Corte di Cassazione, penale, Sentenza|23 settembre 2021| n. 35239.
Ricettazione l’acquisto o la ricezione di c.d. “pagobancomat”.
Integra il delitto di ricettazione l’acquisto o la ricezione di una carta elettronica di pagamento o prelievo contanti (c.d. “pagobancomat”) provento di furto, nella consapevolezza della sua illecita provenienza, a nulla rilevando, trattandosi di reato a dolo specifico, l’effettivo conseguimento del profitto per l’impossibilità di operare sul conto. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato impossibile in una fattispecie in cui l’imputato non aveva avuto conoscenza del codice identificativo personale per l’accesso ai servizi bancari – c.d. “pin” -, bloccato dal titolare, non potendosi escludere “ex ante” la circostanza che questi confidasse di poterne fare uso in qualche modo, così da ricavarne un vantaggio patrimoniale).
Sentenza|23 settembre 2021| n. 35239. Ricettazione l’acquisto o la ricezione di c.d. “pagobancomat”
Data udienza 8 luglio 2021
Integrale
Tag – parola: Ricettazione – Ricettazione l’acquisto o la ricezione di c.d. “pagobancomat” – Mancata conversione della pena detentiva cd breve – Violazione in motivazione dei requisiti soggettivi indicati dall’art. 59 l. n. 689/81 – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. MANTOVANO Alfred – rel. Consigliere
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/11/2019 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MANTOVANO ALFREDO;
lette le conclusioni del P.G., in giudizio con contraddittorio scritto, trattato ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8.
Ricettazione l’acquisto o la ricezione di c.d. “pagobancomat”.
RITENUTO IN FATTO
1. La CORTE di APPELLO di CAMPOBASSO, con sentenza in data 19/11/2019-dep. 4/12/2019, confermava la sentenza con la quale il TRIBUNALE di CAMPOBASSO in composizione monocratica in data 23/01/2018 aveva condannato (OMISSIS) a pena di giustizia per il reato, commesso in luogo imprecisato in data anteriore al 6/11/2015, di ricettazione, ritenuta l’ipotesi di cui all’articolo 648 c.p., comma 2 e riconosciute le attenuanti generiche e la sospensione della pena alle condizioni di legge. La condotta contestata e’ consistita nell’avere acquistato, o comunque ricevuto, la carta bancomat della (OMISSIS) di proprieta’ di tale (OMISSIS) e parte della carta di identita’ di costei, a lei sottratte qualche giorno prima, il 28/10/2015, attraverso un furto che la donna aveva poi denunciato ai Carabinieri.
2. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, e deduce i seguenti motivi:
– come primo, la manifesta illogicita’ della motivazione per non essere stato applicato nella specie l’articolo 49 c.p.. Censura che mentre in genere le condanne per ricettazione aventi per oggetto carte di pagamento elettroniche presuppongono che le stesse siano attive, cioe’ tali da permettere, anche attraverso la conoscenza del PIN, il prelievo di somme in denaro o l’acquisto di beni, nella specie e’ certo che la titolare della carta, subito dopo il furto, avesse bloccato la possibilita’ del suo utilizzo, si’ che il bancomat di cui l’imputato era stato trovato in possesso consisteva soltanto in un pezzo di plastica privo di valore;
– come secondo, la manifesta illogicita’ della motivazione quanto alla ricettazione della parte di carta di identita’ di (OMISSIS) perche’, a differenza del bancomat, che la polizia giudiziaria aveva rinvenuto nella tasca dei pantaloni dell’imputato, questa parte di documento era appoggiatq sul tavolo del garage all’interno del quale vi era una pluralita’ di giovani, e nulla la riconduceva alla persona di (OMISSIS);
– come terzo, la manifesta illogicita’ della motivazione quanto alla mancata sostituzione della pena detentiva con l’equivalente sanzione pecuniaria, ai sensi della L. n. 689 del 1981, articolo 53 e articolo 135 c.p.. Con analogo motivo di appello il ricorrente aveva formulato tale istanza, chiedendo anche che fosse revocata la sospensione della pena disposta dal primo Giudice, ma la CORTE territoriale ha disatteso la richiesta spiegando che la sanzione pecuniaria corrispondente alla pena detentiva inflitta non avrebbe avuto efficacia deterrente, trascurando tuttavia che essa era stata sospesa alle condizioni di legge, e pertanto non avrebbe avuto esecuzione, a differenza della sollecitata sostituzione con l’importo equivalente in denaro.
3. Con conclusioni scritte il PROCURATORE GENERALE di questa S.C. chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile, poiche’ la CORTE territoriale ha dato conto della sussistenza di gli elementi costitutivi della ricettazione, e quanto alla sanzione sostitutiva ha richiamato le circostanze del caso concreto e la personalita’ dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita di essere accolto quanto al terzo motivo, mentre i primi due sono manifestante infondati.
1. Sul primo motivo la CORTE territoriale, con valutazione conforme al TRIBUNALE, ha ravvisato la sussistenza della ricettazione per la carta di debito elettronica, sottolineando la provenienza di essa dal furto consumato pochi giorni prima in danno della titolare, e il suo rinvenimento sulla persona dell’imputato, il quale, sulla base della comune esperienza, doveva essere ben consapevole che l’uso e il possesso di essa fossero riservati esclusivamente alla proprietaria. Ha quindi ritenuto che per la configurabilita’ del reato non fosse necessario l’effettivo conseguimento del fine di profitto derivante dal possesso della carta, e con cio’ ha replicato alla richiesta difensiva di qualificare il reato come impossibile.
Il condiviso orientamento di questa Sezione della S.C. e’ nel senso della non rilevanza, ai fini della configurabilita’ del delitto in questione, della percezione del vantaggio cui mira il possesso del bene ricettato, quando siano necessari codici di accesso al fine di ottenere il denaro. Cf. in proposito sentenza n. 37369 del 12/11/2020 dep. 23/12/2020 Rv. 280463, imputato Moushsne Souaq, secondo cui “integra il delitto di ricettazione la ricezione di una chiavetta utilizzabile per l’accesso “online” su conto corrente (c.d. “token”) provento di furto, nella consapevolezza della sua illecita provenienza, a nulla rilevando, trattandosi di reato a dolo specifico, l’effettivo conseguimento del profitto per l’impossibilita’ di operare sul conto. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilita’ del reato impossibile in una fattispecie in cui l’imputato non aveva avuto conoscenza di tutti i codici di accesso e per essere stato il conto corrente medio-tempore bloccato dal titolare, non potendosi escludere “ex ante” la circostanza che fosse in grado di conseguire in altro modo, anche avvalendosi di altri canali e complici, l’accesso al conto corrente)”.
2. Il riferimento all’istituto del reato impossibile non e’ pertinente proprio in relazione al reato di cui all’articolo 648 c.p.. Essendo certo che la carta bancomat fosse provento di furto, e che l’imputato l’aveva ricevuta consapevole della sua provenienza delittuosa – il motivo di appello sul punto, disatteso dalla Corte territoriale, non e’ stato ripreso nel ricorso -, non puo’ essere seguita la tesi difensiva secondo cui la mancata disponibilita’ del PIN da parte dell’imputato e il blocco della carta bancomat disposto dalla titolare avessero precluso a (OMISSIS) di trarre profitto dal suo possesso: poiche’ la ricettazione e’ delitto con dolo specifico, non e’ richiesto il raggiungimento dello scopo perseguito per ritenerlo integrato. Rileva che al momento della ricezione della carta elettronica l’imputato fosse animato dal fine di profitto, confidando di poterla utilizzare in qualche modo, e cosi’ ricavarne un vantaggio patrimoniale.
3. Manifestamente infondato e’ altresi’ il secondo motivo, alla stregua della motivazione della CORTE di APPELLO quanto al rinvenimento della parte del documento di identita’ della medesima titolare della carta bancomat nelle immediate vicinanze del luogo in cui, all’interno del garage, l’imputato era stato sottoposto a perquisizione, e quindi della riferibilita’ anche a lui del documento medesimo.
4. Va invece accolto il terzo motivo, che riguarda la mancata conversione della pena detentiva: la CORTE ha giustificato il rigetto per l-adeguata efficacia deterrente” della pena da irrogare all’imputato, tenuto conto delle “circostanze del caso concreto” e della sua personalita’, “gravato da precedenti penali anche in materia di armi”. Si tratta di una motivazione manifestamente illogica, alla stregua del condiviso orientamento di questa S.C. (cf. Sez. 2 sentenza n. 21459 del 07/03/2019 dep. 16/05/2019 Rv. 276064 imputato Diouf Papa Malick).
Deve ricordarsi che la conversione delle pene detentive brevi e’ condizionata a requisiti di natura soggettiva, indicati dalla L. n. 689 del 1981, articolo 59 e alla misura della pena che si ritiene di irrogare, secondo quanto dispone L. n. 689 del 1981, articolo 53: al Giudice compete la valutazione “dei criteri indicati dall’articolo 133 c.p.” per operare la sostituzione, attraverso la scelta della sanzione “piu’ idonea per il reinserimento sociale del condannato”, ex articolo 58 cit..
Posto che il TRIBUNALE ha nella specie riconosciuto – e la CORTE ha confermato – al ricorrente il beneficio della sospensione della pena, evidentemente ravvisandone i presupposti, va altresi’ ricordato che le Sez. U. di questa S.C. (n. 24476 del 22/04/2010, Gagliardi, Rv. 247274) hanno sancito che la ratio delle pene sostitutive ha natura premiale e che il Giudice, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi, deve tenere conto dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., tra i quali quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato. La valutazione discrezionale rimessa al giudice di merito ai sensi della L. n. 689 del 1981, articolo 58, va pertanto sorretta da una congrua e adeguata motivazione, che dovra’ avere in particolare considerazione, tra gli altri criteri, le modalita’ del fatto per il quale e’ intervenuta condanna e la personalita’ del condannato, nell’ottica di valutare se sia prevedibile che non vi sia per il futuro una ricaduta nel reato (cf. Sez. 4, n. 46432 del 21/09/2018, A, Rv. 273932).
5. La conclusione coerente coi presupposti indicati dalla menzionata pronuncia delle Sez. U – idoneita’ della sostituzione al fine del reinserimento sociale del condannato e prognosi positiva circa l’adempimento delle prescrizioni applicabili -, ha fatto ravvisare viziata la motivazione di diniego della conversione in ragione della natura del reato (Sez. 3, n. 37814 del 06/06/2013, Zicaro Romenelli, Rv. 256979). E’ ben vero che sentenze di questa S.C. affermano il rilievo della concreta efficacia afflittiva della pena, che potrebbe essere pregiudicata dalla sostituzione L. n. 689 del 1981, ex articolo 53: esse pero’ attengono a fattispecie in cui i giudici di merito avevano segnalato la gravita’ della condotta, le conseguenze dell’offesa arrecata, la specifica soggettiva inclinazione a delinquere, quali indici dell’inadeguatezza della sanzione sostitutiva (v. Sez. 5, n. 10941 del 26/01/2011, Orabona, Rv. 249717). Cenni in tal senso vi sono anche nella sentenza della CORTE territoriale, che rinvia, pur in modo generico, come prima ricordato, alle” circostanze del caso concreto” e alla sua personalita’, poiche’ “gravato da precedenti penali anche in materia di armi”.
Tuttavia, come rimarcato dal ricorso, non puo’ trascurarsi che il Giudice di primo grado aveva riconosciuto all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, e questo rappresenta un dato contraddittorio, non rilevato dalla sentenza di appello, sul piano della argomentazione. Il Giudice di legittimita’ ha affermato che “configura una motivazione illegittima negare la sostituzione della pena detentiva irrogata, e condizionalmente sospesa, con l’argomento che “per conferire efficacia preventiva alla sospensione condizionale necessita una remora valida e questa e’ rappresentata dal timore della pena carceraria-: Sez. 3, n. 2655 del 12/10/1994, dep. 1995, Ranieri, Rv. 201572; nello stesso senso v. successivamente Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015-dep. 11/05/2015, Pritoni, Rv. 263558. Quest’ultima ha valutato manifestamente illogica la scelta del giudice di merito il quale, pur concedendo all’imputato la sospensione condizionale della pena, aveva rigettato la richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria in ragione della pericolosita’ dell’imputato e della sua “proclivita’ alla violazione della legge penale”.
E’ un orientamento seguito anche da questa Seconda sezione della S.C. (cf. sentenza n. 21459 del 07/03/2019 dep. 16/05/2019 Rv. 276064 imputato Diouf Papa Malick), secondo cui “in tema di sostituzione di pene detentive brevi, e’ manifestamente illogica la motivazione con la quale il giudice di merito, pur concedendo all’imputato la sospensione condizionale della pena, rigetti la richiesta di sostituzione della pena detentiva irrogata per la necessita’ di assicurare “un minimo di efficacia afflittiva e rieducativa” alla stessa, senza osservare i criteri indicati dall’articolo 133 c.p., prendendo in esame le modalita’ del fatto, la personalita’ del condannato e le sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale al fine di valutare l’idoneita’ della sostituzione al reinserimento sociale dello stesso e di formulare una prognosi circa l’adempimento delle prescrizioni applicabili”.
6. Va, pertanto, disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata alla CORTE d’APPELLO di SALERNO, per nuovo giudizio in ordine alla richiesta sostituzione della pena irrogata. Ai sensi dell’articolo 624 c.p.p., comma 2, va dichiarata l’irrevocabilita’ dell’affermazione di responsabilita’ dell’imputato in ordine al delitto di ricettazione a lui ascritto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla CORTE di APPELLO di SALERNO. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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