto consortile poiche’ alcuni consorziati si sarebbero riuniti in un’altro consorzio, denominato Consorzio degli (OMISSIS), per la realizzazione di opere di urbanizzazione, posto che l’eventuale intervento di terzi in un’altro ente consortile non puo’ determinare in alcun modo lo scioglimento del vincolo negoziale inter alios ne’ l’inefficacia di una o piu’ norme statutarie, frutto, come e’ noto, del vincolo contrattuale nascente tra le parti dalla sottoscrizione dello statuto consortile.
Ne consegue il rigetto dell’ultimo motivo di doglianza.
6. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
6.1 Sulle spese va infatti evidenziato che l’ulteriore obiezione sollevata dalla ricorrente solo nella memoria da ultimo depositata non e’ accoglibile. Sostiene infatti la ricorrente il “difetto di jus postulandi” del consorzio controricorrente per l’omessa produzione di quest’ultimo della delibera consortile che attribuisce al presidente il potere di dare procura speciale al difensore per la difesa nel presente giudizio di cassazione.
Orbene, rileva il Collegio che il Consorzio e’ stato difeso, nell’odierno contenzioso, sempre dall’avv. (OMISSIS) per procura speciale rilasciata sempre dal medesimo legale rappresentante Arch. (OMISSIS), con la conseguenza che l’eccezione di carenza dello ius postulandi sollevata dalla ricorrente, nei termini sopra ricordati, solo nella memoria difensiva da ultimo depositata risulta tardiva e decisamente defatigatoria (cfr. anche Cass. n. 15168/2002).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

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