Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 ottobre 2022| n. 29144.

Reiterazione abusiva di contratti a termine

Nell’ipotesi di reiterazione abusiva di contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge n. 124/1999, la stabilizzazione opera come fatto modificativo del diritto al risarcimento del danno; ne discende che l’onere di allegare e provare l’intervenuta stabilizzazione grava sul datore di lavoro che abbia commesso l’abuso, perché si è in presenza di un’eccezione in senso lato, non di una mera difesa. Ulteriore corollario della natura di eccezione in senso lato è che alla stessa si applicano le relative regole di rito: opera, dunque, il principio secondo cui l’eccezione stessa può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, in qualsiasi stato e grado del processo, purché sulla base delle allegazioni e di prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo e quindi, nelle controversie soggette al rito del lavoro, anche all’esito dell’esercizio dei poteri istruttori di cui all’art. 421, comma 2, cod. proc. civ., legittimamente esercitabili dal giudice.

Ordinanza|6 ottobre 2022| n. 29144. Reiterazione abusiva di contratti a termine

Data udienza 24 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Personale docente – Reiterazione abusiva di contratti a termine – Intervenuta stabilizzazione ai sensi della legge n. 107/2015 – Misura proporzionata ed idonea a sanzionare l’abuso – Onere del MIUR di provare il fatto modificativo o estintivo del diritto al risarcimento del danno – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22010/2017 R.G. proposto da:
MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
Nonche’
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1374/2017 depositata il 20/03/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2022 dal Consigliere FRANCESCA SPENA.

RILEVATO IN FATTO

CHE:
1. Con sentenza del 20 marzo 2017, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, dichiarava l’abusiva reiterazione dei contratti di lavoro subordinato a termine intercorsi tra (OMISSIS) ed il MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (in prosieguo: MIUR) per lo svolgimento di mansioni di docenza e condannava il MIUR al risarcimento del danno L. n. 183 del 2010, ex articolo 32, nella misura di sei mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto.
2. La corte territoriale, richiamata la giurisprudenza di questa Corte, osservava che, mentre per gli altri litisconsorti, docenti a termine, la domanda non poteva essere accolta, l’ (OMISSIS) aveva illegittimamente stipulato quattro contratti di supplenza per posti disponibili e vacanti con scadenza al termine dell’anno scolastico (negli anni 2007/2008, 2008/2009, 2009/2010, 2010/2011), realizzandosi l’abuso vietato dalla clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.
3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il MIUR, articolato in un unico motivo di censura, notificato anche agli altri litisconsorti; gli intimati non hanno opposto difese

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:
1. Con l’unico motivo di ricorso il MIUR ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e falsa applicazione: dell’articolo 2697 c.c.; della direttiva 1999/70/ CE del 28 Giugno 1999; della clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla suddetta direttiva; del Decreto Legislativo n. 297 del 1994, articoli 485, 489 e 526; della L. n. 124 del 1999, articolo 4; dell’articolo 5, comma 4 bis, e dell’articolo 10, comma 4 bis, Decreto Legislativo n. 368 del 2001; del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 36; della L. 13 luglio 2015, n. 107, articolo 1, commi 95 – 132; dell’articolo 1175 c.c..
2. La censura afferisce alla posizione di (OMISSIS).
3. In questa sede il MIUR ha dedotto che il docente era stato immesso in ruolo – in virtu’ dei meccanismi di avanzamento automatico nelle graduatorie provinciali anteriori alla L. n. 107 del 2015 – sin dal 1 settembre 2013 e, dunque, aveva gia’ ottenuto il bene della vita per il quale aveva agito in giudizio.
4. Si denuncia l’erroneita’ della sentenza impugnata nella parte in cui essa, seppure implicitamente, aveva addossato al MIUR l’onere di allegare l’intervenuta stabilizzazione del lavoratore e si assume che la controparte avrebbe abusato del proprio diritto, coltivando l’azione per il risarcimento del danno dopo avere gia’ ottenuto la riparazione in forma specifica, cosi’ violando il dovere di agire secondo correttezza consacrato dall’articolo 1175 c.c..
5. Il ricorso e’ infondato.
6. E’ ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento, formatosi a partire da Cass. n. 22552/2016, secondo cui, nell’ipotesi di reiterazione abusiva di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, articolo 4, comma 1, la stabilizzazione ottenuta ai sensi della L. n. 107 del 2015, ovvero l’immissione in ruolo avvenuta secondo il sistema del cosiddetto “doppio canale” costituiscono “misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione”; ne consegue che non e’ invocabile il principio, affermato da Cass. S.U. n. 5072/2016, della presunzione del “danno comunitario” e torna ad espandersi la regola generale in forza della quale il danno deve essere allegato e provato dal soggetto che assume di averlo subito.
7. La stabilizzazione, quindi, opera come fatto modificativo del diritto al risarcimento del danno; ne discende che l’onere di allegare e provare l’intervenuta stabilizzazione grava sul datore di lavoro che abbia commesso l’abuso, perche’ si e’ in presenza di un’eccezione in senso lato, non di una mera difesa (cfr. Cass. n. 21355/2022).
8. Ulteriore corollario della ritenuta natura di eccezione in senso lato e’ che alla stessa si applicano le relative regole di rito: opera, dunque, il principio secondo cui l’eccezione stessa puo’ essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, in qualsiasi stato e grado del processo, purche’ sulla base delle allegazioni e di prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo e quindi, nelle controversie soggette al rito del lavoro, anche all’esito dell’esercizio dei poteri istruttori di cui all’articolo 421 c.p.c., comma 2, legittimamente esercitabili dal giudice (cfr. fra le tante, sul rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato, Cass. n. 22371/2021; Cass. n. 25434/2019; Cass. n. 14755/2018).
9. L’eccezione in senso lato e’ deducibile anche nel giudizio di cassazione, a condizione che non implichi nuovi accertamenti di fatto, perche’ e’ ius receptum il principio secondo cui “ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimita’ ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa ” (Cass. n. 2038/2019).
10. Solo nell’ipotesi di ius superveniens (ivi comprese le sentenze di accoglimento della Corte costituzionale) il giudice di legittimita’ e’ tenuto a dare immediata attuazione, anche d’ufficio, alla nuova regolamentazione della materia e, ove questa richieda accertamenti su elementi di fatto non desumibili dagli atti, a cassare la sentenza impugnata, rimettendo al giudice del merito il relativo compito (Cass. n. 13458/2016; Cass. n. 34209/2019).
11. E’ quanto accaduto, in relazione alle controversie in tema di precariato scolastico, per i giudizi gia’ pendenti in cassazione al momento della pronuncia della Corte Costituzionale n. 187/2016, successiva al rinvio pregiudiziale definito dalla Corte UE con la sentenza del 26 novembre 2014, nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C418/13, MASCOLO ed altri; in quel caso, infatti, come gia’ evidenziato in motivazione da Cass. n. 10538/2020, occorreva tener conto dello ius superveniens ed, in particolare, della pronuncia di incostituzionalita’ nella sua interezza (punto 59 della sentenza n. 22552/2016) e, quindi, anche di quanto osservato dal Giudice delle leggi in merito alla cancellazione dell’illecito.
12. A quelle fattispecie non e’ assimilabile l’odierna vicenda processuale, perche’ la sentenza impugnata e’ stata pronunciata dalla Corte distrettuale il 20 marzo 2017; al momento della dichiarazione di incostituzionalita’ (nonche’ del successivo intervento nomofilattico di questa Corte) il processo era pendente in grado di appello e, pertanto, era in quella sede che il Ministero avrebbe dovuto allegare e provare il fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto al risarcimento del danno.
13. Il ricorso per cassazione, interamente incentrato sull’avvenuta stabilizzazione risalente al 1 settembre 2013, prospetta, quindi, una questione giuridica, implicante un accertamento di fatto, non dedotta tempestivamente nel giudizio di merito.
14. Non giova al Ministero invocare quanto statuito da Cass. n. 8943/2017, perche’ anche in quel caso- come nelle fattispecie decise all’udienza del 18 ottobre 2016- si trattava di un giudizio di legittimita’ pendente sin dal 2012 e l’immissione in ruolo era stata tempestivamente dedotta una volta intervenuto lo ius superveniens.
15. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione perche’ le controparti non hanno svolto attivita’ difensiva.
16. Il giudice dell’impugnazione, ove pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilita’ o la improcedibilita’ dell’impugnazione, puo’ esimersi dalla attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315). L’Amministrazione dello Stato, a tenore del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, e’ esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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