Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 17 luglio 2019, n. 5026.
La massima estrapolata:
Il termine di novanta giorni previsto dall’art. 29 comma 4 L. n. 2010/1998, è un termine stabilito a favore di coloro che siano stati dichiarati idonei all’esito della procedura comparativa, nel senso che gli stessi, in mancanza del decreto di nomina e della presa di servizio, potrebbero essere chiamati anche da altre università, ma non anche a favore dell’Amministrazione, la quale, in difetto di un provvedimento di revoca e di ripetizione della chiamata non può che restare vincolata alla deliberazione di chiamata.
Sentenza 17 luglio 2019, n. 5026
Data udienza 11 luglio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10331 del 2015, proposto dall’Università degli Studi ‘Magna Graecià di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domiciliato legale in Roma, via (…);
contro
Pa. St., rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. Ma. La., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. Lo Ca. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, SEZIONE II, n. 1554/2015, resa tra le parti e concernente: mancata assunzione in servizio quale professore associato;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2019, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Ro. Ri. e l’avvocato La. Ro. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il TAR per la Calabria, Sede di Catanzaro, accoglieva le domande d’impugnazione, di accertamento e di condanna formulate nell’ambito del ricorso n. 1479 del 2015 proposto da Pa. St. – nella sua qualità di partecipante alla procedura di valutazione comparativa per il reclutamento di un professore associato non confermato per il SSD MED/40 (Ginecologia ed Ostetrica) indetta con decreto del Rettore dell’Università degli Studi ‘Magna Graecià di Catanzaro n. 756 del 12 giugno 2008, dichiarato idoneo all’esito della procedura unitamente al candidato concorrente An. St. e chiamato sul posto in questione con delibera del Consiglio della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo del 16 settembre 2010 approvata dal Senato Accademico il 29 marzo 2011 – avverso la nota rettorale n. 9892 del 21 luglio 2015, con la quale era stata respinta la sua istanza vò lta all’assunzione e presa di servizio nel ruolo di professore associato non confermato presso l’Ateneo resistente.
1.1. L’istanza di assunzione in ruolo era stata respinta “in considerazione dell’inerzia dell’interessato ampiamente manifestata nel lasso di tempo intercorso tra la prima istanza di immissione nei ruoli, recante la data del 21 aprile 2011 e la seconda, risalente al 15 aprile del corrente anno”, nonché sulla base del rilievo che “la mancata impugnazione del silenzio/rifiuto formatosi sulla prima istanza di assunzione ha determinato il consolidamento degli effetti del comportamento inattivo di questa Amministrazione rispetto alla posizione del Prof. Pa., radicandosene la non immissione nell’organico del corpo docente dell’Ateneo. Nell’anno in corso, peraltro, l’Amministrazione stessa non ha programmato l’assunzione di Professori Associati che abbiano conseguito l’idoneità ai sensi della L. n. 2010/1998” (v. così, testualmente, il provvedimento di diniego impugnato in primo grado).
1.2. In particolare, il TAR adito accoglieva la domanda d’immissione in ruolo, ritenendo trattarsi di atto vincolato e di correlativo diritto soggettivo assoggettato al termine ordinario di prescrizione, ed annullava di conseguenza l’impugnata nota rettorale, accertava il diritto del ricorrente di essere immesso nel ruolo in questione e condannava l’Università alla correlativa nomina/assunzione, mentre respingeva la domanda di risarcimento dei danni per la mancata allegazione della natura e dell’entità del pregiudizio subito.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’Università soccombente, deducendo i seguenti motivi:
a) l’erronea applicazione e la violazione dell’art. 29, comma 4, l. n. 240/2010, sotto il profilo che tale disposizione consentirebbe, decorsi novanta giorni dalla delibera di chiamata non seguita dal decreto di nomina e dalla presa di servizio dell’idoneo, la chiamata da parte di altre università e la possibilità per l’università che ha indetto il bando di ripetere la chiamata;
b) l’erronea applicazione e la violazione dell’art. 66, commi 13 e 13-bis, d.-l. n. 112/2008, sotto il profilo che tali disposizioni finanziarie limitative delle assunzioni e degli atti di programmazione secondo il sistema dei c.d. ‘punti organicò escluderebbero la natura vincolata dell’atto di nomina;
c) la “erroneità e ingiustizia della sentenza”, sotto i profili dell’erronea ricostruzione della posizione giuridica dedotta in giudizio sub specie di diritto soggettivo e dell’erronea applicazione degli artt. 31, comma 3, e 34, comma 1, lettera c), cod. proc. amm..
L’Università appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.
3. Si costituiva in giudizio l’originario ricorrente, eccependo l’inammissibilità dell’appello per la genericità dei motivi e per l’introduzione di un’inammissibile motivazione postuma, e contestandone comunque la fondatezza nel merito.
4. Respinta con ordinanza n. 540/2016 l’istanza cautelare, la causa all’udienza pubblica dell’11 luglio 2019 è stata trattenuta in decisione.
5. Premesso che infondate sono le eccezioni di inammissibilità dell’appello sollevate dalla parte appellata, in quanto, per un verso, i motivi d’appello sono sufficientemente specifici e contengono una critica argomentata avverso le motivazioni che sorreggono la statuizione di accoglimento del ricorso di primo grado, e, per altro verso, la deduzione dell’inammissibilità di una motivazione postuma del diniego di assunzione appare tendenzialmente incompatibile con la ricostruzione del potere di assunzione dell’Università, una volta deliberata la chiamata, come attività di natura vincolata (connotata dalla circostanza che la ponderazione degli interessi sia effettuata sul piano legislativo e non dal provvedimento, con la conseguenza, sul piano di diritto sostanziale, della dequotazione dell’onere motivazionale in sede procedimentale, e, sul piano di diritto processuale, dello spostamento dell’oggetto del giudizio dall’atto al rapporto, a prescindere dal rilievo che, nel caso sub iudice, si verte in fattispecie di giurisdizione esclusiva in materia di rapporto di pubblico impiego non privatizzato, connotata dall’intreccio tra situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo), si osserva nel merito che i motivi d’appello, tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono infondati.
In particolare, l’impugnata sentenza si fonda su una corretta interpretazione della disciplina transitoria posta dall’art. 29, comma 4, l. n. 240/2010 – applicabile a coloro (quale l’odierno appellante) che abbiano conseguito l’idoneità all’esito delle procedure comparative disciplinate dal regime previgente -, che testualmente recita: “Coloro che hanno conseguito l’idoneità per i ruoli di professore associato e ordinario possono comunque essere destinatari di chiamata ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, fino al termine del periodo di durata dell’idoneità stessa previsto dall’articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230. In tale ipotesi e nel caso di idoneità conseguita all’esito delle procedure di valutazione comparativa, bandite ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, e successive modificazioni, e dell’articolo 4-bis, comma 16, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, nei novanta giorni successivi alla deliberazione, da parte dell’università che ha indetto il bando, di voler effettuare la chiamata, devono seguire il decreto di nomina e la presa di servizio dell’idoneo, in mancanza dei quali quest’ultimo può essere chiamato da altre università, ferma restando per l’università che ha indetto il bando la possibilità di ripetere la chiamata”.
Nel caso di specie, l’odierno appellato, quale concorrente idoneo all’esito della procedura comparativa indetta dall’Ateneo di Catanzaro con decreto rettorale n. 576 del 12 giugno 2008 – i cui atti sono stati approvati con decreto rettorale n. 810 del 14 settembre 2010 -, con delibera del Consiglio di Facoltà del 16 settembre 2010 è stato chiamato a ricoprire il ruolo di professore associato non confermato presso la Facoltà dell’Ateneo, e tale chiamata è stata approvata dal Senato Accademico nella seduta del 29 marzo 2011.
Il termine di novanta giorni, previsto dal citato art. 29, comma 4, l. n. 2010/1998, è un termine stabilito a favore di coloro che siano stati dichiarati idonei all’esito della procedura comparativa, nel senso che gli stessi, in mancanza del decreto di nomina e della presa di servizio, potrebbero essere chiamati anche da altre università, ma non anche a favore dell’Amministrazione, la quale, in difetto di un provvedimento di revoca e di ripetizione della chiamata – nella specie pacificamente non adottato e, peraltro, necessitante di una motivazione conforme ai parametri stabiliti dall’art. 21-quinquies l. n. 241/1990 – non può che restare vincolata alla deliberazione di chiamata del Consiglio di Facoltà, approvata dal Senato Accademico.
Ebbene, a fronte della prima richiesta di presa di servizio formulata dall’odierno appellato in data 28 aprile 2011, con cui si è consumata la scelta e possibilità di essere chiamato da altri atenei, la mancata adozione del decreto di nomina – ormai costituente atto consequenziale necessario, a contenuto vincolato, della delibera di chiamata – e la mancata presa di servizio entro il termine di novanta giorni dall’intervenuta approvazione della chiamata sono imputabili esclusivamente alla sfera di responsabilità dell’Università, la quale era, ormai vincolata all’adozione del decreto di nomina e di assunzione del ricorrente nel ruolo di professore associato non confermato nel SSD in questione.
A ciò si aggiunge che:
– l’art. 8 del bando prevede che “[e]ntro 60 giorni dalla data del decreto di accertamento della regolarità degli atti, sulla base dei giudizi espressi dalla Commissione e con riferimento alle proprie specifiche esigenze didattico-scientifiche, la Facoltà che ha richiesto il bando può proporre con motivata delibera, la nomina di uno dei candidati dichiarati idonei, ovvero può decidere, a maggioranza degli aventi diritto al voto, di non procedere alla chiamata specificando i motivi di difformità in relazione alle proprie esigenze didattico-scientifiche, rispetto a quanto deliberato dalla Commissione Giudicatrice”;
– posto che non è controverso il fatto che l’Università mai abbia coltivato l’ipotesi di “non procedere alla chiamata” di nessuno degli idonei, se ne deve inferire che l’Università stessa abbia sempre ritenuta la sussistenza delle proprie “specifiche esigenze didattiche e scientifiche” a sostegno della decisione di procedere alla chiamata e alla nomina di uno dei candidati risultati idonei all’esito del giudizio della commissione valutativa, con la conseguente ineluttabilità ed inevitabilità (nella fattispecie) di una chiamata e di una nomina successive alla conclusione della procedura comparativa (v. sul punto, in fattispecie analoga, Cons. Stato, Sez. VI, 22 settembre 2017, n. 4427, con richiamo di ulteriori precedenti di questo Consiglio di Stato, affermative del principio che – sempre nell’ambito di delle procedure selettive di professori universitari – sussiste un vincolo di consequenzialità necessaria, nel quadro del relativo procedimento, tra la fase della positiva selezione del candidato ritenuto meritevole e quella della relativa chiamata e nomina).
In reiezione della censura della difesa erariale, per cui il diniego opposto dall’Università sarebbe motivato anche dalla mancata programmazione, per l’anno in corso (2015-2016), dell’assunzione di professori associati che abbiano conseguito l’idoneità ai sensi della l. n. 210/1998, sicché tale motivazione andrebbe riferita alle previsioni di cui all’art. 66, commi 13 e 13-bis, d.-l. n. 112/2008 e ss.mm.ii., che subordinano l’assunzione all’entità del contingente di spesa assegnato al Ministero e alla programmazione da effettuare nell’ambito del sistema dei c.d. ‘punti organicò, è sufficiente rilevare che, nel bando, risulta espressamente accertata “la disponibilità finanziaria necessaria per la copertura del posto di cui al presente bando” e che manca un successivo provvedimento di revoca motivato con riferimento ad eventuali sopravvenienze normative ed esigenze di programmazione, in tesi ostative alla nomina ed immissione in ruolo dell’odierno appellato, a prescindere dal rilievo che la disposizione recata dal citato comma 13 già era in vigore al momento di adozione della delibera di chiamata (incondizionata) adottata dal Consiglio di Facoltà .
Per le considerazioni sopra esposte, il TAR correttamente ha qualificato il decreto di nomina e di assunzione in servizio come atto vincolato cui si contrappone il diritto soggettivo perfetto dell’interessato all’assunzione.
Ebbene, versandosi in fattispecie di giurisdizione esclusiva (in materia di rapporto d’impiego non privatizzato) e di diritto soggettivo perfetto acquisito in esito alla delibera di chiamata approvata dal Senato Accademico, non è configurabile la decadenza dall’impugnazione del silenzio maturato sulla prima diffida del 21-28 aprile 2011, trovando per contro applicazione l’ordinario termine di prescrizione, interrotto dalla seconda diffida del 25 aprile 2015, con conseguente corretta declaratoria d’illegittimità, nell’impugnata sentenza, di detta ragione di diniego esplicitata nella gravata nota rettorale n. 9892 del 21 luglio 2015.
Sotto il profilo processuale, alla natura vincolata dell’atto e alla configurazione della posizione giuridica soggettiva dell’originario ricorrente sub specie di diritto soggettivo perfetto (alla nomina e all’assunzione in ruolo) consegue la corretta applicazione, da parte del TAR, dell’istituto dell’azione di condanna ex art. 30 cod. proc. amm. e della pronuncia di condanna ex artt. 34, comma 1, lettera c), e 31, comma 3, cod. proc. amm., con conseguente infondatezza delle correlative censure formulate nel ricorso in appello.
Per le esposte ragioni, di natura assorbente, s’impone la reiezione dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza, con la precisazione che non risulta proposto appello incidentale avverso la statuizione reiettiva della domanda risarcitoria, sicché ogni relativa questione esula dai limiti oggettivi del devolutum e nulla è dato statuire al riguardo.
6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’Amministrazione appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 10331 del 2015), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’Università appellante a rifondere all’appellato le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere
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