Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 novembre 2022| n. 34873.
Responsabilità banca in caso di pagamento di un assegno con sottoscrizione apocrifa
In tema di responsabilità della banca per l’espletamento del servizio di pagamento degli assegni, in caso di pagamento di un assegno con sottoscrizione apocrifa, la mera alterazione del titolo non è di per sé sufficiente ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’ente creditizio, occorrendo invece che tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo.
Ordinanza|25 novembre 2022| n. 34873. Responsabilità banca in caso di pagamento di un assegno con sottoscrizione apocrifa
Data udienza 7 luglio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità professionale – Responsabilità della banca – Pagamento assegni – Sottoscrizione apocrifa – Rilevabilità ictu oculi – Sufficienza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere
Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti iscritti al n. 9543/2018 R.G. proposti da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del procuratore speciale (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
– ricorrente e controricorrente –
e
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.A.S., (OMISSIS) S.R.L., e (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentate e difese dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3973/17, depositata il 3 ottobre 2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 luglio 2022 dal Consigliere Dot. Guido Mercolino.
Responsabilità banca in caso di pagamento di un assegno con sottoscrizione apocrifa
FATTI DI CAUSA
1. L’ (OMISSIS) S.a.s., la (OMISSIS) S.r.l. e la (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, gia’ intestatarie di conti correnti assistiti da linee di credito presso la (OMISSIS) S.p.a., la convennero in giudizio, per sentirne accertare la responsabilita’ per il pagamento di assegni a firma apocrifa tratti sui predetti conti, con la dichiarazione d’illegittimita’ dei relativi addebiti, la determinazione delle somme da esse effettivamente dovute per l’utilizzazione delle linee di credito, e la condanna della Banca al ripristino delle stesse ed al risarcimento dei danni.
Premesso di essersi accorte, nell’anno 2005, che da oltre un anno la Banca aveva pagato numerosi assegni a firma apocrifa, posti all’incasso direttamente allo sportello, nonostante la rilevanza dei relativi importi, esposero che, a seguito della contestazione della legittimita’ degli addebiti e dello sconfinamento dei fidi, la Banca le aveva invitate a ripianare il saldo debitore delle linee di credito. Precisato inoltre di avere presentato denuncia penale nei confronti di (OMISSIS), loro dipendente, ritenuto autore delle falsificazioni, in quanto intestatario della quasi totalita’ degli assegni, sostennero che la Banca si era sottratta all’adempimento del proprio dovere di diligenza, avendo omesso di effettuare i dovuti controlli e di rilevare e segnalare i comportamenti anomali del predetto dipendente.
Si costitui’ la (OMISSIS), e chiese il rigetto della domanda, affermando che gli assegni, recanti il timbro delle societa’ attrici e firme la cui falsita’ non risultava agevolmente riconoscibile, erano stati negoziati dal (OMISSIS) in qualita’ di delegato delle predette societa’.
Su istanza della (OMISSIS), fu autorizzata la chiamata in causa del (OMISSIS), il quale si costitui’, assumendo di essersi limitato ad effettuare operazioni sulla base di precise direttive delle datrici di lavoro e con titoli dalle stesse firmati.
1.1. Con sentenza del 21 febbraio 2013, il Tribunale di Napoli accolse parzialmente la domanda, dichiarando la falsita’ delle firme apposte sugli assegni ed il concorso di colpa delle attrici e della convenuta, nella misura del 50% ciascuna, rideterminando in Euro 286.498,46 il saldo passivo del conto corrente intestato alla (OMISSIS), in Euro 202.667,52 quello del conto corrente intestato alla (OMISSIS) ed in Euro 65.046,11 quello del conto corrente intestato all’ (OMISSIS), dichiarando inammissibile la domanda di ripristino dei contratti di conto corrente e delle linee di credito, rigettando la domanda di risarcimento dei danni ulteriori, e condannando il (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) della somma di Euro 627.955,50.
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2. Le impugnazioni separatamente proposte dalle societa’ attrici e dal (OMISSIS) sono state riunite dalla Corte d’appello di Napoli, che con sentenza del 3 ottobre 2017 ha parzialmente accolto la prima e rigettato la seconda e l’appello incidentale proposto dalla (OMISSIS), riducendo al 20% la misura del concorso colposo delle attrici, riconoscendo sui conti correnti un saldo attivo di Euro 458.397,54 in favore della (OMISSIS), Euro 324.268,024 in favore della (OMISSIS) ed Euro 104.073,78 in favore dell’ (OMISSIS), e condannando il (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) della somma di Euro 886.739,344.
Premesso che, pur non spiegando efficacia di giudicato nel processo civile, la sentenza di condanna pronunciata ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. nei confronti del (OMISSIS) non poteva essere ritenuta irrilevante, presupponendo un’ammissione di colpevolezza da vagliarsi alla luce di tutti gli altri elementi acquisiti, la Corte ha ritenuto che la responsabilita’ del (OMISSIS) trovasse conferma nella sua qualita’ di unico dipendente delegato al compimento delle operazioni bancarie e di beneficiario di tutti gli assegni posti all’incasso, nel rifiuto da lui opposto alla consegna della documentazione contabile e degli estratti conto bancari richiestagli dal consulente fiscale delle societa’ ai fini della predisposizione dei bilanci, dalla sua ammissione di essersi appropriato delle predette somme e dalle deposizioni rese dai testimoni, non qualificabili come dichiarazioni de relato, nonche’ dall’accertata unicita’ dell’autore della falsificazione.
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Pur dando atto, inoltre, che, come accertato dalla sentenza di primo grado, i titoli posti all’incasso non presentavano segni di manomissione, le firme risultavano sostanzialmente omogenee e la contraffazione non appariva grossolana, involuta o incerta nel tracciato, la Corte ha confermato la responsabilita’ della Banca nella causazione dell’evento dannoso, affermando che la stessa avrebbe potuto rilevare la contraffazione delle firme di traenza o quanto meno avvertire le societa’ attrici dei comportamenti anomali del loro dipendente. Premesso infatti che il c.t.u. aveva posto in risalto tutti gli errori commessi dal (OMISSIS) nella falsificazione della firma del legale rappresentante delle societa’, ha ritenuto che la contraffazione fosse riscontrabile da un cassiere dotato di adeguata competenza professionale o che avesse confrontato le firme di traenza con lo specimen depositato, senza dover ricorrere ad attrezzature sofisticate. Ha aggiunto che i comportamenti del (OMISSIS), sicuramente anomali per un semplice dipendente addetto alla contabilita’, pur se dotato di un’ampia delega al compimento delle operazioni di banca, avrebbero dovuto destare sospetti, in considerazione della frequenza dell’incasso degli assegni e del rilevante importo degli stessi, nonche’ della circostanza che all’epoca dei fatti la movimentazione di somme rilevanti gia’ avveniva con sistemi informatici.
La Corte ha inoltre confermato la concorrente responsabilita’ delle attrici, osservando che le stesse, per evidenti carenze organizzative, avevano delegato al loro dipendente l’esecuzione delle operazioni bancarie, omettendo di esercitare i dovuti controlli e di verificare per un lungo periodo di tempo gli estratti conto. Ribadito che la negligenza in tal modo dimostrata non escludeva la colpa della Banca, derivante dall’inadempimento del dovere di diligenza derivante dalla convenzione di assegno, ha ritenuto peraltro equo ridurre del 20% il risarcimento dovuto alle attrici per l’addebito in conto corrente degli assegni falsificati, rideterminando il saldo dei conti correnti sulla base delle indicazioni risultanti dalla relazione del c.t.u.
La Corte ha accolto infine la domanda di garanzia proposta dalla Banca nei confronti del (OMISSIS), condannandolo al pagamento di un importo pari a quello complessivamente riconosciuto alle attrici, e dichiarando invece inammissibile il motivo di gravame da queste ultime proposto avverso il rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale ulteriore, dal momento che la sentenza impugnata non era stata specificamente censurata nella parte in cui ne aveva ritenuto non provata la sussistenza, l’entita’ e la riconducibilita’ alla condotta del (OMISSIS).
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3. Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorsi per cassazione la (OMISSIS), per sei motivi, illustrati anche con memoria, ed il (OMISSIS), per tre motivi. Le societa’ attrici hanno resistito con controricorsi, proponendo ricorso incidentale condizionato, affidato ad un solo motivo ed anch’esso illustrato con memoria. La (OMISSIS) ha resistito con controricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, la (OMISSIS) denuncia la nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 111 Cost. e dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando che, nonostante la conferma del concorso delle societa’ attrici nella produzione dell’evento dannoso, la Corte d’appello, nel procedere al ricalcolo del saldo dei conti correnti, ha riconosciuto alle stesse importi superiori a quelli risultanti dalla relazione del c.t.u., che non aveva tenuto conto del predetto concorso. Premesso di avere proposto, precedentemente al ricorso per cassazione, istanza di correzione dell’errore materiale, rigettata dalla Corte d’appello in virtu’ della ritenuta sussistenza di un vizio logico di motivazione, non emendabile ai sensi dell’articolo 288 c.p.c., sostiene che la decisione, giustificata dal richiamo alle risultanze della c.t.u., risulta sorretta da una motivazione meramente apparente, perplessa ed obiettivamente incomprensibile, in quanto fondata su affermazioni tra loro inconciliabili.
2. Con il secondo motivo, la Banca deduce la nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 112 c.p.c., sostenendo che, nella rideterminazione del saldo dei conti correnti, la Corte territoriale ha riconosciuto alle societa’ attrici importi superiori a quelli dalle stesse indicati nell’atto di citazione, nella memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 5, ed all’esito della c.t.u..
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3. Con il terzo motivo, la Banca lamenta, in via subordinata, la nullita’ della sentenza impugnata e dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di correzione dell’errore materiale, osservando che, in caso di esclusione della configurabilita’ di un vizio logico, i predetti provvedimenti dovrebbero ritenersi adottati in violazione degli articoli 287 e 288 c.p.c.
4. Con il quarto motivo, la Banca denuncia la violazione degli articoli 1176 e 1992 c.c. e del Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, articolo 43 nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere agevolmente riconoscibile la falsificazione delle firme, la Corte territoriale ha omesso di procedere all’esame visivo dei titoli, indispensabile ai fini dell’accertamento della responsabilita’ per il pagamento di assegni contraffatti, attribuendo rilievo agli accertamenti compiuti dal c.t.u., il quale non aveva mai affermato che la falsificazione fosse rilevabile ictu oculi, ed a circostanze non decisive riguardanti l’incasso degli assegni.
5. Con il quinto motivo, la Banca deduce la violazione degli articoli 1223, 1227, 1768 e 1770 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per non aver tenuto conto dell’ampiezza delle deleghe rilasciate al (OMISSIS), del numero di assegni da lui contraffatti, dell’inadempimento da parte delle attrici dell’obbligo di custodire i libretti degli assegni e dell’omesso controllo degli estratti conto, autonomamente sufficienti a determinare l’evento dannoso, e quindi idonei ad escludere la responsabilita’ di essa ricorrente.
6. Con il sesto motivo, la Banca lamenta la nullita’ della sentenza impugnata per violazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., sostenendo che, nel ritenere tardiva la domanda di riduzione del risarcimento all’importo addebitato nel primo trimestre dell’anno 2004, la Corte territoriale non ha considerato che fin dalla comparsa di costituzione in primo grado essa ricorrente aveva eccepito l’insussistenza della propria responsabilita’ per il pagamento degli assegni posti all’incasso successivamente alla trasmissione dell’estratto conto relativo al predetto trimestre, in considerazione della mancata contestazione della ricezione dello stesso da parte delle attrici, le quali avevano omesso di esercitare qualsiasi controllo in ordine alle relative risultanze.
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7. Con il primo motivo del suo ricorso, il (OMISSIS) censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto provato che egli si fosse appropriato di somme appartenenti alle societa’ attrici mediante la falsificazione delle firme degli assegni, osservando che dall’istruttoria espletata non era risultato che egli fosse l’autore della contraffazione, ed aggiungendo che la sentenza di condanna emessa nei suoi confronti ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. non equivaleva ad un riconoscimento di colpevolezza.
8. Con il secondo motivo, il (OMISSIS) censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che le deposizioni rese dai testimoni fossero qualificabili come dichiarazioni de relato, senza considerare le stesse avevano ad oggetto circostanze che i testi avevano appreso da esso ricorrente.
9. Con il terzo motivo, il (OMISSIS) censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto della pendenza di un altro giudizio promosso dalle societa’ attrici nei confronti di esso ricorrente dinanzi al Giudice del lavoro ed avente ad oggetto il risarcimento del danno derivante dai medesimi fatti.
10. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, le controricorrenti denunciano la nullita’ della sentenza impugnata per apparenza, perplessita’ e/o illogicita’ della motivazione, rilevando che, nella rideterminazione del saldo dei conti correnti, la Corte territoriale non ha esattamente calcolato la somma algebrica del saldo negativo risultante dagli estratti conto e di quello determinato dal c.t.u., avendo riconosciuto ad esse ricorrenti somme inferiori a quelle effettivamente dovute, avuto riguardo alla rideterminazione del contributo da loro fornito alla causazione del danno.
11. Il primo motivo del ricorso principale, con cui si fa valere il difetto di motivazione della sentenza impugnata, nella parte avente ad oggetto il ricalcolo dei saldi dei conti correnti, e’ fondato.
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A corredo delle proprie censure, la ricorrente ha infatti riportato testualmente le conclusioni cui era pervenuto il c.t.u., il quale, muovendo dalla premessa della responsabilita’ esclusiva della Banca nel pagamento degli assegni falsificati dal (OMISSIS), aveva riaccreditato integralmente i relativi importi sui conti correnti delle societa’ attrici, in tal modo rideterminandone i saldi, che erano passati da un passivo di Euro 604.685,86 ad un attivo di Euro 31.688,94 per quello intestato alla (OMISSIS), da un passivo di Euro 435.920,17 ad un attivo di Euro 30.585,14 per quello intestato alla (OMISSIS), e da un passivo di Euro 141.561,56 ad un attivo di Euro 11.469,34 per quello intestato all’ (OMISSIS). Il Tribunale, avendo dichiarato che la sottrazione delle somme dai conti correnti era addebitabile in pari misura alla Banca ed alle societa’ correntiste, aveva invece ridotto del 50% gl’importi da riaccreditare sui conti correnti, con il conseguente ricalcolo dei relativi saldi, divenuti nuovamente passivi, e determinati in Euro 286.498,46 per il conto intestato alla (OMISSIS), in Euro 202.667,52 per quello intestato alla (OMISSIS) ed in Euro 65.046,11 per quello intestato all’ (OMISSIS). Poiche’ la Corte di appello ha ridotto alla misura del 20% il contributo causale fornito dalle societa’ attrici alla verificazione dell’evento dannoso, ci si sarebbe dovuti aspettare che i saldi passivi dei conti correnti si riducessero ulteriormente, in virtu’ del riaccreditamento di un ulteriore 30% degl’importi sottratti: la sentenza impugnata, nel procedere al ricalcolo, ha invece sottratto dai saldi passivi dei conti quelli attivi determinati dal c.t.u., detraendo dalla differenza importi pari alla meta’ di quelli riconosciuti dalla sentenza di primo grado, e trasformando in attivo il risultato, che avrebbe dovuto essere invece passivo. Il ragionamento sotteso a tale modalita’ di calcolo risulta assolutamente incomprensibile, dal momento che elementari regole di logica matematica avrebbero imposto di detrarre dal saldo passivo di ciascun conto, risultante dagli estratti conto prodotti in giudizio, una quota pari all’80% delle somme dallo stesso indebitamente prelevate, il cui importo complessivo avrebbe dovuto essere determinato aggiungendo al saldo passivo, e non gia’ sottraendo dallo stesso, i saldi attivi calcolati dal c.t.u.
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Come correttamente rilevato dalla stessa Corte d’appello nel provvedimento di rigetto dell’istanza di correzione dell’errore materiale, l’errore in tal modo commesso non e’ qualificabile come un mero errore di calcolo, suscettibile di rettifica con la procedura di cui agli articoli 287 c.p.c. e ss., non risolvendosi in un’inesatta applicazione delle regole matematiche ad un conteggio impostato sulla base di criteri di calcolo e dati numerici correttamente individuati, emergente con evidenza dalla lettura della sentenza, ma cadendo sulla stessa individuazione dei presupposti numerici del calcolo e delle operazioni matematiche da compiere, e traducendosi quindi in un vizio logico della motivazione deducibile con il ricorso per cassazione (cfr. Cass., Sez. III, 22/ 11/2016, n. 23704; 15/01/2013, n. 795; Cass., Sez. I, 7/03/2006, n. 4859). Tale vizio non e’ peraltro riconducibile all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non consistendo nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, certamente non individuabile nelle risultanze della relazione del c.t.u., le quali non sono configurabili come fatti storici, principali o secondari, ma come semplici elementi istruttori (cfr. Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. III, 11/04/2017, n. 9253); esso, traducendosi in una grave incongruenza della motivazione, tale da impedire la ricostruzione del percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione, si risolve nel difetto del requisito di cui all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, che comporta la nullita’ della sentenza impugnata, nella parte riguardante la rideterminazione dei saldi dei conti correnti.
12. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo e del terzo, aventi anch’essi ad oggetto la rideterminazione dei saldi, e riflettenti il vizio di ultrapetizione e l’errato rigetto dell’istanza di correzione.
13. Sono invece inammissibili il quarto ed il quinto motivo, riguardanti l’accertamento della corresponsabilita’ della Banca per il pagamento degli assegni falsificati.
In tema di responsabilita’ della banca per l’espletamento del servizio di pagamento degli assegni, questa Corte ha infatti affermato ripetutamente che, in caso di pagamento di un assegno con sottoscrizione apocrifa, la mera alterazione del titolo non e’ di per se’ sufficiente ai fini dell’affermazione della responsabilita’ dell’ente creditizio, occorrendo invece che tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non e’ tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, ne’ e’ tenuto a mostrare le qualita’ di un esperto grafologo (cfr. Cass., Sez. VI, 19/06/2018, n. 16178; Cass., Sez. III, 4/10/2011, n. 20292). Premesso infatti che la misura della diligenza richiesta alla banca nel rilevamento della contraffazione dev’essere individuata in quella dell’accorto banchiere, da valutarsi alla stregua dell’articolo 1176 c.c., comma 2, avuto riguardo alla natura professionale dell’attivita’ esercitata, si e’ osservato che la congruita’ della condotta tenuta dalla banca va accertata in relazione a quel dato contesto storico e a quella determinata falsificazione, mediante un’indagine volta a saggiare in concreto il grado di esigibilita’ della predetta diligenza, ed a verificare in particolare se la falsificazione sia o meno riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, o anche con mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o piuttosto se ai fini della sua individuazione sia necessario il ricorso ad attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o a particolari cognizioni teoriche e/o tecniche (cfr. Cass., Sez. I, 26/01/2016, n. 1377; 4/08/2016, n. 16332; Cass., Sez. III, 20/03/2014, n. 6513).
A tali principi si e’ correttamente attenuta la sentenza impugnata, la quale, nel ritenere che la condotta della Banca avesse contribuito alla causa-zione dell’evento dannoso, ha conferito rilievo per un verso alle risultanze della c.t.u., dalle quali ha desunto che la contraffazione dei titoli fosse riconoscibile, anche senza il ricorso ad apparecchiature sofisticate e costose, da un cassiere dotato di competenza professionale che avesse proceduto ad un attento confronto tra le firme di traenza e lo specimen depositato, e per altro verso alle circostanze concrete in cui avevano avuto luogo i pagamenti, ponendo in risalto l’anomalia del comportamento tenuto dal (OMISSIS), rilevabile sulla base del numero degli assegni da lui incassati e della consistenza del relativo importo, e concludendo che, ove avesse adoperato la diligenza e la professionalita’ dell’accorto banchiere, la Banca avrebbe potuto accorgersi della falsificazione delle firme di traenza o quanto meno potuto avvisare le societa’ attrici della condotta del loro dipendente, in modo tale da impedirne la prosecuzione.
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Tale apprezzamento, configurabile come un giudizio di fatto, sindacabile in sede di legittimita’ esclusivamente per vizio di motivazione, non risulta adeguatamente censurato dalla ricorrente, la quale non e’ in grado d’individuare elementi di fatto emersi dal dibattito processuale ed indebitamente trascurati dalla sentenza impugnata, idonei ad orientare in senso diverso la decisione: essa si limita infatti ad insistere per un verso sulla non rilevabilita’ ictu oculi della falsificazione e sulla portata non decisiva delle circostanze valorizzate dalla Corte d’appello, e per altro verso sulla rilevanza di altri elementi, che risultano invece presi puntualmente in considerazione ai fini dell’affermazione della corresponsabilita’ delle societa’ attrici; le censure proposte si risolvono pertanto nella mera sollecitazione di una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica delle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato, nonche’ la coerenza logico-formale delle stesse, nei limiti in cui le relative anomalie possono ancora essere fatte valere con il ricorso per cassazione, a seguito della riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ad opera del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass., Sez. I, 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547).
14. E’ infine inammissibile il sesto motivo, riguardante la tempestivita’ della richiesta di limitazione della responsabilita’ della Banca al periodo anteriore all’invio dell’estratto conto relativo al primo trimestre dell’anno 2004.
Nell’escludere la possibilita’ di limitare la responsabilita’ della Banca al predetto periodo, la sentenza impugnata non si e’ infatti limitata a rilevare la tardivita’ della proposizione della relativa questione, in quanto sollevata per la prima volta in sede di gravame, ma l’ha esaminata anche nel merito, richiamando le considerazioni svolte in ordine al contributo causale fornito dalla Banca al verificarsi dell’evento dannoso, attraverso l’inadempimento del dovere di diligenza posto a suo carico.
In quanto sufficiente a giustificare il rigetto della predetta questione, tale richiamo si configura come una distinta ratio decidendi, la cui conferma, per effetto della dichiarazione d’inammissibilita’ delle censure mosse all’accertamento della responsabilita’ della Banca, determina l’inammissibilita’ anche di quella riguardante la tempestivita’ della predetta richiesta, conformemente al principio, piu’ volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, ove la statuizione impugnata risulti fondata su una pluralita’ di ragioni, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione adottata, il rigetto delle censure rivolte contro una delle stesse, comportandone il passaggio in giudicato, rende inammissibili, per sopravvenuto difetto d’interesse, quelle mosse alle altre, il cui accoglimento non potrebbe in nessun caso condurre all’annullamento della statuizione impugnata (cfr. Cass., Sez. III, 13/06/2018, n. 15399; 14/02/2012, n. 2108; Cass., Sez. V, 11/05/208, n. 11493).
15. Passando all’esame del ricorso proposto dal (OMISSIS), e’ inammissibile il primo motivo, riguardante l’accertamento della sua responsabilita’ per la sottrazione delle somme dai conti correnti delle societa’ attrici.
Responsabilità banca in caso di pagamento di un assegno con sottoscrizione apocrifa
Premesso che, nel richiamare la sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. nel procedimento penale svoltosi a carico del ricorrente, la Corte di merito si e’ correttamente attenuta al principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui nel giudizio civile di risarcimento e restituzione la sentenza penale di patteggiamento, pur non spiegando efficacia di giudicato, costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito, il quale, ove intenda disconoscerne l’efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilita’ (cfr. Cass., Sez. VI, 14/10/2021, n. 28106; Cass., Sez. III, 18/04/2013, n. 9456; Cass., Sez. V, 3/12/2010, n. 24587), si osserva che l’affermazione della responsabilita’ del ricorrente trova giustificazione in una pluralita’ di elementi, puntualmente evidenziati dalla sentenza impugnata, quali la delega rilasciatagli dalle societa’ attrici per il compimento di operazioni bancarie, la sua indicazione come beneficiario di tutti gli assegni contraffatti, la riconducibilita’ delle relative firme di traenza ad un unico soggetto, il suo rifiuto di ottemperare alla richiesta di consegna della documentazione contabile rivoltagli dal consulente fiscale delle societa’ e le deposizioni rese dai testi escussi. Nel censurare il predetto apprezzamento, il ricorrente non e’ in grado d’indicare elementi di fatto emersi dal dibattito processuale ed indebitamente trascurati dalla Corte territoriale, idonei ad orientare in senso diverso la decisione, ma si limita a contestare la valenza probatoria di quelli presi in esame dalla sentenza impugnata, in tal modo sollecitando una nuova valutazione die fatti, non consentita a questa Corte, alla quale, come si e’ detto, non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui sono demandate in via esclusiva l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, il controllo della loro attendibilita’ e concludenza e la scelta, tra le complessive risultanze del processo, di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. VI, 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547; Cass., Sez. lav., 14/ 11/2013, n. 25608).
16. E’ invece infondato il secondo motivo, riguardante la natura giuridica delle deposizioni rese dai testimoni escussi nel corso dell’istruttoria.
In quanto aventi ad oggetto ammissioni di responsabilita’ compiute dal ricorrente in presenza dei testi, le predette deposizioni sono state correttamente ritenute non qualificabili come testimonianze de relato, le quali hanno ad oggetto circostanze che i testi hanno appreso da persone estranee al giudizio; esse si configuravano invece come testimonianze de relato ex parte, le quali, quando abbiano ad oggetto circostanze riferite ai testi da una delle parti e sfavorevoli alla stessa, hanno natura giuridica di confessione stragiudiziale resa al terzo, e, se supportate dal relativo elemento soggettivo, sono liberamente apprezzabili da parte del giudice di merito, ai sensi dell’articolo 2735 c.c., comma 1, secondo periodo, nonche’ idonee a fondare il suo convincimento (cfr. Cass., Sez. III, 8/04/2020, n. 7746; Cass., Sez. lav., 19/01/2017, n. 1320).
Responsabilità banca in caso di pagamento di un assegno con sottoscrizione apocrifa
17. E’ altresi’ infondato il terzo motivo, riflettente la pendenza di un altro giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno cagionato dalla sottrazione delle somme dai conti correnti delle societa’ attrici, e promosso da queste ultime dinanzi al Giudice del lavoro.
Il predetto giudizio, pur traendo origine dalla medesima vicenda cui si riferisce quello in esame, non ha infatti alcun punto di contatto, ne’ soggettivo ne’ oggettivo, con esso, essendo stato promosso dalle societa’ attrici in qualita’ di datrici di lavoro del (OMISSIS) ed avendo ad oggetto l’accertamento della responsabilita’ contrattuale del convenuto, per inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, nonche’ la condanna dello stesso alla restituzione delle somme illecitamente sottratte dai conti correnti, mentre la domanda avanzata in questa sede nei confronti del (OMISSIS) e’ stata proposta dalla Banca e ha per oggetto l’accertamento della concorrente responsabilita’ extracontrattuale dello stesso per la sottrazione delle medesime somme, nonche’ la condanna del ricorrente, in qualita’ di terzo chiamato in causa, a rivalere la Banca degl’importi dovuti alle attrici a titolo di risarcimento dei danni. Diversi risultano pertanto non solo i soggetti, ma anche i petita e le causae petendi delle due domande, il cui contemporaneo accoglimento non potrebbe d’altronde determinare alcuna duplicazione del risarcimento, avuto riguardo al rapporto di solidarieta’ configurabile tra il ricorrente e la Banca, indipendentemente dalla diversita’ dei titoli dedotti a fondamento delle due pretese, ed alla conseguente facolta’ di ciascuno dei debitori di far valere nei confronti delle creditrici l’eventuale sopravvenuta estinzione, anche parziale, del debito ad opera dell’altro.
18. E’ infine inammissibile, per difetto d’interesse, l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato proposto dalle societa’ attrici, avente anch’esso ad oggetto la rideterminazione dei saldi dei conti correnti e fondato sulle stesse argomentazioni svolte a sostegno del primo motivo del ricorso principale, nonche’ volto al conseguimento del medesimo risultato, meno favorevole alle controricorrenti di quello derivante dalla sentenza impugnata. Nel resistere al ricorso principale, le stesse controricorrenti sostengono peraltro, in contraddizione con il proprio assunto, una tesi diversa da quella posta a fondamento del ricorso incidentale, negando che quello fatto valere dalla ricorrente costituisca un vizio logico della motivazione, ed affermando invece che si tratta di un errore di fatto, da farsi valere con l’impugnazione per revocazione, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4.
19. Il ricorso principale va pertanto accolto, limitatamente al primo motivo, mentre quello incidentale del (OMISSIS) va rigettato e quello delle societa’ attrici va dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, nei limiti segnati dal motivo accolto, con il rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
accoglie primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo ed inammissibili il quarto, il quinto ed il sesto motivo, rigetta il ricorso incidentale di (OMISSIS), dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato dell’ (OMISSIS) S.a.s., della (OMISSIS) S.r.l. e della (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
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