Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 29 aprile 2019, n. 17727.
La massima estrapolata:
Non risponde del reato di omesso versamento Iva il liquidatore che non ha versato le imposte se al momento dell’assunzione dell’incarico non c’erano risorse disponibili: è una causa di forza maggiore che giustifica l’inadempimento.
Sentenza 29 aprile 2019, n. 17727
Data udienza 13 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARNO Giulio – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/02/2018 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Gianni Filippo Reynaud;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SECCIA Domenico, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore del ricorrente avv. (OMISSIS) che ha concluso chiedendo accogliersi le conclusioni del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 Febbraio 2018, la Corte d’appello di Firenze, decidendo il gravame proposto da (OMISSIS), ha confermato la sentenza con cui il medesimo e’ stato ritenuto responsabile del reato di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10-terper aver omesso il versamento dell’IVA per 687.207,00 Euro in relazione al debito d’imposta della (OMISSIS) Spa per il 2009.
2. Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
3. Con il primo motivo si lamentano la violazione degli articoli 40, 41 e 42 c.p., il travisamento delle risultanze processuali e l’illogica ed errata motivazione per essere stata ritenuta la responsabilita’ dell’imputato benche’ egli avesse assunto la carica di liquidatore della societa’ – proprietaria della squadra di calcio dell'(OMISSIS) – soltanto un mese prima della scadenza del termine per il versamento dell’IVA e non abbia potuto effettuare il versamento per assoluta mancanza di liquidita’ ed impossibilita’ di reperirla. La Corte d’appello non ha considerato che l’imputato aveva accettato quell’incarico soltanto perche’ i soci avevano promesso una ricapitalizzazione ed era comunque in corso una trattativa per la vendita di un giocatore: egli aveva rassegnato le dimissioni non appena aveva avuto contezza che entrambi gli eventi non si sarebbero verificati, si’ che rimase in carica soltanto dal 26 novembre 2010 all’11 febbraio 2011, data, quest’ultima, fissata a causa dei tempi tecnici necessari per poter adempiere alle formalita’ ed erroneamente valutata dalla Corte come indice della volonta’ di non effettuare il versamento dell’imposta. Tale conseguenza fu dunque determinata da forza maggiore e, in ogni caso, non sussisterebbe il dolo eventuale, illogicamente ravvisato invece dalla sentenza impugnata nell’accettazione del rischio connesso all’assunzione della carica di liquidatore, trattandosi semmai di profilo valutabile quale mero indice di colpa.
4. Con il secondo motivo si deduce il vizio di mancanza di motivazione con riguardo al motivo di gravame con cui si era lamentata la condanna per un fatto addebitabile alla condotta del precedente amministratore, che aveva incassato l’IVA senza accantonarla per il successivo versamento all’Erario. Se il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter dovesse essere interpretato nel senso che in un caso come quello di specie il liquidatore debba rispondere per l’omesso versamento determinato dalla mancanza di liquidita’ ad altri addebitabile – si aggiunge – la disposizione si porrebbe in contrasto con l’articolo 27 Cost., comma 1.
5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’intervenuta prescrizione del reato alla data del 27 giugno 2018.
6. Con memoria contenente motivi aggiunti, il ricorrente ha ulteriormente dedotto violazione degli articoli 40, 41 e 42 c.p. e vizio di motivazione, anche per travisamento di prova decisiva, non avendo la Corte territoriale riconosciuto la causa di non punibilita’ della forza maggiore pur a fronte delle dichiarazioni rese dal curatore fallimentare escusso come testimone circa l’insussistenza nelle casse della societa’, al momento della scadenza del termine, di fondi sufficienti per effettuare il pagamento del debito d’imposta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non e’ inammissibile e, essendosi il reato prescritto, la sentenza impugnata dev’essere annullata senza rinvio per tale causa.
2. Ed invero, con riguardo alla responsabilita’ penale del liquidatore di societa’ per il mancato versamento delle imposte sulla medesima gravanti, allorquando il debito contributivo si sia formato nel periodo di gestione di precedente organo amministrativo e l’omissione sia dovuta ad assenza della necessaria provvista non imputabile al liquidatore, la giurisprudenza di questa Corte ha seguito percorsi non univoci.
Secondo un primo indirizzo, in particolare affermato per il reato di omesso versamento dell’IVA di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-ter, e sostanzialmente fatto proprio dalla sentenza impugnata, risponde quantomeno a titolo di dolo eventuale il soggetto che, subentrando ad altri nella carica di amministratore o liquidatore di una societa’ di capitali dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, omette di versare all’Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, in quanto attraverso tale condotta lo stesso si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze (Sez. 3, n. 34927 del 24/06/2015, Alfieri, Rv. 264882; Sez. 3, n. 38687 del 04/06/2014, Decataldo, Rv. 260390; Sez. 3, n. 3636 del 09/10/2013, dep. 2014, Stocco, Rv. 259092).
3. Con piu’ recente decisione, emessa in relazione all’analogo delitto di omesso versamento delle ritenute certificate, si e’ invece affermato il principio secondo cui, in tema di reati tributari, il liquidatore di societa’ risponde del delitto previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10-bis, non per il mero fatto del mancato pagamento, con le attivita’ di liquidazione, delle imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, ma solo qualora distragga l’attivo della societa’ in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e lo destini a scopi differenti (Sez. 3, n. 21987 del 28/04/2016, Bareato, Rv. 267337). In motivazione, la decisione spiega che la conclusione e’ ricavabile dalle limitazioni fissate, dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 36, alla responsabilita’ in proprio del liquidatore, che sussiste solo qualora egli non provi di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci e creditori ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari.
Benche’ tale disposizione – che, peraltro, riguarda l’obbligo civilistico solidale del pagamento dei tributi non versati – si riferisca esclusivamente alle imposte sui redditi, reputa il Collegio che il principio di cui essa e’ espressione risponda all’esigenza di non gravare chi assuma la carica di liquidatore di una societa’ di responsabilita’ per omessi pagamenti dovuti all’insufficienza di risorse che spesso caratterizza la fase liquidatoria e rispetto ai quali nessuno specifico motivo di rimprovero puo’ essere mosso all’agente. Tale disciplina e la citata giurisprudenza di legittimita’ che ne ha fatto recente applicazione si muovono, dunque, in quella prospettiva di non imputabilita’ della condotta (per causa di forza maggiore od assenza di elemento soggettivo) che – con argomentazioni specifiche e non manifestamente infondate – il ricorrente ha posto a base del ricorso per lamentare l’illegittimita’ ed il difetto di logica motivazione della decisione di merito che non ha invece considerato quei profili.
4. Poiche’ il ricorso non puo’ pertanto dirsi inammissibile ed il delitto – in assenza di cause di sospensione del corso della prescrizione – si e’ estinto col decorso del termine massimo di anni sette e mesi sei dalla consumazione, avvenuta in data 27 dicembre 2010, non essendo evidente la sussistenza di una causa di proscioglimento piu’ favorevole ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., la sentenza impugnata dev’essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
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