Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 26142.
Responsabilità da cose in custodia la prova del caso fortuito non coincide con quella dell’assenza di colpa in capo al custode
In tema di responsabilità da cose in custodia, la prova del caso fortuito non coincide con quella dell’assenza di colpa in capo al custode, potendo rilevare le omissioni o violazioni di quest’ultimo unicamente per la valutazione dell’oggettiva imprevedibilità o inevitabilità del fatto esterno dedotto quale oggetto della prova liberatoria. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ravvisato la responsabilità del custode di un campeggio per i danni conseguenti a un incendio propagatosi al suo interno dalle aree limitrofe, sul presupposto che esso fosse oggettivamente prevedibile in astratto – e, pertanto, fronteggiabile mediante la predisposizione di un efficace servizio antincendio – e financo previsto in concreto, avuto riguardo al tempestivo avvistamento delle fiamme, formatesi lontano dall’area di campeggio).
Sentenza|| n. 26142. Responsabilità da cose in custodia la prova del caso fortuito non coincide con quella dell’assenza di colpa in capo al custode
Data udienza 18 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: RESPONSABILITA’ CIVILE – DANNO – CAGIONATO DA COSE IN CUSTODIA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. SPAZIANI Paolo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 04171/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore; rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), in virtu’ di procura su foglio separato allegato al ricorso;
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); rappresentati e difesi dagli Avvocati (OMISSIS), ( (OMISSIS)), e (OMISSIS), ( (OMISSIS)), in virtu’ di procure in calce al controricorso; elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo Studio dell’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e di
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore; rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), del Foro di (OMISSIS), ( (OMISSIS)), in virtu’ di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 1755/2019 della CORTE di APPELLO di BARI, pubblicata il 28 agosto 2019;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 maggio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Paolo SPAZIANI.
Responsabilità da cose in custodia la prova del caso fortuito non coincide con quella dell’assenza di colpa in capo al custode
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza 28 agosto 2019, n. 1755, la Corte di appello di Bari, in riforma della decisione emessa il 25 gennaio 2016 dal Tribunale di Foggia, ha condannato l’ (OMISSIS) s.p.a., quale proprietaria e custode del Centro Turistico (OMISSIS), adibito a camping, a risarcire i danni subiti da (OMISSIS) (quantificati in Euro 47.709,98), (OMISSIS) (quantificati in Euro 51.670,00) e (OMISSIS) (quantificati in Euro 24.940,35), in seguito all’incendio propagatosi all’interno del campeggio, nel quale i danneggiati stavano trascorrendo un periodo di vacanza; la Corte di appello ha, inoltre, condannato la (OMISSIS) s.p.a., chiamata in causa dall’ (OMISSIS) quale propria societa’ assicuratrice, a manlevare la responsabile dalle somme che fosse stata chiamata a corrispondere ai danneggiati a titolo risarcitorio, salva la franchigia prevista nel contratto di assicurazione.
La Corte territoriale ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
I- la fattispecie era inquadrabile nell’ambito dell’articolo 2051 c.c., ai sensi del quale, in generale, la parte danneggiata avrebbe l’onere di provare il nesso causale tra la cosa custodita e il danno, mentre la parte danneggiante avrebbe l’onere di fornire la prova liberatoria dell’esistenza di un fatto estraneo alla sua sfera giuridica (fatto naturale, fatto del terzo o fatto dello stesso danneggiato), connotato dai caratteri di imprevedibilita’ ed eccezionalita’ ed idoneo ad interrompere il nesso causale medesimo (c.d. “caso fortuito”);
II- cio’ premesso in generale, nella vicenda specifica il primo onere, posto in capo agli attori appellanti, poteva ritenersi assolto, mentre altrettanto non poteva dirsi per il secondo, posto a carico della societa’ convenuta;
III- da un lato, infatti, la derivazione del danno patito da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla cosa custodita dall’ (OMISSIS) s.p.a. doveva ritenersi persino incontestata, atteso che l’incendio, dopo avere avuto origine in un uliveto posto al di fuori del centro turistico, aveva assunto vastissime proporzioni e si era propagato all’interno del campeggio, distruggendo i veicoli e gli altri beni di proprieta’ dei danneggiati, i quali avevano trovato salvezza gettandosi in mare;
IV- dall’altro lato, la societa’ convenuta non aveva dimostrato di avere debitamente posto in essere le attivita’ di prevenzione, vigilanza e manutenzione imposte dalla diligenza adeguata alla conformazione dei luoghi e all’ubicazione del campeggio (esso si trovava a ridosso di una baia, posta a valle di una collina boscosa ed aveva come unica via d’accesso una strada che attraversava il bosco), nonche’ alla prevedibilita’ dell’evento (avuto riguardo alla eccessiva calura, alla presenza di forte vento e alla prolungata siccita’ che avevano caratterizzato quel particolare periodo della stagione estiva);
V- al contrario, dall’istruttoria espletata era emersa piuttosto la colpevole omissione di tali attivita’, essendo stato accertato: che il centro turistico non era dotato di certificazione di prevenzione degli incendi; che non vi era la fascia di protezione di 20 metri, sgombra di erba secca, sterpi, residui di vegetazione o altro materiale infiammabile; che non vi erano sistemi di difesa antincendio costituiti anche da dotazioni mobili provviste di cisterne e motopompe, attrezzate su mezzi fuoristrada per eventuali interventi di spegnimento di focolai sorti ai margini dei complessi turistici e residenziali; che gli idranti presenti nella struttura non erano funzionanti; che non era stato predisposto un piano antincendio, ne’ risultavano attuate (eventualmente mediante apposizione di apposita cartellonistica) modalita’ per fornire agli ospiti istruzioni circa il comportamento da seguire ai fini dell’evacuazione del posto;
VI- la colpevole inerzia dei responsabili della struttura era stata accertata anche con riferimento alle misure che avrebbero potuto e dovuto essere predisposte nell’immediatezza dell’incendio e prima della sua propagazione all’interno del campeggio, al fine di mettere in salvo gli ospiti e i loro beni; infatti, sebbene il fumo dell’incendio fosse stato scorto a distanza dal campeggio sin dal primo mattino, i gestori si erano limitati a divulgare messaggi tranquillizzanti a mezzo dell’altoparlante, omettendo sia di adottare cautele per impedire o limitare la prossima propagazione delle fiamme all’interno del villaggio turistico (ad es. bagnando il suolo) sia di aiutare gli ospiti a mettere in salvo se stessi e le loro cose, eventualmente indirizzandoli verso luoghi idonei a preservarne l’incolumita’ o dotandoli di mezzi di salvataggio;
cio’, a differenza di quanto era stato fatto in un campeggio limitrofo, nel quale, subito dopo l’avvistamento delle fiamme, si era provveduto ad innaffiare con acqua il suolo e la zona boschiva interni al villaggio, oltre che a fare uscire dalla struttura tutti i turisti con i loro mezzi, con la conseguenza che le fiamme avevano oltrepassato l’area del campeggio senza interessarla e senza cagionare alcun danno;
VII- escluso che la (OMISSIS) s.p.a. avesse fornito la prova liberatoria del “caso fortuito”, la societa’ convenuta ed appellata doveva dunque ritenersi responsabile, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., dei danni subiti dagli attori appellanti;
VIII- quanto alla liquidazione del danno, occorreva tenere presente che i danneggiati avevano invocato il risarcimento, sotto il profilo patrimoniale, sia del pregiudizio conseguente alla distruzione dei loro automezzi (camper, roulotte e autovettura) sia di quello corrispondente al valore degli altri beni ed effetti personali di cui avevano denunciato la perdita: il primo poteva essere liquidato sulla base dei dati ricavabili dai libretti e dalle fotografie dei singoli mezzi, nonche’ dalle analitiche perizie di valutazione del loro valore ante-sinistro, prodotte dagli interessati e non contestate dalle controparti; il secondo, la cui sussistenza doveva ritenersi debitamente provata (non potendosi dubitare che i danneggiati fossero giunti al campeggio dotati di effetti ed oggetti personali), appariva impossibile o estremamente difficile da dimostrare nell’ammontare, cosicche’ poteva essere liquidato in via equitativa, ai sensi dell’articolo 1226 c.c.;
IX- agli attori, inoltre, competeva il risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, in conformita’ ai principi sanciti dalla giurisprudenza di legittimita’;
X- infine, meritava accoglimento la domanda di manleva proposta dall’ (OMISSIS) s.p.a. nei confronti dell’ (OMISSIS) s.p.a..
2. Propone ricorso per cassazione l’ (OMISSIS) s.p.a., sulla base di quattro motivi.
Rispondono con un unico controricorso gli originari attori, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre meramente adesivo e’ il distinto controricorso depositato dalla (OMISSIS) s.p.a..
3. Fissata la pubblica udienza, il ricorso e’ stato trattato in Camera di consiglio, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020 (norma la cui operativita’ e’ stata prorogata dal Decreto Legge 29 dicembre 2022, n. 198, articolo 8, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14), senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
La societa’ ricorrente e i controricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo viene denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. e dell’articolo 2051 c.c..
La societa’ ricorrente osserva che presupposto per l’applicazione dell’articolo 2051 c.c., e’ che il danno sia causato dalla cosa ed evidenzia che il danno e’ causato dalla cosa quando quest’ultima sia stata la causa, o almeno la concausa, diretta ed immediata di esso.
Sostiene che, nel caso di specie, tale presupposto non si sarebbe integrato, poiche’ il giudice del merito avrebbe accertato – e non sarebbe controverso tra le parti – che l’incendio si era generato all’esterno del campeggio, al quale solo successivamente si era propagato.
La Corte territoriale sarebbe quindi incorsa in una falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c., avendo essa stessa accertato che il fatto generatore del danno non era ascrivibile alla res custodita (l’area di campeggio) ma ad accadimenti esterni alla sfera di operativita’ del potere del custode (alternativamente, condotta di terzi o fatto naturale), i quali concretavano, inoltre, eventi non prevedibili ne’ evitabili dal custode medesimo e, pertanto, integravano evidenti ipotesi di caso fortuito liberatorio.
2. Con il secondo motivo viene denunciata, sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 2043 e 2697 c.c..
La societa’ ricorrente deduce che la Corte territoriale, pur affermando di voler fare applicazione dell’articolo 2051 c.c., avrebbe tuttavia emesso la condanna risarcitoria in confronto dell’ (OMISSIS) s.p.a., non in ragione della sua responsabilita’ quale custode della res che aveva provocato il danno, bensi’ per non avere predisposto un efficace servizio antincendio.
Il fondamento della responsabilita’ sarebbe stato pertanto individuato, non gia’ nella sussistenza del rapporto custodiale, bensi’ nella sussistenza di una colpa omissiva, con cio’ facendosi applicazione, pero’, anziche’ del criterio di imputazione speciale di cui all’articolo 2051 c.c., di quello generale previsto dall’articolo 2043 c.c..
In applicazione dell’articolo 2043 c.c., gli attori-appellanti avrebbero dovuto ritenersi gravati dell’onere di provare la condotta colposa della societa’ convenuta.
La Corte territoriale, invece, pur facendo in concreto applicazione della predetta regola generale, anziche’ esigere dagli attori-appellanti questa dimostrazione, avrebbe indebitamente invertito l’onere probatorio, pretendendo dalla convenuta-appellata la prova (liberatoria) di aver tenuto una condotta diligente ed imputandole una responsabilita’ a titolo di colpa senza preventivamente accertarne la colpa medesima.
Sotto un secondo profilo, la (OMISSIS) s.p.a. censura la sentenza impugnata per avere circoscritto il proprio accertamento alla circostanza negativa che non erano state adottate efficaci misure antincendio, senza spingersi ad accertare altresi’ la circostanza positiva che la condotta alternativa corretta (ovverosia l’adozione delle predette misure), nella fattispecie concreta avrebbe consentito, con ragionevole probabilita’, di evitare il danno.
Secondo la ricorrente, infatti, quand’anche si fosse ammesso, per absurdum (ma in contrasto con il criterio generale di imputazione della responsabilita’ civile di cui all’articolo 2043 c.c., concretamente applicato in luogo di quello previsto dall’articolo 2051 c.c., di cui il giudice del merito pure aveva dichiarato di voler fare applicazione), che spettasse alla convenuta l’onere di dimostrare, in funzione liberatoria, di avere adottato idonee misure antincendio, il rilievo dell’omessa assoluzione di tale onere non sarebbe stato sufficiente per affermarne la responsabilita’, dovendo altresi’ accertarsi se esse misure, ove adottate, sarebbero state idonee in concreto ad escludere il danno, atteso che, in caso contrario, quest’ultimo si sarebbe verificato a prescindere dal contegno colposo della danneggiante, la quale, quindi, non avrebbe potuto essere chiamata a risponderne.
La sentenza di appello, pertanto, dovrebbe reputarsi ulteriormente viziata, non solo per violazione dell’articolo 2043 c.c., ma anche per violazione dell’articolo 40 c.p., per avere omesso tale essenziale secondo accertamento, circoscrivendo la propria indagine al primo.
Sotto un terzo profilo, infine, la sentenza impugnata e’ censurata per avere mancato di considerare il fatto decisivo che l’incendio, sviluppatosi all’esterno del centro turistico e propagatosi in esso, aveva assunto dimensioni “inusitate”, tanto da ardere per diversi giorni e da resistere ai tentativi di spegnimento effettuati sia dai Vigili del Fuoco che dal personale della Protezione Civile.
La societa’ ricorrente deduce che, se avesse tenuto conto di questa circostanza, la Corte di merito avrebbe concluso che qualunque misura antincendio il campeggio avesse avuto in dotazione (ad es. estintori o idranti), essa non sarebbe stata idonea ad arrestare le fiamme ed avrebbe agevolmente ricondotto l’evento, avuto riguardo alla sua straordinaria forza, diffusivita’ e imprevedibilita’, nella categoria del caso fortuito e/o della forza maggiore, in conformita’ a quanto era stato accertato in altre sentenze di merito emesse all’esito di giudizi risarcitori introdotti da diversi ospiti dello stesso centro turistico, per i danni da loro patiti in conseguenza del medesimo avvenimento.
2.1. I primi due motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, per evidenti ragioni di connessione.
Essi sono infondati, atteso che la sentenza impugnata si profila scevra sia dal dedotto vizio di omesso esame di fatto decisivo e controverso sia dai denunciati plurimi vizi di violazione di legge.
La Corte territoriale, infatti, ha espressamente considerato la circostanza che l’incendio, originatosi al di fuori dell’area di proprieta’ della (OMISSIS) s.p.a., si era poi propagato all’interno di essa dopo avere assunto “vaste proporzioni ed enorme diffusivita’, non arginabile con l’adozione delle cautele normalmente esigibili” (p. 7 della sentenza impugnata), ma ha reputato che tale circostanza, oltre che “non adeguatamente supportata dagli elementi di prova agli atti di causa”, non fosse comunque idonea ad escludere la responsabilita’ della societa’ convenuta, la quale – contrariamente a quanto dedotto da quella oggi ricorrente – e’ stata accertata in corretta applicazione del criterio speciale di imputazione di cui all’articolo 2051 c.c., senza incorrere ne’ nella violazione delle norme sostanziali di cui agli articoli 2043, 2697 c.c. e articolo 40 c.p., ne’ in quella (peraltro da ritenersi, prima ancora che infondata, persino inammissibile, per essere stata dedotta senza riferimento alla nullita’ derivante dalla commissione di errores in procedendo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4: Cass. Sez. Un., 24/07/2013, n. 17931) della norma processuale di cui all’articolo 116 c.p.c..
2.2. Al riguardo deve premettersi, in via generale, che presupposti della responsabilita’ per i danni da cose in custodia, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., sono la derivazione del danno dalla cosa e la custodia.
2.2.a. Il primo presupposto si integra, in base alla previsione testuale della citata norma codicistica, quando l’evento dannoso e’ “cagionato” dalla cosa, nel senso che esso e’ causalmente ascrivibile al fatto della cosa, secondo un’espressione felicemente incisiva rinvenibile nella formulazione utilizzata dall’articolo 1384 (ora articolo 1242) del codice francese (on est responsable… du dommage… qui est cause’ par le fait… des choses que l’on a sous sa garde…), ma il cui contenuto precettivo, nella sostanza, deve ritenersi coincidente con quello dell’omologa norma del codice italiano (cfr. Cass. 01/02/2018, n. 2480; piu’ recentemente, Cass. 27/4/2023, n. 11152).
L’evento di danno, in altre parole, deve essere esplicazione della concreta potenzialita’ dannosa della cosa, sia che cio’ dipenda dalla sua connaturale forza dinamica, sia che derivi dall’effetto di concause umane o naturali.
2.2.b. Il secondo presupposto si integra quando, a prescindere dalla situazione giuridica soggettiva facente capo al custode (proprieta’, diritti reali minori, possesso, detenzione, obbligazione contrattuale di custodire, ecc.), sussiste una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa, che si traduce nel potere effettivo di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con essa (Cass. 01/02/2018, n. 2480, cit.; Cass. 27/04/2023, n. 11152, cit.; Cass.26/05/2023, n. 14798).
Entrambi tali presupposti, in quanto elementi costitutivi della fattispecie di responsabilita’ speciale, ex articolo 2051 c.c., devono essere provati dal danneggiato.
2.2.c. Incombe, invece, sul custode, sempre ai sensi dell’articolo 2051 c.c., la prova (liberatoria) della sussistenza del “caso fortuito”, quale fatto (impeditivo del diritto al risarcimento) che esclude la derivazione del danno dalla cosa custodita.
Il fatto integrante il “caso fortuito” e’, dunque, un fatto diverso dal fatto della cosa, estraneo alla relazione custodiale, che assorbe in se’ l’efficienza causale dell’evento dannoso, escludendo che esso possa reputarsi cagionato dalla res.
2.2.c.I. Sul piano strutturale, va precisato che il “caso fortuito” in senso stretto integra un fatto giuridico (fatto naturale) che si pone in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con la res, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo (Cass. 27/04/2023, n. 11152, cit.).
Esso, quindi, si distingue dagli altri eventi, appartenenti alla diversa categoria degli atti giuridici (fatto del danneggiato e fatto del terzo), parimenti idonei ad escludere in tutto o in parte il nesso causale tra l’evento dannoso e la res, la cui rilevanza, ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, trova invece fondamento nella colpa dell’agente, dall’apprezzamento della cui gravita’, nonche’ da quello delle conseguenze derivatene, riservati al giudice del merito, dipende anche l’efficienza causale, meramente concorrente o persino esclusiva, del fatto medesimo (Cass.23/05/2023, n. 14228).
2.2.c.II. Al di la’ di tali differenze, tanto il fatto giuridico integrante il “caso fortuito” in senso stretto quanto l’atto giuridico integrante il fatto colposo (concorrente od esclusivo) del danneggiato o del terzo, attengono, tuttavia, al profilo oggettivo dell’illecito, incidendo sull’elemento della causalita’ materiale.
La caratterizzazione oggettiva della nozione di “caso fortuito”, diversa da quella tradizionale che lo identificava con l’assenza di colpa (casus=non culpa), trova fondamento nell’orientamento, consolidatosi gia’ da diversi anni nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 01/02/2018, nn. 2477, 2478, 2479, 2480, 2481, 2482, 2483), suggellato dal suo massimo consesso (Cass., Sez. Un., 30/06/2022, n. 20943) e di recente ulteriormente ribadito (Cass. 27/04/2023, n. 11152, cit.), secondo il quale la responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c., ha natura di responsabilita’ oggettiva, la quale prescinde da ogni connotato si colpa, sia pure presunta, talche’ e’ sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore della derivazione del danno dalla cosa, nonche’ del rapporto di fatto custodiale tra la cosa medesima e il soggetto individuato come responsabile.
Se, dunque, la colpa del custode non integra un elemento costitutivo della sua responsabilita’, la prova liberatoria che egli e’ onerato di dare, nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia dimostrato il nesso di causalita’ tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, non puo’ avere ad oggetto l’assenza di colpa (ovverosia, la posizione in essere, da parte sua, di una condotta conforme al modello di comportamento esigibile dall’homo eiusdem condicionis et professionis e allo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso), ma dovra’ avere ad oggetto la sussistenza di un fatto (fortuito in senso stretto) o di un atto (del danneggiato o del terzo) che si pone esso stesso in relazione causale con l’evento di danno, caratterizzandosi, ai sensi dell’articolo 41 c.p., comma 2, primo periodo, come causa esclusiva di tale evento.
2.2.c.III. Il fatto integrante il “caso fortuito”, quale fatto attinente all’elemento oggettivo dell’illecito, nel porsi in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con l’evento di danno, non determina, dunque, come talora si e’ impropriamente ripetuto, una “interruzione del nesso tra cosa e danno”, ma, operando quale causa sopravvenuta alla preesistente situazione della res, secondo il meccanismo delineato dalla citata norma del codice penale, si sovrappone ad essa, degradandola a mera occasione di danno.
Per effetto del verificarsi di tale fatto (o atto), la res viene deprivata della sua efficienza di causalita’ materiale senza che ne sia cancellata l’efficienza causale sul piano strettamente naturalistico.
Cosi’, nell’ipotesi – gia’ illustrata a mo’ di esempio dalla citata sentenza n. 11152 del 2023 di questa Corte – in cui il pedone inciampi nei suoi piedi su una strada perfettamente asfaltata e senza buche, l’evento dannoso non si sarebbe verificato senza la preesistenza e la specifica caratterizzazione della res; ma la relazione causale tra tali due elementi si esaurisce sul piano naturalistico, mentre il nesso di causalita’ materiale e’ assorbito dal fatto colposo del danneggiato, che ha relegato il rapporto con la res a mera occasione di pregiudizio.
Analogamente, nell’ipotesi – piu’ vicina a quella oggetto dell’attuale esame – in cui l’evento di danno si sia verificato a causa dell’incendio della cosa custodita dopo che essa e’ stata colpita da un fulmine, sebbene il pregiudizio sia naturalisticamente riconducibile alla presenza e alla caratterizzazione della cosa, in assenza della quale non si sarebbe verificato, tuttavia deve escludersi che sussista tra tali due elementi il nesso di causalita’ materiale, poiche’ la situazione della res e’ stata resa ininfluente da un fatto giuridico naturale (la caduta del fulmine) che si e’ ad essa sovrapposto in modo da porsi come causa esclusiva del danno.
2.2.c.IV. Il fatto integrante il “caso fortuito”, pur attenendo, nel senso che si e’ precisato, al profilo materiale dell’illecito, ponendosi in relazione causale diretta ed immediata con l’evento di danno, e’ tuttavia connotato da imprevedibilita’ e inevitabilita’; tali attributi, peraltro, devono intendersi, non da un punto di vista soggettivo (come elementi in base ai quali misurare la diligenza del custode), bensi’ da un punto di vista oggettivo, come elementi in base ai quali misurare la capacita’ del fatto, alla stregua del criterio di regolarita’ causale, di sovrapporsi alla situazione della cosa, relegandola a mera occasione del pregiudizio e ponendosi come causa esclusiva di questo (Cass., Sez. Un., 30/06/2022, n. 20943, cit.; Cass. 27/04/2023, n. 11152, cit.).
In altre parole, il fatto integrante il “caso fortuito” deve essere oggettivamente imprevedibile o oggettivamente imprevenibile da parte del custode (cfr. ancora la citata Cass. n. 11152 del 2023, Punto 1.V. della motivazione), il quale, a prescindere da ogni giudizio di colpa, non e’ obiettivamente in condizione, in ragione di tali caratteristiche, di impedire o circoscrivere il fatto e, quindi, di evitare o limitare l’evento di danno.
2.2.c.V. In questa prospettiva, l’accertamento, da parte del giudice del merito, di eventuali omissioni, nonche’ di violazioni di obblighi di legge o di regole tecniche da parte del custode, puo’ rilevare, dunque, non gia’ in funzione della formulazione di un (irrilevante) giudizio di colpa (la quale – lo si ripete – non e’ elemento costitutivo della fattispecie di responsabilita’ ex articolo 2051 c.c.), bensi’ in funzione della valutazione della imprevedibilita’ o inevitabilita’ oggettive del fatto da lui eventualmente addotto ad oggetto della prova liberatoria e, dunque, della sua idoneita’ a costituire “caso fortuito”.
2.3. Poste queste premesse di carattere generale – e sintetizzati, sul piano sistematico, i principi che sanciscono l’attuale statuto della responsabilita’ del custode, ai sensi dell’articolo 2051 c.c. -, venendo all’esame della fattispecie oggetto della presente controversia, deve riconoscersi che la sentenza impugnata e’ perfettamente corretta in iure, per aver compiuto l’accertamento di merito della responsabilita’ del custode nel caso concreto, sulla base di argomentazioni assolutamente coerenti con l’illustrato sistema.
2.3.a. La Corte territoriale, nel pieno rispetto della sequenza logica che muove dall’accertamento degli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilita’ (la cui prova deve essere fornita dal danneggiato) per giungere, solo in caso di esito positivo di tale indagine, a quello della sussistenza del “caso fortuito” liberatorio (della cui dimostrazione e’ invece onerato il custode), sulla base di un giudizio di merito debitamente motivato (e, dunque, incensurabile in sede di legittimita’), ha anzitutto ritenuto provati – ed anzi persino incontroversi tra le parti – sia il nesso causale tra il danno patito da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e l’area del centro turistico adibita a campeggio, sia il rapporto di custodia tra questa area e la societa’ (OMISSIS), proprietaria del predetto centro, sul rilievo che l’incendio, dopo avere avuto origine in un uliveto posto al di fuori di esso, aveva tuttavia assunto vastissime proporzioni e si era propagato all’interno del campeggio, distruggendo i veicoli e gli altri beni di proprieta’ dei danneggiati, i quali avevano trovato salvezza gettandosi in mare.
Al riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non incide sulla correttezza in iure delle argomentazioni formulate dal giudice del merito, la circostanza che l’incendio si era generato al di fuori dell’area sottoposta alla custodia della proprietaria del centro turistico, atteso che esso giudice, pur tenendo debitamente conto – come si e’ gia’ detto – di questa circostanza, ha, pero’, motivatamente (e percio’ insindacabilmente) accertato che, tuttavia, l’evento dannoso consistito nella perdita dei beni di proprieta’ dei danneggiati si era verificato all’interno del centro turistico, dopo che l’incendio vi si era propagato, ed era pertanto causalmente ascrivibile all’incendio dell’area di campeggio e delle cose ivi presenti, res sottoposte alla custodia dell’ (OMISSIS).
2.3.b. Ritenuto assolto, da parte dei danneggiati, l’onere della prova degli elementi costitutivi della fattispecie, la Corte territoriale si e’ quindi debitamente posto il problema se il custode avesse assolto il contrario onere di dimostrare, in funzione liberatoria, la sussistenza del “caso fortuito”.
Questo problema e’ stato risolto negativamente, argomentando dalla circostanza (pure questa oggetto di apprezzamento di merito debitamente motivato e, pertanto, insindacabile), che l’ (OMISSIS) s.p.a., per un verso, non aveva dimostrato di avere posto in essere le attivita’ di prevenzione, vigilanza e manutenzione (realizzazione di una fascia di protezione; predisposizione di idranti, motopompe, cisterne e altre misure antincendio; previsione di un piano di evacuazione; eliminazione dell’erba secca, dei residui di vegetazione e del restante materiale infiammabile presente nel camping) rese necessarie dalla prevedibilita’ in astratto dell’evento lesivo, avuto riguardo alle circostanze di tempo e di luogo (l’eccessiva calura, la prolungata siccita’ e il forte vento che avevano caratterizzato quel particolare periodo della stagione estiva, nonche’ la circostanza che il centro turistico si trovava a ridosso di una baia racchiusa da una collina boscosa); per altro verso, neppure si era attivata (mediante, ad es., l’innaffiamento del suolo o l’accompagnamento dei turisti e dei loro mezzi al difuori della struttura: misure, viceversa, attuate con successo in un campeggio limitrofo) per evitare o circoscrivere il danno reso imminente dalla prevedibilita’ in concreto (e, anzi, dalla concreta previsione) dell’evento medesimo, avuto riguardo alla circostanza che le fiamme dell’incendio erano state tempestivamente avvistate di lontano ben prima che esso si propagasse all’interno del centro turistico.
2.3.c. Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il riferimento del giudice di appello alle omissioni e alle violazioni di obblighi di legge e di regole tecniche poste in essere dal custode, non vale, nel caso concreto, a trasformare il giudizio di responsabilita’ oggettiva in un giudizio fondato sulla colpa, ne’ puo’ indurre a ritenere che si sia fatta un’applicazione surrettizia e, per giunta, distorta dell’articolo 2043 c.c. (in luogo dell’articolo 2051 c.c.), imputando alla (OMISSIS) una condotta colposa senza che gli attori avessero assolto l’onere di dimostrarne la colpa.
Invero, anche se la Corte territoriale avesse configurato la prova liberatoria del custode come prova dell’assenza di colpa, pretendendone la dimostrazione di aver tenuto un comportamento diligente volto ad evitare il danno, essa non sarebbe incorsa nella falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c. (eventualmente in correlazione con l’articolo 2697 c.c.), ma sarebbe rimasta nell’orbita di operativita’ del criterio di imputazione speciale di cui all’articolo 2051 c.c., interpretato alla stregua della concezione – diffusa in dottrina e talora recepita in giurisprudenza (cfr., ad es., Cass. 09/06/2016, n. 11802) – che vi riconosce un’ipotesi di responsabilita’ aggravata o per colpa presunta, con inversione dell’onere della prova in ordine all’elemento soggettivo dell’illecito.
Sta, pero’, di fatto che la Corte territoriale non ha configurato il “caso fortuito” come assenza di colpa, bensi’, correttamente, come fatto giuridico estraneo alla sfera del custode, connotato dal carattere di imprevedibilita’ e, pertanto, idoneo ad escludere il nesso causale tra la res custodita e l’evento di danno (cfr., in particolare, la p.7, righe 2123, della sentenza impugnata).
In questa corretta prospettiva, le omissioni e le violazioni accertate in capo al custode hanno obiettivamente assunto rilevanza, non in funzione della formulazione del (non richiesto) giudizio di colpa del custode medesimo, bensi’ in funzione della valutazione della imprevedibilita’ o inevitabilita’ oggettive del fatto da lui addotto ad oggetto della prova liberatoria e, dunque, della sua idoneita’ a costituire “caso fortuito”.
La circostanza che l’evento assunto come fortuito (l’incendio asseritamente indomabile sprigionatosi all’esterno del campeggio e propagatosi in esso solo dopo aver raggiunto proporzioni “inusitate”), non solo fosse oggettivamente prevedibile in astratto, avuto riguardo alle circostanze di tempo e di luogo (e fosse pertanto fronteggiabile mediante la predisposizione di un efficace servizio antincendio), ma fosse stato persino oggettivamente previsto in concreto, avuto riguardo al tempestivo avvistamento delle fiamme dopo che si erano generate lontano dall’area di campeggio (sicche’ il danno avrebbe potuto essere evitato anche con piu’ semplici misure precauzionali, come l’innaffiamento del suolo o l’evacuazione ordinata di persone e mezzi), ha infatti escluso che esso evento, nel caso concreto, fosse oggettivamente in grado di porsi come causa esclusiva del danno, sovrapponendosi alla situazione della res custodita e relegandola a mera occasione di pregiudizio.
L’accertamento della responsabilita’ del custode e’ stato, pertanto, correttamente compiuto dal giudice di appello alla luce dei principi che ne costituiscono l’attuale statuto, per essere emersa, all’esito dell’accertamento di merito, la prova del nesso di causalita’ materiale tra la res custodita e l’evento dannoso e per essere invece mancata quella dell’esclusione di tale nesso ad opera di un fatto giuridico (“caso fortuito”) oggettivamente imprevedibile e inevitabile, idoneo a relegarlo a mera relazione naturalistica.
2.3.d. In definitiva, i primi due motivi del ricorso devono essere rigettati, non senza evidenziare, ad abundantiam, che il rilievo, debitamente svolto dalla Corte territoriale, che le misure precauzionali omesse dalla (OMISSIS) erano state invece attuate con successo in un campeggio limitrofo, sarebbe di per se’ sufficiente a fare giustizia della specifica doglianza – peraltro manifestamente infondata, alla luce di quanto si e’ sinora osservato – secondo cui la sentenza impugnata avrebbe indebitamente circoscritto il proprio accertamento alla circostanza negativa che non erano state adottate efficaci misure antincendio, senza spingersi ad accertare altresi’ la circostanza positiva che la condotta alternativa corretta (ovverosia l’adozione delle predette misure), nella fattispecie concreta avrebbe consentito, con ragionevole probabilita’, di evitare il danno.
3. Con il terzo motivo viene denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o la falsa applicazione dell’articolo 1226 c.c..
La sentenza di appello e’ censurata per avere indebitamente applicato il criterio equitativo di liquidazione dell’ammontare del risarcimento in assenza dei presupposti previsti dalla legge, avuto riguardo alla circostanza che gli attori non avevano fornito la prova della sussistenza del danno.
Secondo la ricorrente, tale rilievo varrebbe in particolare per il pregiudizio patrimoniale corrispondente al valore degli oggetti e degli effetti personali che gli attori avrebbero asseritamente perduto in seguito all’incendio, atteso che della sussistenza di tali oggetti ed effetti personali non sarebbe stata fornita alcuna dimostrazione.
Il carattere meramente eventuale, possibile o comunque incerto di tale pregiudizio ne avrebbe pertanto precluso la liquidazione equitativa, atteso che ad essa puo’ farsi ricorso solo quando sia impossibile provare nel suo preciso ammontare un danno di cui e’ peraltro certa la sussistenza.
3.1. Il motivo e’ manifestamente infondato.
Non e’ vero, infatti, che il giudice di appello abbia fatto applicazione del criterio equitativo di liquidazione del pregiudizio derivante dalla perdita degli oggetti ed effetti personali in mancanza della prova della sua esistenza. Al contrario, la Corte territoriale, dopo aver premesso che i danneggiati avevano invocato il risarcimento, sotto il profilo patrimoniale, sia del danno conseguente alla distruzione dei loro automezzi (camper, roulotte e autovettura) sia di quello corrispondente al valore degli altri beni ed effetti personali di cui avevano denunciato la perdita, ha motivatamente ritenuto che il primo poteva essere liquidato sulla base dei dati ricavabili dai libretti e dalle fotografie dei singoli mezzi, nonche’ dalle analitiche perizie di valutazione del loro valore ante-sinistro, prodotte dagli interessati e non contestate dalle controparti; mentre il secondo, la cui sussistenza doveva ritenersi certamente, ancorche’ presuntivamente, provata (non potendosi dubitare che i danneggiati fossero giunti al campeggio dotati di effetti ed oggetti personali e di svago), appariva impossibile o estremamente difficile da dimostrare nell’ammontare, cosicche’ poteva essere liquidato in via equitativa, ai sensi dell’articolo 1226 c.c. (p. 11 della sentenza impugnata).
In tal modo, contrariamente a quanto sostenuto dalla societa’ ricorrente, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del consolidato principio, secondo il quale, una volta raggiunta la prova della sussistenza del danno, la sua liquidazione in via equitativa e’ consentita se ne risulti oggettivamente impossibile o particolarmente difficile dimostrarne il preciso ammontare (ex multis, v., tra le piu’ recenti, Cass. 05/02/2021, n. 2831; Cass. 29/04/2022, n. 13515; Cass.12/04/2023, n. 9744; Cass. 23/05/2023, n. 14218, non mass.).
Al riguardo, e’ appena il caso di aggiungere che la certezza della prova della sussistenza del danno non e’ minata, nella fattispecie, dalla circostanza che essa e’ stata dimostrata in base ad una presunzione (cfr., ad es., al riguardo, Cass. 16/05/2013, n. 11968).
Il grado di certezza dell’enunciato di fatto di cui la parte e’ chiamata a fornire la dimostrazione in giudizio non si determina, infatti, ex ante, in base alla natura del mezzo di prova dedotto ed esperito (salvo che si tratti di prova legale), ma si determina ex post, in base al grado di affidabilita’ ed attendibilita’ che il giudice del merito, nel motivato e insindacabile esercizio del proprio potere-dovere di prudente apprezzamento (articolo 116 c.p.c.), attribuisce all’esito dell’esperimento probatorio (nel caso di prova costituenda) o al contenuto della prova precostituita, nonche’ al risultato del ragionamento inferenziale, che assume rilievo in ogni ipotesi di prova libera e in particolare nell’ipotesi di prova presuntiva.
Anche il terzo motivo di ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
4. Con il quarto motivo viene denunciata, sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o la falsa applicazione dell’articolo 2059 c.c..
La societa’ ricorrente critica la sentenza impugnata per avere riconosciuto agli attori-appellanti, oltre al diritto al risarcimento danno patrimoniale corrispondente al valore dei loro beni andati distrutti nell’incendio, anche quello al risarcimento del danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”.
Sostiene, infatti, la (OMISSIS) s.p.a, che, in tal modo, sarebbe stato riconosciuto il diritto al ristoro del danno non patrimoniale al di fuori delle ipotesi legislativamente consentite, che sarebbero circoscritte alla fattispecie dell’illecito costituente reato, a quella della lesione di un diritto inviolabile della persona e agli altri casi espressamente previsti dalla legge.
4.1. Anche il quarto motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Il danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”, secondo quanto espressamente previsto in attuazione della direttiva n. 90/314/CEE, costituisce uno dei casi previsti dalla legge, ai sensi dell’articolo 2059 c.c., di pregiudizio risarcibile, sicche’ spetta al giudice del merito procedere alla valutazione della domanda risarcitoria alla stregua dei generali precetti di correttezza e buona fede e alla considerazione dell’importanza del danno, fondata sul bilanciamento, per un verso, del principio di tolleranza delle lesioni minime e, per l’altro, della condizione concreta delle parti (Cass.6 luglio 2018, n. 17724; v. anche Cass. 11 maggio 2012, n. 7256 e Cass. 14/07/2015, n. 14662).
Al riguardo, e’ appena il caso di notare che non assume rilievo, nella fattispecie in esame, la circostanza che la citata direttiva n. 90/314/CEE (attuata con il Decreto Legislativo n. 111 del 1995), sia stata abrogata dalla successiva direttiva n. 2015/2302/UE (attuata con il Decreto Legislativo n. 62 del 2018), sia perche’ i diritti da essa riconosciuti non sono stati soppressi dalla nuova fonte normativa, sia perche’ quest’ultima ha avuto efficacia con decorrenza dal 1 luglio 2018.
Nel caso di specie, nell’esercizio delle proprie prerogative, il giudice di appello ha motivatamente considerato l’importanza del nocumento patito dai danneggiati, avuto riguardo, da un lato, alla “frustrazione dello scopo ludico connesso alla vacanza rovinata” e, dall’altro, al “notevole stress subito dagli attori a causa dell’evento in questione nell’attesa in mare dei soccorsi, senza alcuna assistenza o conforto da parte del personale del Centro Turistico” (pp. 12 e 13 della sentenza impugnata) e ha conseguente proceduto alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, nella misura richiesta di Euro 5.000,00 per ciascuno degli attori.
L’apprezzamento del giudice del merito, debitamente motivato, e’ insindacabile in questa sede di legittimita’, sicche’ anche il quarto motivo di ricorso deve essere rigettato.
5. In conclusione, il ricorso per cassazione proposto dalla (OMISSIS) s.p.a. deve essere rigettato.
6. Le spese del giudizio di legittimita’ relative al rapporto processuale intercorso tra la societa’ ricorrente e i controricorrenti originari attori seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo; non deve, invece, provvedersi su quelle del rapporto processuale intercorso tra la societa’ ricorrente e la controricorrente (OMISSIS) s.p.a., originaria convenuta, stante il carattere meramente adesivo del controricorso depositato da quest’ultima.
7. Sussistono i presupposti processuali di cui del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto (Cass., Sez. Un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la societa’ ricorrente a rimborsare ai controricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), originari attori, le spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.600,00, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00, spese forfetarie e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della scoieta’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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