Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 3 dicembre 2018, n. 6859.
La massima estrapolata:
La sussistenza del danno da ritardo non può presumersi iuris tantum, in relazione al mero superamento del termine fissato per l’adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provarne i presupposti sia di carattere oggettivo, sussistenza del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale, sia di carattere soggettivo, dolo o colpa del danneggiante.
Sentenza 3 dicembre 2018, n. 6859
Data udienza 22 novembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7507 del 2012, proposto da
Mi. Na. Wi., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Sa., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto n. 240/2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 novembre 2018 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti l’avvocato Fa. Vi., per delega orale dell’avvocato Ma. Sa., e l’avvocato dello Stato Da. Di Gi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – In data 1 aprile 2010, Mi. Na. Wi., padre della minore Wi. Gi., presentava al liceo scientifico statale “Ga. Ga.” di Selvazzano Dentro (PD) domanda di accesso alla documentazione relativa all’iscrizione della figlia al primo anno di corso, dichiarando con apposita autocertificazione, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, di esserne il padre esercente la potestà in regime di affidamento congiunto, a seguito della separazione dalla moglie.
2 – L’istituto, con nota dell’8 aprile 2010, comunicava che la documentazione richiesta poteva essere rilasciata soltanto previa esibizione di copia della sentenza di separazione, attestante l’affido congiunto; solo in seguito, sulla base del parere dell’Ufficio Scolastico Regionale, in data 19 giugno 2010, rilasciava copia della documentazione richiesta.
3 – Con ricorso al T.A.R. per il Veneto, notificato in data 30 marzo 2011, Mi. Na. Wi. chiedeva il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti, quantificati nella somma di Euro15.000,00, per il ritardo con cui l’Amministrazione aveva consentito l’accesso agli atti, poiché dal modo in cui l’istituto scolastico di Selvazzano aveva gestito il procedimento e dal conseguente ritardo con cui era stata consegnata la documentazione sarebbe derivato in capo all’appellante uno stato di profonda frustrazione e sofferenza psicologica.
4 – Con la sentenza n. 240 del 2012, il T.A.R. per il Veneto ha rigettato il ricorso, in quanto non sarebbero emerse adeguate prove in ordine all’esistenza del danno ed al nesso causale tra il ritardo nell’accoglimento della domanda di accesso e lo stato di malessere del ricorrente.
Avverso tale pronuncia ha proposto appello il ricorrente in primo grado per i motivi di seguito esaminati.
5 – Appare preferibile iniziare con lo scrutinio del secondo motivo di appello con il quale si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 bis della l. n. 241/1990, affermando la sussistenza, nel caso in questione, di un danno individuabile in re ipsa nella ritardata acquisizione della documentazione richiesta.
A tal fine, l’appellante argomenta nel senso che, in tema di danno conseguente al mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo, il c.d. “danno da ritardo” deve considerarsi esistente ogni qual volta l’inosservanza del termine dipenda da un comportamento doloso o negligente dell’Amministrazione, il quale dia luogo ad una lesione del diritto del privato alla certezza ed al rispetto dei tempi dell’azione amministrativa, considerati quale autonomo bene della vita.
5.1 – La censura è infondata, ponendosi in contrasto con il più recente orientamento della giurisprudenza alla quale Collegio intende aderire, secondo cui la sussistenza del danno da ritardo non può presumersi iuris tantum, in relazione al mero superamento del termine fissato per l’adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provarne i presupposti sia di carattere oggettivo (sussistenza del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (cfr. Cons. St., sez. V, 25 marzo 2016, n. 1239).
6 – Il rigetto di tale censura comporta la necessità di esaminare il primo motivo di appellocon il quale si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 bis della l. n. 241/1990, in relazione all’errata valutazione della documentazione dimessa dal ricorrente in primo grado ai fini della dimostrazione circa la sussistenza del dedotto danno non patrimoniale e del nesso di causalità che legherebbe lo stesso al ritardo con cui l’Amministrazione scolastica ha dato riscontro all’istanza di accesso.
6.1 – Il T.A.R. ha considerato inidonea ed insufficiente la relazione medico – legale prodotta dal ricorrente, in ragione del fatto che la stessa farebbe riferimento a malesseri di natura psicologica non ricondotti, né riconducibili, al ritardato accesso agli atti, ma che sembrerebbero invece conseguenza della separazione coniugale subita dal dott. Wi. e del conseguente mancato coinvolgimento dello stesso nelle scelte relative all’istruzione della figlia.
6.2 – A questo riguardo, l’appellante evidenzia in primo luogo come nella lettera accompagnatoria alla relazione tecnica datata 15 giugno 2011, la dott.ssa So. precisi che le conclusioni di cui all’allegata relazione ineriscono, “la tematica delle ripercussioni sulla sfera psicologica del paziente, che ha avuto il riferito atteggiamento del dirigente dell’istituto scolastico Ga., ora frequentato dalla figlia”.
Alla luce di tale riferimento, secondo l’appellante, sarebbe chiaro che l'” evento specifico”, cui la stessa psicologa fa riferimento nella propria relazione tecnica, ed a cui vengono casualmente ricondotti tutti i disturbi e le manifestazioni psicosomatiche ivi indicati, sarebbe proprio il ritardo con cui è stata accolta la domanda di accesso agli atti in questione.
7 – La censura è infondata, dovendosi integralmente confermare la valutazione effettuata dal Giudice di primo grado.
Invero, la precisazione contenuta nella lettera accompagnatoria citata dall’appellante non colma il deficit probatorio relativo alla mancanza del nesso causale tra il supposto danno ed il ritardo con il quale è stata evasa l’istanza di accesso.
7.1 – La relazione depositata si limita a registrare i disturbi dell’interessato, non esprimendosi in modo chiaro e convincente circa la correlazione tra questi ed il ritardo con il quale è stata evasa l’istanza di accesso, tanto è vero che secondo la professionista: l’evento specifico…ha evocato l’idea della discriminazione legate alle origini polacche che, come una costante, attraversa e connota le rievocazioni emerse durante l’incontro”, con ciò confermando che lo stato di malessere dell’appellante ben può essere ricondotto ad una serie di fattori, ben più profondi e non alla mero ritardo con il quale è stata evasa l’istanza.
In primo luogo, come evidenziato anche dal T.A.R., non può non rilevare la vicenda relativa alla separazione della moglie, come provato dal ricorso proposto al Tribunale per il mancato accordo circa l’Istituto scolastico a cui iscrivere la figlia, ragionevole indice del rapporto particolarmente conflittuale tra i coniugi.
Non può poi essere trascurato quanto chiaramente affermato nella relazione medica prodotta dallo stesso ricorrente, ed innanzi già citata, in cui i riflessi negativi per il ricorrente derivano anche dall’idea di aver subito una “discriminazione legate alle origini polacche che, come una costante, attraversa e connota le rievocazioni emerse durante l’incontro”. A questo preciso proposito, è nella stessa relazione che si legge come: “tale ideazione pare essersi riflessa sull’autostima e sulla propria autoefficacia”, che ha poi indotto a modificare l’abituale routine dell’appellante.
7.2 – A scanso di ogni equivoco, deve ricordarsi come il ritardo con il quale sono stati esibiti i documenti richiesti da parte dell’Istituto scolastico è stato causato dal dubbio circa l’idoneità (o meno) dell’autocertificazione prodotta dall’interessato a sostegno dell’istanza, che non appare in alcun modo idonea a pregiudicare l’immagine del ricorrente quale genitore; tanto meno a discriminarlo sotto il profilo della sua origine polacca; né a discriminarlo rispetto alla moglie, che secondo l’appellante avrebbe autonomamente, senza il consenso del genitore coaffidatario, proceduto all’iscrizione della figlia in violazione del regolamento d’Istituto; eventualità quest’ultima suscettibile, se del caso, di essere indagata in altra sede.
Tali convinzioni dell’appellante, dallo stesso tenore della relazione prodotta, appaiono infatti frutto di idee che si sono generate nella mente del ricorrente, che le ha autonomamente ed arbitrariamente connesse all’evento del ritardo. Ne consegue che il ritardo non pare costituire l’antecedente causale delle stesse, non ravvisandosi in tal senso alcun riscontro oggettivo nella condotta dell’amministrazione.
8 – L’enfasi che parte appellante vuole attribuire al ritardo con il quale è stata esibita la documentazione richiesta deve essere ridimensionata anche in ragione del fatto che: a) la documentazione è stata comunque esibita entro ottanta giorni dalla richiesta, dove il termine di legge è comunque fissato in trenta giorni; b) la documentazione atteneva alla sola iscrizione della figlia presso l’Istituto scolastico, circostanza che lo stesso ricorrente riferisce essergli già nota prima dell’istanza di accesso; c) tale documentazione non può aver pregiudicato il procedimento civile avanti il Tribunale (circostanza neppure dedotta dall’appellante), posto che nell’ambito di tale procedimento esistono gli strumenti per acquisire ogni documento necessario ai fini della decisione.
9 – Per le ragioni esposte non è necessario disporre alcun approfondimento istruttorio e l’appello deve essere rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello e condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite in favore della controparte che si liquidano in Euro2.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
Italo Volpe – Consigliere
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