In applicazione del principio della “compensatio lucri cum damno”

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 marzo 2023| n. 9003.

In applicazione del principio della “compensatio lucri cum damno”

In applicazione del principio della “compensatio lucri cum damno”, la necessità di detrarre dall’ammontare del risarcimento l’indennizzo assicurativo incassato dal danneggiato in conseguenza del fatto illecito non è subordinata alla rinuncia dell’assicuratore al diritto di surroga, dal momento che la perdita del diritto dell’assicurato verso il terzo responsabile e l’acquisto dello stesso da parte dell’assicuratore sono effetti interdipendenti e contemporanei basati sul medesimo fatto giuridico rappresentato dal pagamento dell’indennità assicurativa.

Ordinanza|30 marzo 2023| n. 9003. In applicazione del principio della “compensatio lucri cum damno”

Data udienza 27 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Risarcimento del danno – ‘Compensatio lucri cum danno’ “compensatio lucri cum damno” – Presupposti – Dipendenza di danno e vantaggio dallo stesso atto – Necessità – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11770-2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
Contro
(OMISSIS) vedova (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avv. (OMISSIS), come da procura in calce al controricorso, con domicilio in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, piazza Cavour;
– controricorrenti ricorrenti incidentali –
nonche’ contro
(OMISSIS);
– intimata –
nonche’ contro
(OMISSIS);
(OMISSIS);
-intimati-
avverso la sentenza n. 212/2019 della Corte di appello di Trento, depositata il 16/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 gennaio 2023 dalla Consigliera Irene Ambrosi.

In applicazione del principio della “compensatio lucri cum damno”

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato in data 17/02/2014, (OMISSIS) proprietario di un immobile nel Comune di (OMISSIS), (OMISSIS), titolare del diritto di abitazione sullo stesso immobile, (OMISSIS) (coniuge di (OMISSIS)), anche per il loro figlio minore, (OMISSIS), hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Trento, (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), proprietari di una porzione confinante dello stesso immobile, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni provocati allo stabile a seguito dell’incendio verificatosi il (OMISSIS) nella parte di tabia’ in cui i convenuti avevano ricoverato il fieno, nonche’ di quelli patiti personalmente, a causa dei traumi derivati dal suddetto incendio da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che al momento del fatto si trovavano all’interno della propria abitazione posta nell’edificio attinto dalle fiamme.
Il Tribunale di Trento rigetto’ il ricorso, e in particolare, osservo’ che sebbene dagli accertamenti svolti dai c.c. e dai Vigili del fuoco emergesse la presenza di residui di erba verde, non poteva da questo fatto trarsi la conclusione, pretesa dagli attori, dello sviluppo dell’incendio provocato da un fenomeno di autocombustione; ne’ a diversa conclusione portavano le conclusioni del CTU e le dichiarazioni testimoniali assunte; asseri’ dunque che non vi era la prova del nesso causale tra il deposito di foraggio fresco e il danno subito dagli attori, ne’ che l’incendio avesse avuto origine nel fienile dei (OMISSIS), ne’ infine che sussistessero i presupposti di cui agli articoli 2050 e 2051 c.c., non potensodi ricomprendere lo stoccaggio del fieno tra le attivita’ pericolose.

 

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2. Avverso la sentenza di prime cure, gli originari attori proposero appello che venne respinto dalla Corte di appello di Trento con sentenza 12/07/2011.
3. Proposero ricorso per cassazione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Resistettero con distinti atti di controricorso (OMISSIS), vedova (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS).
4. La Corte di cassazione con sentenza n. 23201 del 2015 casso’ con rinvio la decisione di appello.
5. Con atto in data 12/12/2016 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) citarono in riassunzione (OMISSIS), vedova (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS).
La Corte di appello di Trento in sede di rinvio, con sentenza n. 212 del 2019, condanno’ i convenuti al pagamento del risarcimento del danno quantificato: in favore di (OMISSIS) nell’importo complessivo di Euro 159.358; in favore di (OMISSIS) nell’importo di Euro 6000 ed in favore di (OMISSIS) nell’importo di Euro 7000, somme tutte maggiorate dagli interessi dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo effettivo, con condanna dei soccombenti alle spese del giudizio liquidate per ciascun grado.
6. Avverso la sentenza La Corte di appello di Trento in sede di rinvio ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) articolato in sei motivi; hanno resistito con controricorso (OMISSIS) vedova (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), proponendo ricorso incidentale articolato in tre motivi; sebbene intimate (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimita’.

 

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La trattazione del ricorso fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis 1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria; ha depositato memoria anche parte resistente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia: “Violazione per falsa e mancata applicazione dell’articolo 2697 c.c. e degli articoli 115 e 116 c.p.c. in ordine alla prova dell’infondatezza della eccezione di compensatio lucri cum damno rilevante in punto di determinazione del danno risarcibile dai convenuti appellati ai sensi dell’articolo 1223 c.c. con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”; in particolare lamenta la mancata prova dell’eccezione di compensatio lucri cum damno, pur a fronte del fatto pacifico e non contestato del mancato esercizio da parte dell’assicuratore del diritto di surrogazione, peraltro rinunciato espressamente dallo stesso ricorrente; fattispecie per la quale, secondo quanto affermato dalla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 12565/2019, sarebbe consentito il cumulo del risarcimento del danno con l’indennizzo assicurativo; sostiene che il mutamento interpretativo statuito dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite con la pronuncia n. 12565 del 2018 abbia influito in termini di attribuzione dell’onere della prova e che controparte non abbia assolto all’onere della prova, su di ella gravante, in merito alla sussistenza dei presupposti dell’istituto della compensatio (costituiti dal pagamento dell’indennizzo e dall’esercizio del diritto di surroga da parte dell’assicuratore).

 

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1.2. Con il secondo motivo di ricorso principale lamenta la “Violazione, erronea e falsa applicazione degli articoli 1218, 2043, 2050 e 2051 c.c. in ordine all’eccezione di compensatio lucri cum damno rilevante in punto di danno risarcibile con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.” per mancata applicazione dei presupposti applicativi per ravvisare l’istituto della compensatio e in difformita’ dai principi enucleati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione in proposito, con la sentenza n. 12565 del 2018.
1.3. Con il terzo motivo lamenta la “Nullita’ della sentenza – Violazione, erronea e falsa applicazione degli articoli 132 c.p.c., 1218, 2043, 2050 e 2051 c.c. con riferimento all’articolo 360 comma 1 n. 4 c.p.c.” per omessa o apparente motivazione in punto di ordine alla compensatio.
1.4. Con il quarto motivo denuncia la “Violazione articoli 1226, 2056 e 2059 in ordine alla quantificazione del danno non patrimoniale con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”
1.5. Con il quinto motivo lamenta la Violazione del Decreto Ministeriale n. 55/2014, articolo 4, comma 1, e dell’articolo 2233 comma 2 c.c. in ordine alla liquidazione delle spese di lite con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.
1.6. Con il sesto motivo denuncia la “Violazione e falsa applicazione articoli 91 e 92 c.p.c. in ordine alla omessa pronuncia relativamente alla condanna delle spese della CTU con riferimeno all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3″
2. Con il primo motivo del ricorso incidentale, i resistenti denunciano l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le aprti in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5 per avere la Corte di appello di Trento completamente omesso di considerare che in conseguenza dell’incendio il (OMISSIS) ha venduto il compendio immobiliare incassando la somma di Euro 125.000,00”, lamentando che detta circostanza sia stata del tutto obliterata nella sentenza gravata che non avrebbe considerato la circostanza per cui (OMISSIS) aveva venduto l’immobile e che lo stesso aveva colposamente dato causa all’evento dannoso, sicche’ l’indebito arricchimento sarebbe maggiore della somma liquidatagli.

 

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2.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, i resistenti lamentano la “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2058, 2056 e 1223 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 giacche’ tenuto conto della vendita dell’immobile, il danno (la perdita subita di cui all’articolo 1223 c.c.) avrebbe dovuto essere quantificato non gia’ in relazione alle spese necessarie per il ripristino (al quale il signor (OMISSIS) ha mostrato di non avere interesse) bensi’ in relazione alla eventuale diminuzione dal valore di mercato del bene”.
2.2. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, denunciano la “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2056 e 1227 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per aver erroneamente ritenuto inapplicabile l’articolo 1227 c.c. al pacifico fatto colposo rappresentato dall’omessa installazione da parte del signor (OMISSIS) delle porte tagliafuoco, nonostante detta installazione costituisse l’oggetto di una specifica prescrizione impartita dai vigili del fuoco al signor (OMISSIS) diverso tempo prima dell’incendio”.
3. Per motivi di ordine logico, vanno esaminati per primi i motivi proposti con il ricorso incidentale.
3.1. Il primo motivo del ricorso incidentale va disatteso perche’ infondato.
I ricorrenti incidentali lamentano che sia stato omesso l’esame del fatto che il bene immobile attinto dall’incendio de quo era stato venduto in corso di causa da (OMISSIS) al prezzo di Euro 125.000,00, prezzo, per stessa ammissione di questi, superiore al prezzo di mercato.
Correttamente la Corte di merito non ha esaminato tale circostanza ai fini della liquidazione del danno in considerazione sia del fatto che la stessa parte, che ora se ne lamenta, non aveva chiesto con l’appello la c.d. compensatio lucri cum damno in relazione a tale circostanza, sia del fatto che il medesimo istituto opera nel solo caso, non sussistente nel caso di specie, in cui il vantaggio da compensare con il danno dipenda dal medesimo atto che ha provocato quest’ultimo e sia ad esso collegato da un identico nesso causale.
Al riguardo, questa Corte ha gia’ affermato, in fattispecie analoga, che nel caso in cui il proprietario di un fondo agricolo abbia chiesto il risarcimento del danno subito dal proprio fondo a seguito della diffusione di pulviscolo proveniente da un vicino cementificio, questo danno non puo’ essere compensato con il vantaggio realizzato dallo stesso attore, per aver venduto, nel corso del giudizio, il fondo come area di insediamento industriale, profittando della acquisita destinazione a scopi industriali dell’intera localita’, dove tale fondo era ubicato, conseguente, fra l’altro, anche alla presenza, in essa dell’anzidetto cementificio; ed, invero, la Corte ha evidenziato che mentre la causa del danno lamentato doveva essere ravvisata soltanto nella diffusione della polvere prodotta da tale cementificio, il vantaggio ricavato dall’attore proveniva, invece, da una diversa causa, di ordine generale, consistente nella industrializzazione della zona (in tal senso, Cass. Sez. 2, 09/04/1975 n. 1302).

 

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3.2. Parimenti va disatteso perche’ infondato il secondo motivo di ricorso incidentale.
A parere dei ricorrenti incidentali, tenuto conto della vendita dell’immobile da parte del danneggiato, ai fini della perdita subita ex articolo 1223 c.c., la quantificazione del danno avrebbe dovuto essere liquidata, non in relazione alle spese necessarie per il ripristino, bensi’ in relazione alla eventuale diminuzione del valore di mercato del bene; ma tale assunto e’ indimostrato ed i ricorrenti incidentali, in proposito, valorizzano pretestuosamente un’affermazione, tra l’altro ipotetica, tratta dalle difese del (OMISSIS) – traendone come conseguenza che il predetto avrebbe ammesso di aver venduto il bene -ridotto a rudere dopo l’incendio- ad un prezzo molto vantaggioso.
La Corte di appello, invece, con motivazione chiara e esaustiva ha, per un verso, fissato la rimodulazione della percentuale di deprezzamento applicata, stante la vetusta’ dell’immobile, riducendola nella misura piu’ contenuta del 20/30%, con conseguente rideterminazione dell’importo dovuto per detta voce di danno, arrotondato l’importo nella somma di Euro 122.000,00 a cui, per altro verso, ha aggiunto “per la stima dei danni (ricostruzione delle parti comuni) la somma di Euro 31.500,00, cosi’ ottenendo la somma finale di Euro 165.100 (ivi compresa la somma di Euro 3000,00 per la copertura provvisoria)”; ha poi aggiunto, la somma di Euro 63.000,00 per gli arredi andati perduti, liquidando il danno patrimoniale complessivamente subito nell’importo di Euro 228.100,00 (pag. 34 e 35 della motivazione sentenza impugnata).
Del tutto insussistente la doglianza relativa all’evocato articolo 2058 c.c., tenuto conto che la valutazione del giudice e’ stata condotta per equivalente proprio come invocato dai ricorrenti incidentali i quali, soltanto con il presente ricorso, pretendono un criterio di valutazione, senza aver chiesto in precedenza che il valore di mercato del bene fosse accertato.
3.3. Va infine disatteso anche il terzo motivo di ricorso incidentale.

 

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Con esso, denunciano la mancata considerazione del concorso del fatto colposo del danneggiato, rappresentato dalla omessa installazione da parte di (OMISSIS) delle porte tagliafuoco (antincendio), nonostante che detta installazione costituisse a detta delle controparti l’oggetto di una specifica prescrizione impartita dai Vigili del Fuoco allo stesso (OMISSIS) diverso tempo prima dell’incendio.
La censura e’ inammissibile tenuto conto che sebbene invochi formalmente la violazione dell’articolo 1227 c.c., nel concreto, pretende una rivalutazione di quanto dalla Corte territoriale in proposito affermato; ebbene, la Corte d’appello ha correttamente esaminato la fattispecie concreta alla luce dell’invocata norma per poi escluderne l’applicabilita’; invero, ha ritenuto che la mancata apposizione di porte tagliafuoco era stata omessa “anche, se non soprattutto, dai proprietari della cosa da cui si originava il pericolo che si doveva fronteggiare – indicazione che nasce da quanto prima rilevato in una generale ottica di prevenzione propria del Corpo (dei VV.FF. n.d.r.) intervenuto” e quindi, di non ravvisare elementi per ritenere i danneggiati concorrenti nella causazione dei danni alla loro proprieta’ “non potendosi ritenere comportamento esigibile, alla stregua del generale dovere di solidarieta’, la dotazione di un appartamento, in cui non viene esercitata un’attivita’ pericolosa ne’ sito accanto a luoghi ove una tale attivita’ viene esercitata, di porre porte tagliafuoco” (pagg. 32 e 33 della sentenza impugnata).
4. Venendo all’esame del ricorso principale ed ai primi tre motivi che, per ragioni di reciproca connessione, possono essere congiuntamente scrutinati, essi vanno disattesi perche’ non fondati.
Con essi il ricorrente principale lamenta la mancata prova dell’eccezione di compensazione lucri cum damno, pur a fronte della maturata prova del fatto pacifico e non contestato del mancato esercizio da parte dell’assicuratore del diritto di surrogazione, nonche’ la violazione dei presupposti applicativi per ravvisare l’istituto della compensatio lucri cum damno, in difformita’ dai principi enucleati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 12565 del 2018, e in proposito, lamenta che la Corte di merito avrebbe reso in proposito una motivazione apparente.

 

In applicazione del principio della “compensatio lucri cum damno”

In primo luogo, va osservato che la Corte di merito ha motivato in ordine all’eccezione sollevata in senso del tutto conforme alla richiamata pronuncia di questa Corte resa a Sezioni Unite; difatti, la richiamata pronuncia non ha affatto condizionato la fondatezza dell’eccezione alla rinuncia dell’assicuratore alla surroga e, espressamente, ha ritenuto che ” il subentro non e’ rimesso all’apprezzamento dell’assicuratore solvens. La perdita del diritto verso il terzo responsabile da parte dell’assicurato e l’acquisto da parte dell’assicuratore sono – come e’ stato rilevato in dottrina – effetti interdipendenti e contemporanei basati sul medesimo fatto giuridico previsto dalla legge: il pagamento dell’indennita’ assicurativa.
Questa interpretazione e’ confermata dall’analisi dell’articolo 1203 c.c., il quale, attraverso l’ampio rinvio del n. 5 (“negli altri casi stabiliti dalla legge”), e’ suscettibile di comprendere nell’ambito della surrogazione legale, operante di diritto, anche questa peculiare di soluzione maggiormente in linea con la ratio della surrogazione dell’assicuratore, essendo ragionevole ritenere che, attraverso l’automaticita’, il legislatore, in ossequio al principio indennitario, abbia voluto impedire proprio la possibilita’ per l’assicurato-danneggiato, una volta ricevuto l’indennizzo dall’assicuratore, di agire per l’intero nei confronti del terzo responsabile; laddove questo principio verrebbe incrinato se l’inerzia dell’assicuratore bastasse a determinare la permanenza, nell’assicurato indennizzato, della titolarita’ del credito di risarcimento nei confronti del terzo anche per la parte corrispondente alla riscossa indennita’, consentendogli di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto.
Dunque, poiche’ nel sistema dell’articolo 1916 c.c. e’ con il pagamento dell’indennita’ assicurativa che i diritti contro il terzo si trasferiscono, ope legis, all’assicuratore, deve escludersi un ritrasferimento o un rimbalzo di tali diritti all’assicurato per il solo fatto che l’assicuratore si astenga dall’esercitarli” (cfr. test. in motivazione, punto 6, pag. 34, Cass. Sez. U. n. 12565 del 2018).
Tanto premesso in linea generale, le Sezioni Unite hanno espresso il seguente principio diritto: “Il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall’ammontare del danno risarcibile l’importo dell’indennita’ assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto” (cfr. test. in motivazione, punto 7, pag. 34, Cass. Sez. U. n. 12565 del 2018).
Alla luce del richiamato chiaro enunciato, secondo cui l’importo della indennita’ assicurativa derivante dalla assicurazione contro i danni, che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto, va sempre detratto dall’ammontare del danno risarcibile, appaiono del tutto suggestive ma infondate le considerazioni di parte ricorrente riguardo ai pretesi effetti derivanti dal mutamento interpretativo promosso dalle Sezioni unite che, per un verso, avrebbe consentito ai convenuti di superare una preclusione istruttoria maturata con l’esaurimento della relativa fase processuale in relazione alla eccepita compensatio, e per l’altro, avrebbe precluso allo stesso ricorrente di allegare l’espressa rinuncia alla surrogazione da parte della compagnia assicurativa, determinando una inversione dell’onere della prova rispetto al precedente orientamento, sulla scorta del quale il ricorrente avrebbe modulato la propria condotta processuale.
Sotto il primo aspetto, va osservato che il mutamento interpretativo promosso dalle Sezioni unite nel 2018 va applicato a tutte le fattispecie pendenti per le quali si controverta in ordine alla questione della detrazione dell’indennizzo assicurativo dal quantum risarcitorio, e sotto il secondo aspetto, va evidenziato che l’eccezione di compensatio integra un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio e proponibile per la prima volta anche in appello (Cass. Sez. 3, Sentenza 20/01/2014 n. 991).

 

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In secondo luogo, l’assicurazione stipulata dal danneggiato-assicurato era un’assicurazione contro i danni da incendio e non aveva affatto natura previdenziale o di assicurazione sulla vita, ipotesi sole per cui e’ possibile il cumulo e non e’ necessario il diffalco. Sul punto, la sentenza delle Sezioni Unite osserva che “la selezione tra i casi in cui ammettere o negare il diffalco deve essere fatta, dunque, per classi di casi, passando attraverso il filtro di quella che e’ stata definita la “giustizia” del beneficio e, in questo ambito, considerando la funzione specifica svolta dal vantaggio.
Cosi’, nel caso di assicurazione sulla vita, l’indennita’ si cumula con il risarcimento, perche’ si e’ di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall’assicurato sopportando l’onere dei premi, e l’indennita’, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed e’ corrisposta per un interesse che non e’ quello di beneficiare il danneggiante” (cfr. test. in motivazione, punto 5.7, pag. 24, Cass. Sez. U. n. 12565 del 2018).
In conformita’ ai principi dettati dalle Sezioni Unite, la Corte di merito ha quindi correttamente detratto la somma di Euro 148.603,20 percepita dal danneggiato dalla assicurazione Cattolica in relazione all’evento dannoso, da quella di Euro 228.100,00, liquidata complessivamente a titolo di danno patrimoniale, cosi’ stabilendo in Euro 79.497,00 il danno che va ulteriormente risarcito a carico dei danneggianti, oltre agli interessi e rivalutazione (cfr. motivazione della sentenza impugnata pagg. 35 e 36).
Non sussiste, al riguardo, la pretesa apparenza della motivazione, tenuto conto che la Corte di appello ha tenuto conto di quanto pacificamente emerso dall’istruttoria compiuta, e riconosciuto dallo stesso ricorrente, e cioe’, di aver percepito per il medesimo evento lesivo, a titolo di indennizzo assicurativo (in ragione dello stipulato contratto di assicurazione con la compagnia Cattolica contro i danni ed in particolare gli incendi) l’importo di Euro 148.603,20 che la Corte di merito, in ossequio alla soprarichiamata pronuncia delle Sezioni Unite, ha detratto dal quantum del complessivo risarcimento determinato in Euro 228.100,00 (pag. 35 della sentenza impugnata).
4.1. Va disatteso anche il quarto motivo di ricorso con cui parte ricorrente si lamenta di quanto liquidatole per danno non patrimoniale in considerazione dell’incidenza dell’evento lesivo occorso sulla condizione personale di ciascuno dei danneggiati.

 

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Invero, la Corte di merito, lungi dall’aver omesso la considerazione delle peculiarita’ connesse all’evento lesivo de quo che, a ragione, definisce “altamente drammatico stante lo sviluppo rapidissimo dell’incendio e le conseguenze catastrofiche per le abitazioni coinvolte”, ha riconosciuto un danno psichico di entita’ lieve (pari ad una percentuale del 6%) operando una liquidazione equitativa, esaurientemente giustificata e graduata per ciascuno dei ricorrenti (pag. 38 motivazione della sentenza impugnata).
4.2. Parimenti infondato e’ il quinto motivo di ricorso, tenuto conto che in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non e’ soggetto al controllo di legittimita’, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione e’ doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso (v. Cass. Sez. 3, 13/07/2021 n. 19989; Cass. Sez. 2, 05/05/2022 n. 14198).
4.3. Viceversa, infine, e’ fondato il sesto motivo del ricorso principale. Invero, la pronuncia impugnata nulla dispone in ordine alle spese della consulenza tecnica d’ufficio.
Questa Corte ha gia’ affermato che il vizio di omessa pronuncia si configura se nella statuizione sulle spese di lite non venga indicata la parte sulla quale graveranno definitivamente quelle relative alla consulenza tecnica d’ufficio poiche’ tale statuizione non puo’ ricomprenderle implicitamente, a nulla rilevando che esse abbiano gia’ formato oggetto di liquidazione con decreto motivato ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 168 (Sez. 3 -, Ordinanza n. 10804 del 05/06/2020).
5. In conclusione, va accolto il sesto motivo del ricorso principale, rigettati i restanti motivi, va rigettato altresi’ il ricorso incidentale e per l’effetto, la sentenza impugnata va cassata in relazione e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito ex articolo 384, 2 comma, c.p.c., ponendo definitivamente le spese della Consulenza tecnica d’ufficio a carico, in solido tra loro, delle parti resistenti.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono il principio di soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

 

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Per questi motivi

La Corte accoglie il sesto motivo, con rigetto dei restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale; per l’effetto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, pone definitivamente le spese della Consulenza tecnica d’ufficio a carico, in solido tra loro, delle parti resistenti. Conferma la statuizione sulle spese della sentenza impugnata.
Condanna, infine, le parti resistenti, in solido tra loro, a rifondere le spese del giudizio di legittimita’ in favore di quelle ricorrenti che liquida in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

 

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