La massima estrapolata:
Va punito per bancarotta impropria da reato societario l’amministratore della società fallita che in presenza di un capitale sociale al di sotto dei limiti di legge non ha convocato l’assemblea e ha omesso gli atti richiesti per la tutela dell’integrità del patrimonio. Questo in quanto in siffatti casi l’obbligo di convocazione dell’assemblea in presenza di una riduzione del capitale al di sotto del minimo legale rientra tra gli obblighi imposti dalla legge la cui inosservanza espone l’amministratore al reato di bancarotta impropria se è in grado di causare il dissesto o il suo aggravamento.
Sentenza 26 luglio 2018, n. 35793
Data udienza 21 maggio 2018
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUNO Paolo A. – Presidente
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere
Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/09/2017 della CORTE APPELLO di TRENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRINA TUDINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’.
udito il difensore SI DA’ PER FATTA LA RELAZIONE LA DIFESA SI RIPORTA AL RICORSO.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Trento ha confermato, per quanto rileva, la decisione in data 18 marzo 2016 del tribunale di Rovereto, che ha affermato la penale responsabilita’ di (OMISSIS), in qualita’ di presidente del consiglio d’amministrazione, per il reato di cui alla L.Fall., articolo 224, n. 2, in relazione al fallimento della (OMISSIS) S.p.a..
1.1. La Corte territoriale ha ritenuto comprovato, pur all’esito delle censure sviluppate nell’atto di gravame, l’aggravamento del dissesto della societa’ mediante l’omissione degli adempimenti prescritti dalla legge, in presenza di gravi perdite evidenziate nel bilancio al 30 giugno 2005, dissimulate attraverso la fittizia capitalizzazione del capitale sociale.
2. Avverso la sentenza, ha proposto ricorso l’imputato, per mezzo del difensore, articolando due motivi.
2.1 Deduce, con il primo motivo, violazione della legge penale e correlato vizio di motivazione. La corte territoriale si e’ limitata a rilevare la violazione degli adempimenti di cui agli articoli 2446 e 2447 c.c., omettendo di considerare le imprevedibili cause sopravvenute che hanno, invece, determinato il dissesto, in considerazione della qualita’ del prodotto keex, della interruzione delle trattative d’acquisto del cliente (OMISSIS) S.p.a. e del fallimento di (OMISSIS) S.p.a.. Cause sopravvenute che hanno prodotto evidenti ripercussioni sotto il profilo soggettivo, posto che la prognosi di realizzabilita’ dei progetti avviati esclude, in capo agli amministratori, la ravvisabilita’ della colpa, da accertarsi con giudizio controfattuale ex ante.
2.2 Con il secondo motivo, censura violazione di legge e vizio della motivazione in riferimento all’elemento soggettivo del reato, dovendosi escludere profili qualificati di colpa alla stregua della positiva prevedibilita’ di conclusione delle trattative di commercializzazione del prodotto informatico e del volume dei costi necessari ad avviare ricerca e sviluppo della produzione, la cui capitalizzazione e’ legittima.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
1.1. Tutte le censure sono connotate da aspecificita’ in quanto si risolvono in una mera critica rivolta alla sentenza impugnata, con il cui tessuto motivazionale il ricorrente omette di confrontarsi. Secondo il consolidato orientamento di legittimita’, autorevolmente espresso dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823, i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili “non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi’ quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato” (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568), in quanto le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultimo “non puo’ ignorare le ragioni del provvedimento censurato” (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425)”.
1.2. L’onere di specificita’ dei motivi di impugnazione si declina ulteriormente nei casi, quale quello in esame, di duplice conforme sentenza di merito, nel senso che il vizio di travisamento della prova puo’ essere dedotto con il ricorso per cassazione sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, purche’ in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, Sentenza n. 5336 del 09/01/2018Ud. (dep. 05/02/2018) Rv. 272018, Sez. 5, Sentenza n. 18975 del 13/02/2017Ud. (dep. 20/04/2017) Rv. 269906 N. 5223 del 2007 Rv. 236130, N. 19710 del 2009 Rv. 243636, N. 4060 del 2014 Rv. 258438, N. 5615 del 2014 Rv. 258432, N. 7986 del 2016 Rv. 269217, N. 44765 del 2013 Rv. 256837).
2. Il primo motivo di ricorso non soddisfa il necessario standard di specificita’, in quanto il ricorrente prospetta una ricostruzione del nesso di causalita’ fondato sull’errata ricostruzione della fattispecie in contestazione, laddove pretende di ricondurre il dissesto a cause sopravvenute, riproponendo la tesi gia’ sviluppata nei giudizi di merito in ordine alla “prognosi di realizzabilita’ dei negoziati” e richiamando una contestazione di violazione dell’obbligo di richiedere il fallimento che non e’ stata, invece, oggetto di imputazione.
2.1. Al (OMISSIS) e’ stato contestato l’omesso adempimento degli obblighi di ricapitalizzazione in presenza di perdite, sulla cui sussistenza la sentenza impugnata svolge argomentazioni razionali ed aderenti alle emergenze istruttorie, con le quali il ricorso non si confronta.
In particolare, la corte territoriale ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di legittimita’, secondo cui in tema di bancarotta impropria da reato societario, la convocazione dell’assemblea dei soci ex articolo 2447 c.c., in presenza di una riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale rientra tra gli “obblighi imposti dalla legge”, la cui inosservanza puo’ dar luogo a responsabilita’ penale dell’amministratore ai sensi della L.Fall., articolo 224, comma 1, n. 2, laddove costituisca causa o concausa del dissesto ovvero del suo aggravamento (Sez. 5, Sentenza n.8863 del 09/10/2014Ud. (dep. 27/02/2015) Rv. 263421N. 154 del 2005 Rv. 233385).
Di guisa che il reato sussiste anche quando la condotta illecita, consistente nell’omissione di adempimenti previsti dalla legge a tutela dell’integrita’ del patrimonio, abbia concorso a determinare solo un aggravamento del dissesto gia’ in atto della societa’ (Sez. 5, Sentenza n.29885 del 09/05/2017Ud. (dep. 15/06/2017) Rv. 270877 Rv. 247254, N. 17021 del 2013 Rv. 255090, N. 15613 del 2015 Rv. 263803), non interrompendo il rapporto di derivazione causale l’intervento di fattori sopravvenuti ex sibus inidonei a determinare, in via esclusiva, l’evento ex articolo 41 c.p..
E, nel caso di specie, non vi e’ dubbio che l’omessa convocazione dell’assemblea al fine di ricostituire il capitale sociale – peraltro accompagnata da artifici contabili atti a dissimulare la reale situazione societaria, suscettibili di sussunzione sotto la diversa e piu’ grave ipotesi di reato di cui alla L.Fall., articolo 223 (Sez. 5, Sentenza n. 42811 del 18/06/2014 Ud. (dep. 13/10/2014) Rv. 261759) – abbia determinato una condizione di vulnerabilita’ della societa’ rispetto alla quale le successive vicende hanno svolto – solo – il ruolo di concausa dello stato di irreversibile decozione della societa’.
2.2. Nel resto, il primo motivo di ricorso sovrappone il giudizio di verifica ex ante dell’elemento psicologico del reato con l’accertamento del nesso di derivazione causale, richiamando impropriamente il parametro della prevedibilita’ in punto di ricostruzione del nesso eziologico e ponendo – anche sotto tale aspetto – la doglianza nell’alveo dell’inammissibilita’.
3. E’, del pari, inammissibile per genericita’ il secondo motivo di censura.
Nell’escludere l’elemento soggettivo del reato, il ricorrente ripropone una indebita sovrapposizione dei piani della causalita’ e della colpa, rivendicando il complesso delle iniziative intraprese per condurre a buon fine le trattative e realizzare le operazioni programmate, omettendo – anche in tal caso – di confrontarsi con la natura della contestazione e richiamando, del tutto impropriamente, la fattispecie di cui all’articolo 224, comma 2, n. 1) che non e’ stata, invece, contestata.
Per contro, la sentenza impugnata da’ conto della consapevole inerzia dell’imputato nell’adempimento degli obblighi di legge pur in presenza di perdite di bilancio, ed anzi della strumentale condotta di indebita iscrizione tra le poste attive di costi atta a dissimularne l’incidenza, esplicitando l’esistenza di indicatori di concreta previsione dell’idoneita’ di siffatte condotte all’aggravamento del dissesto, poste in essere – nella prospettiva della positiva conclusione delle operazioni commerciali intraprese – attraverso la consapevole assunzione del rischio di decozione.
Di guisa che le generiche doglianze prospettate dal ricorrente non evidenziano alcun errore nell’applicazione delle legge penale o elementi di disarticolazione del percorso giustificativo della sentenza impugnata.
4. Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima equo determinare in Euro 2000,00, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2000 in favore della Cassa delle ammende.
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