Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

Consiglio di Stato, Sentenza|30 giugno 2021| n. 4950.

Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio.

La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento.

Sentenza|30 giugno 2021| n. 4950. Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

Data udienza 4 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Polizia di stato – Sanzioni disciplinare – Sospensione dal servizio – Valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati – Discrezionalità tecnica – Sindacato – Limiti

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8231 del 2013, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Pi. Ad., presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Corso (…)
contro
– Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– Questura di-OMISSIS-, in persona del Questore pro tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, alla Via (…)
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la-OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, richiamato dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176) il Cons. Roberto Politi;
Udito l’avvocato Pi. Ad. per la parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

FATTO

1. Espone l’appellante, all’epoca dei fatti che hanno originato la presente controversia in servizio quale assistente della Polizia di Stato presso il Commissariato di -OMISSIS- che, a seguito di accertamento eseguito in data 5 maggio 2010, veniva riscontrata positività ai cannabinoidi.
La Commissione medica, con verbale in data 28 maggio 2010, diagnosticava a carico dell’appellante “disturbo d’ansia N.A.S. accertata positività ai cannabinoidi” e ne disponeva la sospensione dal servizio per 180 giorni.
A seguito di contestazione di addebiti in data 10 luglio 2010, l’appellante confutava la fondatezza di quanto sostenuto dall’Amministrazione (ovvero, di essersi presentato ad un primo accertamento completamente depilato al fine di sottrarsi all’esame tricologico per la rilevazione dell’assunzione di sostanze stupefacenti), sostenendo che la lunghezza dei capelli era inferiore al limite suscettibile di consentire lo svolgimento dell’anzidetto accertamento.
In esito al procedimento disciplinare, il sig. -OMISSIS- veniva destituito.
2. Il ricorso dall’interessato proposto innanzi al T.A.R. -OMISSIS- avverso il suindicato provvedimento, veniva da quest’ultimo respinto con la sentenza oggetto dell’appello ora all’esame.
3. Avverso tale pronuncia, il signor -OMISSIS- ha interposto appello, notificato il 14 novembre 2013 e depositato il successivo 15 novembre, lamentando quanto di seguito sintetizzato:
3.1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, del D.P.R. n. 737 del 1981. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per insufficiente o contraddittoria motivazione, nonché per travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, nn. 1, 2, 3, del D.P.R. n. 737 del 1981. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per erroneo presupposto di fatto. Violazione dell’art. 97 della Costituzione.
La relazione medica di parte e le controanalisi escluderebbero, secondo quanto dall’appellante sostenuto, un consumo di stupefacenti abituale; ulteriormente osservandosi come non vi sia alcuna certezza che l’unico risultato leggermente positivo, di cui al campione del maggio 2010, non sia conseguenza di un contatto accidentale con sostanze stupefacenti.

 

Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

Nel sostenere, sulla base di risultanze di analisi di parte, che la positività ai rilevi relativi alla cannabis sia riconducibile ad una esposizione passiva al fumo di tale sostanza, e non ad un’assunzione diretta, volontaria e consapevole della stessa, lamenta parte appellante l’insufficienza dell’istruttoria condotta dalla procedente Amministrazione.
3.2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 2 e 3, e dell’art. 13, comma 1, del D.P.R. n. 737 del 1981. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, irragionevolezza e manifesta ingiustizia e per violazione del principio del contraddittorio.
A fronte della irrogazione della sanzione della destituzione, osserva l’appellante che, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981, l’assunzione di sostanze stupefacenti è punita con la sospensione dal servizio.
Viene, quindi, lamentata la violazione del principio di proporzionalità e graduazione della sanzione, segnatamente in presenza di una positività all’assunzione di sostanze stupefacenti non provata con certezza, e comunque di lievissima entità ; né sarebbero stati tenuti presenti dall’Amministrazione i lusinghieri precedenti di carriera dell’interessato.
Conclude la parte per l’accoglimento dell’appello; e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.
4. In data 3 maggio 2021, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio.
5. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 4 maggio 2021.

 

Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

DIRITTO

1. Nell’appellata sentenza, il T.A.R. -OMISSIS-
– rilevato che dalla “documentazione versata in atti, risulta… che gli episodi segnalati dai compagni di pattuglia non fossero limitati a quelli che hanno dato luogo al procedimento disciplinare a conclusione del quale è scaturita l’irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione, perché gli stessi erano stati preceduti da altre segnalazioni del 2002, quando il ricorrente prestava servizio a -OMISSIS-“;
– ed osservato che “tali circostanze di fatto non fanno che corroborare gli elementi probatori che sussistono a sostegno della tesi dell’amministrazione relativa all’abituale consumo attivo di sostanze stupefacenti da parte del ricorrente, in quanto, dall’accertamento di uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, risultante da referto medico-legale, preceduto dagli accadimenti succitati, l’Assistente ha effettivamente posto in essere atti che hanno rivelato mancanza del senso dell’onore e del senso morale, gravemente contrastanti con doveri assunti con il giuramento e con conseguente grave abuso di fiducia, mettendo, oltretutto, in pericolo l’incolumità dei colleghi di pattuglia”;
ha evidenziato come “in tal senso depone, soprattutto, l’episodio durante il quale l’interessato si è sottratto all’accertamento di proposito, che non è servito, peraltro, ad evitargli il riscontro di positività durante l’ulteriore esame sanitario effettuato il 5 maggio 2009, dunque molti mesi dopo, ciò che non fa che confermare l’abitualità del consumo della sostanza stupefacente da parte dello stesso”: precisando, ulteriormente, che “anche la mera frequentazione assidua di ambienti dediti al consumo di cannabinoidi, che avrebbe potuto causare il riscontro di positività per fumo passivo, deporrebbe per un comportamento non confacente ai doveri istituzionali di un appartenente alla Polizia di Stato assunti con il giuramento”.

 

Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

Conseguentemente ritenuti sufficienti gli “elementi probatori idonei a confermare la tesi su cui si fonda l’adozione del provvedimento impugnato, che contiene analitica motivazione delle ragioni delle determinazioni dell’amministrazione ed idonea descrizione del supporto istruttorio”, il giudice di prime cure ha, poi, richiamato – quanto all’affermata violazione del principio di proporzionalità nell’irrogazione della sanzione della destituzione in relazione alla ritenuta lievità del comportamento contestato all’odierno appellante – “l’orientamento costante della giurisprudenza amministrativa, che sul tema ha ripetutamente statuito che è legittima la destituzione dal servizio di un agente della Polizia di Stato anche nel caso in cui questi abbia semplicemente fatto uso di sostanze stupefacenti, considerando che tale uso altera certamente l’equilibrio psichico, inficia l’esemplarità della condotta, si pone in contrasto con i doveri attinenti allo stato di militare e al grado rivestito, influisce negativamente sulla formazione militare e lede il prestigio del Corpo”.
2. Preliminarmente alla disamina dei proposti motivi di appello, giova rammentare che:
– l’art. 6 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 (recante “Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti”), stabilisce, al comma 3, n. 8, che può essere inflitta la sospensione dal servizio in caso di “uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope risultante da referto medico legale”;
– il successivo art. 7 prevede che la più grave sanzione della destituzione trova applicazione (n. 6 del comma 2) “per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari”.
Va, ulteriormente, soggiunto come la sanzione da ultimo indicata sia contemplata (secondo quanto stabilito ai nn. 1, 2 e 3 del comma 2 del medesimo art. 7) anche:
– per atti che rivelino mancanza del senso dell’onore o del senso morale;
– per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento;
– per grave abuso di autorità o di fiducia.
Il successivo art. 13, poi, dispone che l’organo competente ad infliggere la sanzione debba:
– “tener conto di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell’età, della qualifica e dell’anzianità di servizio”;
– “sanzionare con maggior rigore le mancanze commesse in servizio o che abbiano prodotto più gravi conseguenze per il servizio, quelle commesse in presenza o in concorso con inferiori o indicanti scarso senso morale e quelle recidive o abituali”.

 

Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

3. Come sopra preso atto del quadro normativo di riferimento, rilevante ai fini del decidere, rammenta il Collegio, in termini generali, che, per costante giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex multis, Sez. IV, 23 marzo 2020, n. 2020, 21 gennaio 2020, n. 484 e 15 gennaio 2020, n. 381; Sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858 e 16 aprile 2015, n. 1968; Sez. III, 20 marzo 2015, n. 1537), “la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità “.
Consolidato orientamento ritiene, poi, ontologicamente incompatibile, per un appartenente alle Forze di polizia (ad ordinamento sia civile sia militare), il consumo di sostanza stupefacente, pur se occasionale, isolato e non inquadrato in una complessiva situazione di dipendenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 21 aprile 2009, n. 2415; 12 maggio 2009, n. 2904; 13 maggio 2010, n. 2927; 30 giugno 2010, n. 4163; Sez. III, 6 giugno 2011, n. 3371; Sez. IV, 24 marzo 2016 n. 1120; 31 agosto 2016 n. 3736; 2 novembre 2016, n. 4581; 1° febbraio 2017, n. 413; 8 marzo 2017, n. 1086; 27 ottobre 2017, n. 4957; 30 agosto 2018, n. 5107; 15 gennaio 2020, n. 381; 21 gennaio 2020, n. 484).
Invero, l’assunzione di sostanza stupefacente da parte di un appartenente ad un Corpo di polizia (ad ordinamento sia civile sia militare) dello Stato, come tale preposto, tra l’altro, proprio alla repressione della diffusione e dello spaccio delle sostanze della specie, costituisce in sé, a prescindere da ogni altra considerazione, una condotta frontalmente confliggente con i doveri del ruolo ed oggettivamente incompatibile con la prospettica prosecuzione nel servizio (Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2020, n. 1823).
Ribadita la ampia discrezionalità dell’Amministrazione in punto di individuazione e, eventualmente, commisurazione della sanzione, sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo nei casi di manifesta irrazionalità, insostenibile illogicità, palese arbitrarietà, evidente travisamento del fatto, si dimostra preclusa, nell’ambito del presente giudizio di mera legittimità, la sostituzione, da parte dell’organo giudicante, di proprie valutazioni di opportunità a quelle operate dall’Amministrazione, impingendo altrimenti indebitamente in un’area funditus sottratta alla giurisdizione.
In particolare, spetta unicamente all’Amministrazione stabilire se soltanto la dedizione all’uso di sostanze stupefacenti giustifichi la massima sanzione espulsiva, ovvero se sia, in proposito, sufficiente anche un mero consumo isolato ed episodico e, comunque, non inserito in un abituale costume di vita.

 

Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

4. Con riferimento alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 737 del 1981, sopra riportate, osserva il Collegio che:
– se a fronte di un isolato episodio di assunzione è irrogabile la sola sanzione della sospensione dal servizio,
– laddove sia – diversamente – dimostrabile il carattere non sporadico, ovvero meramente occasionale, allora viene in considerazione l’applicabilità della più grave sanzione della destituzione, che l’art. 7 del predetto testo normativo ricongiunge, come si è visto, alla reiterazione di episodi che, solo isolatamente considerati, rilevano ai fini del precedente art. 6.
Ciò premesso, si ritiene che, in relazione alla fattispecie in esame, l’Amministrazione nel corso del procedimento disciplinare che ha condotto all’irrogazione dell’impugnata sanzione, abbia congruamente valutato i fatti addebitabili all’appellante; conclusivamente pervenendo alla irrogazione della massima sanzione disciplinare con argomentazioni, da un punto di vista logico, intrinsecamente coerenti.
Va infatti rilevato come, nella determinazione gravata in prime cure, l’Amministrazione abbia dato applicazione ai nn. 1, 2 e 3 dell’art. 7, sopra riportati; assumendo, a tale riguardo, che il dipendente:
– “col suo comportamento… ha palesemente evidenziato il tentativo di sottarsi agli accertamenti medici, ponendo in essere una serie di condotte che hanno contravvenuto ai doveri di lealtà e correttezza nei confronti del superiori, cercando di non ottemperare a quanto disposto dal Dirigente l’Ufficio Sanitario provinciale della Questura di-OMISSIS-“;
– “ha posto in essere una condotta disciplinarmente rilevante, giacché il reperimento di sostanza stupefacente implica necessariamente la frequentazione o, comunque, almeno il contatto con ambienti criminali dediti allo spaccio”;
– ed ha, “abusando del sotteso vincolo fiduciario… fortemente compromesso il rapporto con l’Amministrazione, dimostrando sprezzo per l’impegno profuso da tutti gli operatori… impegnati quotidianamente nell’attività di contrasto al pernicioso fenomeno della diffusione delle sostanze stupefacenti”;
dimostrando “la più assoluta mancanza del senso dell’onore e della morale in quanto, nella sua qualità di tutore dell’ordine, avrebbe dovuto considerare il disvalore della sua azione ed astenersi dal commetterla” e “ponendo in essere un comportamento… in spregio dei doveri assunti con il giuramento… oltremodo riprovevole ed inconciliabile con le funzioni proprie di un operatore di polizia, pregiudizievole per il servizio e tale da rendere incompatibile una sua ulteriore permanenza nella Polizia di Stato”.
Le sopra riportate considerazioni svolte dall’Amministrazione, pur se ispirate ad un deciso rigore, non presentano profili di illogicità, contraddittorietà o arbitrarietà, specie ove si ponga mente:
– non soltanto all’intrinseco disvalore che connota la condotta dell’appartenente alla Polizia di Stato, ove concretatasi nell’assunzione, anche meramente occasionale di sostanza stupefacente, sia sotto il profilo della intrinseca affidabilità personale (in relazione alle attività dal medesimo disimpegnate), sia con riferimento alle funzioni svolte dalle Forze dell’ordine, segnatamente in ambito di contrasto alla diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope;
– ma anche, e nella specie soprattutto, in relazione alle condotte (consapevoli e volontarie) dell’appellante che hanno determinato l’oggettiva necessità tecnica del differimento, per un arco temporale affatto significativo (nove mesi), dello svolgimento di accertamenti preordinati a verificare la positività dell’interessato all’assunzione delle stesse, precludendo all’Autorità sanitaria la possibilità di eseguire accertamenti tricologici.
La condotta tenuta dall’odierno appellato, è stata – coerentemente rispetto agli illustrati enunciati – reputata dall’Amministrazione come ontologicamente incompatibile, nella sua stessa materialità, con il mantenimento dello status di appartenente alla Polizia di Stato.
Se non si pone, per l’effetto, alcun problema di sproporzione della sanzione, ovvero di non corretta applicazione delle disposizioni poste agli artt. 6 e 7 del D.P.R. n. 737 del 1981, atteso che, nella fattispecie all’esame:
– non viene in considerazione l’ipotesi di isolata assunzione di sostanza stupefacente (alla quale accede, secondo quanto stabilito dal n. 8 del primo dei citati articoli, la sospensione dal servizio),
– né la presenza di una eventuale recidiva in comportamenti (che, isolatamente riguardati, sono suscettibili di condurre alla irrogazione della meno grave sanzione della sospensione), il cui reiterarsi determina l’irrogabilità della misura espulsiva ex art. 7;
quanto, piuttosto (e diversamente) la presenza di condotte che, complessivamente riguardate, denotano la mancanza del senso dell’onore, un grave abuso del rapporto fiduciario, nonché un palese contrasto con i doveri assunti con il giuramento.
Rilevano, in tal senso:
– gli episodi segnalati dai compagni di pattuglia, non limitati alle condotte che hanno dato luogo al procedimento disciplinare conclusosi con l’irrogazione della sanzione della destituzione (segnatamente, le segnalazioni del 2002, epoca nella quale l’appellante prestava servizio a -OMISSIS-), suscettibili di corroborare il giudizio, espresso dall’Amministrazione, in ordine ad un consumo (non meramente occasionale, od episodico, ma) abituale di sostanze stupefacenti;
– l’episodio, in occasione del quale il sig. -OMISSIS- si è sottratto all’accertamento in ordine alla positività alle sostanze stupefacenti attraverso la totale epilazione, suscettibile di non consentire lo svolgimento di accertamenti di carattere tricologico (peraltro inutilmente, atteso che l’interessato è risultato positivo in occasione di ulteriore esame sanitario effettuato il 5 maggio 2009), suscettibile di integrare la presenza di una aggravante teleologica della condotta stessa, in quanto univocamente preordinata alla finalità di precludere la verificabilità dell’assunzione delle sostanze di che trattasi.

 

Sanzioni disciplinare e sospensione dal servizio

5. Non si presta, quindi, a condivisione la doglianza relativa all’affermata violazione dell’art. 6, comma 3, n. 8, del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, che stabilisce l’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per l’ipotesi di “uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope risultante da referto medico legale”.
In disparte quanto dalla Sezione III di questo Consiglio affermato in sede di delibazione dell’istanza cautelare proposta dall’odierno appellante (ordinanza 12 dicembre 2013, n. 4978), laddove è stato escluso che possa “considerarsi illegittimo il provvedimento di destituzione solo perché l’art. 6, comma 8, del d.P.R. 737/1981 prevede la sanzione della sospensione dal servizio nel caso di accertato uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, tenuto conto che tale disposizione trova applicazione evidentemente in caso di modesta gravità, mentre nei casi più gravi anche per uso di sostanze stupefacenti può essere certamente applicata la sanzione della destituzione dal servizio”, il complesso degli elementi tenuti presenti ai fini dell’irrogazione della gravata misura espulsiva adeguatamente connota la complessiva condotta tenuta dall’appellante (sia in occasione del “mancato” accertamento tossicologico, sia in relazione a pregressi episodi, sia, da ultimo, con riferimento alle indicazione emerse da esposti presentati da colleghi dello stesso) con carattere di gravità, tale da indurre la legittima applicazione della sanzione di cui all’art. 7 del citato D.P.R. n. 737 del 1981, con riferimento alle ipotesi contemplate dai già citati nn. 1, 2 e 3 della disposizione stessa.
6. Alle svolte considerazioni – che consentono di dare atto della legittimità dell’esercizio del potere, nella fattispecie sostanziatosi nell’adozione della gravata misura espulsiva – accede l’infondatezza delle censure articolate con il presente appello; conseguentemente, imponendosi la reiezione di tale mezzo di tutela, con riveniente conferma (ancorché veicolata da diverso percorso motivazionale) della sentenza di prime cure.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante sig. -OMISSIS- al pagamento, in favore del Ministero dell’Interno, delle spese del presente grado di giudizio, liquidate nella misura di Euro 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre spese generali ed accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità .
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato, con Sede in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 4 maggio 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Ermanno de Francisco – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere
Roberto Politi – Consigliere, Estensore

 

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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