Consiglio di Stato,
Sezione quarta, Sentenza 2 marzo 2020, n. 1486.
La massima estrapolata:
Alla funzione di tutela del paesaggio (che il Ministero dei beni culturali esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione. Esso è atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica, attraverso il quale, similmente a quanto avviene nell’espressione del parere di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, l’intervento progettato viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tecnica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, valutazione che è istituzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto.
Sentenza 2 marzo 2020, n. 1486
Data udienza 7 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9884 del 2018, proposto dalla società Tg En. Ri. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato An. St. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero per i beni e le attività culturali ed il turismo, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia -sezione staccata di Lecce Sezione Prima – n. 1358/2018, resa tra le parti, concernente la sospensione del procedimento di VIA su progetto di centrale eolica off-shore
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;
Viste le memorie e le memorie di replica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti l’avvocato An. St. Da. e l’avvocato dello Stato Ma. Gr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La “Tg En. Ri.” s.r.l. (d’ora in avanti, per comodità, solo la Società ) ha impugnato innanzi al T.A.R. per la Puglia la nota prot. n. 0029879 del 22 dicembre 2017 a firma del dirigente della Direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (d’ora in avanti MATTM) con la quale è stato sospeso il procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) del progetto dalla stessa presentato per un parco eolico da realizzare nel tratto di mare antistante la costa dei Comuni di Brindisi, (omissis) (BR) e (omissis) (BR). Ha impugnato altresì la nota a firma del Capo del Dipartimento per il coordinamento amministrativo (DICA) della Presidenza del Consiglio dei Ministri posta a base della stessa, prot. n. 0023852 del 22 novembre 2017, con la quale si comunicava l’impossibilità di sottoporre il contrasto insorto nell’ambito del ridetto procedimento tra il MATTM e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT) al Presidente del Consiglio dei Ministri, siccome previsto dall’art. 5, comma 2, lett. c bis), della l. n. 400/1988, ritenendo che la mancata attuazione della pianificazione dello spazio marittimo prevista dal d.lgs. n. 201/2016 non lo consentisse.
2. Il T.A.R. per la Puglia, con sentenza n. 1358/2018, ha respinto il ricorso, compensando le spese di giudizio, sull’assunto che la disposta sospensione del procedimento non inciderebbe in alcun modo negativamente nella sfera giuridica della Società, essendo comunque ostativi all’accoglimento della relativa istanza i pareri negativi resi dal MIBACT, ormai inoppugnabili per mancata proposizione di autonomo gravame. Quanto alla procedura di cui all’art. 5, comma 2, lett. c bis) della l. 23 agosto 1988, n. 400, unico sbocco alternativo dell’istanza, essa sarebbe stata legittimamente “bloccata” dal competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri in quanto in potenziale contrasto con le esigenze di pianificazione dello spazio marittimo di cui al sopravvenuto assetto normativo.
3. Avverso tale sentenza ha proposto appello la Società, lamentando:
a) error in iudicando, avendo il giudice di prime cure ritenuto “in punto di interesse” precluso lo scrutinio dell’avversato provvedimento del MATTM, sulla base del rilievo che il procedimento di VIA avrebbe dovuto comunque concludersi in senso sfavorevole alla parte, stanti i pareri espressi sia dalla Regione Puglia che, soprattutto, dal MIBACT. La circostanza dell’omessa impugnativa dei pareri negativi endoprocedimentali – a prescindere, peraltro, dal pretermesso richiamo al ricorso al T.A.R. per la Puglia n. r. 2240/2014 avverso la deliberazione giuntale n. 1182 del 18 giugno 2014, dichiarato inammissibile giusta la natura non vincolante del parere regionale (T.A.R. per la Puglia, 22 maggio 2018, n. 858) – si paleserebbe del tutto inconferente, essendo proprio il contrasto con il contenuto di tali pareri il presupposto dell’attivazione della procedura di cui all’art. 5, comma 2, lett. c bis) della l. n. 400/1988, indebitamente preclusa dagli uffici;
b) error in iudicando laddove si è affermato che nessuna censura sarebbe stata mossa direttamente avverso la nota del DICA del 22 novembre 2017. Il contenuto soprassessorio della stessa, migrato nell’effetto soprassessorio del riscontro fornito alla Società dal MATTM, è censurabile e censurato nella parte in cui pretende di attribuire un indebito effetto paralizzante qualsivoglia progettualità nello spazio marino alla disciplina di cui al d.lgs. n. 201/2016, nelle more della sua concreta attuazione;
c) error in iudicando stante che con le note de quibus si è di fatto disposta una sospensione ad libitum del procedimento in palese contrasto con i principi di cui alla l.n. 241/1990, in particolare l’art. 21 quater che non consente di differire l’efficacia di un provvedimento oltre “il tempo strettamente necessario”. In ciò si concretizzerebbe, infatti, il differimento all’avvenuta adozione dei piani di gestione previsti dal d.lgs. n. 201/2016 della riattivazione del procedimento, non potendo certo valere come dies ad quem finale il 31 dicembre 2020, ovvero il termine meramente ordinatorio fissato dal legislatore all’art. 5 del richiamato decreto per definire i ridetti atti attuativi;
d) sarebbe infine stata indebitamente esclusa la necessità di rispettare le garanzie partecipative al procedimento sull’errato assunto che l’esito dello stesso, vincolato ai pareri negativi del MIBACT, non avrebbe potuto comunque essere inciso dall’apporto della parte privata. Con ciò pretermettendo che la decisa preclusione del procedimento di cui alla l. n. 400/1988 non era affatto scontata, e la parte avrebbe potuto fornire al riguardo proposte, anche interpretative, tali da scongiurarne gli intervenuti esiti.
4. Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate per insistere nelle proprie prospettazioni, chiedendo la conferma della sentenza impugnata. In particolare, esse difendono l’affermazione del T.A.R. circa gli effetti “in punto di interesse” della mancata impugnativa dei due pareri negativi del MIBACT (nota n. 6362 del 4 marzo 2016 e 7934 del 29 luglio 2016), oltre che di quelli, di ana contenuto, della Regione Puglia (delibere di Giunta n. 1182 del 18 giugno 2014, in verità impugnata con il ricorso richiamato al § precedente, e n. 1754 del 30 ottobre 2017). La nota del DICA non sarebbe da intendere come sospensione ad libitum del procedimento, ma come declaratoria di improcedibilità dell’istanza, alla luce della normativa sopravvenuta, applicabile sulla base della corretta lettura del principio del tempus regit actum, che imporrebbe di tener conto del regime giuridico esistente sia alla data di presentazione dell’istanza che di eventuale rilascio del titolo. Infine, il dies ad quem per la conclusione del procedimento di VIA-VAS non sarebbe affatto mancante, coincidendo con quello di avvenuta definizione degli strumenti di pianificazione dello spazio marittimo previsti dal citato d.lgs. n. 201/2016 (31 dicembre 2020).
5. In vista dell’odierna udienza, le parti hanno presentato memorie e memorie di replica.
All’udienza pubblica del 7 novembre 2019, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. Al fine di correttamente perimetrare i confini dell’odierna controversia il Collegio ritiene necessario ripercorrere le tappe salienti del procedimento, avuto riguardo alla disciplina vigente sia al momento di presentazione dell’istanza di VIA, che a quello di adozione delle note avversate.
7. Con istanza in data 28 giugno 2013 la Società presentava al competente Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un’istanza di valutazione di compatibilità ambientale di un progetto di parco eolico off-shore denominato “Centrale Eolica off-shore Brindisi”, da localizzare nel tratto di mare antistante la costa dei Comuni di Brindisi, (omissis) (BR) e (omissis) (BR). Il procedimento sotteso al rilascio del provvedimento, da adottare “di concerto” con il MIBACT, è regolamentato dalle disposizioni del Capo IV del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella versione applicabile ai procedimenti di VIA avviati prima del 16 maggio 2017, giusta la previsione in tal senso contenuta nell’art. 23 del d.lgs. 16 giugno 2017, n. 104, di recepimento della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014. La relativa istruttoria è stata dunque curata da un punto di vista tecnico-scientifico dall’apposita Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale prevista dall’art. 7 del d.l.23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 luglio 2008, n. 123. Tale Commissione, ricorda ancora il Collegio, che ha accorpato le funzioni di quella per la valutazione di impatto ambientale, istituita ai sensi dell’art. 18, comma 5, della l.11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, e di quella speciale per la valutazione di impatto ambientale, istituita ai sensi dell’art. 184, comma 2, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, è composta da cinquanta commissari (originariamente erano 60), oltre il presidente e il segretario, nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, tra liberi professionisti ed esperti provenienti dalle amministrazioni pubbliche, comprese università, Istituti scientifici e di ricerca, con adeguata qualificazione in materie progettuali, ambientali, economiche e giuridiche. Nel caso di specie, dunque, essa ha espresso parere positivo con nota prot. 2392 del 12 maggio 2017, dando peraltro atto in premessa dell’avvenuta richiesta di integrazioni istruttorie proprio da parte del MIBACT, regolarmente evasa in data 28 marzo 2014 dalla Società . Essendo il parere de quo successivo a quelli (negativi) espressi dal MIBACT “nell’ambito del procedimento di VIA di che trattasi” (rispettivamente in data 4 marzo 2016 e 29 luglio 2016) è evidente che con esso la Commissione ha inteso avallare formalmente la procedura malgrado e in contrasto con la diversa opinione dell’Amministrazione preposta alla tutela degli interessi paesaggistici, con ciò creando i presupposti per attingere il Presidente del Consiglio dei Ministri allo scopo di tentare di dirimere la controversia.
8. Afferma il giudice di prime cure che “in punto di interesse” sarebbe esclusa “comunque la possibilità per la ricorrente di ottenere un provvedimento positivo, potendo lo stesso essere eventualmente espresso solo attraverso il ricorso alla procedura di cui all’art. 5 comma 2 lett. c) bis, la quale è stata attivata dal Ministero intimato”.
Rileva il Collegio come proprio tale affermazione confermi l’assunto della Società che ravvisa nell’indebita preclusione all’accesso alla procedura la lesione del proprio interesse all’evasione dell’istanza proposta, essendo la stessa, per esplicita ammissione del T.A.R., l’unica residua possibilità di sbocco favorevole del procedimento. E’ vero, infatti, che in presenza di ben due pareri sfavorevoli del MIBACT la VIA non avrebbe potuto essere rilasciata; ma lo è egualmente che ciò non vale in assoluto, bensì solo ove tali indicazioni ostative fossero state confermate e conseguentemente avallate dal Consiglio dei Ministri, eventualmente sollecitato dal Presidente del Consiglio sulla base dei poteri attribuitigli dalla l. n. 400/1988.
Come già affermato da questo Consiglio di Stato, dalle cui conclusioni non è ragione di discostarsi, alla funzione di tutela del paesaggio (che il Ministero dei beni culturali esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione. Esso è atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica, attraverso il quale, similmente a quanto avviene nell’espressione del parere di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, l’intervento progettato viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tecnica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, “valutazione che è istituzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto” (Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652; id., 10 giugno 2013, n. 3205). Questa regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev’essere, appunto, “tecnico” e “proprio” del caso concreto, applica il principio fondamentale dell’art. 9 della Costituzione, il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili (cfr. Corte Cost., 29 dicembre 1982, n. 239; 21 dicembre 1985, n. 359; 27 giugno 1986, n. 151; 10 marzo 1988, n. 302; Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2378). Anche laddove, cioè, il legislatore abbia scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, essa non comporta comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si fonda su un espresso principio fondamentale costituzionale (cfr. Cons. Stato, VI, 23 maggio 2012, n. 3039; id., 15 gennaio 2013, n. 220. L’indeclinabilità della funzione pubblica di tutela del paesaggio per la particolare dignità data dall’essere iscritta dall’art. 9 della Costituzione tra i principi fondamentali della Repubblica, è stata più volte affermata anche dalla giurisprudenza costituzionale: cfr. ancora Corte Cost., 27 giugno 1986, n. 151; 5 maggio 1986, n. 182; 10 ottobre 1998, n. 302; 19 ottobre 1992, n. 393; 12 febbraio 1996, n. 2; 28 giugno 2004, n. 196; 29 ottobre 2009, n. 272; 23 novembre 2011, n. 309).
9. Mentre, tuttavia, è sicuramente preclusa all’Amministrazione procedente la possibilità di cercare autonomamente di conciliare l’interesse paesaggistico con gli altri interessi in gioco, compreso quello ambientale appannaggio della Commissione tecnica costituita all’uopo, ciò non vale per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ove venga attivata la procedura prevista dall’art. 5, comma 2, lett. c bis), introdotta nella l. 23 agosto 1988, n. 400 dal d.lgs. 30 luglio 1999, n. 303. Nel declinare, infatti, le prerogative del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 95 della Costituzione, la norma gli attribuisce anche la facoltà di “deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”.
10. Come anche di recente affermato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, 2 novembre 2017, n. 10936), trattasi di una disciplina generale e ordinaria che, quindi, può essere applicata anche alle ipotesi di contrasto tra Amministrazioni statali, senza che sia necessario alcun espresso richiamo normativo, in questo caso del d.lgs. n. 152/2006. Ciò era ritenuto compatibile perfino con la previsione (venuta meno a seguito della già ricordata novella attuata con d.lgs. 16 giugno 2017, n. 104, recante “Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114” applicabile ai procedimenti di VIA avviati dopo il 16 maggio 2017), contenuta nell’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, di un potere sostitutivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri solo nel caso di mancata conclusione del procedimento nei termini prescritti. Tale disposizione aveva come presupposto, infatti, il ritardo nell’attività procedimentale, ma non sostituiva affatto (né poteva impedire l’applicazione del) la disciplina generale della legge n. 400/1988.
11. Nel caso di specie, peraltro, occorre altresì ricordare, rileva ancora la Sezione, che la previsione non costituiva lo sbocco eventuale ed opzionale comunque previsto per qualsivoglia tipologia di procedimento e contrasto tra autorità coinvolte, ma l’indicazione peculiare e specifica in materia di VIA contenuta nell’art. 14 quater della l. n. 241/1990. La norma, che si colloca all’interno della disciplina sulla conferenza dei servizi (pure essa interamente novellata, con riferimento ai procedimenti avviati dopo la sua entrata in vigore, dal d.lgs. 30 giugno 2016, n. 127), all’originario comma 5, oggi abrogato, sotto la rubrica “Effetti del dissenso espresso nella conferenza dei servizi”, prevedeva espressamente che: “Nell’ipotesi in cui l’opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303”.
12. In tale cornice si colloca dunque la richiesta che il MATTM ha inteso avanzare con nota prot. 24839 del 16 ottobre 2017, al dichiarato scopo di “giungere alla risoluzione del contrasto insorto tra il parere positivo della [….]Commissione tecnica e quello negativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo “. La deliberazione del Consiglio dei Ministri doveva essere sollecitata per superare il contrasto fra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, individuando, a seguito di un esame delle posizioni espresse dalle competenti amministrazioni contrapposte, le ragioni per le quali in un quadro di complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, condividere il parere espresso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS ovvero quelle sottese alla valutazione negativa contrapposta, oppure ancora cercare possibili punti di convergenza tra le due posizioni estreme in questione. La scelta del Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DICA) che, senza in alcun modo attingere la sfera politica, ha sostanzialmente deciso di “bloccare” in limine l’istanza, ritenendola non esaminabile giusta le preclusioni rivenienti dall’entrata in vigore del d.lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, si pone pertanto in contrasto con la richiamata cornice normativa.
13. La non facile sintesi fra coordinamento e semplificazione, di fronte alla difficoltà di rinvenire un ordine gerarchico degli interessi normativamente predefinito, si esprime dunque, di regola, in un percorso procedimentale dalla cui disciplina la dottrina ha ricavato, sul piano teorico, la prefigurazione di un peculiare modo di esplicarsi della funzione amministrativa (la c.d. funzione amministrativa conferenziale), che ne caratterizza l’esercizio in un sistema a pluralismo maturo. In tale sistema, tuttavia, l’art. 14 quater, che individuava, mediante rinvio alla richiamata disposizione della l. n. 400/1988, nel vertice dell’apparato amministrativo (nazionale) la figura chiamata a comporre il dissenso, attribuisce ad esso una ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, resa possibile dalla collocazione istituzionale dell’organo decidente, il cui orizzonte è tale da poter considerare, in un’ottica di sintesi, tutte le diverse posizioni di interesse (quelle ambientali, paesaggistiche, energetiche, urbanistiche, industriali, ecc.). La disposizione, in altri termini, esprime una tipica regola di sussidiarietà verticale, realizzando un’allocazione del meccanismo di coordinamento che coniuga il profilo dell’attività con quello dell’organizzazione.
14. Dalla sopra richiamata sequenza di atti e dall’esame della documentazione è possibile ritenere che la procedura di VIA all’esame del collegio sia stata indebitamente interrotta dall’ufficio, sulla base di un’autonoma interpretazione della normativa sopravvenuta, con ciò sottraendo la relativa competenza, anche sull’an della condivisione con il Consiglio dei Ministri, al Presidente del Consiglio, cui la normativa ha inteso attribuirla in esclusiva. La delibazione preliminare da parte del Capo Dipartimento, confluita nella avversata nota del 22 novembre 2017, anziché limitarsi agli aspetti tecnico-gestionali ovvero di completezza documentale, si è sostanzialmente spinta fino al merito del procedimento, ritenendo autonomamente intangibile lo status quo in materia di spazio marittimo, a prescindere, pertanto, dalla peculiarità della situazione concreta, caratterizzata dall’insorgenza di contrasti valutativi tra Amministrazioni coinvolte. Di fatto, cioè, essa si è sovrapposta anche al competente MATTM, che aveva comunque portato avanti il procedimento, malgrado l’entrata in vigore del d.lgs. n. 201/2016.
15. La nota, dunque, dopo aver ricordato il contenuto degli artt. 5 e 6 del d.lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, conclude affermando che in ragione della sicura incidenza degli emanandi strumenti di pianificazione dello spazio marittimo sulle valutazioni da svolgere nel procedimento in esame, “non sussistono, allo stato attuale, i presupposti per compiere l’istruttoria”. L’istruttoria, cioè, non ha dato esiti negativi, per qualsivoglia ragione tecnico-giuridica: semplicemente, si è deciso di non attivarla.
Il d.lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, recante “Attuazione della direttiva 2014/89/UE che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo” all’art. 5, comma 1, individua in appositi “piani di gestione” lo strumento attuativo attraverso il quale regolamentare la gestione dello spazio marittimo, distribuendo in termini spaziali e temporali le pertinenti attività e usi delle acque marine, presenti e futuri, avuto riguardo anche ad impianti ed infrastrutture per la produzione di energie da fonti rinnovabili, di interesse nel caso di specie. L’elaborazione dei piani di gestione deve avvenire, sulla base di linee guida redatte da un tavolo interministeriale di coordinamento istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 6), a cura di un Comitato tecnico, allocato invece presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che provvederà avuto riguardo ad ogni area marittima individuata nelle linee guida (art. 7). Il comma 5 dell’art. 5 individua infine nel 31 dicembre 2020 il termine entro il quale i piani di gestione dello spazio marittimo devono essere approvati, anche in tempi diversi, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Per completezza, la Sezione ricorda come, subito dopo la redazione della nota del 22 novembre 2017, che richiama solo l’avvenuta costituzione del Tavolo interministeriale di lavoro, sia stato pubblicato (G.U. del 24 gennaio 2018, n. 19) il D.P.C.M. del 1° dicembre 2017, di approvazione delle ridette Linee guida.
16. Rileva la Società appellante come la nota del MATTM in data 22 dicembre 2017, accettando acriticamente la ricostruzione ermeneutica degli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha indebitamente sospeso ad libitum il procedimento, risalente peraltro all’anno 2013, in dispregio delle indicazioni al riguardo rivenienti dalla l. n. 241/1990, ed in particolare dal suo art. 21 quater.
L’assunto è fondato, né tale affermazione può essere minimamente incisa dalla diversa qualificazione della nota del DICA come mera declaratoria di improcedibilità, stante che sia tale atto, sia il successivo del MATTM, che su di esso si fonda, producono il dichiarato effetto di arresto della procedura fino all’avvenuta attuazione della prevista pianificazione dello spazio marittimo. In sintesi, ancorché in assenza di qualsivoglia disciplina normativa transitoria, quanto meno in termini di clausola di salvaguardia, si è inteso attribuire alla mera previsione di un potere/dovere di regolamentazione generale delle risorse il significato di blocco totale di qualsivoglia istanza concernente le stesse. Ciò peraltro, rileva ancora la Sezione, sovrapponendosi anche alla competenza del Ministero dell’ambiente che, come già detto al § 14, ove fosse corretta la lettura proposta della norma de qua, non solo non avrebbe dovuto stimolare l’intervento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma neppure avrebbe potuto portare avanti l’attività della Commissione tecnica, ingenerando inutili aspettative nel privato, a fronte peraltro di un procedimento protraentesi da anni. In sintesi, essendo il d.lgs. n. 201 del 2016 entrato in vigore il 21 novembre 2016, lo stesso parere della Commissione tecnica di verifica si porrebbe in contrasto con l’improcedibilità delle istanze di utilizzo dello spazio marittimo in quanto rilasciato in epoca successiva, ovvero il 12 maggio 2017.
Al contrario, pur nella peculiarità dell’oggetto della nuova tipologia di pianificazione (lo spazio marittimo, appunto, peraltro comunque già interessato da altre tipologie di atti programmatori), essa non assurge ex se a vincolo di inutilizzabilità, ma, al contrario, in un’ottica di affermato coordinamento dei vari livelli di governance già previsti, pare inserirsi armonicamente con gli stessi senza soluzione di continuità .
17. Le linee guida per la pianificazione dello spazio marittimo sono state approvate dopo aver acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano e sentita la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale, dal “Tavolo interministeriale di coordinamento sulla pianificazione dello spazio marittimo”, appositamente costituito presso il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri con rappresentanti di diversi ministeri.
I Piani dovranno, a cascata, attuarne le indicazioni, sviluppando proposte, direttive e raccomandazioni per un processo operativo e transfrontaliero di pianificazione marittima che, secondo gli obiettivi comunitari, permetta lo sviluppo delle diverse attività marittime, aumenti la fiducia per investimenti in infrastrutture e in altre attività economiche, rispondendo alle peculiarità di ogni area e garantendo prevedibilità, trasparenza e norme più chiare. Ciò anche in relazione all’esigenza di “rafforzare lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e delle relative reti, istituire zone marine protette e agevolare gli investimenti nel petrolio e nel gas”, assicurando una “razionale pianificazione localizzativa degli impianti eolici offshore, preventiva rispetto alla assegnazione in concessione degli specchi acquei dedicati ed attenta ai valori paesaggistici costieri”; dunque anche avuto riguardo alla materia specificamente sottesa all’odierna controversia.
Nel dettare le indicazioni metodologiche per la loro redazione, le Linee guida ne chiariscono la natura di strumento di primo livello, sovraordinato, cioè, agli ulteriori e previgenti atti di pianificazione della gestione del “territorio marino”, il cui contenuto deve necessariamente confluirvi. A mero titolo di esempio, la Sezione ricorda come entro certi limiti finanche la pianificazione urbanistica può attingere lo specchio acqueo marino antistante il Comune costiero, per cui ne è evidente l’esigenza di coordinamento con i nuovi provvedimenti sovraordinati.
In termini più generali, la complessità della rete degli intrecci che potrebbe venire a crearsi è percepibile prima facie dalla semplice lettura dell’elencazione di ridetti strumenti contenuta nell’allegato 4, alla voce “Quadro del sistema di pianificazione nazionale e regionale/locale in Italia”. Tra i piani, cioè, di cui la pianificazione marittima dovrà tener conto rientrano, a mero titolo di esempio, i piani regolatori portuali, i piani paesaggistici, i piani regionali di gestione del demanio marittimo e di zone di mare territoriale adottati da alcune Regioni come forma attuativa, in assenza di disciplina statale, della gestione integrata della zona costiera, o anche i piani attuativi comunali di gestione del demanio marittimo, o i piani comunali di costa adottati, ad esempio, proprio dalla Regione Puglia (v. l.r. Puglia, n. 17/2015). In prima applicazione, essi devono essere inclusi ed armonizzati con le previsioni dei piani di gestione dello spazio marittimo (art. 5, comma 3), cioè non solo “presi in considerazione”, ma più propriamente “inglobati” negli stessi, pur con le modifiche necessarie ad armonizzarli all’indicato livello superiore. Una volta elaborato il piano di gestione dello spazio marittimo, invece, sarà esso a divenire il riferimento per i singoli piani di settore, disegnando la cornice entro la quale questi ultimi potranno collocare i propri obiettivi e le proprie azioni specifiche (cap. 14 delle linee guida). In sintesi, la problematica del rapporto fra piani viene risolta non con la caducazione di tutto il pregresso, bensì sancendo la prevalenza di quello di gestione dello spazio marittimo su tutti gli altri, in conformità con le indicazioni della sottesa direttiva europea, il cui scopo è proprio quello di coordinare più politiche settoriali in un unico atto di gestione, in quanto tale necessariamente “integrato”. Le Linee guida, infine, si preoccupano anche di indicare il livello e le forme di collaborazione tra livelli istituzionali per garantire una sorta di “copianificazione” Stato-Regioni qualora il processo finisca per incidere su materia nella quale queste ultime hanno competenza legislativa esclusiva (come la pesca, il turismo, l’acquacoltura) o concorrente (tra cui, per esempio, il governo del territorio, i porti, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali).
Rileva cioè la Sezione che il legislatore, una volta individuato lo strumento utilizzabile e tracciate, con le Linee guida, la metodologia di intervento, ivi compresa tempistica e durata, proprio allo scopo di prevenire futuri possibili contrasti tenta di contestualizzarne il più possibile i contenuti inglobandoli nel tessuto già in essere, ovvero, più correttamente, facendo sì che sia esso ad inglobarlo, avendo ben presente che non si va ad incidere su terreno vergine, ma a razionalizzare strumenti di governo del territorio, lato sensu intesi, secondo obiettivi anche transfrontalieri di nuovo e maggior respiro.
18. L’omessa previsione di una disciplina transitoria, dunque, in ossequio al principio generale di continuità dell’azione amministrativa, non può di per sé comportare la sostanziale paralisi di tutti i procedimenti in corso, dovendo al contrario gli stessi essere definiti secondo le regole preesistenti.
Giova in proposito evidenziare che l’art. 5 del d.lgs. n. 201/2016 non prevede misure di salvaguardia in pendenza del procedimento di approvazione dei piani di gestione.
19. Né tale disciplina transitoria, ovvero, peggio ancora, la necessità di paralizzare qualsivoglia intervento sullo spazio marittimo è dato rinvenire nella direttiva 2014/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014, che il d.lgs. n. 201/2016 ha inteso recepire (cfr. art. 15 della Direttiva 23 luglio 2014, n. 2014/89/UE). Nel richiamare la possibilità che gli Stati membri includano o si basino “sulla politica nazionale esistente, su regolamenti o meccanismi che sono stati istituiti o erano in corso di istituzione prima dell’entrata in vigore della […] direttiva, a condizione che siano conformi ai requisiti della [..] direttiva” (art. 4, relativo alla “Elaborazione e attuazione della pianificazione dello spazio marittimo”) si sono egualmente volute salvaguardare le scelte pregresse armoniche al nuovo obiettivo, evitando di creare nell’immediato una “zona bianca” di paralisi delle attività e degli interventi interessanti lo spazio marittimo.
20. D’altro canto, la preoccupazione di non pregiudicare gli obiettivi della futura pianificazione sottesi alla scelta del DICA di non istruire neppure l’istanza di sottoposizione al Presidente del Consiglio, non è affatto pregiudicata dalla contraria (e doverosa) attivazione del procedimento previsto, ma anzi la colloca nel più corretto e consono alveo della decisione di vertice. L’art. 5, comma 2, lett. c bis) della l. n. 400/1988, infatti, non obbliga il Presidente del Consiglio a sottoporre il conflitto al vaglio del Consiglio dei Ministri (“può “, non “deve” disporne la convocazione), né vincola la scelta di quest’ultimo, che resta un atto di alta amministrazione espressione di amplissima discrezionalità amministrativa.
Ma non ne è ipotizzabile l’aprioristico mancato coinvolgimento di tali organi per autonoma scelta interpretativa degli uffici preposti all’istruttoria.
21. Con il terzo motivo di gravame la Società lamenta altresì il differimento -rectius, temporanea improcedibilità – ad libitum della definizione del procedimento, che si porrebbe in contrasto con il sistema delineato dalla l. n. 241/1990, di cui l’art. 21 quater, laddove consente la sospensione di un provvedimento solo “per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario” costituirebbe specifica declinazione.
Il motivo è fondato. Anche a prescindere dal richiamo alla disciplina dell’art. 21 quater, relativo più propriamente alla sospensione dell’efficacia di un provvedimento, laddove nel caso di specie viene all’evidenza la sospensione del procedimento ex se, come tale non sfociato in alcun provvedimento, per quanto qui rileva l’atto soprassessorio con il quale il MATTM ha rinviato ad un accadimento futuro e incerto almeno nel quando il soddisfacimento dell’interesse pretensivo fatto valere dal privato, costituisce un vero e proprio diniego a provvedere, come tale determinante un arresto a tempo indeterminato del procedimento attivato dal privato, lesivo della posizione giuridica del richiedente (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 6 dicembre 2019, n. 8349). L’incertezza, infatti, non viene meno enfatizzando, come tenta di fare la difesa erariale, il termine programmaticamente fissato nel 31 dicembre 2020 per l’adozione dei Piani di gestione: la mancanza di qualsivoglia meccanismo per rendere cogente la norma, ovvero, ancora una volta, di qualsivoglia indicazione intertemporale sugli effetti del superamento del termine indicato sulla disciplina concretamente applicabile, non ne consentono la connotazione in termini di certezza, tanto più che nel caso di specie, come reiteratamente ricordato, la vicenda trae origine da un’istanza risalente addirittura all’anno 2013.
22. In sintesi, a fronte della riconosciuta possibilità, vigente ratione temporis, di superare il dissenso insorto in sede di VIA ricorrendo al potere “conciliativo” del Consiglio dei Ministri, ove sollecitato in tal senso dal Presidente del Consiglio, la decisione, unilateralmente assunta in fase istruttoria -rectius, preistruttoria- di non consentire neppure l’accesso a tale rimedio, si palesa illegittima, non trovando giustificazione in alcuna indicazione normativa al riguardo. La disciplina del d.lgs. n. 201/2016, infatti, si limita ad individuare nei Piani di gestione lo strumento di coordinamento e concreta realizzazione degli obiettivi europei di un approccio integrato, coordinato e transfrontaliero della pianificazione marittima, senza tuttavia imporre la totale paralisi del settore nelle more della sua attuazione, ma se mai suggerendo una lettura eurounitariamente orientata della disciplina pianificatoria previgente applicabile ai singoli casi di specie.
23 Per tutto quanto sopra, pertanto, l’appello deve essere accolto, e, conseguentemente annullata, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza 1358/2018 del T.A.R. per la Puglia.
Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
24. La complessità della vicenda, dimostrata anche dalle vicende processuali riassunte in fatto, giustifica la compensazione delle spese del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza del T.A.R. per la Puglia n. r.g. 168/2018, nei sensi di cui in motivazione.
Spese del grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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