Revisore legale dei conti di un ente pubblico e sequestro preventivo

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 7 febbraio 2019, n. 6133.

La massima estrapolata:

Il revisore legale dei conti di un ente pubblico non può essere sottoposto al sequestro preventivo dei propri beni se per omesso controllo ha permesso il verificarsi di diversi e ripetuti casi di peculato. Non basta infatti, il fatto stesso dell’essere venuto meno al suo ruolo di garanzia, ma occorre che vi siano indizi di un comportamento doloso di concorso nel reato.

Sentenza 7 febbraio 2019, n. 6133

Data udienza 9 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. COSTANZO Angel – rel. Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 03/05/2018 del TRIB. LIBERTA’ di FOGGIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO COSTANZO;
lette/sentite le conclusioni del PG CIRO ANGELILLIS;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 3/05/2018, il Tribunale di Foggia ha rigettato l’istanza di riesame presentata da (OMISSIS) contro il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia ha disposto ex articolo 322 ter c.p., il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per l’equivalente, dei beni nella disponibilita’ di (OMISSIS) e dei suoi coindagati nella misura di 337,385,17 Euro per avere omesso di segnalare, nella sua qualita’ di revisore unico dei conti, una serie di peculati commessi da (OMISSIS), presidente del consiglio di amministrazione dell’ASP (Azienda Pubblica di Servizi alla Persona) ” (OMISSIS) (prelievi non giustificati, pagamenti di fatture per prestazioni inesistenti, pagamenti di spese e acquisti non inerenti all’attivita’ istituzionale dell’ente).
2. Nel ricorso presentato dal difensore di (OMISSIS) si chiede l’annullamento dell’ordinanza deducendo: violazione dell’articolo 40 c.p., comma 2, e articoli 314 e 322 ter c.p., e correlato vizio di motivazione, per avere il Tribunale ravvisato una condotta agevolatrice dei peculati – pur avendo (OMISSIS) in piu’ occasioni segnalato, ex articolo 239, Testo unico degli enti locali(TUEL), al consiglio di amministrazione dell’ente le gravi irregolarita’ contabili riscontrate nella ASP senza distinguere i casi in cui le irregolarita’ furono dal ricorrente segnalate da quelli in cui la segnalazione fu omessa e non considerando che (OMISSIS) fu nominato revisore unico con delibera n. 54 del 28/12/2012, per cui non possono essergli addebitate omissioni per il periodo anteriore (capi da I a Q), e – piu’ in generale – per avere ritenuto applicabile l’articolo 239 TUELalla revisione delle spese di una ASP mentre la sua portata e’ limitata alla spesa pubblica (Corte cost. n. 161 del 27/06/2012; T.A.R. Umbria n. 281/2014); inoltre, per non avere considerato che il Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, articolo 14, attribuisce al revisore un potere ispettivo e di segnalazione ma non anche una posizione di garanzia e che la funzione di (OMISSIS) e’ stata quella di revisore unico della ASP, non delle societa’ ( (OMISSIS) srl e Societa’ agricola (OMISSIS) srl) di diritto privato partecipate dall’ASP tramite le quali furono realizzate alcune appropriazioni, e che egli prontamente denuncio’ le irregolarita’ dell’ASP alle societa’ partecipate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’emissione di un decreto di sequestro preventivo non richiede che si valuti la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti e’ operato il sequestro, perche’ basta il fumus commissi delicti, cioe’ la astratta sussumibilita’ del fatto contestato sotto la norma incriminatrice (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Rv. 273069).
Occorre, tuttavia, una verifica puntuale e coerente delle concrete risultanze processuali che indichi, almeno sommariamente, le ragioni che reggono l’ipotesi accusatoria e che rendono plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, argomentando sul piano degli indizi – pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa – la congruenza dell’ipotesi di reato rispetto ai fatti considerati nel provvedimento cautelare (Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Rv. 265433; Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Rv. 261677; Sez. 3, n. 37851 del 04/06/2014, Rv. 260945).
2. Non e’ necessario, in questa sede, risolvere la questione circa la applicabilita’ alle ASP (ex IPAB) della disciplina del TUEL – come ritenuto dal Tribunale – oppure – come prospettato nel ricorso in esame – delle norme italiane (Decreto Legislativo n. 39 del 2010, nel suo testo consolidato con il Decreto Legislativo 17 luglio 2016, n. 135) attuative della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati. Basti puntualizzare che, comunque, in base a principi di diritto di ordine generale, la configurabilita’ di un reato a carico del revisore non puo’ fondarsi soltanto sulla sua posizione di garanzia e discendere, sic et simpliciter dal mancato esercizio dei doveri di controllo, ma richiede che siano delineabili puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, in forza dei quali l’omissione del potere di controllo – e, pertanto l’inadempimento dei poteri-doveri di vigilanza il cui esercizio sarebbe valso ad impedire le condotte distrattive degli amministratori – esorbiti dalla dimensione meramente colposa per assurgere al rango di elemento dimostrativo di dolosa partecipazione, sia pure nella forma del dolo eventuale, per la consapevole accettazione del rischio che l’omesso controllo avrebbe potuto consentire la commissione di illiceita’ da parte degli amministratori (cfr. in materia societaria: Sez. 5, n. 26399 del 05/03/2014, Rv. 260215; Sez. 5, n. 15360 del 21/04/2010, Rv. 246956).
3. Nel caso in esame, il Tribunale ha ravvisato il fumus del concorso nel reato di peculato mediante omissione in capo a (OMISSIS) rilevando che questi ha rivestito il ruolo di presidente del collegio sindacale dal 23/02/2010 e poi (dopo due anni) di revisore unico della ASP e che egli, pur svolgendo questo ruolo, ha segnalato soltanto alcune delle appropriazioni delle quali era a conoscenza, cosi’ violando l’obbligo impostogli dall’articolo 239 TUEL. In relazione alle deduzioni difensive, ha considerato che il ricorrente ebbe contezza anche dei flussi finanziari in favore delle societa’ partecipate poiche’ anche in relazione a questi chiese chiarimenti.
Deve pero’ osservarsi che, per questa via, il Tribunale ha individuato soltanto alcune delle precondizioni necessarie per la commissione del reato attribuito al ricorrente.
Occorre, invece, che sia adeguatamente illustrato il percorso che dalle omissioni ascrittegli condurrebbe alla configurazione di un concorso nel reato di peculato.
A questo scopo risulta necessario, anzitutto, che siano puntualmente individuate le condotte di appropriazione alla realizzazione delle quali (OMISSIS) avrebbe concorso con le sue omissioni.
Inoltre, occorre precisare quali siano i termini del nesso di causalita’ fra le condotte omissive addebitategli e i peculati dei quali e’ imputato (OMISSIS).
3. Sulla base di quanto precede, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per un nuovo esame che delinei le condotte ascrivibili al ricorrente e gli elementi indiziari che, rendano plausibile la loro sussunzione sotto la fattispecie incriminatrice del concorso nel peculato attribuito a (OMISSIS).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Foggia.

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