Secondo quanto previsto dall’art. 22 del T.U. 286/1998

Consiglio di Stato, Sentenza|4 febbraio 2021| n. 1060.

Secondo quanto previsto dall’art. 22, del T.U. 286/1998, il datore di lavoro che si trovi in Italia deve presentare allo Sportello unico, presso la Prefettura, una “richiesta nominativa di nulla osta al lavoro” e una “proposta di contratto di soggiorno”, ai sensi del comma 2 lettere a) e c); Il lavoratore straniero, a sua volta, fa ingresso in Italia con il proprio passaporto ed il visto d’ingresso rilasciatogli dall’ambasciata italiana competente. Ciò fatto, può ritirare il nulla osta al lavoro nel frattempo rilasciato a suo nome, sottoscrive il contratto di soggiorno e con questi due documenti ottiene il rilascio del permesso di soggiorno, necessario per vivere e lavorare in Italia. È però possibile che, al ritiro del nulla osta da parte dello straniero, il datore di lavoro perda interesse all’assunzione, tuttavia, in tal caso, lo straniero stesso, per evidenti ragioni di tutela, non perde il titolo per soggiornare sul territorio nazionale, in quanto può ottenere il rilascio di un permesso per attesa occupazione, di durata limitata nel tempo.

Sentenza|4 febbraio 2021| n. 1060

Data udienza 11 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Immigrazione – Istanza di permesso di soggiorno – Contratto di soggiorno – Nulla osta – Falsità della delega esibita per il ritiro del nulla osta – Atto accessorio estraneo al rapporto di lavoro da instaurare – Nullità del contratto di soggiorno – Art. 1344 c.c.. – Perdita di interesse all’assunzione – Rilascio permesso in attesa di occupazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 309 del 2014, proposto da
Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di Napoli, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
Xi. We. non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE VI n. 02555/2013, resa tra le parti,, concernente decreto di revoca del nulla osta al lavoro subordinato disposto con decreto 12 novembre 2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 11 dicembre 2020 il Cons. Oreste Mario Caputo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

È appellata la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI n. 02555/2013 d’accoglimento del ricorso proposto dalla sig.ra Xi. We. avverso la revoca del nulla osta al lavoro in forza della nota del Comune di (omissis) da cui risultava la falsità della delega esibita per il ritiro da cui sarebbe conseguita la nullità del contratto di soggiorno “ai sensi e per gli effetti dell’art. 1344 codice civile.
Nei fatti è merso che la datrice di lavoro, CU. El. inoltrava, in data 02.02.2011, istanza telematica di autorizzazione al lavoro subordinato domestico in favore della ricorrente, cittadina cinese, nell’ambito del decreto flussi 2010. “Conclusasi la prima fase istruttoria positivamente, lo sportello unico fissava l’appuntamento per la sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro subordinato domestico e la consegna del conseguente nulla osta al datore richiedente…. Alla data stabilita si presentava soggetto munito di delega autorizzante la firma del contratto di soggiorno ed autorizzante altresì il ritiro del nulla osta” (cfr. memoria P.A. depositata il 25.03.2013). Ebbene, l’autenticazione della firma della delegante ad opera di un funzionario del Comune di (omissis) era, poi, risultata falsa (cfr. all. C e all. F, prod. P.A.).
L’amministrazione, eseguiti accertamenti, emetteva allora il provvedimento impugnato.
Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha accolto il ricorso proposto contro tale provvedimento dalla cittadina straniera; in motivazione, ha osservato in sintesi che di nullità del contratto di soggiorno non si poteva propriamente parlare, dato che lo stesso non era stato concluso, e che l’art. 22 comma 5 ter del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 prevede la revoca del nulla osta nel solo caso di frode o falsificazione dei documenti presentati per ottenerlo, mentre per la successiva fase di stipula del contratto di soggiorno prevede la revoca solo ove, salva la forza maggiore, lo straniero non si presenti per stipularlo, e nulla quindi dice per il caso di falsità della delega per il ritiro.
L’amministrazione ha impugnato la sentenza con appello che contiene un unico motivo di insufficiente motivazione e violazione dell’art. 1344 c.c., in cui ripropone quanto sostenuto nel provvedimento impugnato.
La ricorrente appellata non si è costituita.
All’udienza del giorno 11 dicembre 2020 la Sezione ha quindi trattenuto il ricorso in decisione.
L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
Per chiarezza, va riassunta la normativa pertinente.
Come è noto, l’art. 22 del T.U. 286/1998 disciplina la procedura da seguire per il regolare ingresso sul territorio nazionale a scopo di lavoro di un cittadino straniero non appartenente all’Unione europea. In sintesi, il datore di lavoro che si trovi in Italia deve fra l’altro presentare allo Sportello unico presso la Prefettura una “richiesta nominativa di nulla osta al lavoro” e una “proposta di contratto di soggiorno”, ai sensi del comma 2 lettere a) e c). Il lavoratore straniero, a sua volta, fa ingresso in Italia con il proprio passaporto ed il visto d’ingresso rilasciatogli dall’ambasciata italiana competente; ciò fatto, può ritirare il nulla osta al lavoro nel frattempo rilasciato a suo nome, sottoscrive il contratto di soggiorno e con questi due documenti ottiene il rilascio del permesso di soggiorno, necessario per vivere e lavorare in Italia, il tutto ai sensi del comma 5 dell’art. 22 citato e del precedente comma 3 bis dell’art. 5 sempre del T.U. 286/1998.
È però possibile, e nella prassi notoriamente accade, che al ritiro del nulla osta da parte dello straniero il datore di lavoro perda interesse all’assunzione. In tal caso, lo straniero stesso, per evidenti ragioni di tutela, non perde il titolo per soggiornare sul territorio nazionale, in quanto può ottenere il rilascio di un permesso per attesa occupazione, di durata limitata nel tempo. In tal senso è la prassi amministrativa, per tutte già la circolare del Ministero dell’interno 20 agosto 2007 prot. n. 3836, che argomenta dal comma 11 sempre dell’art. 22, secondo il quale “La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque… per un periodo non inferiore ad un anno…”. Si ritiene in sintesi che ciò che vale per il lavoratore licenziato dopo avere ritirato il permesso di soggiorno valga anche per il lavoratore licenziato in possesso del nulla osta che consente di ottenerlo.
Completa il quadro qui di interesse il comma 5 ter ancora dell’art. 22, secondo il quale “Il nulla osta al lavoro è, altresì, rifiutato ovvero, nel caso sia stato rilasciato, è revocato se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode o sono stati falsificati o contraffatti ovvero qualora lo straniero non si rechi presso lo sportello unico per l’immigrazione per la firma del contratto di soggiorno entro il termine di cui al comma 6, salvo che il ritardo sia dipeso da cause di forza maggiore…”.
Tutto ciò posto, nel caso di specie, come si è detto, l’unico documento falso presentato nel procedimento relativo al ricorrente appellato è la delega con la quale un sedicente rappresentante del datore di lavoro si è presentato allo sportello per ritirare il nulla osta. Il contratto di soggiorno poi non è stato in realtà stipulato, perché, sempre come si è detto, il datore di lavoro ha perso interesse all’assunzione. Come è del tutto notorio, il contratto è un accordo fra parti, in questo caso fra il datore di lavoro e il lavoratore straniero, e non può venire ad esistenza se la volontà di una di esse non viene manifestata ovvero, come avvenuto nel caso concreto, viene meno prima che l’accordo si perfezioni.
Ciò posto, l’unico motivo di appello è infondato.
Come condivisibilmente affermato dal Giudice di I grado, la frode ovvero la falsificazione documentale di cui all’art. 22 comma 5 ter devono riferirsi ai documenti relativi al rapporto di lavoro, e quindi denotare una situazione in cui il rapporto stesso non esiste ed è stato simulato per far entrare in Italia un soggetto che non aveva titolo in tal senso. Una frode di questo tipo nel caso presente, si osserva, non è stata dimostrata, e per vero nemmeno allegata. Non è invece possibile estendere la norma sino a comprendervi l’ipotesi della falsità della delega al ritiro rilasciata dal datore di lavoro, che è un atto accessorio, estraneo al rapporto di lavoro da instaurare. Come si osserva per completezza, poi, altri casi di revoca del nulla osta non sono previsti dalla legge, salvo il caso di mancata stipula del contratto di soggiorno per fatto del lavoratore, non applicabile al caso presente per quanto subito si dirà .
Allo stesso modo, non è possibile parlare di frode alla legge nella stipula del contratto di soggiorno stesso, in base al citato art. 1344 c.c. per l’assorbente ragione che nessun contratto in questo caso è stato mai stipulato per indisponibilità del datore di lavoro.
Nel senso visto, nella giurisprudenza della Sezione, si cita anche l’ordinanza cautelare di appello 30 maggio 2014 n. 2303, pronunciata nel procedimento TAR Campania Napoli 5551/2012, conclusosi con la conforme sentenza di quel Giudice sezione VI 17 maggio 2013 n. 2555, citata dal Giudice di I grado a sostegno della tesi esposta, e non impugnata.
In mancanza di costituzione dell’appellata, nulla sulle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *