Tutela penale contro l’inquinamento idrico

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 7 giugno 2019, n. 25340.

La massima estrapolata:

In tema di tutela penale contro l’inquinamento idrico, grava sull’imputato l’onere della prova relativa alla sussistenza delle situazioni di accertata impossibilità tecnica o di eccessiva onerosità che determinano la deroga al divieto di scarico delle acque reflue urbane o industriali sul suolo, ed escludono la configurabilità del reato previsto dall’art. 137, comma 11, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Nella specie, la documentazione fotografica, in atti, dimostrava l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 103 d.lgs. n. 152 del 2006.

Sentenza 7 giugno 2019, n. 25340

Data udienza 18 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/06/2018 della Corte d’appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Filippi Paola, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Teramo, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Teramo e appellata dall’imputato, la Corte d’appello di L’Aquila riconosceva a (OMISSIS) i doppi benefici di legge, nel resto confermando la pronuncia di primo grado che aveva condannato l’imputato per il reato di cui all’articolo 137, comma 11, in relazione al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 103, perche’, quale dirigente e responsabile dell’area tecnica della (OMISSIS) spa (ente gestore del servizio idrico integrato della provincia di Teramo) con delega di funzioni in materia di tutela ambientale a far data dal 24/09/2013, effettuava lo scarico non autorizzato sul suolo di acque reflue urbane provenienti dagli impianti di depurazione (fosse Imhoff) ubicati nelle localita’ di (OMISSIS).
2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in ordine alla sussistenza del reato di scarico sul suolo. Deduce il ricorrente che, nel caso in esame, si sarebbe in presenza di un’ipotesi di scarico in corpo idrico superficiale di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 103, come emergerebbe sia dalla cartografia allegata alla relazione tecnica dell’ing. (OMISSIS), sia delle dichiarazioni del teste (OMISSIS), riportate per stralci nel ricorso, sia nelle precedenti autorizzazioni assentite dalla provincia di Teramo.
2.2. Con il secondo motivo di eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in riferimento al superamento dei limiti di cui alla Legge Regionale n. 31 del 2010 Assume il ricorrente che, quand’anche si trattasse di scarichi al suolo, essendosi in presenza di agglomerati al di sotto di 50 abitanti equivalenti, il solo limite da rispettare, in base alla tabella B allegata alla Legge Regionale n. 31 del 2010, riguarderebbe solamente i SST (solidi sospesi), pari a 150 mg/l, valore sempre osservato in tutte le analisi, e trattandosi di scarichi di sole acque reflue domestiche e non anche di scarichi industriali.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione all’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputato. Secondo il difensore, la Corte territoriale, per un verso, non avrebbe considerato che, nel periodo autunno-inverno, quando al (OMISSIS) fu conferita la delega in materia ambientale, i luoghi dove sono collocate le Imhoff risultano inaccessibili, come riferito dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), e, per altro verso, non avrebbe tenuto conto del numero elevato di Imhoff, pari a circa ottocento, e considerando, infine, l’insussistenza di una valida delega di funzioni, trattandosi di struttura complessa e di un incarico generico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ manifestamente infondato perche’ i motivi sono generici e fattuali.
2. In premessa, vale osservare che si e’ in presenza di una “doppia conforme” statuizione di responsabilita’, il che limita all’evidenza i poteri di rinnovata valutazione della Corte di legittimita’, nel senso che, ai limiti conseguenti all’impossibilita’ per la Cassazione di procedere ad una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perche’ e’ estraneo al giudizio di cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati probatori, si aggiunge l’ulteriore limite in forza del quale neppure potrebbe evocarsi il tema del “travisamento della prova”, a meno che il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano. Non e’, pero’, questo il caso: il ricorrente, infatti, non lamenta che i giudici del merito abbiano fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, ma pretende una diversa lettura degli elementi probatori.
3. Va, a tal proposito, ricordato che il giudizio di cassazione non rappresenta un terzo grado del giudizio di merito, come sembra adombrare il ricorrente, laddove riporta stralci delle deposizioni di taluni testimoni per asseverare quanto affermato nel ricorso.
Punto fermo e’ che il controllo del giudice di legittimita’ sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando invece preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte, in forza del quale l’illogicita’ della motivazione, censurabile a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), e’ soltanto quella evidente, cioe’ di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi; cio’ in quanto l’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volonta’ del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv. 226074).
Il controllo di legittimita’ sulla motivazione non attiene percio’ ne’ alla ricostruzione dei fatti, ne’ all’apprezzamento del giudice di merito, ma e’ limitato alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorieta’ della motivazione o di illogicita’ evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv, 251760).
4. Cio’ premesso, il primo motivo e’ manifestamente infondato.
Invero, il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, laddove, alle pp. 3 e 4, si da’ puntualmente conto dei singoli accertamenti effettuati presso le diverse fosse Imhoff, in cui venne riscontrato lo scarico sul suolo di acque torbide e maleodoranti. La Corte ha percio’ ribadito, con apprezzamento fattuale logicamente motivato, la non riconducibilita’ degli scarichi sul suolo nelle ipotesi considerate dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 103, comma 1, lettera a) e c), trattandosi di scarichi non autorizzati, e quindi in contrasto con le previsioni della Legge Regionale n. 31 del 2010, articolo 4, e non conformi ai criteri fissati dalla normativa regionale, ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 101, comma 2, essendo i valori limiti di emissione superiori a quelli previsti dalla legge regionale, cio’ che rende impossibile il rilascio di un’autorizzazione allo scarico sul suolo.
La Corte territoriale, infine, ha evidenziato come la documentazione fotografica, in atti, dimostri l’insussistenza dei presupposti di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 103, con cio’ facendo corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di tutela penale contro l’inquinamento idrico, grava sull’imputato l’onere della prova relativa alla sussistenza delle situazioni di accertata impossibilita’ tecnica o di eccessiva onerosita’ che determinano la deroga al divieto di scarico delle acque reflue urbane o industriali sul suolo, ed escludono la configurabilita’ del reato previsto dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 137, comma 11 (Sez. 3, n. 40761 del 20/03/2013 – dep. 02/10/2013, P.M. in proc. Spagnoletta, Rv. 257613).
5. Manifestamente infondato e’ anche il secondo motivo.
Anche in tal caso, il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, laddove ha dato atto che le analisi effettuate sui campioni prelevati dai tecnici dell’ARTA hanno evidenziato, con riferimento a tre localita’ ove furono effettuati i prelievi, valori di COD e BOD cinque volte superiori ai limiti della tabella B) di cui alla Legge Regionale n. 31 del 2010.
6. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
La Corte territoriale, con apprezzamento fattuale logicamente motivato, ha correttamente osservato che tra l’assunzione della delega di dirigente e responsabile dell’area tecnico della (OMISSIS) spa e il primo accertamento trascorsero circa sette mesi, in cui sarebbe stato possibile adottare provvedimenti per eliminare le violazioni o, quantomeno, per iniziare un programma di regolarizzazione degli scarichi, che, per contro, nel periodo in contestazione, non e’ stato mai realizzato.
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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