Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 30 ottobre 2018, n. 6170.
La massima estrapolata:
La consonanza delle valutazioni, refluite nelle schede di valutazione riferibili a ciascun componente della commissione, espresse in dichiarazioni simili o uguali per tutti gli esaminati non è di per sé indice di eccesso di potere, quanto piuttosto di approfondito esame collegiale, non essendo tecnicamente possibile che, a valutazioni numeriche differenziate da ridotti margini di punteggio, possa corrispondere una analoga, capillare differenziazione nella parte descrittiva dei giudizi, fatto salvo il caso in cui il privato provi rigorosamente la rinuncia di uno dei componenti della commissione ad emettere un giudizio autonomo, rispetto a quelli formulati dagli altri membri.
Sentenza 30 ottobre 2018, n. 6170
Data udienza 25 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5978 del 2015, proposto da
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
contro
Ro. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Gi., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
sul ricorso numero di registro generale 7532 del 2015, proposto da
Ro. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Gi., con domicilio eletto presso lo studio Al. Gi. in Roma, via (…);
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Pi. Bu. e altri non costituiti in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 5978 del 2015:
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I BIS n. 02313/2015, resa tra le parti, concernente mancato avanzamento al grado superiore
quanto al ricorso n. 7532 del 2015:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per Il Lazio (sezione Prima) n. 02313/2015, resa tra le parti, concernente mancata avanzamento al grado superiore
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ro. Ca. e di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2018 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati avv.to dello Stato El. e avv. Al. Gi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il capitano di fregata Ro. Ca. ha partecipato alla procedura di avanzamento a scelta al grado superiore di capitano di vascello per l’anno 2010, risultando idoneo con punti 28,04 e conseguendo una posizione non utile in graduatoria (39° ), stante la disponibilità di sette posti.
Con ricorso in primo grado l’interessato ha impugnato gli atti relativi al giudizio e la graduatoria di merito, deducendo, in sintesi, censure di eccesso di potere in senso assoluto nonché relativo.
A seguito dell’acquisizione degli atti del procedimento e della documentazione caratteristica, disposta con ordinanza presidenziale istruttoria, il cap. Ca., con motivi aggiunti, ha in primo luogo lamentato il fatto che a fronte di giudizi identici la Commissione ha invece assegnato agli scrutinandi punteggi differenziati.
In secondo luogo il ricorrente ha censurato l’attribuzione a cinque dei pari grado promossi di punteggi superiori a quelli a lui attribuiti per le qualità fisiche, morali e di carattere e così per le qualità intellettuali e culturali, pur potendo vantare il Ca. una superiore e più completa formazione militare e culturale.
Analoghe rotture dell’uniformità del criterio valutativo si registravano, secondo il ricorrente, per quanto riguarda la qualità degli incarichi svolti e i titoli di benemerenza conseguiti.
Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR, esclusa la ricorrenza del vizio di eccesso di potere assoluto, ha accolto il ricorso, annullando il giudizio di avanzamento.
A sostegno del deciso il Tribunale ha rilevato come, a fronte di identici giudizi, e quindi di una “motivazione standardizzata” siano stati assegnati punteggi diversificati che non trovano giustificazione nei profili degli ufficiali promossi, e ciò in particolare per le qualità fisiche, morali e di carattere, nonché per le qualità intellettuali e culturali.
La sentenza in epigrafe è stata impugnata con appello principale R.G. 5978/2015 dal Ministero della Difesa il quale ne ha chiesto l’integrale riforma.
Si è costituito in resistenza l’appellato.
La sentenza è stata altresì impugnata con appello autonomo RG 7532/2015 dal capitano di fregata Ca. il quale ha in sostanza riproposto le censure (di cui ai motivi aggiunti) ritenute assorbite dal TAR.
Si è costituita con memoria di stile l’Amministrazione.
La parte privata ha depositato memorie, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
All’udienza del 25 ottobre 2018 gli appelli sono stati spediti in decisione.
Gli appelli vanno riuniti in quanto rivolti avverso la stessa sentenza.
L’appello dell’Amministrazione è fondato e va pertanto accolto mentre l’appello del capitano di fregata Ca. va respinto essendo infondato.
Ciò consente di prescindere da ogni approfondimento in ordine alla ammissibilità ex 333 cod. proc. civ. di un appello autonomo (e non incidentale) proposto dal soggetto notificatario di una altrui impugnazione principale, anche se all’esclusivo fine di riproporre in sostanza i motivi assorbiti in prime cure.
Come sopra anticipato, la sentenza impugnata ha al fondo stigmatizzato l’attribuzione di punteggi superiori ai controinteressati per le qualità di cui alla lettera a) dell’art. 26 della legge n. 1137 del 1955 (morali e di carattere) nonostante gli stessi avessero riportato un numero di elogi ed encomi sensibilmente inferiore rispetto al ricorrente.
Analogamente il TAR ha ritenuto sviata – per le qualità di cui alla lettera c): intellettuali e culturali – l’attribuzione di un punteggio superiore in particolare al candidato Co. il quale non ha frequentato il Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze ISSMI, oltre a possedere soltanto un diploma di laurea (a fronte dei due vantati dal ricorrente).
Relativamente al primo profilo l’Amministrazione deduce l’assoluta erroneità del rilievo del TAR relativo al preteso minor numero di elogi e encomi in capo ai parigrado promossi, posto che come emerge dalla documentazione caratteristica, il Ca., come il So., non ha ottenuto durante la carriera alcuna benemerenza, mentre i parigrado Co. e altri hanno meritato, rispettivamente, un elogio (Co.), 3 encomi semplici (Sc.), 2 elogi (Ci.), 2 elogi (De Vi.).
Assai significativa, secondo l’Amministrazione, è poi la circostanza che tali benemerenze sono state tutte conseguite (tranne che un elogio ottenuto in precedenza dal Ci.) proprio nel grado rivestito all’atto della valutazione.
Più in generale l’Amministrazione osserva che il TAR ha errato nell’estrapolare dal profilo professionale del ricorrente solo alcuni aspetti ritenuti favorevoli, trascurando di considerare nel loro complesso i poziori curricula dei controinteressati.
I mezzi sono fondati.
In limine si rileva, sotto un profilo strettamente di metodo, che, nell’articolazione logica degli argomenti assunti a sostegno della riscontrata illegittimità del giudizio di avanzamento, il TAR ha assegnato una valenza assolutamente predominante, e, in qualche modo decisiva, al rilievo (valorizzato come sintomatico di eccesso di potere) della diversità dei punteggi attribuiti dai singoli membri della Commissione a fronte della sostanziale identità dei giudizi valutativi dagli stessi formulati.
In sostanza, secondo il TAR, la diversificazione in concreto dei punteggi a fronte di giudizi letteralmente sovrapponibili in quanto stereotipati denota profili di contraddittorietà che minano la coerenza dell’attività valutativa posta in essere dalla CSA.
A giudizio di questo Collegio, invece, tale elemento non può in alcun modo essere giudicato come significativo dell’illegittimità, sotto il peculiare profilo dell’eccesso di potere, del modus procedendi e del criterio valutativo nella specie seguiti dalla commissione.
In tal senso, da tempo la Giurisprudenza della Sezione ha statuito che tale questione (relativa alla rilevanza, ai fini del sindacato della legittimità dei giudizi di avanzamento, dell’identità dei punteggi o delle schede valutative) è stata già ripetutamente esaminata e costantemente risolta, con indirizzo ormai univoco (dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi), nel senso che la consonanza delle valutazioni – refluite nelle schede di valutazione riferibili a ciascun componente della commissione – espresse in dichiarazioni simili o uguali per tutti gli esaminati non è di per sé indice di eccesso di potere, quanto piuttosto di approfondito esame collegiale, non essendo tecnicamente possibile che, a valutazioni numeriche differenziate da ridotti margini di punteggio (espressi in decimi o talora in centesimi), possa corrispondere una analoga, capillare differenziazione nella parte descrittiva dei giudizi, fatto salvo il caso (nella specie non ricorrente) in cui il privato provi rigorosamente la rinuncia di uno dei componenti della commissione ad emettere un giudizio autonomo, rispetto a quelli formulati dagli altri membri (cfr. ex plurimis, IV Sez. n. 575 del 2006).
In conformità ai principi appena enunciati, deve, in conclusione, escludersi che l’identità delle espressioni utilizzate nelle schede di valutazione integri gli estremi del vizio di eccesso di potere o, comunque, una violazione delle regole procedimentali che presiedono alla corretta formulazione dei giudizi di avanzamento.
Alla luce delle considerazioni che precedono viene dunque meno – in realtà – il caposaldo interpretativo al quale il TAR ha in qualche modo ancorato gran parte della sua disamina.
Ciò chiarito, è poi appena il caso di ricordare che il giudizio espresso dalla Commissione Superiore di Avanzamento degli ufficiali costituisce espressione di una valutazione complessiva, nella quale assumono indivisibile rilievo gli elementi personali e di servizio emersi nei confronti dell’Ufficiale, in modo che non è possibile scindere i singoli elementi per fondare su uno di essi, isolatamente considerato, il giudizio complessivo.
In definitiva, l’apprezzamento dei titoli dei partecipanti, da effettuarsi nell’ambito di un giudizio complessivo e inscindibile, non ha specifica autonomia, in quanto la mancanza di qualche titolo da parte di taluno degli scrutinandi ben può essere controbilanciata, ai fini del giudizio globale, dal possesso di titoli diversi valutati come equivalenti dalla C.S.A..
Sul piano processuale ciò comporta innanzi tutto l’impossibilità per il giudice di entrare nel merito delle valutazioni espresse dalla Commissione Superiore di Avanzamento per gli ufficiali delle Forze Armate, procedendo ex novo all’esame comparativo degli ufficiali valutati in sede di redazione degli scrutini di avanzamento o alla verifica della verificare la congruità del punteggio ad essi attribuito.
In secondo luogo e soprattutto la discrezionalità particolarmente attribuita, come si è visto, alla Commissione Superiore quale Organo chiamato ad esprimersi su candidati le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito, implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, comporta che il giudice ha cognizione limitata alla verifica in generale della logicità e razionalità dei criteri seguiti dalla Commissione.
In termini piani, la valutazione della Commissione è sindacabile solo in presenza di giudizi macroscopicamente irragionevoli, nel senso che la riscontrata applicazione alle diverse posizioni di criteri valutativi tra loro difformi e incoerenti deve rivelare, con immediata evidenza, un’alterazione di quell’indefettibile uniformità e coerenza dell’attività valutativa che ne condiziona la legittimità . (ex multis IV Sez. n. 5897 del 2014).
Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame deve escludersi che dagli atti possa risultare un sintomo percepibile di macroscopica rottura dell’uniformità del metodo valutativo seguito dalla Commissione nei confronti dei controinteressati e del ricorrente.
Questi infatti, nell’illustrare i lati indubitabilmente eccellenti del suo profilo caratteriale culturale e professionale, tralascia di considerare tutti i contrari elementi probatori pure analiticamente offerti dall’Amministrazione e relativi in particolare al non conseguimento di encomi ed elogi, al numero di qualifiche non apicali da lui conseguite per periodi non brevi ( complessivi 53 mesi), al conseguimento non costante di citazioni di apprezzamento o compiacimento nelle note di qualifica, ai risultati non smaglianti riportati nei corsi basici e di qualificazione frequentati.
In realtà, una volta acclarato che il TAR sembra essere incorso in un fraintendimento per quanto riguarda gli elogi ed encomi, l’elemento essenzialmente valorizzato in prime cure a favore del ricorrente riguarda la frequenza (che manca in particolare al controinteressato Co.) del Corso superiore di stato maggiore interforze presso il CASD, corso che il ricorrente ha invece frequentato e superato con ottimo profitto.
Come è noto, l’art. 4 del d. L.vo n. 464 del 1997 (recante Riforma strutturale delle Forze armate) istituisce l’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze con il compito di perfezionare la formazione professionale e la preparazione culturale degli ufficiali delle Forze armate, in previsione dell’impiego in incarichi di rilievo in ambito nazionale ed internazionale.
Presso l’Istituto è svolto il Corso superiore di stato maggiore interforze (cui possono partecipare anche gli ufficiali del Corpo della Guardia di finanza nonché ufficiali delle Forze armate estere) il cui superamento (art. 4 comma 3) “è valutato ai fini dell’avanzamento e dell’impiego degli ufficiali.”.
Analoghe disposizioni sono oggi confluite nell’art. 781 commi 1 e 2 C.O.M..
Tuttavia, come ben deduce l’appellante Amministrazione richiamando molteplici precedenti della Sezione, la necessità – normativamente imposta – della valutazione della frequenza a tale corso nell’ambito delle qualità culturali e intellettuali non può correlarsi ad una pretesa di corrispondente prevalenza.
In sostanza, ferma la sicura rilevanza della formazione superiore, la positiva frequenza del corso suddetto resta soltanto uno dei vari elementi valutabili nel profilo complessivo dell’ufficiale.
In tal senso, la giurisprudenza della Sezione ha da tempo chiarito che la frequenza del corso ISSMI deve sì essere considerata ai fini della valutazione per l’avanzamento ma non costituisce elemento determinante tale da giustificare di per sé la scelta dell’ufficiale da promuovere, dovendo invece essere valutato nell’insieme di tutti gli altri elementi che concorrono alla determinazione del giudizio di sintesi sulla meritevolezza all’avanzamento di grado (ex multis IV Sez. n. 3014 del 2009 e 7736 del 2009).
Del resto la giurisprudenza della Sezione, con riferimento al settore affine dell’avanzamento degli ufficiali del Corpo della Guardia di Finanza, ha da tempo statuito che nemmeno la frequenza del Corso superiore di polizia tributaria (il quale ex lege costituisce vero titolo per l’avanzamento e non mero elemento valutativo) garantisce all’ufficiale l’automatica promozione in concorrenza di altre non positive circostanze.
Tanto chiarito, a giudizio del Collegio nella complessiva valutazione la mancata frequenza del Corso in questione da parte del Co. può ragionevolmente ritenersi bilanciata dai rilievi relativi agli altri profili valutati, compresi ad esempio le minori qualifiche non apicali riportate dal Co. rispetto al Ca., il maggior numero di benemerenze (tra cui la medaglia Nato) nonché in particolare l’elogio conseguito nel grado di provenienza.
L’appello dell’Amministrazione va quindi conclusivamente accolto, in quanto – alla luce delle superiori considerazioni – l’operato dell’Amministrazione non denota illogicità o irrazionalità effettivamente percepibili in questa sede.
Ulteriormente, l’obiettiva esistenza degli elementi documentali sopra riportati, deponenti obiettivamente non a favore dell’originario ricorrente, induce poi il Collegio a respingere l’appello da questi proposto per vedersi riconoscere preminenza anche quanto alle qualità relative al profilo professionale e all’attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore.
E ciò tanto più in quanto da un lato l’appellante non sembra offrire – come era suo onere – alcun elemento dal quale possa evincersi con adeguato grado di certezza una sua stabile migliore qualificazione professionale rispetto ai controinteressati, per quanto concerne soprattutto gli incarichi a questi di volta in volta affidati nel tempo; dall’altro la carenza di encomi o elogi rifluisce sulla ricostruzione non solo delle qualità personali (cfr. oggi art. 704 comma 1 Regolamento) ma anche delle qualità professionali (art. 705 comma 1) dello scrutinando.
In realtà, anche in questo caso, l’impostazione del ricorrente – il quale elenca analiticamente i titoli professionali vantati e ne predica la superiorità rispetto a quelli del controinteressato – non è in radice condivisibile perché in questa sede di legittimità non è possibile, come sopra chiarito, ordire un nuovo giudizio di merito sulla congruità, rilevanza o peso dei titoli stessi in rapporto alle altre risultanze evincibili dalla documentazione caratteristica degli scrutinati.
Il che vale specialmente per quanto concerne l’attitudine a svolgere incarichi del grado superiore di cui alla lett. d) dell’art. 26 della legge n. 1137/55 (ora trasfusa nell’art. 708 Regolamento) la quale costituisce l’oggetto di un giudizio di sintesi su elementi di carriera non considerati staticamente ma in chiave prognostica e probabilistica circa la effettiva capacità dell’ufficiale di assolvere i diversi compiti propri del grado superiore.
Trattandosi di una valutazione appunto prognostica sulle potenzialità del singolo ufficiale ad operare in un contesto diverso da quello precedente e caratterizzato da crescenti responsabilità, ancor più essa può esser revocata in dubbio solo se e quando non vi sia coerenza alcuna con il complesso degli altri elementi scrutinati dalla Commissione, il che nella fattispecie non è dato percepire.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello dell’Amministrazione va in conclusione accolto mentre l’appello del Ca. va respinto.
La complessità fattuale della controversia consiglia però di disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le Parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, accoglie l’appello dell’Amministrazione R.G. 5978 del 2015 e respinge l’appello del capitano Ca. R.G. n. 7532 del 2015; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge le impugnative di primo grado.
Spese del giudizio integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere