Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 gennaio 2022| n. 1152.
In tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione di una rettifica ai sensi dell’art. 8 della l. n. 47 del 1948 non determina, quale conseguenza automatica, la riduzione del danno, dovendosi procedere a una valutazione in concreto della relativa incidenza sullo specifico pregiudizio già verificatosi quale conseguenza delle dichiarazioni offensive.
Ordinanza|17 gennaio 2022| n. 1152. Risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa
Data udienza 24 giugno 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Risarcimento danni – Risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa – Legge n. 47/48 – Rettifica – Finalità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SESTINI Danilo – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24641/2019 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura;
(OMISSIS), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura;
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 788/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.
Risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Bologna, con sentenza dell’8 giugno 2011, rigettava domanda di risarcimento di danni e di condanna ai sensi dell’articolo 12 L. 47/1948 proposta per pretesa diffamazione da (OMISSIS) e dall’ (OMISSIS), il primo come attore e la seconda come intervenuta, nei confronti di (OMISSIS) S.p.A. – quale editore del quotidiano (OMISSIS), (OMISSIS) – direttore responsabile del quotidiano – e (OMISSIS) – direttore responsabile del quotidiano all’epoca della pubblicazione dell’articolo che sarebbe stato diffamatorio.
(OMISSIS) e l’ (OMISSIS) proponevano appelli, che venivano poi riuniti in un’unica causa; resistevano (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza dell’11 marzo 2019, accoglieva i gravami e condannava quindi l’editore e i due direttori a risarcire i danni e alla pubblicazione del dispositivo della sentenza.
(OMISSIS) ha proposto ricorso – illustrato anche con memoria -, da cui si sono difesi con rispettivo controricorso (OMISSIS) e l’ (OMISSIS).
CONSIDERATO
che:
Il ricorso e’ composto di tre motivi.
1.1 Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 597 c.p..
Rilevato che e’ necessaria una valutazione unitaria dell’articolo e che occorre inserirlo nel contesto, non potendosi al contrario effettuarne una valutazione atomistica, si adduce che il giudice d’appello non avrebbe rispettato tale metodo corretto, specialmente laddove ha affermato l’irrilevanza ai fini diffamatori di numerosi altri articoli sullo stesso giornale in cui venivano manifestati giudizi positivi. Viene presentato “ad esempio” un riferimento ad altri due articoli specifici nonche’ ad un ulteriore gruppo di articoli (ricorso, pagina 8 s.), per affermare che ne “emergeva… l’effettiva esistenza” di criticita’ nella gestione del Centro Oncologico (OMISSIS), e si prosegue con una ricostruzione dei fatti in riferimento a vari articoli; tali “circostanze… delimitano il quadro” entro cui si deve valutare l’articolo del (OMISSIS) che la corte territoriale invece ha ritenuto diffamatorio.
Si argomenta poi in ordine a parole in tale articolo utilizzate anche a sue frasi, per concludere ribadendo che tale articolo andava valutato nel contesto, il che avrebbe condotto a escludere una sua valenza diffamatoria.
1.2 L’esposizione del motivo appena tracciata dimostra ictu oculi che si e’ di fronte a una prospettazione alternativa degli esiti fattuali, perseguendo un terzo grado di merito, il che rende il motivo inammissibile.
2.1 Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 2056, 1223 c.c. e L. n. 47 del 1948, articolo 8.
Si osserva che sin dalla comparsa di risposta in primo grado l’attuale ricorrente aveva addotto di avere, il giorno dopo quello della pubblicazione dell’articolo asseritamente diffamatorio, e quindi il (OMISSIS), pubblicato su “(OMISSIS)” un articolo di rettifica, “tale da incidere sul preteso danno”; e cio’ fu riproposto nella comparsa d’appello. L’articolo del (OMISSIS) avrebbe apportato la notizia di una netta smentita effettuata da (OMISSIS) e da tutti i rappresentanti dell’ (OMISSIS) del contenuto dell’articolo del (OMISSIS), e quindi sarebbe valso come rettifica ai sensi del citato articolo 8.
Il diritto di risposta e di rettifica puo’ “non lasciare spazio ad un danno ulteriormente risarcibile” (Cass. 10690/2008); la pubblicazione della rettifica e’ idonea a ridurre il danno non patrimoniale derivante dall’articolo diffamatorio, e non rileva che sia volontaria oppure costituisca l’adempimento di un obbligo (Cass. ord. 16040/2013).
Si riporta un passo della sentenza impugnata (estratto dalla sua pagina 5) dove si espone la posizione delle controparti sugli effetti di tale secondo articolo (“non elide i danni… ma puo’ solo eventualmente attenuarli”) – per sostenere che le controparti non hanno escluso l’idoneita’ dell’articolo del (OMISSIS) a “incidere – almeno – sulla quantificazione del danno”; si trascrive altresi’ un ulteriore passo tratto da pagina 9 della sentenza impugnata escludente che tale articolo costituisca una smentita, avendo soltanto diffuso le dichiarazioni rese in una conferenza stampa dal direttivo dell’Associazione per smentire la notizia pubblicata il giorno prima, la quale “gia’ aveva realizzato l’eventus damni”. Quest’ultimo passo sarebbe ben poco chiaro e comunque conterrebbe “un errore di qualificazione giuridica”, in quanto non ritiene che il secondo articolo sia una smentita.
Ai sensi del citato articolo 8, “la risposta o rettifica” e’ la pubblicazione di dichiarazioni dell’interessato; nel caso in esame cio’ sarebbe avvenuto dopo la conferenza stampa, e non rileverebbe appunto che sia volontaria invece che adempimento di un obbligo. La rettifica quindi sarebbe stata idonea a incidere sul quantum risarcitorio, se non anche sull’an, del danno non patrimoniale. Il giudice d’appello pero’ non ne avrebbe tenuto conto per quantificare il danno (si richiama ancora la sentenza impugnata, a pagina 9).
2.2 La L. 8 febbraio 1948, n. 47, articolo 8, prevede l’obbligo di pubblicare gratuitamente “le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignita’ o contrari a verita’”. Evidentemente pero’ la norma non prevede una conseguenza automatica di riduzione del risarcimento del danno derivante dalla diffamazione.
L’invocata Cass. ord. 6-3, 26 giugno 2013 n. 16040 – massimata in effetti in modo non del tutto preciso – nella sua concisa motivazione si limita a riconoscere una possibilita’, e quindi non un’automatica incidenza, della pubblicazione della rettifica sul danno (“la pubblicazione delle rettifiche, se non puo’ eliminare l’illiceita’ dell’articolo di stampa, ne puo’ eliminare o ridurre gli effetti dannosi”).
In tema, peraltro, Cass. sez. 3, 15 aprile 2010 n. 9038 insegna che l’istituto della rettifica e’ una facolta’ dell’interessato diretta ad “evitare che la pubblicazione offensiva… possa continuare a produrre effetti lesivi, ma non elimina i danni gia’ realizzati”. Dunque, la sua pubblicazione non puo’ escludere il carattere diffamatorio delle dichiarazioni se l’eventus damni e’ gia’ avvenuto con la pubblicazione appunto delle dichiarazioni offensive.
Che poi vi sia equivalenza tra la rettifica come prevista dalla legge e la mera pubblicazione di un altro articolo contenente dichiarazioni del diffamato e’ solo un asserto apodittico: la norma impone infatti una modalita’ di pubblicazione ben specifica.
A ben guardare, allora, si e’ comunque di fronte ad una valutazione fattuale dell’incidenza del secondo articolo sul primo (cfr. ancora, in generale, Cass. 9038/2010, in motivazione). A cio’ si aggiunga che il giudice d’appello (a pagina 9 della sentenza) ha escluso che l’articolo del (OMISSIS) per il suo contenuto sia stata una effettiva smentita, e cosi’ implicitamente e logicamente ha escluso che sia per tale contenuto idonea a produrre lo stesso effetto della fattispecie di cui all’articolo 8: e tale valutazione, derivante appunto dal contenuto concreto dell’articolo, e’ naturalmente fattuale.
Il motivo quindi non ha alcun pregio.
3.1 Il terzo motivo, presentato in subordine ai due motivi precedenti, denuncia nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 132 c.p.c. e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., per carenza del minimum motivazionale.
La motivazione sarebbe mancante riguardo alla “valutazione della rilevanza degli altri articoli” avendo soltanto dichiarato il giudice d’appello in modo assertivo la loro “non incidenza”.
Inoltre la motivazione sarebbe illogica, contraddittoria e/o incomprensibile in ordine alla questione della rettifica: a) ritenendo non equiparabile alla smentita l’articolo del (OMISSIS) sulla conferenza stampa; b) escludendo per la quantificazione del danno la considerazione di quest’ultimo articolo che sarebbe di rettifica.
3.2 La motivazione della sentenza e’ specifica e dettagliata, e riguarda tutti e due gli articoli; il motivo in realta’ appare da ricondurre al previgente n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, o scende addirittura su un piano direttamente fattuale – sub a) e sub b) ripropone infatti una valutazione fattuale che gia’ era stata introdotta come sostanza effettiva del secondo motivo. La censura quindi merita rigetto.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a ciascuno dei controricorrenti delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2012, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese processuali, liquidate per ciascuno di essi in un totale di Euro 5.000, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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