Il T.A.R. ha ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 25 ottobre 2019, n. 7276.

La massima estrapolata:

Il T.A.R. ha ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla , ovvero anche per far luogo al diniego di rimborso, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi.

Sentenza 25 ottobre 2019, n. 7276

Data udienza 24 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 1385 del 2015, proposto dalla signora Mi. Mo. De Ni., rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Di Gi., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 1300/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019 il pres. Luigi Maruotti;
Nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado n. 9303 del 2014 (proposto al TAR per il Lazio, Sede di Roma), l’appellante ha chiesto la condanna del Ministero della giustizia a dare esecuzione al decreto emesso dalla Corte d’appello di Roma di data 30 maggio 2011, emesso in accoglimento del ricorso n. 50881 del 2009.
2. Il TAR, con la sentenza n. 1300 del 2015, ha rilevato che nel corso del giudizio vi è stato il pagamento di quanto dovuto, ed ha dichiarato cessata la materia del contendere, decidendo ‘nulla per le spesè .
3. Con l’appello in esame, l’interessata ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua parziale riforma, l’Amministrazione sia condannata al pagamento delle spese del giudizio di primo grado.
4. In data 3 ottobre 2019, l’interessata ha depositato una memoria, con cui ha insistito per l’accoglimento dell’appello.
5. Con l’unico articolato motivo d’appello, è lamentata la violazione dell’art. 26, comma 1, del c.p.a. e degli articoli 91 e 92 del c.p.c., poiché il TAR avrebbe dovuto considerare la soccombenza virtuale dell’Amministrazione e constatare che il pagamento è stato effettuato a distanza di notevole tempo dalla formazione del giudicato.
L’appellante ha lamentato che il TAR non avrebbe motivato la impropria ‘nulla sulle spesè .
6. Ritiene il Collegio che la censura vada respinta.
6.1. Va premesso che la sentenza impugnata, quanto alle spese del giudizio, ha deciso disponendo ‘nulla per le spesè, verosimilmente in considerazione della mancata costituzione in giudizio del Ministero della giustizia.
Allorquando il ricorso di primo grado sia accolto e il TAR ritenga che non sussistano i presupposti per condannare alle spese l’Amministrazione soccombente, che non si sia costituita in giudizio, la relativa statuizione comporta un diniego di rimborso delle spese, che si può esplicitare o col formale richiamo a tale diniego o con l’espressione – sostanzialmente equivalente – che indichi la compensazione delle spese o con l’altra espressione ‘nulla per le spesè .
Si tratta di espressioni lessicali con cui si esplicita la statuizione sul diniego di rimborso e non sussiste un vizio della sentenza per il fatto che sia adoperata una espressione diversa da quella sul diniego di rimborso.
6.2. Ciò posto, si può passare all’esame della censura dell’appellante, che risulta infondata e va respinta.
Per la pacifica giurisprudenza, il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), ovvero anche per far luogo al diniego di rimborso, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Consiglio Stato, Sez. IV, 13 maggio 2019, n. 3092; Sez. IV, 22 marzo 2019, n. 1913; Sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4936; Sez. III, 9 novembre 2016, 4655; Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012; Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891; Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471; Sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798).
Anche in considerazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 77 del 2018, il giudice ben può tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, tra cui possono avere rilievo la natura del credito insoddisfatto (ad esempio, la sua natura alimentare), la durata dell’inadempimento, la ricerca di soluzioni extragiudiziarie per evitare la pendenza del contenzioso, la mancata esecuzione di precedenti sentenze già rese in sede di esecuzione, le questioni di carattere organizzativo quando si tratti di giudizi sostanzialmente di carattere seriale, l’esistenza di un diffuso contenzioso in materia, l’assenza delle risorse nell’attuale congiuntura economica e la difficoltà di disporre tempestivamente delle risorse necessarie per disporre i pagamenti.
Il TAR può dunque anche tener conto del fatto che sia stata chiesta l’ottemperanza ad un giudicato basato sulla violazione di una normativa che abbia comportato l’insorgenza di un notevole contenzioso basato su ricorsi che per la loro semplicità possano essere presentati sulla base di schemi precostituiti, anche in assenza di particolari considerazioni di carattere giuridico.
Il TAR – nel caso di accoglimento di un tale ricorso d’ottemperanza o anche di declaratoria della cessazione della materia del contendere o di estinzione del giudizio – può dunque compensare le spese del giudizio o disporre il diniego di rimborso, con una valutazione insindacabile in sede d’appello, che di per sé non incide sul diritto alla effettività della tutela giurisdizionale (poiché le regole sulla statuizione sulle spese coesiste con le altre regole, miranti alla effettività della tutela) e neppure incide sulla dignità e sul decoro della professione forense: la decisione sulle spese non comporta di per sé una valutazione sull’operato del difensore o sulla qualità dei suoi scritti e attiene esclusivamente agli aspetti processuali sopra indicati.
7. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
Nulla per le spese, non essendosi costituito in giudizio il Ministero appellato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta respinge l’appello n. 1385 del 2015.
Nulla per le spese del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo (omissis), nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente, Estensore
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere

 

 

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