Società contro la quale sia stata proposta un’azione revocatoria sia stata cancellata dal registro delle imprese

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 marzo 2023| n. 6598.

Società contro la quale sia stata proposta un’azione revocatoria sia stata cancellata dal registro delle imprese

Nel caso in cui la società, contro la quale sia stata proposta un’azione revocatoria, sia stata cancellata dal registro delle imprese nel corso del processo di primo grado, l’appello deve essere rivolto contro i soci, quali successori della stessa nei rapporti obbligatori pendenti al momento dell’estinzione.

Ordinanza|6 marzo 2023| n. 6598. Società contro la quale sia stata proposta un’azione revocatoria sia stata cancellata dal registro delle imprese

Data udienza 11 gennaio 2023

Integrale
Tag/parola chiave: RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE – CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE – AZIONE REVOCATORIA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25528/2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma Via Caio Mario 8 presso lo studio dell’avvocato Pallotta Leonardo che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Battagliese Guido Luigi;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 111/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 21/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/01/2023 dal Consigliere Pasquale Gianniti;

Società contro la quale sia stata proposta un’azione revocatoria sia stata cancellata dal registro delle imprese

FATTI DI CAUSA

1. La societa’ (OMISSIS) P.A., mandataria della (OMISSIS) s.p.a., conveniva in giudizio (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) s.r.l. chiedendo che, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., fosse dichiarata la inefficacia relativa dell’atto stipulato tra i convenuti in data 19 aprile 2010 e trascritto il 20 maggio 2010, avente ad oggetto il conferimento in trust, regolato dalla legge del Jersey, dei beni immobili siti nel Comune di (OMISSIS) ((OMISSIS)).
A fondamento della domanda parte attorea deduceva che:
– (OMISSIS) spa era titolare di un ingente diritto di credito nei confronti della societa’ convenuta, derivante dal saldo negativo del conto corrente n. 2292/150208, per il cui recupero, previa revoca dell’apertura di credito, era stato promosso giudizio monitorio, in seguito al quale era stato emesso decreto ingiuntivo n. (OMISSIS);
– un mese prima, e cioe’ precisamente in data 19 aprile, era stato stipulato l’atto sopra indicato con il quale tutti i beni della societa’ debitrice erano stati conferiti in trust, regolato dalla legge del Jersey, per la liquidazione dei creditori beneficiari di tale segregazione;
– nei confronti della suddetta societa’ era pendente una domanda giudiziale, trascritta, e sui suoi beni erano iscritte due ipoteche in favore della societa’ (OMISSIS) s.p.a.;
– nel trust era stato designato (OMISSIS), legale rappresentante e liquidatore della societa’ debitrice ( (OMISSIS) s.r.l.), quale trustee, che aveva assunto la fideiussione nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., nonche’ alcune cariche nei confronti della societa’;
– anche in ragione dei rapporti tra le parti e della data di stipulazione dell’atto di conferimento, sussistevano i presupposti soggettivi ed oggettivi per la revoca dello stesso ai sensi dell’articolo 2901
c.c.
Il convenuto (OMISSIS) si costituiva in giudizio, contestando in fatto e in diritto la domanda attorea, della quale chiedeva il rigetto.
Il Tribunale di Sulmona con sentenza n. 247/2012 accoglieva la domanda e, per l’effetto, dichiarava l’inefficacia relativa dell’atto in contestazione, condannando i convenuti al pagamento delle spese processuali. A fondamento della sua decisione, il giudice di primo grado: sotto il profilo oggettivo, rilevava che parte attrice aveva dimostrato il proprio diritto di credito e che l’atto in contestazione aveva diminuito la garanzia patrimoniale in ragione della sua natura gratuita, della segregazione patrimoniale e della data di stipulazione (immediatamente precedente all’emissione del decreto ingiuntivo); mentre, sotto il profilo soggettivo, deduceva la consapevolezza del citato pregiudizio dai ruoli delle persone fisiche, che erano state coinvolte nell’operazione in esame, rispetto alla societa’ debitrice.
2. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello (OMISSIS), in qualita’ di trustee del Trust (OMISSIS), chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto della domanda di revoca.
Si costituiva nel giudizio di appello la societa’ (OMISSIS), in persona del L.R., quale successore a titolo universale della (OMISSIS) s.p.a., cessionaria della (OMISSIS) s.p.a., eccependo l’inammissibilita’ dell’appello (perche’ erroneamente proposto nei confronti della (OMISSIS)) e chiedendo comunque il rigetto dello stesso.
La Corte di Appello di L’Aquila con sentenza n. 111/2019 rigettava l’appello, confermando integralmente la sentenza del giudice di primo grado.
3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso (OMISSIS), quale trustee del Trust (OMISSIS).
Il (OMISSIS) non ha svolto difese
La trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c.
Il Procuratore Generale presso la Corte non ha depositato conclusioni.
Non sono state depositate memorie.

Società contro la quale sia stata proposta un’azione revocatoria sia stata cancellata dal registro delle imprese

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va dato atto della tempestivita’ del ricorso: il c.d. termine lungo scadeva il 21 luglio 2019, che cadeva di domenica. Dunque, la notifica, avvenuta il lunedi’ 22, e’ stata tempestiva.
2.11 ricorso e’ affidato a cinque motivi.
2.1. Parte ricorrente, con il primo motivo denuncia la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 100 c.p.c., in relazione al combinato disposto dell’articolo 2902 c.c. con gli articoli 479, 480 e 602 c.p.c.; mentre con il secondo motivo denuncia la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 102 c.p.c., in relazione agli articoli 110 e 111 comma 2 c.p.c. nonche’ in relazione all’articolo 2902 c.c.
Rileva che, come dedotto nel primo motivo di appello, il venir meno della societa’ debitrice per cancellazione dal Registro delle imprese non consente la instaurazione del contraddittorio e la prosecuzione ne’ del giudizio revocatorio e neppure dell’eventuale giudizio di espropriazione presso terzi cui e’ finalizzata la domanda revocatoria.
Si duole che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la sentenza di primo grado non inutiliter data, sull’erroneo presupposto che, in caso di cancellazione di societa’, l’obbligazione non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso.
Osserva che – poiche’ nel caso di specie, il soggetto debitore era una societa’ s.r.l. (e, dunque, una societa’ di capitale) – avrebbe dovuto trovare applicazione l’articolo 2495 comma 2 (che attribuisce al socio la propria responsabilita’ patrimoniale per i debiti rimasti inevasi alla cancellazione della societa’ dal registro delle imprese, ma limitatamente a quanto il socio ha riscosso e se ha riscosso, in base al bilancio finale di liquidazione).
In definitiva, secondo parte ricorrente, il creditore non puo’ proseguire l’azione revocatoria (originariamente introdotta nei confronti della societa’ e degli atti da essa compiuti) nei confronti dei soci.
Aggiunge che in ogni caso sarebbe stato necessario evocare in causa quest’ultimi, quali litisconsorti necessari nel giudizio di revocazione, mentre tale integrazione non era avvenuta ne’ nel corso del giudizio di primo grado e neppure in quello di appello, con la conseguenza che le sentenze, che avevano definito entrambi detti giudizi, sarebbero inficiate da irrimediabile nullita’.
2.2. Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 2901 c.c. nella parte in cui la Corte territoriale, rifiutando di prendere atto del fatto puro e semplice dell’intervenuta estinzione della parte processuale principale, ne ha propagato gli effetti non soltanto sul piano del contraddittorio (come denunciato nei primi due motivi) ma anche su quello del merito della prova dei presupposti dell’azione.
Si duole che la Corte territoriale ha negato il carattere oneroso dell’atto sindacato senza previamente valutare la gratuita’/onerosita’ del negozio avendo riguardo alla causa concreta costituita dallo scopo pratico del negozio stesso.
Osserva che la disposizione in trust del patrimonio societario, avuto riguardo agli articoli 1.2 ed all’articolo 23 dell’atto istitutivo del trust, aveva l’espressa e specifica finalita’ di impiegare quel patrimonio per renderlo liquido, per ottenere la provvista necessari per il pagamento dei creditori, ragion per cui le disposizioni patrimoniali non potevano che avere natura onerosa.
Si duole che la Corte, senza esauriente motivazione, ha ritenuto irrilevante il compenso previsto per l’esercizio delle funzioni di trustee.
In definitiva, secondo parte ricorrente, poiche’ i trasferimenti in esame avrebbero dovuto essere definiti atti a titolo oneroso, agli atti in oggetto si sarebbero dovute applicare le normali regole processuali sull’onere probatorio, che invece erano state disattese.
2.3. Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2740 c.c. in relazione all’articolo 2901 c.c., nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto violata la regola generale della garanzia patrimoniale.
Sostiene che il trust liquidatorio per cui e’ processo – in quanto prevede la destinazione del patrimonio dell’istituente al soddisfacimento primario delle ragioni dei creditori, la nomina dei creditori quali beneficiari della utilita’ del trust, nonche’ l’attribuzione di alcuni diritti – e’ un negozio giuridico che attua la regola di diritto, posta dall’articolo 2740 c.c., vincolando i beni concretamente all’impiego in favore dei creditori.
2.4. Con il quinto ed ultimo motivo parte ricorrente denuncia la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 102 c.p.c. nella parte in cui la corte territoriale non ha tenuto conto che, nell’azione revocatoria ordinaria che abbia ad oggetto un bene conferito in un trust, il beneficiario e’ litisconsorte necessario nel caso di atto di disposizione patrimoniale a titolo oneroso, in quanto lo stato soggettivo del terzo rilevante e’ soltanto quello del beneficiario (e non quello del trustee).
3. Il primo ed il secondo motivo attengono entrambi all’intervenuta estinzione della societa’ debitrice durante il giudizio di primo grado e al fatto che nel caso di specie era venuto meno il soggetto nei cui confronti accertare la sussistenza del consilium fraudis.
3.1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte gia’ da quasi dieci anni hanno avuto modo di precisare che: “Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della societa’, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla societa’ estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtu’ del quale: a) l’obbligazione della societa’ non si estingue, cio’ che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della societa’ estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarita’ o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorche’ azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attivita’ ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la societa’ vi abbia rinunciato, a favore di una piu’ rapida conclusione del procedimento estintivo. (Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013, Rv. 625323 – 01)”.
Dando applicazione a detti principi, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto esclusa la carenza dell’interesse ad agire della Banca ai sensi dell’articolo 2901 c.c. “considerando pure che l’azione revocatoria puo’ essere incontrovertibilmente proposta anche per un credito eventuale”, che il giudice di primo grado “aveva correttamente rilevato”.
In definitiva, e’ proprio il verificarsi del fenomeno successorio nei termini indicati dalla riferita giurisprudenza che rende priva di fondamento la prospettazione svolta dalla ricorrente circa la carenza di interesse.
3.2. Fondato e’ invece il secondo motivo, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto la menzionata cancellazione priva di rilievo sul piano dell’integrita’ del contraddittorio nel giudizio di appello.
Invero, secondo orientamenti ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimita’:
-“qualora sia stata proposta una azione revocatoria, esiste litisconsorzio necessario tra creditore, debitore alienante e terzo acquirente e conseguentemente, nel caso in cui il giudizio non sia stato introdotto nei confronti di tutte le parti necessarie, o la sentenza sia stata impugnata nei confronti di alcune soltanto di esse, e’ necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutte le parti necessarie pretermesse” (cfr. Cass. n. 11150/2003; Cass. n. 23068/2011);
– “in un giudizio introdotto con azione revocatoria ex articolo 2901 c.c. sussiste un rapporto di litisconsorzio necessario tra il debitore e il terzo acquirente, convenuti in giudizio dal creditore, e pertanto, qualora la citazione introduttiva sia stata validamente notificata ad uno soltanto dei litisconsorti necessari e, a seguito della pronuncia del giudice d’appello che abbia rimesso le parti in primo grado a norma dell’articolo 354 c.p.c., il contraddittorio sia stato ritualmente integrato in modo tale da evitare l’estinzione del processo, la valida notifica del primo atto introduttivo e’ idonea ad interrompere la prescrizione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio stesso” (cfr. Cass. n. 11005/2002).
– “nel caso di litisconsorzio necessario, l’integrazione del contraddittorio prevista dal comma 2 dell’articolo 102 c.p.c. ha effetti di ordine sia processuale che sostanziale, nel senso che sana l’atto introduttivo viziato da nullita’ per la mancata chiamata in giudizio di tutte le parti necessarie ma e’ altresi’ idonea ad interrompere prescrizioni e ad impedire decadenze di tipo sostanziale nei confronti anche delle parti necessarie originariamente preternnesse” (cfr. Cass. n. 9523/2010; cfr. Cass. n. 12295/2016);
– “in tema di azione revocatoria, il creditore non perde il proprio interesse ad agire ove la societa’ debitrice alienante si sia estinta per cancellazione dal registro delle imprese, atteso che il primo puo’ conseguire un titolo esecutivo, per un credito insorto “pendente societate”, anche dopo tale estinzione, dovendosi intendere legittimati passivi alla corrispondente domanda di accertamento i singoli soci, i quali, se quella vicenda societaria non abbia determinato il venir meno di ogni rapporto, attivo o passivo, facente capo all’ente estinto, gli succedono nei medesimi rapporti, cosi’ da rispondere delle sue obbligazioni, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti nel corso della sua attivita’, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente.” (cfr. Cass. n. 21105/2016).
In particolare, con detto ultimo arresto, e’ stato chiarito in motivazione che “qualora all’estinzione della societa’, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla societa’ estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtu’ del quale: a) l’obbligazione della societa’ non si estingue, cio’ che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della societa’ estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarita’ o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorche’ azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attivita’ ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la societa’ vi abbia rinunciato, a favore di una piu’ rapida conclusione del procedimento estintivo. Ne segue che proprio il descritto fenomeno successorio consente di ravvisare la identita’ della causa e della natura del debito societario che si trasmette ai soci, sicche’ bene il creditore puo’ conseguire il titolo esecutivo sul credito vantano nei confronti della societa’, con azione di condanna proposta nei confronti dei soci-successori”.
La pronuncia n. 21105/2016 di questa Sezione fa espresso richiamo alla menzionata sentenza n. 6070/2013 delle Sezioni Unite. Quest’ultime, in motivazione, allo scopo di creare una maggiore certezza nei rapporti giuridici delle societa’ estinte, di persone o di capitali, successivamente alla riforma del diritto societario, attuata dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, dopo aver ribadito che alla cancellazione non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico, determinandosi un fenomeno di tipo successorio in capo ai soci, ha testualmente affermato (analizzando la valenza innovativa delle modifiche apportate dal legislatore al testo dell’articolo 2495 c.c., rispetto alla formulazione del precedente articolo 2456, che disciplinava la medesima materia):
“per ragioni di ordine sistematico, desunte anche dal disposto del novellato articolo 10 della legge fallimentare, la stessa regola e’ apparsa applicabile anche alla cancellazione volontaria delle societa’ di persone dal registro, quantunque tali societa’ non siano direttamente interessate dalla nuova disposizione del menzionato articolo 2495 e sia rimasto per loro in vigore l’invariato disposto dell’articolo 2312 (integrato, per le societa’ in accomandita semplice, dal successivo 8 articolo 2324). La situazione delle societa’ di persone si differenzia da quella delle societa’ di capitali, a tal riguardo, solo in quanto l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto che le cancella ha valore di pubblicita’ meramente dichiarativa, superabile con prova contraria. Ma e’ bene precisare che tale prova contraria non potrebbe vertere sul solo dato statico della pendenza di rapporti non ancora definiti facenti capo alla societa’, perche’ cio’ condurrebbe in sostanza ad un risultato corrispondente alla situazione preesistente alla riforma societaria. Per superare la presunzione di estinzione occorre, invece, la prova di un fatto dinamico: cioe’ che la societa’ abbia continuato in realta’ ad operare – e dunque ad esistere – pur dopo l’avvenuta cancellazione dal registro”.
Applicando al caso in esame i principi sinora richiamati, analiticamente ripercorsi da questa Sezione gia’ in altri arresti (cfr. tra tutte la sentenza n. 13593/2019), si osserva che il processo di appello si e’ erroneamente svolto senza il contraddittorio dei soci della societa’ debitrice (che era litisconsorte necessaria nell’azione ex articolo 2901 c.c., giusta (âEuroËœesegesi avallata dalle SS.UU. dell’articolo 2495 c.c. anche con riferimento alle societa’ di persone): questi, infatti, erano succeduti alla societa’ e, pertanto, dovevano essere evocati con l’atto di appello.
La mancata emersione della cancellazione e, dunque, del fenomeno estintivo della societa’ nel giudizio di primo grado non incise sulla correttezza del suo svolgimento, mentre, invece, al momento della proposizione dell’appello, avendone l’attuale ricorrente avuto contezza, non avrebbe potuto essere ignorata e pertanto l’appello avrebbe dovuto proporsi nei confronti dei soci.
La Corte territoriale avrebbe dovuto ordinare comunque l’integrazione del contraddittorio.
E’ appena il caso di rilevare che l’avere la stessa ricorrente causato nel proporre l’appello la violazione della regola del litisconsorzio necessario astenendosi dall’evocare i soci, essendo la violazione di tale regola rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, non escludeva la sua legittimazione a prospettare l’erroneita’ della sentenza di appello per detta violazione, non trovando applicazione in questo caso la regola di cui all’articolo 157, comma 3, c.p.c. (si veda Cass., n. 22381 del 2018).
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata e, riscontrandosi la nullita’ del giudizio di appello per mancata corretta integrazione del contraddittorio, la controversia deve essere rinviata alla Corte di Appello di L’Aquila, in diversa sezione e comunque in diversa composizione, perche’ integri il contraddittorio e provveda all’esito ad una nuova decisione a contraddittorio integro.
Al giudice del rinvio e’ rimesso di provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo di ricorso e, per l’effetto, dichiarati assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di L’Aquila, che, in diversa sezione e comunque in diversa composizione, previa integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci della societa’ estinta, provvedera’ a rinnovare il giudizio e provvedera’ anche in relazione alle spese del giudizio di legittimita’.

 

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