Apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|3 aprile 2023| n. 9150.

Apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale

L’apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, e della misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità se non negli aspetti relativi alla motivazione

Sentenza|3 aprile 2023| n. 9150. Apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale

Data udienza 2 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto – Ritardo nella consegna – Impresa appaltatrice – Autonoma soggettività giuridica – Appaltatori che partecipanti nella qualità di parti complesse o collettive – Obbligazione unitaria con riferimento all’assunzione di responsabilità per il ritardo nei confronti del comune committente

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 16527-2021) proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), nel cui studio in (OMISSIS), ha eletto domicilio;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l. (P.IVA: (OMISSIS)), gia’ (OMISSIS) S.a.s., in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, (OMISSIS) S.n.c. (P.IVA: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), gia’ titolare dell’omonima ditta individuale;
rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
nonche’
(OMISSIS) S.r.l. unipersonale in liquidazione (P.IVA: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 555-2021, pubblicata in data 8 marzo 2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2 febbraio 2023 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Alessandro Pepe, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
viste le memorie depositate nell’interesse del ricorrente e dei controricorrenti e ricorrenti incidentali, ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

 

Apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale

FATTI DI CAUSA

1.- Con decreto ingiuntivo n. 923-2005, depositato il 14 luglio 2005, il Tribunale di Lucca ingiungeva, tra gli altri nei confronti della (OMISSIS) S.a.s., della (OMISSIS) S.n.c., di (OMISSIS) e di (OMISSIS) S.r.l. unipersonale, il pagamento solidale, in favore di (OMISSIS), della somma di Euro 136.000,00.
Al riguardo, il ricorrente deduceva: che in data 1 agosto 2003 aveva sottoscritto, nei confronti di sette diverse imprese, altrettanti contratti di appalto volti all’esecuzione di partite opere inerenti alla ristrutturazione di un fabbricato di proprieta’ dell’istante, adibito a civile abitazione e a studio notarile, sito in (OMISSIS); che era stata altresi’ sottoscritta dai sette appaltatori e dal committente una scrittura privata, da considerarsi quale allegato di ciascuno dei contratti di appalto stipulati, attraverso la quale gli assuntori si obbligavano solidalmente ad ultimare tutti i lavori relativi alla ristrutturazione del fabbricato entro e non oltre il termine gia’ stabilito nei singoli contratti di appalto del 31 luglio 2004; che la medesima scrittura privata prevedeva che, ove i lavori complessivamente appaltati non fossero stati terminati entro la data indicata, gli appaltatori avrebbero dovuto corrispondere al committente, sempre in solido tra loro, una penale di Euro 500,00 per ogni giorno di ritardo nell’ultimazione e consegna delle opere; che, inoltre, la citata scrittura prevedeva che la penale fosse dovuta indipendentemente dalla prova del danno e anche in difetto di formale costituzione in mora e altresi’ in caso di variazioni non essenziali del progetto; che dal 1 agosto 2004 sino al 29 aprile 2005, data in cui i contratti di appalto si erano risolti di diritto, in ragione della diffida ad adempiere inviata con lettera raccomandata del 14 aprile 2005, erano trascorsi 272 giorni, sicche’ l’importo maturato per il titolo indicato ammontava ad Euro 136.000,00.

 

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Avverso il provvedimento monitorio proponevano quattro distinte opposizioni la (OMISSIS) S.a.s., la (OMISSIS) S.n.c., (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l. unipersonale, con le quali eccepivano l’esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, presente in tutti i contratti di appalto, rispetto ai quali la scrittura comune agli appaltatori doveva ritenersi accessoria. In via subordinata, gli opponenti eccepivano, in ordine al merito della pretesa azionata dal committente, che il ritardo non era loro imputabile e spiegavano domande riconvenzionali volte ad ottenere il pagamento dei corrispettivi pattuiti per l’esecuzione delle opere loro commissionate.
Si costituiva in ogni giudizio (OMISSIS), il quale chiedeva il rigetto delle avverse opposizioni e, in via riconvenzionale, chiedeva che fosse accertata la risoluzione dei contratti per inadempimento imputabile agli appaltatori nonche’ la condanna di quest’ultimi alla restituzione delle somme percepite e al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dei vizi e difetti riscontrati e riscontrabili.
Quindi, riuniti i giudizi, con sentenza n. 1437-2006, depositata il 13 dicembre 2006, il Tribunale adito, ritenuta la fondatezza dell’eccezione di compromesso in arbitri, accoglieva le opposizioni e, per l’effetto, dichiarava la nullita’ del decreto ingiuntivo opposto.
2.- Con atto di citazione notificato il 10 gennaio 2007, (OMISSIS) proponeva appello avverso detta sentenza, chiedendo che fosse affermata la giurisdizione ordinaria nella fattispecie in esame e che, in riforma della pronuncia impugnata, la causa fosse rimessa davanti al Giudice di primo grado o, in caso contrario, fosse decisa nel merito, rigettando le opposizioni, con rinvio alle conclusioni rassegnate nelle comparse di costituzione nei giudizi di prime cure.
Decidendo sul gravame interposto, cui resistevano la (OMISSIS) S.a.s., la (OMISSIS) S.n.c. e (OMISSIS), la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 1449-2012, depositata il 10 novembre 2012, in riforma della decisione di primo grado, escludeva che la controversia rientrasse nell’ambito applicativo della clausola compromissoria e, nel merito, accoglieva le opposizioni e revocava il decreto ingiuntivo opposto.

 

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In specie, per un verso, sosteneva che la scrittura privata azionata conteneva un’obbligazione fideiussoria a carico di ciascuna impresa appaltatrice, a garanzia del pagamento della penale per il ritardo da qualunque tra esse provocato, sicche’ l’intera controversia sarebbe ricaduta nella giurisdizione ordinaria, essendo devolute agli arbitri soltanto le controversie che riguardavano la pretesa della penale nei confronti dell’appaltatore o degli appaltatori responsabili del ritardo, e percio’ obbligati in via principale, mentre il committente aveva azionato la pretesa verso tutti gli appaltatori.
Per altro verso, evidenziava che la pretesa azionata in via monitoria era infondata, in quanto indistintamente rivolta verso tutti gli appaltatori, sulla base di una obbligazione in tesi unica e collettiva, senza specificazione dei soggetti reputati direttamente inadempienti o soltanto garanti.
3.- Avverso tale pronuncia proponeva ricorso in cassazione (OMISSIS), denunciando la violazione o falsa applicazione dei criteri ermeneutici in ordine alla qualificazione giuridica della scrittura privata nonche’ il vizio di motivazione.
Rimanevano intimati la (OMISSIS) S.a.s., la (OMISSIS) S.n.c., (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l. unipersonale.
Questa Corte, con sentenza n. 22970-2017, depositata il 2 ottobre 2017, in accoglimento del ricorso, annullava la pronuncia impugnata e rinviava alla Corte d’appello di Firenze.
In proposito, la Corte affermava che gli argomenti esposti nella sentenza d’appello – che, prima, aveva assunto come devoluta l’intera controversia alla propria cognizione e, poi, aveva rigettato, nel merito, la domanda – non consentivano di cogliere la ratio della pronuncia, che pertanto rimaneva priva di giustificazione.

 

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4.- Per l’effetto, (OMISSIS) riassumeva il giudizio davanti alla Corte d’appello di Firenze, chiedendo che le opposizioni fossero disattese, con la conseguente conferma del provvedimento monitorio opposto, e che fossero accolte le domande riconvenzionali di accertamento della risoluzione dei contratti di appalto, di restituzione degli importi versati e di risarcimento dei danni, domande sulle quali la precedente sentenza d’appello non si era pronunciata.
Si costituivano nel giudizio di rinvio la (OMISSIS) S.r.l. (gia’ (OMISSIS) S.a.s.), la (OMISSIS) S.n.c. e (OMISSIS), i quali chiedevano, previa concessione dei termini per l’integrazione del thema decidendum e probandum (non concessi nel giudizio di primo grado), che fosse confermata la revoca o la dichiarazione di nullita’ o di inefficacia del decreto ingiuntivo opposto e, nel merito, che la scrittura privata del 1 agosto 2003, quale allegato dei singoli contratti di appalto, fosse qualificata come contratto di co-fideiussione nullo per mancata previsione dell’importo massimo garantito o per indeterminatezza o indeterminabilita’ dell’oggetto e che fosse, altresi’, accertato che eventuali ritardi nell’esecuzione dei lavori erano imputabili al comportamento colpevole del committente.
La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza di cui in epigrafe, confermava la declaratoria di nullita’ del decreto ingiuntivo opposto e condannava la (OMISSIS) S.r.l., la (OMISSIS) S.n.c., (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l. unipersonale in liquidazione, in solido, al pagamento, in favore di (OMISSIS), dell’importo di Euro 68.000,00, oltre interessi legali dal 31 maggio 2005 al saldo, con integrale compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava, per quanto in questa sede interessa: a) che la scrittura privata stipulata tra le parti non poteva essere qualificata come promessa del fatto del terzo, poiche’ era stata sottoscritta da tutti gli obbligati in virtu’ dei singoli contratti di appalto e non vi era alcun terzo estraneo, il cui fatto o la cui obbligazione fossero stati promessi dai contraenti; b) che, viceversa, la scrittura presupponeva l’assunzione dell’obbligo di esecuzione delle opere appaltate nei singoli contratti di appalto, ai quali la scrittura stessa era stata allegata, costituendone espressamente un’integrazione; c) che neppure la scrittura poteva essere qualificata come fideiussione, poiche’ nella fattispecie i presunti garanti erano tutti debitori principali; d) che detta scrittura comune agli appaltatori aveva la funzione di rendere solidale tra i setti appaltatori l’obbligazione di ultimazione delle opere, gia’ assunta da ciascuno di essi nei singoli contratti di appalto, come si ricavava dalla clausola 4 di tali contratti, che rinviava proprio alla scrittura in commento, allegata sotto la lettera “B”, in ordine all’indicazione delle “modalita’” di ultimazione dei lavori; e) che scopo della scrittura era quello di proteggersi dai reciproci addebiti di responsabilita’ degli appaltatori, rendendo cosi’ irrilevante, nei confronti del committente, l’indagine sull’imputabilita’ del ritardo all’una o all’altra impresa; f) che, ferma restando l’identita’ dell’obbligazione assunta, la solidarieta’ non escludeva che fossero previste modalita’ diverse di esecuzione della prestazione, in base alla posizione del singolo debitore; g) che, dunque, sul piano oggettivo, la previsione doveva essere inquadrata nell’ambito di una penale giornaliera concordata per il ritardo, cosicche’ l’integrazione dei contratti sarebbe pienamente rientrata nell’ambito della clausola compromissoria, alla quale, tuttavia, le imprese appaltatrici avevano rinunciato (come poteva arguirsi dal fatto che pendevano tre cause di opposizione a decreto ingiuntivo, promosse dal (OMISSIS) per contestare il diritto al pagamento del corrispettivo rivendicato, in via monitoria, dalle imprese appaltatrici, giudizi nei quali l’opponente aveva richiesto la risoluzione dei contratti per colpa degli assuntori e il risarcimento dei danni e che erano stati, nelle more, sospesi); h) che la penale doveva essere ridotta in via equitativa, conformemente alla richiesta avanzata, in via subordinata, dai convenuti e comunque anche d’ufficio, senza che assumessero rilievo le obiezioni sollevate dagli appaltatori, in quanto, per espresso disposto della clausola penale, le varianti non necessarie al progetto e, piu’ in generale, le richieste provenienti dal committente non potevano comunque giustificare detto ritardo; i) che il decorso del termine di 272 giorni era in parte imputabile al committente, sul quale gravava l’onere di attivarsi con maggiore tempestivita’ per risolvere i contratti di appalto e consentire l’accesso in cantiere di una nuova impresa, mentre, al contrario, l’appaltante aveva ritenuto di confidare nell’impegno assunto dagli appaltatori di completare le opere, dapprima, per la data del 30 settembre 2004 e, poi, per la data del 28 febbraio 2005; l) che le domande riconvenzionali, reiterate nel giudizio di rinvio, di accertamento della risoluzione degli appalti, di restituzione degli importi versati e di risarcimento dei danni erano inammissibili, in quanto non erano state espressamente riproposte nel giudizio d’appello, essendosi l’appaltante limitato, nelle conclusioni rassegnate in tale giudizio, ad un generico rinvio alle domande proposte in primo grado e avendo, invece, dedicato l’intero atto di impugnazione alla contestazione della ritenuta applicabilita’ della clausola compromissoria; m) che sussistevano giuste ragioni per la compensazione integrale delle spese di tutti i gradi di giudizio, atteso che la competenza a pronunciarsi su tale obbligazione sarebbe stata rimessa agli arbitri, ove le controparti non avessero rinunciato alla clausola, e che l’opposizione era comunque parzialmente fondata.
5.- Avverso la sentenza pronunciata in sede di rinvio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, (OMISSIS). Hanno resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale, articolato in tre motivi, la (OMISSIS) S.r.l., la (OMISSIS) S.n.c. nonche’ (OMISSIS). Ha resistito al ricorso incidentale, con ulteriore controricorso, (OMISSIS). E’ rimasta intimata (OMISSIS) S.r.l. unipersonale in liquidazione.
6.- Il Pubblico Ministero ha formulato per iscritto le sue conclusioni, come riportate in epigrafe.
7.- Il ricorrente e i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Preliminarmente, dalle visure camerali prodotte dal ricorrente, risulta che la (OMISSIS) S.n.c. e’ stata cancellata il 18 giugno 2018 (previo trasferimento d’azienda in data 31 maggio 2018, in favore della ditta individuale (OMISSIS)) mentre (OMISSIS) S.r.l. unipersonale in liquidazione (il cui unico socio risulta essere (OMISSIS)) e’ stata cancellata il 17 aprile 2018.
Senonche’ la procura speciale necessaria per la proposizione del ricorso incidentale per cassazione, conferita dal legale rappresentante della (OMISSIS) S.n.c., e’ inesistente, perche’ conferita al difensore da una societa’ estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese. Essa, infatti, presuppone un rapporto di mandato tra l’avvocato ed il cliente che non puo’ sussistere in mancanza del mandante. Ebbene, la procura non e’ conferibile dal legale rappresentante della societa’ estinta, privo di potere di rappresentanza (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27847 del 22/09/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 19272 del 15/06/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 16225 del 19/05/2022; Sez. 5, Sentenza n. 17360 del 17/06/2021).
Per converso, nessuna nullita’ sussiste per il fatto che la notifica del ricorso in cassazione e’ avvenuta nei confronti del procuratore domiciliatario costituito della (OMISSIS) S.n.c., in un momento in cui la societa’ era stata gia’ cancellata dal registro delle imprese. E cio’ perche’ la cancellazione della societa’ dal registro delle imprese da’ luogo a un fenomeno estintivo che priva la stessa della capacita’ di stare in giudizio, costituendo un evento interruttivo la cui rilevanza processuale e’ peraltro subordinata, ove la parte sia costituita a mezzo di procuratore, stante la regola dell’ultrattivita’ del mandato alla lite, dalla dichiarazione in udienza ovvero dalla notificazione dell’evento alle altre parti; a tale principio consegue che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex articolo 285 c.p.c., e’ idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della societa’ cancellata; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, e’ legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui e’ richiesta la procura speciale – in rappresentanza della societa’; c) e’ ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso detto procuratore, ai sensi dell’articolo 330, comma 1, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’articolo 299 c.p.c. da parte del notificante (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 30341 del 23/11/2018; Sez. 2, Ordinanza n. 23563 del 09/10/2017; Sez. 3, Sentenza n. 23141 del 31/10/2014).

 

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Quanto alla notifica del ricorso in cassazione effettuata a (OMISSIS) S.r.l. unipersonale in liquidazione – contumace nel giudizio di rinvio -, societa’ all’epoca della notifica gia’ cancellata, anziche’ al suo socio unico (OMISSIS), essa e’ nulla.
Nondimeno, non e’ necessario regolarizzare il contraddittorio, attraverso la disposizione della rinnovazione della notificazione, poiche’, apparendo, prima facie, l’esito del giudizio non favorevole al ricorrente principale, la rinnovazione si tradurrebbe in un inutile dispendio di attivita’ processuali e formalita’ superflue, non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parita’, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale e’ destinato a produrre i suoi effetti, in contrasto con le esigenze di durata ragionevole del giudizio (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6924 del 11/03/2020; Sez. 6-3, Ordinanza n. 16141 del 17/06/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018; Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013).
2.- Tanto esposto, con il primo motivo il ricorrente principale denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione degli articoli 1362 e 1367 c.c., in ordine all’interpretazione della scrittura privata fonte dell’obbligazione risarcitoria oggetto del giudizio, nonche’ degli articoli 1299 e ss. c.c., in ordine alla ritenuta solidarieta’ passiva nell’obbligazione, per avere la Corte territoriale qualificato, sul piano giuridico, l’obbligazione assunta in tale scrittura come clausola penale, anziche’ come promessa del fatto del terzo, con la conseguente negazione della natura indennitaria della somma dovuta per il mancato assolvimento del fatto promesso.
Secondo il ricorrente, il principio secondo cui il terzo, nella figura della promessa del fatto del terzo, non possa essere gia’ obbligato verso il promissario varrebbe allorche’ la promessa abbia ad oggetto un’obbligazione gia’ assunta dal promittente, ma non laddove l’obbligazione garantita sia diversa da quella assunta in proprio, come nel caso di specie, atteso che gli appaltatori avrebbero assunto obbligazioni del tutto diverse da quelle contenute nei singoli contratti di appalto e, in questo senso, sarebbero stati terzi rispetto alle parti di detti contratti.
Osserva, poi, l’istante che la solidarieta’ sarebbe esistita, non gia’ con riferimento alle singole obbligazioni assunte da ciascun appaltatore, a causa dell’infungibilita’ delle loro prestazioni, ma solo con riguardo all’obbligazione di indennizzo, che non avrebbe potuto avere ad oggetto l’ultimazione dei rispettivi lavori, alla quale ogni appaltatore sarebbe stato singolarmente obbligato, e dunque non in via solidale, posto che nella fattispecie non sarebbe sussistita un’opera unica, con modalita’ diverse di esecuzione, ma piu’ prestazioni, cioe’ piu’ obbligazioni, nascenti da contratti diversi.

 

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2.1.- Il motivo e’ infondato.
Infatti, la ricostruzione in termini di clausola penale della previsione di cui alla scrittura privata del 1 agosto 2003, sottoscritta da tutti gli assuntori e dal comune appaltante – e coeva ai separati sette contratti di appalto conclusi tra il comune committente e ciascun appaltatore -, merita convalida sulla scorta delle argomentazioni esposte, che non si prestano a critica.
Concorrendo i plurimi appaltatori all’attuazione della medesima prestazione finale complessiva – ossia all’opera di ristrutturazione dell’intero comune fabbricato -, sebbene il loro contributo esecutivo fosse, per ciascuno, limitato ad una frazione dell’opera, i rapporti che hanno interessato le imprese appaltatrici hanno operato su un duplice piano: di autonomia, sotto il profilo della stipulazione dei singoli contratti; e di solidarieta’, per la congiunta obbligazione assunta, sotto il profilo delle conseguenze derivanti dal mancato rispetto del termine del 31 luglio 2004, stabilito in ogni contratto e ripreso nella scrittura privata comune (in ogni contratto di appalto ciascun artefice si obbligava, infatti, verso il comune ordinante, ad eseguire l’opera rispettivamente commissionata entro il 31 luglio 2004, con l’aggiuntiva previsione per cui, per ogni giorno di ritardo, sarebbe spettata la penale di Euro 500,00).
In altri termini, in chiave negoziale, alla separata stipulazione dei singoli contratti con gli appaltatori e’ corrisposta la predisposizione di un regolamento contrattuale unitario, attinente ad un aspetto specifico della piu’ articolata operazione negoziale, ossia alla previsione della penale per il ritardo.
Rispetto alla previsione di tale penale, sul piano funzionale, le imprese hanno operato, in coordinamento tra loro, come centro unitario di interessi, in una dimensione collettiva e coordinata, a fronte del collegamento tra i contratti separati di appalto stipulati con il comune committente, sottesi alla scrittura unitariamente sottoscritta (e non gia’ come centro di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, dotato di autonoma soggettivita’ giuridica, distinta da quella dei soggetti individuali che vi hanno partecipato).
In forza dell’impegno assunto con ciascuno degli appaltatori, l’inadempimento da ritardo era addebitabile, in base alla predetta clausola penale predisposta, a tutti gli appaltatori in solido, e cio’ sull’implicito presupposto che essi si fossero accordati, con riguardo alla gestione dei rapporti interni, quanto alle modalita’ e alle forme della loro interazione.
Sicche’, a fronte dell’obbligazione assunta, espressamente qualificata come penale, con la quale gli assuntori si impegnavano a rispondere, in solido, del ritardo nei confronti dell’appaltante, il tema dell’imputazione del ritardo alle singole imprese appaltatrici, tra loro coordinate, ha attinenza ai soli rapporti interni tra gli appaltatori.
Il che esclude che una siffatta pattuizione costituisse una condizione o clausola atipica, in quanto presupposto della sua operativita’ era pur sempre l’inadempimento colpevole di una delle parti (recte degli appaltatori), sicche’ essa non era collegata all’avverarsi di un fatto fortuito o, comunque, non ascrivibile alla parte obbligata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13956 del 23/05/2019; Sez. 2, Sentenza n. 7180 del 10/05/2012; Sez. 2, Sentenza n. 4603 del 02/08/1984).

 

Apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale

Per l’effetto, deve essere escluso che dette imprese appaltatrici abbiano promesso il fatto del terzo con la scrittura privata di supporto, considerata come allegato e parte integrante dei singoli contratti di appalto, in quanto, pur non essendo stata pregiudicata l’autonomia e l’indipendenza delle imprese aderenti alla scrittura durante l’attuazione dei rapporti di appalto, queste hanno assunto, in solido, l’obbligo di corrispondere la penale nel caso di ritardo, riversando alla gestione dei loro rapporti interni l’individuazione dell’addebito ai fini del mero regresso.
Pertanto, alla stregua della predetta scrittura privata, pur conservando ciascuna impresa appaltatrice la sua autonoma soggettivita’ giuridica, gli appaltatori hanno partecipato nella qualita’ di parti complesse o collettive, contraendo un’obbligazione unitaria con riferimento all’assunzione di responsabilita’ per il ritardo nei confronti del comune committente (sul concetto di parte complessa Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11986 del 26/11/1998; Sez. 2, Sentenza n. 874 del 25/01/1995; Sez. 1, Sentenza n. 265 del 13/01/1981; Sez. 2, Sentenza n. 2922 del 18/10/1974).
In conseguenza del principio di solidarieta’ di fonte negoziale, l’appaltante danneggiato, a cagione del ritardo nell’adempimento – ossia per il superamento del termine pattuito in ciascun contratto d’appalto del 31 luglio 2004 e ribadito nella scrittura privata comune, con la quale gli assuntori assumevano l’obbligo di corrispondere la somma di Euro 500,00 per ogni giorno di ritardo -, poteva pretendere l’intera prestazione risarcitoria da uno solo dei coobbligati o nei confronti di alcuni di essi ovvero di tutti gli obbligati, indipendentemente dalla misura del loro apporto causale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4278 del 17/11/1976).
3.- Con il secondo motivo il ricorrente principale lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1384 c.c., in tema di riduzione della penale, per avere il Giudice del gravame disposto la riduzione, in via equitativa, dell’importo della clausola, sulla scorta dell’inadempimento ad un presunto onere di risolvere anticipatamente i contratti di appalto, che non avrebbe avuto alcun fondamento e sarebbe stato privo di riscontri.
Sicche’, ad avviso dell’istante, siffatta decurtazione, nei limiti della meta’ dell’importo pattuito, sarebbe avvenuta senza che sia stata effettuata una comparazione tra l’ammontare manifestamente eccessivo della penale e l’interesse che il creditore avrebbe avuto all’adempimento, e cio’ indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’effettiva entita’ del danno subito.
3.1.- Il mezzo di critica e’ infondato.
Premesso che l’apprezzamento sulla eccessivita’ dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, e sulla misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio e’ incensurabile in sede di legittimita’ se non negli aspetti relativi alla motivazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23750 del 01/10/2018; Sez. 2, Sentenza n. 6158 del 16/03/2007; Sez. 2, Sentenza n. 7528 del 23/05/2002), nella fattispecie la sentenza impugnata ha dato ampia contezza delle ragioni poste a base della riduzione (recte del dimezzamento).

 

Apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale

Segnatamente, tale potere e’ stato esercitato tenendo in considerazione: la necessita’ che la penale non costituisse uno strumento di indebito arricchimento per l’avente diritto, a fronte del decorso di un termine di 272 giorni, con la pattuizione di un importo di Euro 500,00 per ogni giorno di ritardo; l’imputabilita’ del decorso di tale intervallo temporale anche alla condotta concorrente del committente, che aveva risolto il contratto attraverso l’invio della diffida ad adempiere solo in data 14 aprile 2005; la concessione, a cura dell’appaltante, di ulteriori termini per l’ultimazione delle opere per la data del 30 settembre 2004 e successivamente per la data del 28 febbraio 2005.
Nel riferire di tali fatti, che riguardano anche i termini di svolgimento in concreto del rapporto, il Giudice del rinvio ha dunque valutato l’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entita’ del danno subito, tenendo dinamicamente conto della comparazione degli interessi, non solo al momento della previsione della clausola, ma anche al momento in cui l’inadempimento si e’ cristallizzato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11908 del 19/06/2020; Sez. 6-1, Ordinanza n. 17731 del 07/09/2015; Sez. 1, Sentenza n. 21994 del 06/12/2012).
E’ evidente che, a fronte di siffatto supporto argomentativo, le obiezioni del ricorrente non possono trovare seguito, in quanto diversamente il sindacato si tradurrebbe, non gia’ in una censura sull’omessa o apparente motivazione, bensi’ nella rivalutazione delle circostanze in fatto, ai fini del rinnovato esercizio del potere di riduzione equitativa della clausola, operazione preclusa in sede di legittimita’.
4.- Con il terzo motivo il ricorrente principale censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 346 c.p.c., per avere la Corte distrettuale ritenuto decaduta la parte che aveva riassunto il giudizio in sede di gravame dalle domande riconvenzionali proposte nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, atte ad ottenere la declaratoria di risoluzione dei contratti di appalto stipulati con gli opponenti nonche’ la restituzione degli importi corrisposti a tali appaltatori e il risarcimento dei danni.
L’istante eccepisce che avrebbe dovuto tenersi conto dell’intero contenuto delle difese e della posizione complessiva assunta, cosicche’, qualora, con qualsiasi forma, l’appellante avesse evidenziato la sua volonta’ di mantenere comunque ferma la propria domanda, sollecitando il giudice di secondo grado a decidere nel merito, doveva essere escluso che vi avesse abdicato.
Il che, nella fattispecie, sarebbe stato desumibile dal fatto che era stato richiesto di rimettere la causa al giudice di primo grado e, in caso contrario, di decidere nel merito, accogliendo le conclusioni gia’ presentate dall’appellante nelle comparse di costituzione e risposta dei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo.

 

Apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale

4.1.- La doglianza e’ infondata.
Il Giudice di rinvio ha ritenuto che tali domande fossero inammissibili, in accoglimento dell’eccezione proposta dalle controparti, alla stregua della presunzione di rinuncia desumibile dalla mancata ripresentazione di tali domande con l’atto di citazione in appello contro la sentenza di primo grado; e cio’ perche’ in tale ultimo giudizio dette domande non erano state espressamente riproposte, essendosi concentrato l’atto di gravame sulla contestazione della ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della clausola compromissoria ed essendovi stato, solo nelle conclusioni, un generico rinvio alle domande proposte in primo grado.
A fortiori, il Giudice del rinvio ha rilevato che dette domande erano state proposte dal ricorrente in autonomo giudizio di primo grado e segnatamente con l’opposizione spiegata avverso i decreti ingiuntivi chiesti e ottenuti dalle imprese appaltatrici, ai fini di ottenere il compenso per le opere eseguite.
La censura articolata non supera i rilievi posti a fondamento della dichiarazione di inammissibilita’: e cio’ perche’ resta fermo che il mero, generico richiamo, negli scritti difensivi, alle conclusioni rassegnate dalla parte opposta (soccombente) nel giudizio di primo grado, senza che nel corpo della citazione introduttiva dell’appello alcuna argomentazione sia stata svolta in ordine ai fatti fondativi di tali pretese, non integra condizione sufficiente per ritenere che le domande rimaste assorbite siano state espressamente e specificamente riproposte in appello, a pena di rinuncia (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22311 del 15/10/2020; Sez. U, Sentenza n. 7940 del 21/03/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 20520 del 03/08/2018; Sez. L, Sentenza n. 23925 del 25/11/2010).
Infatti, pur essendo sufficiente, ai fini della riproposizione di domande ed eccezioni assorbite, qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volonta’ di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse, la riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice.
Peraltro, nello spiegare ricorso per cassazione avverso la pronuncia conclusiva dell’appello (ricorso che ha trovato accoglimento), l’odierno ricorrente non ha affatto censurato, in via integrativa, l’omessa pronuncia su tali domande, in quanto asseritamente riproposte e non valutate dalla Corte territoriale.
5.- Con il quarto motivo il ricorrente principale prospetta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., per avere la Corte di merito disposto l’integrale compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio sulla scorta di considerazioni metagiuridiche, basate su argomentazioni prive di fondamento, poste al di fuori del thema decidendum, con violazione del consolidato giudicato interno.

 

Apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale

5.1.- Il motivo e’ infondato.
La sentenza impugnata ha valorizzato, tra gli altri, i seguenti elementi, ai fini di ritenere integrati i gravi motivi di compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio: la potenziale competenza arbitrale a pronunciarsi sulla pretesa azionata, in base alla struttura della scrittura privata evocata, che avrebbe avuto seguito ove non vi fosse stata la rinuncia alla clausola compromissoria delle controparti; il parziale accoglimento dell’opposizione, tanto da indurre il Giudice ad accogliere la domanda volta ad ottenere il pagamento della penale solo nei limiti della meta’ di quanto richiesto.
Ebbene, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo, pur non dando luogo a reciproca soccombenza e non consentendo, quindi, la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, puo’ giustificarne comunque la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’articolo 92, comma 2, c.p.c. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 32061 del 31/10/2022), come avvenuto nella fattispecie.
6.- Con il quinto motivo il ricorrente principale eccepisce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione degli articoli 324 c.p.c. e 2909 c.c., per avere la Corte d’appello pronunciato su questioni sulle quali si sarebbe gia’ formato il giudicato, in ragione della mancata impugnazione delle parti, con particolare riguardo alla definitiva competenza dell’autorita’ giudiziaria ordinaria a conoscere e pronunciarsi sulla domanda principale.
6.1.- La critica e’ inammissibile.
Essa e’, infatti, rivolta contro statuizioni contenute nel corpo della motivazione della pronuncia impugnata prive di valenza decisoria, ossia non in grado di incidere sull’esito della lite (neanche in ordine alla disposizione della compensazione integrale delle spese di lite, avendo costituito tale rilievo una delle argomentazioni cumulative utilizzate per giustificare la ricorrenza dei gravi motivi di compensazione).
Senonche’, il motivo aggredisce il passaggio motivazionale con il quale il Giudice d’appello ha ritenuto che, ove non vi fosse stata la rinuncia ad avvalersi della clausola compromissoria, la controversia derivante dall’esecuzione della scrittura privata del 1 agosto 2003, alla stregua della sua qualificazione giuridica quale clausola penale, sarebbe ricaduta nell’ambito della competenza arbitrale.
Nondimeno, tale asserto non ha avuto alcuna incidenza dirimente sulla decisione, poiche’ il Giudice del rinvio non ha affatto dichiarato la competenza arbitrale, violando il giudicato interno, ma – confermando la giurisdizione ordinaria – ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo e disposto il pagamento di un importo inferiore.
Ora, e’ inammissibile, in sede di giudizio di legittimita’, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam, e pertanto non costituente una ratio decidendi della medesima. Un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza impugnata, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non puo’ essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 18429 del 08/06/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 8755 del 10/04/2018; Sez. L, Sentenza n. 23635 del 22/11/2010).
7.- A questo punto, occorre esaminare i motivi su cui si fonda il ricorso incidentale proposto dalla (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) (ma non dalla (OMISSIS) S.n.c., priva di potere rappresentativo, per quanto detto in premessa).
8.- Con il primo motivo i ricorrenti incidentali si dolgono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5: a) della violazione e falsa applicazione degli articoli 132, comma 2, n. 4, c.p.c., Cost., 111 e 6 CEDU, per esposizione di una motivazione meramente apparente; b) della violazione e falsa applicazione degli articoli 1936, 1938 e 1946 c.c. e degli articoli 1362, 1366 e 1370 c.c.; c) dell’omessa valutazione di fatti decisivi ai fini della controversia, oggetto di discussione in corso di causa; per avere il Giudice di rinvio escluso la ricorrenza di una fideiussione o co-fideiussione per obbligazioni future e condizionali, con la conseguente nullita’ della scrittura privata stipulata tra le parti il 1 agosto 2003, per mancata previsione di un tetto massimo.
Ad avviso dei ricorrenti incidentali, l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui i presunti garanti si sarebbero identificati nei debitori principali, sarebbe stata suscettibile di smentita, poiche’ ogni appaltatore sarebbe stato debitore principale in ordine alle obbligazioni assunte in proprio, ma non rispetto alle obbligazioni assunte dagli altri appaltatori, sicche’ lo scopo della scrittura sarebbe stato quello di consentire che ciascun appaltatore garantisse personalmente l’altrui adempimento.
8.1.- La doglianza, per quanto anzidetto, e’ infondata.
In primis, non vi e’ stata alcuna motivazione apparente, posto che il Giudice di rinvio ha espressamente addotto le ragioni poste a fondamento della negazione della qualificazione giuridica del contratto come fideiussione.
In secondo luogo, e’ stato gia’ chiarito, affrontando il primo motivo del ricorso principale, il supporto argomentativo che legittima l’inquadramento della scrittura privata come fonte di una clausola penale e non di un obbligo di garanzia.
Infatti, gli appaltatori si erano gia’ obbligati singolarmente a rispettare il termine del 31 luglio 2004, sicche’ la previsione contenuta nella scrittura privata sottoscritta dal committente e dagli appaltatori ha avuto un ruolo meramente rafforzativo dell’impegno gia’ assunto dagli obbligati (appunto quale mezzo di rafforzamento del vincolo contrattuale sul diverso e successivo piano degli effetti dell’eventuale inadempimento, concretando una anticipata liquidazione convenzionale del danno, indipendentemente dalla prova della sua effettiva esistenza: Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 21398 del 26/07/2021; Sez. 1, Sentenza n. 19358 del 22/09/2011; Sez. 2, Sentenza n. 4779 del 04/03/2005), in base ai singoli contratti stipulati, e non gia’ una funzione assicurativa del rispetto dell’impegno assunto da terzi.
9.- Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali contestano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5: a) la violazione e falsa applicazione degli articoli 1460, 1455, 1175, 1375 e 2597 (recte 2697) c.c. per l’inversione dell’onere della prova; b) l’omessa valutazione di fatti decisivi ai fini della definizione della controversia, ossia la ricorrenza dei presupposti dell’eccezione d’inadempimento, oggetto di discussione in corso di causa; per avere la Corte territoriale considerato assolto l’onere probatorio gravante sulla controparte ed omesso l’esame relativo ai fatti giustificativi dell’eccezione di inadempimento.
Al riguardo, i ricorrenti incidentali osservano che avrebbero sollevato nei giudizi di merito, compreso il giudizio di rinvio, l’eccezione di inadempimento della controparte, quale condizione legittimante della sospensione dell’esecuzione dei contratti d’appalto, non avendo l’appaltante mai corrisposto il saldo delle spettanze dovute alle parti.
9.1.- La censura e’ inammissibile.
Attraverso tale mezzo di critica gli istanti, infatti, hanno dedotto una questione nuova, mai sollevata nei giudizi di merito.
In tali giudizi, gli appaltatori hanno contestato l’imputabilita’ del ritardo nella consegna dei lavori appaltati, non gia’ per la sospensione dei lavori da essi praticata in conseguenza del mancato pagamento del compenso residuo dovuto, a titolo di esecuzione dell’appalto commissionato, bensi’ per le condotte ascritte all’appaltante, il quale, in spregio alle clausole di correttezza e buona fede, avrebbe chiesto numerose varianti, non avrebbe prestato la dovuta collaborazione nel favorire il completamento delle opere, avrebbe imposto il rifacimento di lavori gia’ attuati, avrebbe omesso di fornire il materiale che si era impegnato a procurare.
Solo in sede di legittimita’ essi adducono che avrebbero sospeso i lavori, poiche’ non avrebbero ricevuto il corrispettivo nei limiti delle opere eseguite.
Ora, il Giudice di rinvio si e’ prontamente pronunciato sulle eccezioni debitamente sollevate, ritenendo appunto che, in forza del tenore della clausola di cui alla scrittura privata, le varianti non essenziali non avrebbero inciso sull’obbligo di rispettare il termine, ai fini del calcolo della penale dovuta per il ritardo.
Non risulta, invece, che sia stata proposta l’eccezione di inadempimento correlata al mancato pagamento del corrispettivo, ne’ peraltro essa avrebbe potuto essere proposta, per la prima volta, nel giudizio di rinvio, in quanto non dipendente dalla sentenza di annullamento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6140 del 23/11/1979).
In proposito, occorre rilevare che, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilita’ della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtu’ del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente cio’ sia avvenuto, giacche’ i motivi di ricorso devono investire questioni gia’ comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimita’, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito ne’ rilevabili d’ufficio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; Sez. 6-1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
Ebbene i ricorrenti incidentali non hanno specificato in quali atti e in che termini avrebbero sollevato, nei gradi di merito, l’eccezione prima emarginata.
10.- Il terzo motivo del ricorso incidentale investe, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 183 e 184 c.p.c. nonche’ della Cost., articoli 24 e 111 e dell’articolo 101 c.p.c., per avere il Giudice dell’impugnazione negato la concessione dei termini per le nuove allegazioni assertive e probatorie, mai concessi neanche nei precedenti gradi di merito e volti a comprovare l’imputabilita’ al ricorrente principale dei ritardi nell’esecuzione degli appalti.
10.1.- Il motivo e’ inammissibile.
E tanto perche’ nel giudizio di rinvio, configurato dall’articolo 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente “chiusa”, e’ preclusa l’acquisizione di nuove prove e segnatamente la produzione di nuovi documenti, salvo che la stessa sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o dall’impossibilita’ di produrli in precedenza per causa di forza maggiore (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 27736 del 22/09/2022; Sez. 6-5, Ordinanza n. 26108 del 18/10/2018; Sez. 5, Sentenza n. 19424 del 30/09/2015).
Nella fattispecie, la sentenza di annullamento della Corte ha sindacato il solo vizio di motivazione per l’incomprensibile qualificazione giuridica della scrittura privata e degli effetti da essa derivati e, dunque, non propiziava nuovi temi di indagine istruttoria.
Ne’ i ricorrenti incidentali hanno addotto di essere stati nell’impossibilita’ di produrre documenti o di indicare prove funzionali alla decisione della lite. Alcuna articolazione e’ stata, infatti, formulata sulle prove che i ricorrenti incidentali avrebbero richiesto qualora fossero stati concessi i termini per l’integrazione delle richieste istruttorie.
11.- In definitiva, il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere respinti.
In ragione della soccombenza reciproca e paritaria tra le parti, le spese e i compensi di lite devono essere integralmente compensati, anche con riferimento al subprocedimento di sospensione dell’esecuzione ex articolo 373 c.p.c., avviato davanti alla Corte d’appello di Firenze e definito con decreto di rigetto del 21 gennaio 2022.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione:
rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa interamente tra le parti le spese di lite.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

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