Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 19204.
Responsabilità civile per diffamazione ed il diritto di critica
In tema di responsabilità civile per diffamazione, il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi; per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre, tuttavia, che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, con giudizio non censurabile in sede di legittimità, aveva escluso la verità, anche putativa, dei fatti che il giornalista aveva attribuito ad un funzionario regionale, rilevando che la personale ricostruzione della vicenda svolta dal giornalista non trovava supporto o riscontro in atti giudiziari o in specifiche indagini compiute al fine di verificarne la verosimiglianza).
Ordinanza|| n. 19204. Responsabilità civile per diffamazione ed il diritto di critica
Data udienza 17 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: STAMPA ED EDITORIA – DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TARVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13496/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante, (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti rappresentati e difesi, in virtu’ di procure in calce al ricorso, dall’avv. (OMISSIS), domiciliati per legge presso la Cancelleria della Corte Suprema di cassazione;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), domiciliato per legge presso la Cancelleria della Corte Suprema di cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 276/2021, pubblicata in data 4 marzo 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2023 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Responsabilità civile per diffamazione ed il diritto di critica
Fatti di causa
1. Con ricorso ex articolo 702-bis c.p.c. (OMISSIS) chiese la condanna del giornalista (OMISSIS), del direttore del giornale “(OMISSIS)”, (OMISSIS), e della societa’ editrice (OMISSIS) s.r.l. al pagamento della somma di Euro 1.000.000,00, a titolo di risarcimento dei danni subiti a seguito della pubblicazione di quattro articoli, rispettivamente nelle date del (OMISSIS), del (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS), che riportavano notizie ritenute dall’attore lesive della sua reputazione e riguardanti l’attivita’ dallo stesso svolta in qualita’ di Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di Rientro dei Disavanzi del Servizio Sanitario della Regione Calabria dal (OMISSIS).
In particolare, nei suddetti articoli, si addebitava allo (OMISSIS) di avere, nello svolgimento dell’attivita’ di Commissario ad acta, adottato alcuni decreti, dichiarati illegittimi sotto il profilo amministrativo, diretti a favorire alcune strutture ospedaliere solo perche’ il gruppo (OMISSIS) che le gestiva era vicino ad un determinato gruppo politico; di avere ostacolato, sempre per motivi politici, la struttura ospedaliera (OMISSIS) e di avere fatto assumere due farmacisti grazie ai rapporti intrattenuti con il rettore dell’Azienda universitaria.
I convenuti, costituendosi in giudizio, invocarono la scriminante del diritto di cronaca e di critica, deducendo altresi’ il difetto di prova dei danni patrimoniali lamentati dall’attore.
Il Tribunale di Catanzaro respinse la domanda.
2. L’ordinanza, impugnata da (OMISSIS), e’ stata riformata dalla Corte d’appello di Catanzaro che ha condannato, in solido, (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. al pagamento della somma di Euro 15.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale.
In sintesi, i giudici di secondo grado, condividendo la decisione del giudice di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto sussistente il requisito della pertinenza e della continenza verbale, hanno osservato che sebbene l’attivita’ provvedimentale svolta dal commissario, di cui dava conto il giornalista, fosse stata ritenuta ex post almeno in parte illegittima sul piano amministrativo, non apparivano rispondenti al criterio della verita’, almeno putativa, gli —-, penalmente rilevanti, di cui lo (OMISSIS), a dire del giornalista, si era reso responsabile, dato che all’epoca dei fatti il giornalista non disponeva di ulteriori elementi rispetto a quelli emergenti dalla documentazione in atti che potessero giustificare una simile propalazione. Accertata, dunque, la natura diffamatoria degli articoli giornalistici, che avevano leso l’onore e la reputazione del commissario, la Corte territoriale, sotto il profilo del quantum, ha ritenuto equo liquidare la somma di Euro 15.000,00, oltre interessi legali dalla sentenza.
3. (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per la cassazione della decisione d’appello, sulla base di tre motivi.
(OMISSIS) resiste con controricorso.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. cod. proc civ.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
I ricorrenti ed il controricorrente hanno depositato memorie illustrative.
Responsabilità civile per diffamazione ed il diritto di critica
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, articolato in tre sub-motivi, si denuncia la Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115 e 345 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, degli articoli 2697 e 2909 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ omesso esame in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
1.1. Con riguardo al primo profilo di censura, i ricorrenti, rimarcando che, in primo grado, a fronte della dedotta sussistenza del reato di diffamazione a mezzo stampa, avevano prodotto documenti che fornivano la prova dei fatti sulla base dei quali erano state espresse le opinioni ritenute diffamatorie (che si riferivano alle strutture ospedaliere di proprieta’ del gruppo (OMISSIS), alle vicende della struttura ospedaliera (OMISSIS) ed all’assunzione di due farmacisti presso l’Azienda Universitaria Ospedaliera (OMISSIS)), lamentano che la corte territoriale avrebbe dovuto rilevare che lo (OMISSIS), in violazione del divieto dello ius novorum, pur non avendo preso posizione ne’ svolto osservazioni, in primo grado, in ordine ai fatti da essi allegati, li aveva poi contestati con l’atto d’appello.
1.2. Sotto un secondo profilo, i ricorrenti sostengono che i fatti che, secondo la sentenza impugnata, non sarebbero veri e dai quali proverrebbe la diffamazione sono che: 1) i Dca n. 80/15 e n. 26 e n. 27 del 2016, riconosciuti come illegittimi, sono stati emessi per favorire, per motivi politici, alcune strutture private; 2) l’ing. (OMISSIS) aveva utilizzato il proprio veto su alcune decisioni per ottenere l’assunzione di due farmacisti presso l’Azienda Universitaria Ospedaliera (OMISSIS); 3) l’ing. (OMISSIS) aveva prima negato e poi concesso l’autorizzazione al (OMISSIS) per motivi estranei alla procedura autorizzativa; tuttavia, sulla mancanza di prova di tali fatti, proseguono i ricorrenti, i giudici di appello non avrebbero potuto decidere perche’ essi, non essendo stati oggetto di contestazione, dovevano ritenersi ormai definitivamente acclarati.
1.3. Sotto il terzo profilo, i ricorrenti assumono che la mancata considerazione dei suddetti fatti, aventi valore decisivo, integrerebbe vizio di omesso esame ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
2. Con il secondo motivo, prospettando la Violazione e falsa applicazione degli articoli 51 e 595 c.p., della Costituzione, articolo 21 e dell’articolo 10 CEDU, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello avrebbe ribaltato il criterio stabilito da consolidata giurisprudenza, sia interna che comunitaria, secondo cui in presenza del requisito della continenza, al fine di verificare la correttezza dell’esercizio del diritto di critica, non si puo’ porre il problema della mancanza di veridicita’ dei giudizi espressi, ovviamente laddove siano stati provati, come nel caso di specie, anche per mancata contestazione, i fatti posti a base della critica.
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3. Con il terzo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli articoli 1126, 2059, 2697 e 2729 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. , i ricorrenti lamentano che i giudici di merito avrebbero riconosciuto il danno, sebbene non — dallo (OMISSIS).
4. Il primo ed il secondo profilo di censura fatti valere con il primo motivo (A.1 – Violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 345 c.p.c.; A.2 – Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2697 e 2909 c.c.) sono inammissibili.
Con tali doglianze si assume che lo (OMISSIS) avrebbe mancato di contestare, in primo grado, le allegazioni ed i documenti prodotti dalle controparti e che il giudice d’appello avrebbe dovuto, di conseguenza, ritenerli definitivamente acclarati, ma i ricorrenti, a supporto di tale assunto, omettono di riportare, direttamente o indirettamente, il contenuto degli atti introduttivi depositati dalle parti, nonche’ il contenuto dell’atto di appello, dai quali poter evincere l’asserita assenza di contestazione, in tal modo violando l’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
Ribadito, infatti, che l’onere di specifica contestazione ad opera della parte costituita presuppone, a monte, un’allegazione altrettanto specifica ad opera della parte onerata della prova, ritiene il Collegio che il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non possa prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata o non integrata la contestazione.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione postula, infatti, che il vizio possa essere apprezzato sulla base del contenuto dell’atto, senza necessita’ di richiami al contenuto di atti processuali che non siano in esso trascritti, ancorche’ non integralmente, ma pur sempre nella misura necessaria a integrare la specificita’ al motivo e a consentirne la valutazione senza necessita’ di procedere all’esame del fascicoli d’ufficio o di quelli di parte, e cio’ vale -ovviamente- anche quando il vizio dedotto concerna la sussistenza delle condizioni per ritenere che una circostanza sia stata o meno contestata (Cass., sez. 1, 18/07/2007, n. 15961; Cass., sez. 5, 23/07/2009, n. 17253; Cass., sez. 3, 28/06/2012, n. 10853; Cass., sez. 3, 13/10/2016, n. 20637).
Perche’ il principio di autosufficienza, con la “specifica indicazione” richiesta dall’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c., possa dirsi osservato, occorre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, per un verso, sul piano contenutistico, che il ricorso per cassazione esponga tutto quanto necessario a porre il giudice di legittimita’ in condizione di avere completa cognizione della controversia e del suo oggetto, nonche’ di cogliere il significato e la portata delle censure contrapposte alle argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessita’ di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass., sez. L, 28/12/2017, n. 31082; Cass., sez. 6-3, 03/02/2015, n. 1926; Cass., sez. 2, 04/04/2006, n. 7825; Cass., sez. L, 22/06/2020, n. 12191; Cass., sez. 5, 28/05/2020, n. 10143), sicche’ il ricorrente per cassazione deve esplicitare quale sia, per la parte rilevante, il contenuto degli atti o dei documenti che pone a fondamento del ricorso, riassumendoli o trascrivendoli a seconda di quanto di volta in volta occorra; per altro verso, che il ricorso soddisfi l’onere di “localizzazione processuale” di ciascun atto o documento su cui il ricorso si fonda (Cass., sez. U, 9/11/2021, n. 32673; Cass., sez. L, 04/11/2021, n. 31756; Cass., sez. 6-5, 04/11/2021, n. 31590; Cass., sez. 6-5, 03/11/2021, n. 31377; Cass., sez. 6-5, 22/10/2021, n. 29667), onere di localizzazione indispensabile perche’ la Corte di cassazione sia posta in condizione di individuare ciascun atto o documento senza effettuare particolari ricerche, che si risolve nella semplice indicazione, con riguardo a ciascun atto o documento, del fascicolo (di quale delle parti, ovvero d’ufficio, di primo o di secondo grado) in cui esso e’ rinvenibile, con l’indicazione della collocazione entro il fascicolo.
Responsabilità civile per diffamazione ed il diritto di critica
Tale criterio non risulta soddisfatto dall’odierno ricorso, giacche’ le censure (incentrate sul presunto difetto di contestazione da parte dello (OMISSIS)) sono state svolte in difetto della preliminare trascrizione dei passaggi rilevanti degli atti introduttivi, ossia delle deduzioni e delle contestazioni che hanno concorso alla delimitazione del thema decidendum, degli atti difensivi successivi depositati in primo grado, nonche’ dell’atto di appello.
Non appare sufficiente allo scopo la trascrizione di alcuni stralci del contenuto degli atti difensivi, contenuti nel ricorso per cassazione, ed il generico riferimento, a pag. 59 del ricorso per cassazione, alla produzione sub doc. n. 5) del fascicolo di parte di primo grado ed alla stampa degli atti depositati telematicamente in appello (all. n. 6 al ricorso per cassazione), dato che essi non consentono di individuare gli atti allegati e di verificare, conseguentemente, tramite il loro esame, se risulti corretta o meno l’affermazione compiuta dal giudice di appello secondo la quale lo (OMISSIS) nell’atto di appello non ha contestato il contenuto intrinseco dei documenti prodotti in primo grado dalla controparte, rispetto ai quali nulla aveva dedotto, ma la valutazione che di tali documenti ne ha fatto il primo giudice.
Infondato risulta il terzo sub-motivo (A.3 – Omesso esame in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poiche’ il denunciato vizio concerne esclusivamente l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo per il giudizio (Cass., sez. U., sentenza 7 aprile 2014, n. 8053).
Questa Corte ha, infatti, chiarito che il fatto storico prospettato, inteso come un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, deve essere decisivo, cosicche’ e’ necessario che la sua assenza conduca, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, ad una diversa decisione, in un rapporto di causalita’ fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data, vale a dire un fatto che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass., sez. L, 14/11/2013, n. 25608; Cass., sez. 3, 07/05/2021, n. 12158; Cass., sez. 6-1, 26/01/2022, n. 2268); con la conseguenza che nel paradigma dell’articolo 360, primo comma, n. 5, c.p.c. non e’ riconducibile l’omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., sez. 1, 18/10/2018, n. 26305), ne’ tanto meno l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (Cass., sez. U, n. 8053/14, cit.; Cass., sez. L, 29/09/2016, n. 19312).
Nella specie, la Corte d’appello ha preso in esame e valutato tutte le risultanze istruttorie, ritenendo non rispondenti a verita’ i presunti abusi contestati allo (OMISSIS); la censura in esame non e’ volta a denunciare l’omesso esame di uno specifico fatto, trascurato dai giudici di merito, ma piuttosto a criticare l’apprezzamento del corredo probatorio operato dai giudici d’appello.
5. Il secondo mezzo del ricorso e’ infondato.
La doglianza si scontra con l’apprezzamento delle risultanze documentali acquisite agli atti del giudizio, richiamate in motivazione, in esito all’esame delle quali i giudici di merito, pur dando atto che l’attivita’ provvedimentale del commissario a cui si riferiva il giornalista negli articoli in esame, era stata ritenuta, ex post, in parte illegittima sotto il profilo amministrativo, in quanto alcuni decreti, oggetto di critica, erano stati annullati dal giudice amministrativo, come emergeva dalle sentenze prodotte in giudizio, ha comunque escluso che gli abusi, aventi rilevanza penale, che il giornalista attribuiva allo (OMISSIS) negli articoli di stampa poggiassero su fatti rispondenti a verita’, almeno putativa, sia perche’ non erano state avviate indagini a suo carico, sia perche’ all’epoca dei fatti il giornalista non disponeva di evidenze sulla base delle quali poter fondare tali propalazioni.
A tale riguardo la Corte territoriale ha rilevato che il giudizio, del tutto personale, espresso dal giornalista non poteva scriminarlo, considerato che quest’ultimo non si era premurato di avvertire il lettore che le condotte attribuite al commissario fossero frutto di una sua personale ricostruzione dei fatti e che la sua opinione non trovava supporto o riscontro in atti giudiziari o in specifiche indagini compiute al fine di verificare la verosimiglianza della ricostruzione fattuale.
Correttamente, pertanto, il giudice d’appello ha escluso l’esimente del diritto di critica, facendo buon governo del principio di diritto secondo cui il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione dei fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi, sicche’, per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verita’, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive (Cass., sez. 3, 26/10/2017, n. 25420); e di quello secondo cui l’esimente della verita’ putativa dei fatti narrati, idonea ad escludere la responsabilita’ dell’autore d’uno scritto offensivo dell’altrui reputazione, sussiste solo a condizione che l’autore abbia compiuto ogni diligente accertamento per verificare la verosimiglianza dei fatti riferiti, abbia dato conto con chiarezza e trasparenza della fonte da cui ha tratto le sue informazioni e del contesto in cui, in quella fonte, esse erano inserite e non abbia sottaciuto fatti collaterali idonei a privare di senso o modificare il senso dei fatti narrati (Cass., sez. 3, 29/10/2019, n. 27592).
Nella fattispecie la Corte ha escluso, con una valutazione di fatto, non censurabile in questa sede, la verita’ del fatto presupposto, sia sotto il profilo oggettivo che sotto il profilo soggettivo, ponendosi in linea con le pronunce richiamate dagli stessi odierni ricorrenti nella illustrazione del motivo (Cass., sez. V pen., n. 36602/2010; Cass. sez. V pen., n. 17529/2020) che presuppongono che il giudizio espresso rispetti il criterio della verita’ del fatto da cui muove la critica.
Responsabilità civile per diffamazione ed il diritto di critica
A tal riguardo va riaffermato il principio consolidato sul quale si infrangono le censure, secondo cui, in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, l’apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione e la valutazione dell’esistenza o meno dell’esimente dell’esercizio dei diritti di cronaca e di critica costituiscono oggetto di accertamenti in fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimita’ se sorretti da argomentata motivazione; pertanto, con specifico riguardo al diritto di cronaca, il controllo affidato alla Corte di cassazione e’ limitato alla verifica dell’avvenuto esame, da parte del giudice del merito, della sussistenza dei requisiti della continenza, della veridicita’ dei fatti narrati e dell’interesse pubblico alla diffusione delle notizie, nonche’ al sindacato della congruita’ e logicita’ della motivazione, secondo la previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, restando estraneo al giudizio di legittimita’ l’accertamento relativo alla capacita’ diffamatoria delle espressioni in contestazione (Cass., sez. 3, 09/06/2022, n. 18631).
6. Anche il terzo motivo e’ infondato.
Va, in primo luogo, rilevato che i ricorrenti assumono che lo (OMISSIS) in primo grado aveva effettuato una semplice elencazione dei danni risarcibili (come indicato a pag. 13 del presente ricorso) senza alcun riferimento specifico alle lesioni ed ai conseguenti danni subiti in concreto a seguito della pubblicazione degli articoli per cui e’ causaÃ, ma non riproducono direttamente il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio, limitandosi solo a trascrivere meri stralci parziali, ne’ assolvono all’onere di localizzarlo nel presente giudizio di legittimita’, cosi’ non rispettando il principio di cui all’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
Responsabilità civile per diffamazione ed il diritto di critica
In ogni caso, a prescindere da tale rilievo, e dai non marginali profili di possibile inammissibilita’ che esso comporterebbe, il motivo non merita accoglimento in quanto la sentenza impugnata ha esaustivamente motivato non solo in punto di sussistenza del danno non patrimoniale, ma ha pure indicato i parametri a cui si e’ attenuta ai fini della determinazione del quantum, spiegando che a tal fine doveva tenersi conto che gli articoli di stampa avevano ingenerato nei lettori del quotidiano, avente ampia diffusione sul territorio regionale, l’opinione
Al fine di quantificare il danno, ha, quindi, da un lato valorizzato la notorieta’ della persona offesa in considerazione degli incarichi pubblici che aveva rivestito e, dall’altro, ha considerato quale fattore di attenuazione del pregiudizio la circostanza che erano state mosse dal giornalista in termini abbastanza generici e senza particolari enfasi (se si escludono l’occhiello e i titoli).
La Corte territoriale non ha pertanto ritenuto che il danno fosse in re ipsa, come asserito dai ricorrenti, ma e’ pervenuta a ritenere sussistente il danno non patrimoniale facendo leva su criteri presuntivi ed assumendo come idonei parametri di riferimento la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale del danneggiato, tenuto conto del suo inserimento in uno specifico contesto sociale, in tal modo uniformandosi al costante orientamento di questa Corte di legittimita’, che consente, in tema di risarcimento del danno causato da diffamazione a mezzo stampa, una valutazione del danno non patrimoniale mediante criteri equitativi, non censurabile in Cassazione, sempre che i criteri seguiti siano enunciati in motivazione e non siano manifestamente incongrui rispetto al caso concreto, o radicalmente contraddittori, o macroscopicamente contrari a dati di comune esperienza, ovvero l’esito della loro applicazione risulti particolarmente sproporzionato per eccesso o per difetto (Cass., sez. 3, 25/05/2017, n. 13153; Cass., sez. 3, 05/12/2014, n. 25739).
Responsabilità civile per diffamazione ed il diritto di critica
7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
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