In tema di prova testimoniale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|29 gennaio 2021| n. 2149.

In tema di prova testimoniale, l’apprezzamento circa la specificità dei capitoli di prova dedotti dalla parte istante deve essere compiuto dal giudice del merito, con adeguata motivazione, non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma ponendo il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa e alle deduzioni delle altre parti.

Ordinanza|29 gennaio 2021| n. 2149

Data udienza 2 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità ex art. 2051 cc – Caduta – Pavimentazione comunale sconnessa – Specificazione dei capitoli di prova dei testimoni – Nozione – Prova del caso fortuito a carico del custode – Prova dell’inevitabilità del danno – Rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 33442-2018 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’ultimo in (OMISSIS), pec;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MILANO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1928/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/10/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

FATTI DI CAUSA

1.Con atto di citazione del 23/9/2013 il signor (OMISSIS) convenne in giudizio il Comune di Milano per chiederne la condanna al risarcimento dei danni derivanti da una caduta avvenuta in data (OMISSIS) in zona (OMISSIS) a causa della pavimentazione disconnessa in piu’ parti: dalla caduta egli aveva riportato la lussazione della spalla e la frattura dell’omero. A prova dei fatti produceva un verbale della Polizia Locale, redatto il giorno successivo al fatto e relativo allo stato dei luoghi, chiedeva l’ammissione di prove ora i e di una CTU medico-legale.
2. Il Tribunale adito, ammessa la CTU medico-legale, con sentenza n. 6872/2017 condanno’ il Comune di Milano al risarcimento dei danni quantificati in Euro 28.994,00 oltre interessi e spese.
3. La Corte d’Appello di Milano, adita dal Comune per sentir pronunciare l’erronea interpretazione delle norme di diritto e dei principi giurisprudenziali in tema di onere della prova ha, con sentenza n. 1928/2018 del 17/4/2018, accolto l’appello ritenendo, per quanto ancora qui di interesse, non esservi prova che il sinistro si fosse verificato nelle condizioni dedotte, nei luoghi, tempi e modi descritti ed a causa della pavimentazione dissestata; che le prove formulate dall’attore non consentivano di desumere l’esatta dinamica del sinistro e neppure che i soccorritori vi avessero assistito de visu, cosi’ come non potevano trarsi elementi dal verbale della Polizia Locale redatto il giorno successivo ai fatti. In ogni caso, ad avviso della Corte territoriale, pur ammettendo che la caduta si fosse verificata nelle circostanze dedotte, la domanda non sarebbe stata comunque da accogliere perche’, trattandosi di un caso in cui il danno non era effetto di un dinamismo interno della cosa ma comunque implicante un agire umano, il danneggiato, per provare il nesso causale, avrebbe dovuto dimostrare che lo stato dei luoghi presentava una situazione obiettiva di pericolosita’ tale da rendere molto probabile se non inevitabile il danno, secondo la giurisprudenza di questa Corte. Ad avviso del giudice non sarebbe stata fornita la prova dello stato di pericolosita’ perche’ i dislivelli del terreno non erano occulti ma anzi ben visibili, perche’ l’incidente era avvenuto in un punto interessato da prossimi lavori di asfaltatura, preannunciati con cartelli mobili e nastri svolazzanti che, ancorche’ posizionati per altro fine, avrebbero dovuto allertare il pedone ed indurlo a procedere con limitata velocita’ al fine di avvedersi delle caratteristiche della strada.
4. Avverso la sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione. Il Comune di Milano non ha svolto difese.
5. La trattazione e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis 1 c.p.c. in vista della quale il ricorrente ha depositato memoria mentre il Procuratore Generale presso questa Corte non ha concluso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo – violazione e falsa applicazione degli articoli 230 e 244 c.p.c. nonche’ dell’articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 24 Cost. all’articolo 101 c.p.c. e all’articolo 2697 c.p.c. -il ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia ritenuto che alcuna prova fosse stata raccolta e neanche formulata in modo specifico non risultando dalla capitolazione l’esatta dinamica del sinistro e neppure che i soccorritori vi avessero assistito de visu. Ad avviso del ricorrente i capitoli da esso dedotti con la memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, e riprodotti a pp. 5-6 del ricorso non erano affatto generici e contenevano l’indicazione dell’avvenimento storico da provare, sufficientemente localizzato nel tempo (“in data (OMISSIS) alle ore 21.30 circa”), nel luogo (“l’attore percorreva a piedi il marciapiedi dei bastioni di (OMISSIS) lato civici pari in direzione (OMISSIS) quando giunto all’altezza del civico 12”) e nel suo svolgimento (“rovinava a terra a causa della disconnessione della pavimentazione del marciapiedi in diverse parti; gli astanti presenti sul posto, visto l’attore steso a terra dolorante, chiamavano soccorso”). Sarebbe altresi’ censurabile l’affermazione della corte territoriale secondo la quale non sarebbe stato indicato che i soccorritori vi avessero assistito de visu, in quanto tale circostanza non attiene all’ammissibilita’ del mezzo di prova ma alla fondatezza della prova medesima istruita e raccolta in sede testimoniale in base al combinato disposto degli articoli 230 c.p.c. e 116 c.p.c. Infine sarebbe altresi’ censurabile l’affermazione della Corte di irrilevanza della prova.
2.Con il secondo motivo – violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c. e articolo 1227 c.c. – il ricorrente si duole che la Corte abbia erroneamente ritenuto che l’attore dovesse provare l’obiettiva pericolosita’ della cosa e la probabilita’ o inevitabilita’ del danno essendo il medesimo onerato della sola prova del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso, incombendo sul custode l’onere della prova dell’inesistenza del nesso causale o della sussistenza del nesso tra l’evento ed un fatto ne’ prevedibile ne’ evitabile. Il Giudice avrebbe dovuto accertare che il custode avesse dato la prova positiva del fortuito, circostanza difficilmente conciliabile con una strada dissestata la quale, proprio in base ad una valutazione ex ante, avrebbe dovuto essere considerata causa potenziale di cadute accidentali. Il giudice avrebbe errato nel prendere in considerazione la sola condotta della vittima senza esaminare se l’evento-caduta fosse imprevedibile, eccezionale o anomalo da parte del custode in quel contesto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte sull’articolo 2051 c.c..
3. Con il terzo motivo – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e violazione dell’articolo 1176 c.c.- il ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia omesso di valutare che il sinistro era avvenuto alle ore 21.30 di sera in un contesto di evidente visibilita’ ridotta e che abbia ricavato un profilo di negligenza e di colpa del danneggiato dalla presenza di cartelli “posizionati per altri fini” che avrebbero dovuto metterlo sull’avviso di potenziali rischi. Quest’ultima affermazione sarebbe in palese contrasto con l’articolo 1176 c.c., in quanto un profilo di irnprudenza, imperizia, negligenza poteva essere ricavato da una omessa valutazione di una segnalazione riferibile al ricorrente ma non anche da avvertenze poste in essere per altri fini, per segnalare prescrizioni che l’agente non era tenuto a considerare e non riferibili alle insidie del manto stradale.
1-3 Il ricorso e’ fondato. Il primo motivo evidenzia un palese contrasto tra la motivazione meramente apparente relativa alla non specificita’ dei capitoli di prova e la capitolazione invece effettuata dal ricorrente nella memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6 e riportata in ricorso ai fini della autosufficienza, contrasto che consente di ritenere senz’altro violate le disposizioni indicate nell’epigrafe del motivo. E’ noto infatti, che in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’esigenza di specificazione dei fatti sui quali i testimoni devono deporre e’ soddisfatta se, ancorche’ non precisati in tutti i loro minuti dettagli, tali fatti siano esposti nei loro elementi essenziali per consentire al giudice di controllarne l’influenza e la pertinenza e mettere in grado la parte di formulare un’adeguata prova contraria, potendo la verifica della specificita’ e della rilevanza dei capitoli formulati essere condotta non solo alla stregua della loro letterale formulazione ma anche in relazione agli altri atti di causa, (Cass., 2, n. 11765 del 6/5/2019); l’apprezzamento circa la specificita’ dei capito i deve essere valutato dal g udice del merito con motivazione adeguata non solo alla stregua della formulazione letterale dei capitoli articolati dalla parte istante ma ponendo il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa e alle deduzioni dei ricorrenti (Cass.-, L, n. 10371 del 3/10/1995).
Ugualmente da accogliere e’ il secondo motivo di ricorso relativo alla violazione dell’articolo 2051 c.c. in quanto la sentenza non si e’ affatto conformata ai criteri ormai del tutto consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, del riparto degli oneri probatori e della necessita’ che il custode, sul quale incombe una responsabilita’ oggettiva ai sensi dell’articolo 2051 c.c., debba, per andare esente da responsabilita’, dare la prova positiva del fortuito, rispondendo altrimenti del danno, indipendentemente dai profili di colpa del danneggiato.
La responsabilita’ ex articolo 2051 c.c. impone al custode, presunto responsabile, di fornire la prova liberatoria del fortuito e cio’ in ragione sia degli obblighi di vigilanza, controllo e diligenza, in base ai quali e’ tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire e impedire la produzione dei danni a terzi, sia in ossequio al principio cd. della vicinanza della prova, in modo da dimostrare che il danno si e’ verificato in maniera ne’ prevedibile ne’ superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. (Cass., 3, n. 8811 del 12/5/2020).
L’articolo 2051 c.c., nell’affermare la responsabilita’ del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa operando sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso e della ricorrenza del caso fortuito, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale. (Cass., 3, n. 2477 del 1/2/2018; Cass., 6-3 n. 27724 del 30/10/2018).
Non pare che l’impugnata sentenza si sia affatto conformata ai suddetti principi, limitandosi ad affermare che il fatto del danneggiato si era unito al modo di essere della cosa si’ da dover escludere che lo stato dei luoghi presentasse un’obiettiva situazione di pericolosita’ tale da rendere molto probabile se non inevitabile il danno.
Cosi’ come da accogliere e’ il terzo motivo di ricorso con il quale si fa valere l’omessa pronuncia su un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, quale l’orario in cui il sinistro era avvenuto – ore 21.30 di sera, in condizioni di totale buio- e la presenza di cartelli annuncianti l’inizio imminente di lavori, del tutto diversi e non correlati alla situazione del manto stradale. Il motivo si presta ad essere apprezzato quale vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e merita di essere accolto in quanto la sentenza ha del tutto omesso di motivare sui menzionati profili evidenziatisi nel giudizio di merito sui quali il giudice avrebbe dovuto motivare.
4. Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione, l’impugnata sentenza cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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