Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 20 maggio 2019, n. 22038.

La massima estrapolata:

Integra il reato di lottizzazione abusiva il cambio di destinazione da alberghiera a residenziale attraverso il frazionamento con vendita a singoli privati di un immobile destinato a finalità turistico ricettive.

Sentenza 20 maggio 2019, n. 22038

Data udienza 11 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – rel. Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 14/11/2018 del Tribunale del riesame di Forli’;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal Presidente;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Dott. CUOMO Luigi, che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dei difensore del ricorrente, Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 14/11/2018, il Tribunale del riesame di Forli’ rigettava il ricorso proposto da (OMISSIS) e, per l’effetto, confermava il decreto di sequestro preventivo emesso il 18/10/2018 dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale con riguardo alla contravvenzione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, comma 1, lettera c).
2. Propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), quale legale rappresentante p.t. della (OMISSIS) s.r.l., proprietaria dell’immobile in sequestro, deducendo i seguenti motivi:
– violazione ed errata applicazione dell’articolo 44 contestato; manifesta illogicita’ della motivazione. Il Tribunale del riesame, che peraltro avrebbe riconosciuto la legittimita’ dei titoli edilizi abitativi in possesso della “Casalogic”, avrebbe fondato il proprio giudizio su un presupposto errato, quale la natura propriamente alberghiera del complesso immobiliare in oggetto; per contro, sin dal 2002 lo stesso avrebbe assunto la natura di Residenza Turistico Alberghiera (RTA), previa demolizione di una vecchia e fatiscente struttura, e, dal 2013, di Casa Appartamenti per le Vacanze (CAV), che la Legge Regionale n. 15 del 2013, articolo 55, – in uno con l’articolo 80, NTA del Piano regolatore generale del Comune di Cesenatico consentiva di realizzare, con unita’ immobiliari vendibili singolarmente. Nessun mutamento di destinazione d’uso, pertanto, vi sarebbe stato, atteso che la normativa consentirebbe il frazionamento delle strutture turistico ricettive espressamente finalizzato alla compravendita di ridotte unita’ immobiliari adibite ad attivita’ produttiva; quel che sarebbe avvenuto, peraltro, con il pieno assenso dell’amministrazione comunale e senza aggravio del carico urbanistico, come confermato dal versamento di oltre 34.000,00 Euro a titolo di oneri di monetizzazione di parcheggio pubblico, equiparati a quelli di urbanizzazione;
– violazione della Legge Regionale n. 16 del 2004, articolo 11, articoli 2082 e 2555 c.c., Contrariamente all’interpretazione offertane dal Tribunale, la Legge Regionale n. 16 del 2004, articolo 11, consentirebbe la gestione – anche di un solo appartamento – in forma imprenditoriale, ossia anche ad opera di un imprenditore individuale; ne consegue che il reato in rubrica non potrebbe esser ascritto al (OMISSIS), il quale avrebbe venduto la proprieta’ (per l’appunto) anche a singoli, peraltro imponendo la gestione come CAV, senza tuttavia poter esser chiamato a rispondere delle diverse intenzioni eventualmente maturate nel foro interno degli acquirenti stessi. Quanto precede, peraltro, risulterebbe confermato dal tenore degli atti di compravendita, che attesterebbero la natura dell’immobile (casa vacanza), con obbligo per gli acquirenti di attuare una gestione di tipo “alberghiero”, ossia imprenditoriale, per le rispettive parti di proprieta’ esclusiva. In sintesi, dunque, si tratterebbe di un bene CAV, venduto come tale e ad uso vincolato CAV, secondo lo strumento urbanistico vigente, si’ da rispettare la destinazione d’uso assentita. E con la precisazione conclusiva per cui, contrariamente a quanto si legge nell’ordinanza, nella struttura non vi sarebbero soggetti residenti.
Si chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Osserva preliminarmente questa Corte che, in sede di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’articolo 325 c.p.p., ammette il sindacato di legittimita’ soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ manifesta, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606, lettera e), stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
4. Tanto premesso in termini generali, ritiene il Collegio che il ricorso in esame sia inammissibile, atteso che – lungi dal muovere censure nei ristretti termini appena richiamati – 1) denuncia un travisamento del fatto (la dedotta natura della struttura, che si assume non essere un albergo dal 2002, perche’ trasformata prima in RTA e poi in CAV); 2) lamenta una manifesta illogicita’ della motivazione (cosi’ gia’ espressamente rubricata nel primo motivo) in relazione alla Legge Regionale n. 15 del 2013, articolo 55, e articolo 80, NTA del PRG del Comune di Cesenatico; 3) offre un’interpretazione della normativa interessata (la citata Legge Regionale n. 16 del 2004, articolo 11, e la nozione di impresa) differente da quella sviluppata dal Tribunale (peraltro, come si dira’, con argomento del tutto congruo); 4) richiama il contenuto di atti (amministrativi e notarili), neppure allegati alla stessa impugnazione, invocandone all’evidenza una diversa e piu’ favorevole lettura di merito.
5. In sintesi, un insieme di doglianze precluse nella fase di legittimita’, con le quali si sollecita al Collegio una integrale rivalutazione del materiale istruttorio, compresi – si ribadisce – plurimi profili di fatto, peraltro meramente asseriti, in palese dissonanza con la lettera e la ratio del citato articolo 325 c.p.p..
6. A cio’ peraltro deve aggiungersi – in termini contrari al contenuto del ricorso – l’ampia ed esaustiva motivazione stesa dal Tribunale del riesame, il quale, con lettura congrua e non manifestamente illogica delle emergenze investigative, ha individuato il fumus del reato di lottizzazione abusiva ed il periculum legato alla libera disponibilita’ degli immobili (profilo, peraltro, estraneo alla presente impugnazione). In particolare, l’ordinanza ha sottolineato che la societa’ proprietaria della struttura aveva realizzato, in luogo di un precedente albergo, 23 unita’ immobiliari singole, “divenute di proprieta’ esclusiva degli acquirenti”, alcune delle quali con autonomi allacciamenti domestici all’energia elettrica e due di queste divenute luogo di residenza anagrafica dei rispettivi proprietari. Di seguito, il Collegio ha sottolineato che emergeva quindi evidente il fumus di quanto contestato, ossia “aver realizzato una lottizzazione abusiva di tipo giuridico, ovvero avere frazionato formalmente l’immobile per ricavarne una parcellizzazione consentita dalla legge per finalita’ turistico ricettive, tale da dare impulso alla locale economia, ma sostanzialmente avendo voluto sin dall’inizio delle opere realizzare, come poi e’ stato, delle unita’ immobiliari autonome e distinte, da vendere a soggetti privati, cambiando di fatto la destinazione d’uso dell’area da turistico ricettiva e residenziale.”
7. Ancora, e giungendo al fulcro del provvedimento, l’ordinanza ha richiamato la Legge Regionale n. 16 del 2004, articolo 11, in tema di case e appartamenti per vacanze, evidenziando che la norma prevede che gli stessi immobili: a) possono esser gestiti soltanto in forma imprenditoriale, per essere locati ai turisti; b) possono esser venduti ad un soggetto privato che ne acquisti almeno tre, sempre per esser locati ai turisti; c) possono esser gestiti anche in numero a questo inferiore, ma – in tal caso – “da imprese, comprese le agenzie immobiliari che operano nel campo del turismo”, e sempre con la medesima finalita’ locatizia.
8. Ipotesi, queste appena richiamate, che il Tribunale ha ritenuto non sussistenti nel caso di specie, con argomento immeritevole di censura. In particolare, l’ordinanza ha evidenziato che dall’esame degli atti notarili (il cui professionista e’ del pari indagato nel procedimento, insieme al ricorrente ed agli acquirenti), nonche’ da quelli di polizia giudiziaria, emerge che le strutture abitative – “tutte accatastate autonomamente, dotate di allacci alle utenze individuali, prive di ogni servizio comune, soggette a divisione millesimale e a regolamento condominiale allegato ad ogni singolo atto di compravendita” – non sono rispondenti a quanto stabilito dalla normativa regionale, risultando si’ assentite, ma “fatto salvo il rispetto della destinazione d’uso della zona, classificata come turistica e non residenziale.” Si’ da concludere, dunque, che “aggirare la norma di cui alla Legge Regionale n. 16 del 2004, articolo 11, vendendo singoli appartamenti a soggetti privati, cui a questo punto nessuno potrebbe vietare di stabilirsi in via permanente, in spregio allo spirito della legge e della volonta’ della P.A. al momento della pianificazione del territorio, appare evidente sintomo dell’intento lottizzatorio abusivo, alla luce della definizione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 30”. Quanto precede, ancora, con piena coscienza e volonta’ – emersa in capo al ricorrente, allo stato degli atti – di realizzare un complesso immobiliare ad uso residenziale.
E senza poter apprezzare, in termini diversi, gli elementi in fatto richiamati nel ricorso (dal contenuto degli atti notarili al pagamento di taluni oneri), perche’ ancora propri della fase di merito e non ammessi innanzi alla Corte di legittimita’; al pari, peraltro, della difforme interpretazione della normativa per come proposta dal ricorrente, il quale, per un verso, ha richiamato la nozione (anche) di imprenditore individuale, ma, per altro verso, non ha considerato quella finalita’ locatizia, piu’ volte citata, che costituisce il fulcro attorno al quale la stessa disciplina ha inteso garantire la destinazione d’uso del bene, ovviamente nel doveroso rispetto degli strumenti urbanistici vigenti.
9. Proprio a tale riguardo, da ultimo, rileva la Corte che l’ordinanza in esame, pronunciandosi su una tesi reiterata anche in questa sede (ossia, la possibile vendita degli appartamenti a soggetti privati), ha richiamato il condiviso indirizzo di legittimita’ in forza del quale, in materia edilizia, configura comunque il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d’uso di immobili oggetto di un piano di lottizzazione attraverso il frazionamento di un complesso immobiliare, di modo che le singole unita’ perdano la originaria destinazione d’uso alberghiera per assumere quella residenziale, atteso che tale modificazione si pone in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione (tra le altre, Sez. 3, n. 38799 del 16/9/2015, De Paola, Rv. 264717; Sez. 3, n. 13687 del 28/2/2007, Signori, Rv. 236340). Quel che rileva, dunque, non e’ il regime proprietario della struttura, ma la configurazione della stessa (anche se appartenente a piu’ proprietari) come albergo o struttura assimilata per finalita’ turistico-ricettiva (come nel caso di specie), ed una configurazione siffatta deve essere caratterizzata dalla “concessione in locazione delle unita’ immobiliari ad una generalita’ indistinta ed indifferenziata di soggetti e per periodi di tempo predeterminati”. Difettando la quale, non si ha piu’ destinazione/utilizzazione (per l’appunto) turistico-ricettiva, bensi’ residenziale (per un diffuso richiamo giurisprudenziale, tra le altre, Sez. 3, n. 4248 del 15/1/2019, Diana + altri, non massimata).
10. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Per aprire la mia pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *