Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 novembre 2022| n. 33751.

Vizio di omessa pronuncia del giudice di primo grado su domanda riconvenzionale

E’ inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’omessa pronuncia del giudice di primo grado su una domanda riconvenzionale avanzata dalla controparte e non riproposta in appello, sotto il profilo che l’eventuale rigetto di essa avrebbe potuto portare ad un possibile diverso e più favorevole regolamento delle spese giudiziali, in quanto tale omessa pronuncia, che non depone per un implicito rigetto, comunque non incide sulla soccombenza dell’attore e non gli arreca alcun concreto pregiudizio, né l’acquiescenza prestata dal convenuto alla sentenza di primo grado può qualificarsi come espressa rinuncia agli effetti di cui all’art. 306, comma 4, c.p.c.

Ordinanza|16 novembre 2022| n. 33751. Vizio di omessa pronuncia del giudice di primo grado su domanda riconvenzionale

Data udienza 20 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Avvocato – Compensi – Ricorso per cassazione – Vizio di omessa pronuncia del giudice di primo grado su domanda riconvenzionale – Domanda non riproposta in appello – Il ricorso è inammissibile – Fondamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 1930-2022 proposto da:
(OMISSIS), difeso personalmente ex articolo 86 c.p.c.;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2042/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/08/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/10/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1.L’avvocato (OMISSIS) propone ricorso articolato in unico motivo, distinto in due sottoparagrafi, avverso la sentenza n. 2042/2021 della Corte d’appello di Bologna.
2. Resistono con controricorso (OMISSIS) ed (OMISSIS).
3. La Corte d’appello di Bologna ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) contro la sentenza n. 538/2014 del Tribunale di Parma, la quale aveva rigettato la domanda dello stesso (OMISSIS) per ottenere da (OMISSIS) (erede di (OMISSIS)) ed (OMISSIS) (tutrice di (OMISSIS)) il pagamento del compenso professionale relativo ad una controversia civile nella quale aveva assistito, insieme ad altri due avvocati, il (OMISSIS) e la (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. Il Tribunale di Parma con la sentenza n. 538/2014 affermo’ che le risultanze istruttorie avevano rivelato che i tre avvocati avevano pattuito un unico compenso da suddividere in parti uguali e che il (OMISSIS) non avesse comunque dato prova di aver concordato con i clienti un onorario di importo superiore a quello determinato a carico della soccombente nel giudizio civile dove era stata svolta l’attivita’ difensiva. La sentenza di primo grado non pronuncio’ invece sulla domanda riconvenzionale risarcitoria per inadempimento, pari ad Euro 22.500,00, avanzata da (OMISSIS) ed (OMISSIS).
L’avvocato (OMISSIS) propose appello sia sul merito della lite sia sulla condanna alle spese subita nella sentenza di primo grado, lamentando la mancata compensazione per la soccombenza delle convenute sulla domanda riconvenzionale risarcitoria di Euro 22.500,00. La Corte d’appello, in punto di spese, ha ritenuto che il Tribunale non avesse proprio esaminato la domanda riconvenzionale delle convenute, che di tale omessa pronuncia non poteva lamentarsi il (OMISSIS), che la riconvenzionale non poteva dirsi implicitamente rigettata e che percio’ la statuizione di condanna alle spese dell’attore adottata dal primo giudice era corretta.
L’unico motivo del ricorso dell’avvocato (OMISSIS) deduce la violazione, mancata/errata applicazione degli articoli 346, 306, 91 e 92 c.p.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe dovuto prendere atto della rinuncia di (OMISSIS) e (OMISSIS) alla ri-convenzionale, non avendo impugnato l’omessa pronuncia di primo grado al riguardo, oppure avrebbe dovuto intendere la stessa riconvenzionale implicitamente rigettata, in entrambi i casi pervenendo al rilievo della soccombenza reciproca tra le parti e quanto meno alla compensazione delle spese.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Il ricorrente ha presentato memoria.
Il motivo di ricorso non supera lo scrutinio ex articolo 360 bis c.p.c., n. 1.
Si configura la violazione del precetto di cui all’articolo 91 c.p.c. che impone di condannare la parte soccombente al pagamento totale delle spese giudiziali, salvi i casi di compensazione consentiti dal successivo articolo 92 c.p.c. – allorche’ il giudice ponga le spese di lite a carico della parte risultata totalmente vittoriosa.
E’ pacifico in giurisprudenza che la facolta’ di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non e’ tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facolta’, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualita’ di una compensazione, non puo’ essere censurata in cassazione (ex multis, Cass. Sez. Unite, 15 luglio 2005, n. 14989).
E’ altrettanto consolidato l’orientamento secondo cui la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano parimenti nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. Sez. 2, 31/01/2014, n. 2149; Cass. Sez. 2, 20/12/2017, n. 30592).
Pur ad intendersi, dunque, rigettata o rinunciata la domanda ri-convenzionale proposta da (OMISSIS) ed (OMISSIS), non e’ sindacabile in sede di legittimita’ come violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. la decisione del giudice di merito di non procedere alla compensazione tra le parte delle spese di lite per soccombenza reciproca.
Ancora nella memoria ex articolo 380 bis c.p.c., comma 2, il ricorrente evidenzia che il “cuore del ricorso” e’ dato dalla violazione degli articoli 346 e 306, comma 4, c.p.c., ma con cio’ incorre nell’evidenziato erroneo presupposto interpretativo in base al quale (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbero state implicitamente soccombenti (seppur comunque in relazione di reciprocita’ con l’avvocato (OMISSIS)) per il sol fatto che la loro domanda riconvenzionale non era stata esaminata dal Tribunale e le convenute avevano prestato acquiescenza a tale omessa pronuncia.
Va cosi’ enunciato il seguente principio:
e’ inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’omessa pronuncia del giudice di primo grado su una domanda riconvenzionale avanzata dalla controparte e non riproposta in appello, sotto il profilo che l’eventuale rigetto di essa avrebbe potuto portare ad un possibile diverso e piu’ favorevole regolamento delle spese giudiziali, in quanto tale omessa pronuncia, che non depone per un implicito rigetto, comunque non incide sulla soccombenza dell’attore e non gli arreca alcun concreto pregiudizio, ne’ l’acquiescenza prestata dal convenuto alla sentenza di primo grado puo’ qualificarsi come espressa rinuncia agli effetti di cui all’articolo 306 c.p.c., comma 4, (Cass. Sez. 2, 18/12/1964, n. 2915; Cass. Sez. 2, 29/12/1971, n. 3768; Cass. Sez. 5, 27/01/2017, n. 2047).
Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente a rimborsare alle controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alle controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

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